Subway

Arti visive

a cura di Roberto Pinto

 

 

In Italia si ha l’impressione che l’arte contemporanea non ci sia affatto e ci si accorge della sua esistenza soltanto per commentare alcune provocatorie azioni di artisti, il più delle volte mediocri e intenzionati soltanto a rincorrere l’attenzione dei media. Ma è anche vero che l’arte si è sempre più allontanta dalla quotidianeità delle persone sia nei temi, troppo spesso autoreferenziali, che nei luoghi, troppo spesso limitati a gallerie sempre più "private". Raramente si vedono degli interventi artistici in spazi pubblici e quando si vedono sono ancorati all’idea di monumentalità, un concetto ingombrante sia ideologicamente che fisicamente, assolutamente distante dallo spirito delle persone e del tempo in cui viviamo.

Subway è invece un tentativo di portare l’arte in una zona di "pericolo", senza rete di protezione, senza l’aiuto di spazi bianchi alle spalle e senza riferirsi soltanto ai soliti addetti ai lavori. Gli artisti si sono confrontati con un luogo di transito, in cui raramente ci troviamo a nostro agio ed in cui è difficile riuscire a cogliere l’attenzione di persone sempre più in corsa e sempre più indifferenti ai tanti stimoli visivi a cui vengono sottoposte. Allo stesso tempo Subway vuole anche mettere a rischio le aspettative di un pubblico che nei confronti dell’arte non riescono a distanziare il loro pensiero dalla nostra grande tradizione fatta di quadri e di sculture "che sembrano veri" o che hanno "dei colori così belli" (come nelle mostre degli impressionisti il cui nome basta per fare la coda ai botteghini), Gli artisti con i loro interventi hanno cercato quindi di superare la soglia di attenzione delle persone, innescare dei dubbi e delle domande. Hanno cercato di inserirsi nei nostri pensieri, nelle occupazioni quotidiane che spesso ci fanno trascurare parte della vita. Non sono punti di vista forti e precisi ma suggerimenti sottovoce. Non strade dritte e già collaudate, ma strade secondarie che forse non porteranno sempre in luoghi distanti ma che vogliono spostare il nostro punto di vista e permetterci di considerare altre possibilità.

Fotografie e disegni, oggetti e installazioni sonore, video e scritte sparse, che compaiono dietro un angolo o una colonna, o che spuntano all’improvviso, non si sa come, dal pavimento, messi lì come se fossero oggetti dimenticati. Quasi quaranta diversi modi di raccontare se stessi e il nostro mondo hanno preso dimora in questa città sotterranea che è molto più che un "male necessario", è sempre di più un vero e proprio simbolo delle città occidentali, un non-luogo sempre più familiare, ecologicamente corretto e anche, per il nostro immaginario, efficiente.

Gli artisti si sono trovati quindi in una situazione difficile anche per le tante (ed evidenti) limitazione di questo luogo costruito per essere funzionale al suo obiettivo di trasportare persone e non essere un luogo sociale e culturale. Credo che sia finito da molto il tempo in cui l’artista viveva chiuso nel suo atelier cercando la nuova nozione di bello, senza curarsi affatto delle società che lo circondava. In una società di scambi e di informazione anche l’arte si è trasformata e spero che occasioni per mettere pubblicamente alla prova questa trasformazione, come questa di Subway, diventino sempre più frequenti e aperte a possibili interpretazioni.

 

Roberto Pinto vive a Milano, è consulente per le arti visive per il Progetto Giovani del Comune di Milano. Collabora con Radio Popolare e a numerose testate italiane e internazionali. Ha organizzato mostre e curato la serie di conferenze La generazione delle Immagini (giunta alla sua quarta edizione) e i relativi libri.