Gate 1 : Necessità di relazione


Trento, 6/7 dicembre 2001
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Michelangelo Pistoletto


Michelangelo Pistoletto
Lo specchio come forma di rapporto con il mondo


Intervista di Ierma Sega

Lei ha ripetutamente lavorato sul tema dello specchio. Cosa rappresenta per lei? E quale evoluzione ha avuto nella sua arte?

Lo specchio per me ha rappresentato, fin dal principio, il modo per riconoscere la mia identità, per riconoscere me stesso.
Questo negli anni Cinquanta, partendo proprio con l'autoritratto che poteva essere fatto in migliaia di modi traducendo in pittura la mia immagine che potevo riscontrare nello specchio.
Però questo modo mi pareva obsoleto. Io cercavo un modo oggettivo di riconoscimento, di identificazione ed è per questo che, pian piano, elaborando la tela in diversi modi con fondi oro, argento e nero lucidissimo sono arrivato a trasformare la tela stessa in superficie specchiante.

Da quel risultato è partito tutto il lavoro che ha come base e fulcro il fenomeno speculare. Chiaramente lo specchio ha tradotto il riporto personale in una presenza universale. Insieme all'artista, nel quadro, è apparso tutto il mondo, sono apparsi tutti gli altri.
E' apparso lo spazio e sono apparse le persone, è apparso il tempo reale in uno spazio virtuale, è apparso il rapporto tra ciò che non cambia e ciò che cambia sempre, il rapporto tra individuo e società, uno e tutti.
Nello specchio ciò che vediamo davanti a noi sta anche alle nostre spalle, per cui la prospettiva rinascimentale si ribalta in una doppia prospettiva che non guarda più solo in avanti, verso la modernità, verso il futuro, verso il progresso ma porta il progresso a confronto con ciò che abbiamo dietro di noi, il tempo, il passato; la responsabilità che sta alle nostre spalle diventa la protagonista per uno sguardo nel futuro.

Tutti questi elementi sono scaturiti, appunto a partire dal 1961, nel lavoro specchiante. Chiaramente lo specchio mi ha portato a nuove forme di rapporto con il mondo. Mi ha avviato in un processo di interazione, di collaborazione, di attività multidisciplinare, all'idea di differenza, di molteplicità, di incontro plurimo tra persone, spazi, tempi, mondi diversi che sono nati dalla fluidità dell'immagine specchiante.
Più tardi ho usato lo specchio come strumento di indagine intervenendo nella sua divisione-moltiplicazione, facendo un'operazione in cui lo specchio diviene protagonista al punto che io divento quasi lo specchio dello specchio, la protesi dello specchio stesso.

Questo specchio, ad un certo punto, viene infranto. Che significato ha questa performance?

La prima azione in questo senso l'ho fatta distruggendo il metro cubo d'infinito.
Il metro cubo d'infinito è fatto di sei specchi rivolti all'interno: noi vediamo solo l'esterno del cubo mentre l'interno si moltiplica all'infinito. Noi però non abbiamo la possibilità di osservare direttamente questo fenomeno interno al cubo, lo possiamo solo immaginare.
E' il rapporto tra l'idea individuale e l'idea di infinito attraverso l'immaginazione. E' così anche perché nel metro cubo d'infinito questa moltiplicazione illimitata ci esclude: noi siamo esclusi da questa dimensione illimitata della moltiplicazione.
Per recuperare l'infinito nel senso della moltiplicazione della nostra immagine ho spezzato, ho distrutto, ho rotto il metro cubo, perciò lo specchio è venuto di nuovo all'evidenza, però spezzettato e moltiplicato in una quantità di frammenti.
E in ognuno di questi frammenti abbiamo la possibilità di riflettere noi stessi e gli altri nello stesso modo in cui lo può fare il grande specchio.

Può esistere un enorme specchio che riflette tutto l'universo oppure un frammento di questo specchio che ha la stessa proprietà.

Un minimo frammento dello specchio ha la stessa proprietà del totale. E' una cosa che mette in rapporto il particolare con l'universale.
ibridazioni

di Luciano Marucci:
Intervista

progetto a cura di G. Di Pietrantonio
Territorio italiano

In progress eventi e mostre relative:
Pressrelease
 
 

Pistoletto, Distruzione dello specchio