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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 16 Numero 166 aprile 2001



L'aristocrazia dello stile

Alberta Gnugnoli



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Horst P. Horst, Gilbert & George (Oyster Bay, Long Island, 1976). Cortesia © Condé Nast Publications.

Horst P. Horst, Coco Chanel (Parigi 1937). Cortesia © Condé Nast Publications.

Horst P. Horst, Paloma Picasso in un abito di Yves Saint-Laurent (Parigi 1979). Cortesia © Condé Nast Publications.

Nell'arco di una carriera durata sessant'anni, iniziata nella Parigi degli anni Trenta, Horst P. Horst fotografa per "Vogue" la moda dei più famosi couturier e i personaggi del jet set internazionale. Nei celebri ritratti, ora in mostra alla National Portrait Gallery di Londra, si esprime compiutamente la ricerca estetica di un vero maestro di eleganza.

"Sono gli uomini, non le teorie, ciò che di un'epoca prevale e continua a sedurre", aveva detto Horst P. Horst (1906-1999), il fotografo ritrattista e di moda il cui stile, attraverso un arco professionale di sessant'anni (1931-1991) ha avuto un impatto straordinario sulla cultura visiva del XX secolo.
Da Coco Chanel a Paloma Picasso, da Luchino Visconti a Gilbert & George, l'eleganza distaccata ma priva di affettazione, la qualità rarefatta quasi intoccabile che la sua posa conferisce al soggetto hanno attraversato il secolo con immutato fascino, come dimostrano i centocinquanta ritratti di Horst esposti alla National Portrait Gallery di londra.


UN VERSATILE ECLETTISMO

Artista privilegiato, Horst, come Cecil Beaton, ha potuto giovarsi di quell'irripetibile intersecarsi di arti e mestieri, di creatività e di sperimentazione - arte, letteratura, moda, teatro, danza, cinema - che furono, tra le due sponde dell'Atlantico, gli anni Trenta, gravitanti sul "Paris monde", "il mondo" per eccellenza. Anni di elegante, immemore, aristocratico edonismo, in cui una generazione di uomini e donne di talento "creavano e producevano sull'orlo di un cataclisma cosmico", secondo l'accusa mossa loro a posteriori per la totale astrazione dalla realtà politico-sociale sfociata nella seconda guerra mondiale. In realtà scoprivano una nuova bellezza, libera, coerente e dinamica, riflessa nell'arte del ritratto, nella moda, nel design, nella pubblicità, nello stile di vita. È un momento decisivo per la fotografia in cui la moda trova lo strumento ideale per imporre i suoi canoni estetici, in sostituzione dell'illustrazione, e l'editore americano Condé Nast, che vuole fare di "Vogue", nella sua triplice edizione (americana, inglese, francese), la rivista per il mondo femminile internazionale, ha lanciato una formula magica: aristocrazia-cultura-moda. Su "Vogue" pubblica un numero straordinario di scrittori americani ed europei (Hemingway, Aldous Huxley, Colette) e a ritrarre una nobiltà cosmopolita e "fashionable", cioè interprete dello stile dettato dalle grandi firme della "haute couture" parigina, non sono più pittori come Sargent e Boldini, ma lo staff di giovani fotografi artisti di "Vogue" (Man Ray, Steichen, Hoyningen-Huene) che filtrano l'immagine fotografica attraverso il potere di trasfigurazione dell'arte. Nella Parigi del 1930, esiliatosi da una Germania impoverita dalla prima guerra mondiale, arriva il ventiquattrenne Horst Paul Bohrmann (poi americanizzato in Horst P. Horst), di una rispettabile famiglia borghese prussiana, con studi in una scuola per arti applicate, ma già dominato da un forte stimolo estetico: la regalità e bellezza del vestire come l'ha scoperta, all'età di sette anni, nella scultura del XIII secolo di Uta von Naumburg, nella cattedrale di Naumburg, poco distante da Weissenfels-an-der-Saale, la sua città natale.
Un breve tirocinio presso Le Corbusier lo delude sia per l'atmosfera grigia, deprimente dello studio sia per la personalità dello stesso Le Corbusier, inespressivo, prosaico, "più interessato a creare una macchina per vivere che a incoraggiare la gioia di vivere". Biondo, non molto alto, ma di una superba giovinezza fisica, Horst trova il suo mentore e protettore in George Hoyningen-Huene, aristocratico fuggito dalla Russia, uno dei fotografi più affermati di "Vogue", di cui diventa l'intimo partner, l'assistente e, occasionalmente, il modello. Huene, che ha una sensibilità impregnata di classicismo, lo ritrae in una posa vagamente omerica, idealizzante, a torso nudo, il volto seminascosto dal braccio con cui impugna un'asta. È una delle immagini eroiche della fotografia degli anni Trenta. Ispirandosi all'olimpica naturalezza, seducentemente femminile, di Huene, con cui divide un estetismo estremo, e al modernismo scenico di Steichen, il mago della fotografia di moda, il giovane Horst mostra già un versatile eclettismo che oscilla fra due stili: uno più lineare, rigoroso, drammaticamente contrastato da un uso sofisticato della luce, e l'altro più morbido e barocco. Come il favoloso ritratto a figura intera di Marina di Grecia, futura duchessa di Kent, con evidenti citazioni dei grandi ritrattisti inglesi, Romney e Reynolds, in cui una tenda scura drappeggiata dietro il soggetto crea un movimento ondulatorio di contrasto alle morbide pieghe dell'abito da sera grigio argento. Sulla destra della figura, il gigantesco ingrandimento di una riproduzione del quadro di Veronese Cena in casa di Levi dà l'illusione di una profondità architettonica.


UN CONSUMATO ILLUSIONISTA

Perché Horst è un consumato illusionista che studia attentamente i capolavori artistici del Louvre per ricreare, nei pochi metri quadrati di uno studio fotografico, senza altri mezzi se non quello della luce trattata come una sostanza materiale, l'atmosfera emozionale di un quadro. Il celebre ritratto di Mademoiselle Chanel, la firma leggendaria della moda francese, non è stato ambientato nell'appartamento di lei al Ritz, ma in studio, perché risultasse più illusorio e quindi più mitico. Modellato nell'ampia curva di una splendida "dormeuse", appartenuta a Madame de Pompadour, sullo sfondo di un intrico barocco di foglie e grappoli d'uva in legno dorato, il bianco volto di Coco appare incisivo e sognante insieme, inimitabile. La consistenza stilistica del lavoro di Horst, fatta di una sensibilità quasi istintiva per la struttura formale dell'immagine e di rigore del segno, è tale che le sue immagini si riconoscono immediatamente anche a distanza di mezzo secolo. Così la seduzione, vagamente glamour, di una Ginger Rogers in abito da sera che fluttua su di un lucido parquet in una posa di grazia eterea, assicurata anche da un ventilatore, sembra rinnovare l'eterno invito: "Shall we dance?".
Con Hoyningen-Huene Horst scopre la Grecia e l'antichità classica, la luce e i colori del Mediterraneo, quali si riflettono nella baia di Hammamet, in Tunisia, su cui si affaccia la bassa bianca costruzione che è l'oasi di Huene. Su una terrazza, fra il profumo dei gelsomini in fiore, Horst ha scattato un'immagine in bianco e nero al ventottenne conte italiano Luchino Visconti di Modrone, appassionato di cavalli e di opera lirica, che ha conosciuto a Parigi. L'espressione di Visconti, riservata distante elusiva, riflette l'ambiguità della sua natura, aristocratica e passionale, quale si rivelerà nella breve possessiva relazione che lo legherà a Horst. Quando si rivedranno a Roma nel 1953, due vite professionalmente affermate ma distinte - il fotografo e il regista - sarà una calma confidente amicizia a saldarle. Visconti ha presentato a Horst il suo assistente, l'aspirante regista Franco Zeffirelli, che Horst fotograferà dieci anni più tardi, a New York, in una posa apparentemente più immediata, ma sempre riflessa, sensibile, in cui tuttavia è l'uomo di teatro, Zeffirelli, con infallibile senso del palcoscenico e delle sue luci, a imporre al fotografo l'inquadratura che gli è più congeniale. E quando ormai la fotografia di studio appare decisamente superata da quella "en plein air", o di ambientazione personale, in cui il soggetto tende a riflettere, o a rivelare, una propria originale dimensione privata e domestica, Horst scatta ancora un ritratto di studio, sorprendentemente vivo, come quello a una Ingrid Bergman, attrice matura, già vincitrice di un Oscar, entrata nello studio di "Vogue" a Parigi (1958) irritata e tesa, cui il fotografo ha fatto omaggio di un fascio di rose gialle che incendiano la stanza e accendono sul volto di lei un irresistibile sorriso.


CHARME E RISERBO

Uomo di grande charme ma anche di profondo riserbo, Horst non fa trapelare quasi nulla della relazione fra il fotografo e il soggetto e quando nel 1979 ritrae una settantenne Louise Brooks, la smagliante star di Hollywood dai tagli alla maschietta, un'icona dell'età del jazz, ridotta a una estrema povertà, la posa è di una composta quasi altera dignità. Il fotografo non formula accuse, non emette giudizi, ma lascia il verdetto all'osservatore. E anche questa è una forma di eleganza. Così quando fotografa a Venezia nel settembre del 1947, impeccabile nel suo Chanel, Misia Sert, musa di Bonnard e protettrice di Diaghilev, in una sala dell'Accademia davanti a una magnifica tela di Veronese, un anno prima della morte, il declino di colei che era stata una delle persone più influenti della Parigi artistico-mondana, è appena intuito nell'espressione triste ed emaciata. Ma sempre in quell'estate veneziana, in un altro eccezionale scenario artistico, la sala d'ingresso palladiana di villa Barbaro Boschetti, a Maser (Treviso), Horst con stupefacente versatilità e leggerezza di tocco coglie l'inconsapevole irriverenza della vita nella piccola Diamante Boschetti che si è seduta sul pavimento al centro del salone con accanto il suo cane. Se lo irrita l'attitudine spudoratamente commerciale di un Andy Warhol che ha chiesto di portare il proprio letto nello studio del fotografo per farvisi ritrarre, Horst, eccezionalmente, accetta di fotografare l'amico Truman Capote, forse lo scrittore più ritratto della sua generazione, nell'appartamento di quest'ultimo, sullo sfondo lattiginoso dell'East River, in un ammiccante gioco, grafico e allusivo insieme, di due nere silhouette: il profilo dello scrittore e un serpente di pietra, paradossalmente vivo, nella collezione di sculture di Capote. La "coolness", quella calma fredda eleganza in cui si riflette l'occhio del "connoisseur" e la sua istintiva sicurezza e che ha sempre distinto le immagini di Horst anche nei suoi anni più depressamente ripetitivi, come i Cinquanta, ispirati a un linguaggio visivo più realistico e convenzionale imposto da "Vogue", è riscoperta dai protagonisti degli anni 1980 - stilisti, artisti della performance, cantanti pop, modelle - che bramano essere ritratti da Horst per garantirsi una sorta di eternità. Madonna, la pop star più famosa del mondo, nel 1990, in un suo video, si propone nella ricostruzione dell'immagine di moda più iconica di Horst (Il corsetto Mainbocher, 1939): la modella vista di dietro, mentre indossa un corsetto solo parzialmente legato, che si allaccia di schiena. L'intimità della posa, enfatizzata dalla luce magica che batte sulla bella schiena in ombra, la citazione artistica del nudo femminile visto di spalle, da Ingres a Man Ray, l'atmosfera di un erotismo contenuto, fanno di questa immagine una lezione di stile e di cultura fotografica senza tempo. La multiforme carriera di Horst, l'avere per più di mezzo secolo documentato i mutamenti della moda e del costume senza rinunciare a orizzonti più vasti per la sua creatività, fa riflettere su come la fotografia non possa vivere senza il rapporto continuo di stimoli e conoscenze che la rendano consapevole di se stessa.


LA MOSTRA

Per sessant'anni Horst ha fotografato quasi esclusivamente per "Vogue" alternando il ritratto a servizi di moda e di pubblicità, di raffinata costruzione anche surrealista, in cui opera una geniale mediazione fra l'idea e l'oggetto (l'abito o il prodotto pubblicitario). Ma è a partire dal 1980 la riscoperta e consacrazione di Horst ritrattista anteguerra (1930) con un servizio per "Life" sulle grandi star dimenticate della Hollywood degli anni Venti e Trenta (più di un milione di copie vendute) cui è ispirato un libro fotografico di successo: Faces to Remember: Then & Now, aperto dal ritratto di Louise Brooks. Nel 1981 l'International Center of Photography di New York gli dedica la prima completa retrospettiva ed esce la sua biografia: Horst: His Work and His World, scritta dall'amico ed ex diplomatico inglese Valentine Lawford. Afflitto da problemi di vista, Horst muore in Florida nel 1999 all'età di novantre anni e il suo archivio fotografico, arricchito da quello di Hoyningen-Huene morto nel 1968, è stato rilevato dalla Hamiltons Gallery di Londra, che ha lanciato Horst in Europa con una mostra nel 1986, e dal collezionista tedesco Gert Elfering per essere donato a un museo della fotografia in costruzione a Berlino. La mostra di ritratti in bianco e nero e a colori attualmente alla National Portrait Gallery di Londra, Horst Portraits. 60 Years of Style (Saint Martin's Place, Trafalgar Square; telefono 0044 207 306 0055; www.npg.org.uk; orario da lunedì a domenica dalle 10 alle 18, martedì e venerdì fino alle 21; fino al 3 giugno) è la prima dedicata esclusivamente al ritratto. Determinante l'influenza di Horst per i fotografi degli anni 1970-1980, da Robert Mapplethorpe, a Bruce Weber, a Herb Ritts, la cui produzione di grandi stampe al platino, sull'esempio di Horst, ha valorizzato l'estetica del mezzo.