Alessandro Bergonzoni, (Bologna 1958) é autore-attore
teatrale e collabora a diversi giornali e riviste. Ha pubblicato
Le balene restino sedute (Mondadori 1989, Palma d'Oro di Bordighera), é giù mercoledì e io no (Mondadori 1992), il
libro-progetto Motivi di soddisfazione accampati nel deserto
(Editori di Comunicazione 1995) e il romanzo Il grande fermo e i suoi piccoli Andirivieni (Garzanti 1995, Premio Comix Gradara Ludens). I suoi testi teatrali La saliera e l'ape Piera, Non è morto né Flic né Floc, Le balene restino sedute, Anghingò, La cucina del
frattempo e Zius sono stati raccolti nel volume Silences (Ubulibri 1997).


 

ALESSANDRO BERGONZONI
INDOVINA


racconto a misura duomo
9 fermate

"Chi sei?".
E la metropolitana corre, come dentro ci corrono tante domande
"Dai, chi sei, dimmi chi sei...".
Una metropolitana a misura Duomo. Milano è una città a forma di mano, con tutto quello che può avere un'oasi e il suo palmo urbano; la linea della mano metropolitana e cioè la linea dell'amore, la linea della vita, della fortuna, del lavoro...

Siamo sulla linea del futuro. E la metro va.
"Non indovinerai mai chi sono".
"Sei... Nino, Nino... Ti ho riconosciuto, sei Nino...".
"Se sono Nino non me ne sono mai accorto, sei fuori...".
"Allora, chi sei?".
"Indovina".
"Tu toglimi le mani dagli occhi".
"E allora, il gioco?".
"Sei un compagno di lavoro di Tobia?".
"Acqua".
"Di Manlio?".
"Acqua".
"Sei l'uomo di Mizia?".
"Sabbia".
"Sabbia?".
"Vicino all'acqua, lontano dalla verità, umida, bagnata, arenitica, insabbiata, clessidrante...".
"Dalla voce mi ricordi qualcuno ma non ricordo chi...".
"Non indovinerai mai".
"Invece sì".
"Invece no".
"Scommettiamo".
"Scommettiamo".
"Dici tutto quello che dico io".
"Dici tutto quello che dico io".
"Sento un profumo che non conosco".
"Non uso profumi".
"Sento un odore che non mi è nuovo. Odore di ossa".
"Può essere, ho la pelle molto sottile".
"Sei italiano?".
"No, cioè sì, ma no".
"Sei contorto: no e sì come...".
"Mia madre è Dorica, mio padre Ellenico, i miei nonni Sordi".
"Sei scemo?".
"Fuochino".
"Dai, allora: chi sei?".
"Ti arrendi?".
"No".
"Che lavoro fai?".
"Sono fisioterapista per scoiattoli, il più è prenderli, poi si lascian fare... No, sono un chimico e studio le reazioni umane sugli animali".
"Cioè?".
"Per esempio ho scoperto che l'uomo che porta la cravatta è più facile si suicidi".
"In che senso?".
"Abbiamo fatto degli esperimenti sui topi: il più è stato fargli mettere la cravatta al collo".
"Guarda che il topo non ha collo; poi un topo su cento si è salvato".
"Solo uno su cento?".
"é così difficile trovare topi eleganti...".
"Ho capito chi sei. Sei Omam, il cugino di Patriarca".
"No. Ti arrendi?".
"Adesso finché non ho capito chi sei non mollo".
"Ti voglio aiutare: sono il figlio di un famoso scultore".
"E cosa sculta tuo padre?".
"Ti voglio aiutare: tutto quello che si può plasmare con le interiora d'asino".
"Quindi per esempio dorso di mulo, no?".
"Sei una bella testarda, eh. Ho detto interiora d'asino: solo intestini ciuchini. L'ultima opera monumentale che ha fatto è stata l'Adelaide Pedro".
"Ah... L'Adelaide Pedro... L'ho vista, è quella che raffigura Adelaide che non riesce a prender sonno, e allora va dalla sua amica, Pedro, per chiederle qualcosa per dormire ma lei non gli vuole aprire perché non si fida dato che l'ultima volta che l'aveva fatto entrare in casa gliene aveva date tante ma tante che gli occhiali non le servirebbero più tanto e per un anno ha avuto gli occhi chiusi?".
"Fuocucciolo, insomma piccolo di fuoco, fiammella, scintilla".
"Ho capito, ci sono vicino".
"Cusi".
"Cusi?".
"Abbreviazione di quasi, è per guadagnare tempo: tra un po' c'è la mia fermata, scendo all'incrocio con la linea della fortuna".
"Sei Albino".
"No, ho i capelli neri. Albino è il nome di un mio ex fratello".
"Perché ex?".
"Ha cambiato famiglia".
"Si può anche cambiare famiglia?".
"Certo che si può. Si può anche cambiare segno zodiacale: io ero dei pesci, adesso sono dei pani".
"é una parabola?".
"Credo di sì, perché vedo anche Tele Mombasa".
"Ma tu chi sei?".
"Mi vedi e non sai chi sono?".
"Certo che lo so, ma voglio sapere chi sei veramente".
"Sono una donna che ama la vita e tutto quello che c'è dalla vita in giù, mi intendo di orgasmi apoplettici, onazioni unite, baci sulla bocca dello stomaco, pic nic con le mani, sculacciate a chi di dovere e a chi di piacere, faccio suture momentanee, piumagioni inguinali e anche sollecitazioni in punto di morte per rendere più piacevoli tutti i tipi di trapasso".
"Sei ninfomane".
"Se mi resta del tempo, sì. Io ti ho detto tanto e tu di te poco. Vienimi incontro".
"Ti sono quasi addosso".
"Dimmi chi sei veramente dentro e vedrai che indovino. Ormai ci sono".
"Sono un ragazzo del Pelopenneso, sembro glabro ma non è vero, mi apro solo per chi mi squarta, vado spesso in sollucchero e bevo solo brodo di giuggiole. Una volta sotto la metropolitana hanno provato a tagliarmi l'esofago, ma io ho cominciato a cantare a squarciagola, lavo spesso la mia macchina da scrivere, confondo lucciole per lanterne e vado a puttane tutto illuminato".
"Ci sono: sei il pelide Achille".
"Hai sentito forse il rumore dell'elmo di Scipio?".
"No, però tu mi cingi la testa e allora mi son detta: mi sembran tutti fratelli d'Italia?".
"Donna, tu hai fretta, pensa più a fondo, ci arriverai".
"Mi arrendo".
"Fur vuler o fur vurz?".
"Cosa?".
"Per volere o per forza?".
"Che lingua era?".
"Gattico, spesso parlo gattico: è una specie di farfugliamento felino arcaico che mi insegnò una mia vecchia maestra, mezza micia, mezza greca, mezza svastica, mezza luna e mezza morta".
"Adesso come sta?".
"é morta anche l'altra mezza".
"Scusa, posso chiederti cosa intendevi con mezza svastica?".
"Sempre con pensieri leggermente uncinati, e soprattutto tedesca dalla testa ai piedi, razzista, sparata via e orbitante".
"Alle volte sei inquietante".
"Inquietante quante?".
"Ah, non lo so... Non so più niente... Mi sento strana...".
"Eh dai, una come te!".
"Perché? Come sono io?".
"No, dico, un essere così leggero e linfatico vitale non può arrendersi proprio adesso, ora che sei in procinto di scoprire l'arcano...".
"Non ce la faccio più".
"Dai che ti do una mano".
"Ma se me le tieni tutte e due sugli occhi da un'ora!".
"Come fai a sapere che è passata un'ora?".
"Ho contato il ticchettio del tuo orologio da polso".
"Sei furba".
"Non come credi, e poi mi sento sola e ho paura...".
"Non fare così. Quando avrai indovinato chi sono ti stupirò, ti farò stare meglio, ti costruirò io gli ardori che ti mancano, ti restituirò la rumba che avevi, ti farò prender coscienza per poi abbandonarla subito, sarò il tuo cava e metti, sarò l'ardire e il dire, il fumo e l'arrosto, il tuo tacchino, il tuo Natale preferito, il caso, l'oltremale, sarò la corrida dei tuoi legamenti, il monumento alla saliva, l'onta lavata, l'ultimo corallo, l'isola Felice, l'isola Anselmo, darò il nome a ciò che vorrai, ti farò una nuova identità senza carta, e se carta canta io suonerò per te il labbro spuntato...".
"E colmerai la mia mancanza di consenso con una copula ogni sei minuti?".
"Ci stavo arrivando".
"Avrai la forza di spinocchiare il mio più acerrimo nemico dei giorni più belli e più lieti?".
"é una delle cose che so fare meglio".
"Mi darai quel tanto di marcio che non guasta, così potremo essere puri e luridi al tempo stesso?".
"Non solo, ma darò lo straccio sulla tua faccia fino a che non griderai: Lavami anche i vetri!!!'".
"Sarò il tuo sherpa lassà sulle montagne".
"Tra boschi e valli d'or...".
"Eh, la montanara eh...".
"Quindi anche jolala-u-uuu?".
"Ma per chi mi hai preso, per la piccola vedetta lombarda?".
"Sono presbite e miope: non vedo da vicino non vedo da lontano ma intuisco al volo".
"Tu voli?".
"Il mio problema non è volare, è atterrare".
"Ho capito chi sei. Sei l'autore del film Tutti gli orifizi?".
"Fochina...".
"In che senso?".
"Cioè acqua ghiacciata, gelata fredda, artica, polare. Insomma, sei lontana".
"Sei l'attore principale del musical L'attore principale?".
"Troppo bello".
"A me non è piaciuto".
"No, dico, sarebbe troppo facile. Ma tu stai piangendo...".
"Macché! é il sudore delle tue palme sulle mie palpebre!".
"Ma tu stai sudando".
"Così va meglio, ma dimmi chi sei".
"Ci devi arrivare da sola".
"Ci ho provato, li ho detti tutti... Non ce la faccio".
"Dai, un ultimo sforzo".
"Sei Muriat el Bombambero che cala in città dall'alto del sentiero, sei Pilon il tombaro che davanti alla vedova cala i bragon, sei Gotarro che bacia le rane per diventare ramarro...".
"E chi è tutta sta gente?".
"Vecchie storie... E poi un po' tiravo a indovinare".
"No no. Niente di tutto ciò".
"Peccato. Uno dei tre lo avrei voluto conoscere".
"Più Muriat, Pilon o il Gotarro?".
"Forse Pilon, essendo vedova".
"Oops! Tuo marito è morto?".
"Dalla nascita".
"Cioè?".
"Non mi sono mai sposata".
"Ecco che si completa il rosario".
"Mosaico!".
"Giusto: mosaico. Giusto. E anche tu sei una donna giusta".
"Alle volte madàli...".
"Non vuoi che tadàli?".
"Magàli sedàli upàli?".
"Casàli ceràli tapèli focàli?".
"Non dirmi che anche tu hai fatto il corso di ostrogo!".
"Falòòòò! Via che ci sei... Nerone, arsura, lapilli, lava, stai per indovinare!".
"Zillo... Sei Zillo!".
"Esattooooo!".
"Adesso posso girarmi".
"Ma certo, Rulà".
"Rulà? Rulà chi?".
"Non sei Rulà?".
"No".
"Ma noi ci conosciamo".
"Non credo".
"E come ha fatto a capire chi ero?".
"Non l'ho mica capito: ho tirato a indovinare e alla fine... fungo! Ci ho preso".
"Fungo? Bungo!".
"Bingo, ma che bungo!".
"E va beh, che importa? Comunque, chi sei?".
"Come, chi sono?".
"No, dico, ci assomigli da morire ma non so chi sei".
"Ah no!".
"Non lo so...".
"Indovina...".
"Sei Gelda la cugina di Manlio!".
"Olio".
"Olio?".
"Sì, il gioco lo conduco come mi pare: olio se sei fuori, sangue se ci azzecchi".
"Sangue? Ma da chi l'hai imparato questo gioco?".
"Indovina".
"Sanio?".
"No".
"Otto?".
"Togli due".
"Seo?".
"No, si chiamava proprio Toglidue".
"Otto Toglidue... Si chiamava Otto Toglidue?".
"E perché ti stupisci tanto?".
"No, solo che io ho una figlia che si chiama Ventina".
"E quanti anni ha?".
"Indovina...".
"Boh...".
"Ti voglio aiutare: più di diciannove".
Rulà e il papà di Ventina adesso vivono a Mileto, hanno fatto un figlio che si chiama Metrò ma lei, Rulà non gli ha ancora detto il suo vero nome.
Lui, il papà di Ventina, sta cercando di indovinarlo da circa tre anni.