Giuseppe Culicchia è una delle voci più autentiche della narrativa italiana degli anni Novanta. I suoi romanzi Tutti giù per terra (Garzanti 1994, da cui Davide Ferrario ha tratto l'omonimo film con Valerio Mastrandrea), Paso Doble Garzanti 1995 e Bla bla bla (Garzanti 1997) sono tradotti in Francia, Germania, Olanda, Grecia, Spagna, Catalogna. Collabora alla "Stampa".


 

GIUSEPPE CULICCHIA
UNISEX

racconto su di te
7 fermate

Ora te ne stai su una carrozza della metropolitana. Immobile, tra altri viaggiatori. La città è Milano. L'anno, il 1998. Mentre leggi queste parole non ne sei del tutto consapevole, ma attraverso i tuoi occhi una voce che non conosci entra lentamente dentro di te. Alzare lo sguardo, la prima cosa che ti viene inmente di fare. Come se con ciò ti fosse possibile capire da dove ti arrivano le frasi che da qualche secondo a questa parte rimbalzano tra le tue pareti cervicali. Non ti servirà a nulla. Puoi provarci, se vuoi. Avanti, fallo.
Visto? Tutto sembra normale. Niente che non somigli all'immagine che ti aspettavi di trovare. Le luci artificiali che piovono dall'alto. Le scritte pubblicitarie sopra i finestrini. Il budello nero che scorre al di là dei vetri sotto la superficie della città. I volti degli altri passeggeri. Donne. Uomini. Stranieri. Adolescenti. Attenti a non invadere mai più di tanto lo spazio circostante. Attenti a non soffermarsi mai troppo a lungo negli occhi che incrociano. Corpi delimitati da corpi. Silenzi circoscritti da silenzi. Ma la realtà non è quella che puoi osservare intorno a te distogliendo lo sguardo da queste parole. La realtà, adesso, sono queste parole. Caratteri neri capaci di penetrare tra i tuoi pensieri, attutendo il frastuono del treno che scivola veloce nel buio sotterraneo, enorme verme meccanico dal ventre luminoso, gonfio di esseri umani. Tu, ora, sei qui. Insieme a loro. Nel verme. Nel ventre. Che ti trasporta lungo l'intestino della città. Verso quella che credi sia la tua destinazione. Mentre la tua destinazione, anche se non ci credi, è cambiata. Ora lo sai.
Ascolta attentamente ciò che la tua stessa voce ripete dentro di te: non arriverai mai dove pensavi di arrivare, qualcuno, senza che tu possa intervenire in alcun modo, ha giù cambiato il tuo percorso. Per sapere come, non puoi fare altro che continuare a leggere queste parole. La cosa ti stupisce? Non te lo aspettavi? é naturale che sia così. Non potevi immaginartelo. Di sicuro non questa mattina, quando, dopo aver sentito la sveglia, hai fatto le stesse cose di sempre. Perché, in fondo, niente poteva farti sospettare che quella di oggi sarebbe stata una giornata particolare. Niente di ciò che hai fatto in bagno, ad esempio. Niente di ciò che hai pensato lavandoti. I vestiti che indossi in questo istante, del resto, li hai scelti più o meno a caso. Senza sapere che cosa ti accadrà, tra poco. Le scarpe invece no: volevi proprio metterti quelle che adesso porti ai piedi.
Che cosa sto leggendo, ti domandi, non è vero? Che cosa vogliono dire queste righe? é solo una storia, pensi. E se al contrario non fosse così? E se in queste pagine ci fosse davvero scritto che cosa ti sta succedendo? Non sei forse su un vagone della metropolitana? Non stai forse leggendo queste sequenze di caratteri tipografici messi l'uno in fila all'altro? Non ti trovi a Milano? Non è un giorno qualsiasi dell'anno 1998?
I tuoi piedi nelle scarpe, ecco. Prova a muoverli, dentro le scarpe. Senti come le dita toccano la superficie piatta delle suole? Sai che cosa significa? Semplice. Sei in vita. Riesci ancora a muovere il tuo corpo. Lo avverti il tuo respiro? Riesci ad ascoltarlo, nonostante il rumore delle ruote che frenano sui binari? Mentre le porte della carrozza si aprono e a poca distanza da dove ti trovi la gente sale oppure scende? Continui a respirare anche quando la sirena annuncia il richiudersi delle porte, e non smetti di farlo neppure quando il treno riparte. é naturale, no? Mentre tu te ne stai qui, dentro questa scatola di metallo illuminato da luci artificiali, sopra la tua testa, oltre il tetto del vagone e la volta del tunnel, bus e automobili e tram percorrono l'asfalto; sopra di essi, più in alto, solcano il cielo aerei lontani; e anche se puoi soltanto immaginarlo, da qualche parte devono esserci satelliti orbitanti, pianeti che girano su se stessi, stelle che esplodono, tempeste di asteroidi. Ascolta il tuo respiro ancora un attimo. Ascoltalo mentre deglutisci. Presta attenzione al tuo ventre che si alza e che si abbassa. Morditi le labbra. Fai aderire la lingua al palato. Adesso conterò fino a dieci, e quando leggerai l'ultimo numero, tutto questo finirà. Per sempre.
I tuoi occhi leggono UNO, e per quanto lontana sia la tua infanzia, non hai dimenticato di quando tracciavi con i polpastrelli il tuo nome sui vetri delle finestre di casa, dopo avervi alitato sopra. Tua madre allora era giovane, e mai avresti pensato di poterti allontanare da lei fino a giungere alla distanza che vi separa oggi: di sicuro non lo avresti creduto, se qualcuno te lo avesse detto allora, mentre scrivevi il tuo nome in stampatello, sapendo che se lei ti avesse sorpreso sarebbero arrivati i suoi rimproveri.
I tuoi occhi leggono DUE, e improvvisamente rivedi il volto di tuo padre, per la precisione il primo ricordo che hai del volto di tuo padre: i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli, e ti rendi conto che alla tua immagine originaria se ne sono via via sovrapposte altre, fino ad arrivare all'ultima che hai di lui, assai differente dalla prima, altri occhi, altra bocca, altri capelli; proprio come te, perché neanche tu sei più com'eri un tempo.
I tuoi occhi leggono TRE, e ripensi al tuo primo giorno di scuola, a tutti quegli estranei che ti stavano intorno, proprio come questi adesso nella metropolitana; soltanto che allora eravate tutti bambini, mentre questo è il mondo dei grandi, e a nessuno viene in mente di mettersi a chiacchierare con chi gli sta seduto a fianco, oppure di fare una palla di carta e di buttarla addosso a chi gli sta di fronte; tutti giacciono sui loro sedili o appoggiati alle pareti, come se l'antica vitalità li avesse abbandonati per fare posto alla paura.
I tuoi occhi leggono QUATTRO e pensi alla paura, alla tua paura, la paura che soffochi giorno dopo giorno laggiù, in fondo, dentro di te, una paura di cui in realtà non hai mai parlato a nessuno, non solo perché te ne vergogni ma anche a causa del fatto che è talmente grande e se ne sta così in fondo che ti è impossibile pronunciare delle parole capaci di contenerla tutta e di portarla alla luce; controlli meccanicamente fuori dai finestrini a che punto sei del tuo percorso, ma non devi ancora scendere.
I tuoi occhi leggono CINQUE, e ti senti a disagio, vorresti essere dovunque tranne che qui, insieme a questa gente che non conosci; senza alcun motivo, chissà perché ricordi di quella volta che hai letto sui giornali del tipo che, nella metropolitana, aveva buttato sotto un treno una persona scelta a caso tra quelle in attesa a pochi passi dai binari; per fortuna non era toccato a te, avevi pensato.
I tuoi occhi leggono SEI, e le parole che stai leggendo ti dicono che la prossima vittima sarai tu: scenderai da questa carrozza, e anziché dirigerti verso l'uscita ti fermerai sul marciapiede ad aspettare il prossimo treno, per dimostrare di non essere una persona così suggestionabile da credere a quanto hai trovato scritto su queste pagine; quando sentirai il fragore nero del convoglio in arrivo abbozzerai un sorriso. Sarà l'ultimo.
I tuoi occhi leggono SETTE, e naturalmente non credi a una sola delle frasi che sono appena passate dalla pagina al tuo cervello; perché questo è quello che ti aspetta, andare incontro all'appuntamento con il tuo assassino con la convinzione che tutto vada per il meglio e che niente di imprevisto possa cambiare i tuoi programmi, per il resto della giornata, come per il resto della tua vita; è così che si muore, d'altronde. Credendo di avere ancora a disposizione un tempo illimitato, una riserva all'apparenza inesauribile di giorni e settimane e mesi e anni: cosa che, invece, non è.
I tuoi occhi leggono OTTO, e queste parole guardano dentro di te, e tu ti guardi attorno, forse con un poco di inquietudine; metti caso che tutto al contrario sia vero, prova a pensarlo, solo per un istante. La cosa più facile, è ovvio, sarebbe correre via una volta fuori da qui: ma quale opinione avresti di te, sbucando in superficie, all'aria aperta? Avresti mai il coraggio di raccontarlo a qualcuno? Probabilmente no, se non avrai il coraggio di fermarti ad aspettare il prossimo treno. Ma alla fine ti fermerai. Non è vero?
I tuoi occhi leggono NOVE, e stai per arrivare all'ultima fermata; almeno per te. Quella alla quale dovrai scendere. Il tipo che ti ucciderà è giù là. Attende proprio te: nonostante non ti conosca né abbia mai incrociato il tuo sguardo. Non si sa - né si saprà mai - perché la sua scelta debba cadere proprio su di te. Forse, per un qualche motivo, rimarrà colpito dalle tue scarpe, quelle che hai voluto calzare questa mattina, del resto uguali a tante altre. Certe cose accadono senza un perché, lo sai. Ecco, il macchinista preme sui freni, la realtà rallenta, se non altro in apparenza, ma giù si vedono le luci della stazione dove ogni cosa, da ultimo, accadrà.
I tuoi occhi leggono DIECI: la fine ora spetta a te.