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31/03/99

 
Guido Belli 
 
 
INVESTIRE IN CULTURA: MA CHI CI GUADAGNA?

 
   
Quali i vantaggi per la comunità locale 
 
   

 
 
Una politica tendente a privilegiare lo sviluppo della conservazione e della fruizione del patrimonio, valutata a partire dai dati di affluenza e dal giro di affari conseguente, porta a trascurare il ruolo della comunità locale e la produzione artistica e culturale contemporanea.
Il vantaggio che la comunità locale ha da queste scelte è quasi sempre messo in secondo piano.
In primo luogo, dal punto di vista economico non è per nulla certo che un più intenso utilizzo dei beni culturali come elemento di attrazione turistico porti ad un aumento del reddito della popolazione locale, piuttosto che di quello dei tour operator, per fare un esempio.
In secondo luogo, andrebbe anche valutato che cosa la popolazione locale guadagna in termini di soddisfazione dei propri bisogni di cultura. Questa è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per offrire alla comunità locale opportunità di diversificazione e crescita dei propri valori.
In termini più generali, plaudendo ai modelli di gestione del patrimonio culturale e dei musei anglosassoni (per fare un esempio), si è preso in considerazione solo la superficie del fenomeno quale si presenta nei suoi aspetti più pratici, trascurando di valutare o, più semplicemente, conoscere le scelte di politica culturale dei quali essi sono un effetto.
In altre parole, prima dei bookshop e delle caffetterie nei musei, ci sono scelte chiave per quanto riguarda principi fondamentali come l'accesso all'arte e alla cultura, il loro insegnamento, il rapporto tra conservazione del patrimonio e il sostegno alle avanguardie artistiche, il rispetto e la documentazione delle culture altre.
Sotto questo profilo, è esemplare il caso della Svezia. A proposito del rapporto tra politica culturale e valorizzazione economica del patrimonio, potrebbe essere interessante analizzare la linearità e chiarezza degli obiettivi di politica culturale stabiliti nel 1996 dal governo svedese, confrontandoli con la complessità delle azioni messe in campo per realizzarli, in particolare durante il 1998, quando Stoccolma è stata capitale europea della cultura.
Questa manifestazione promossa dalla Comunità Europea, dopo l'esempio di Glasgow dei primi anni '90, è stata interpretata sempre più spesso come una occasione per proporre una rinnovata immagine della città sede dell'iniziativa nell'ambito della competizione sul mercato turistico, del marketing urbano, e per attrarre risorse finanziarie.
La qualità e la tipologia delle manifestazioni organizzate in questa occasione dalla città svedese sono un esempio di come può essere dominata la complessità della dimensione culturale, del suo rapporto con la popolazione locale, e i suoi intrecci con gli aspetti commerciali e turistici. Per una completo esame dello spirito e del programma dell'evento si rimanda al sito web di Stockholm98 www.stockholm98.se .
Gli obiettivi della politica culturale svedese sono descritti dal report ufficiale del governo nei seguenti 7 punti che compaiono all'indirizzo www.kur.se insieme ad una completa presentazione della politica culturale governativa:
* to safeguard freedom of expression and create genuine opportunities for all to use that freedom;
* to work to create the opportunity for all to participate in cultural life and cultural experiences and to engage in creative activities of their own;
* to promote cultural pluralism, artistic renewal and quality, thereby counteracting the negative effects of commercialism;
* to make it possible for culture to be a dynamic, challenging and independent force in society;
* to preserve and use the cultural heritage;
* to promote cultural education;
* to promote international cultural exchange and meetings between different cultures on the domestic front.
A partire da queste chiare e molto semplici scelte di politica culturale, che coinvolgono profondamente la sfera culturale della popolazione, sono state messe in campo azioni delle quali il museum merchandising o la sponsorship non sono che degli strumenti.
È dunque evidente che, a partire da questi indirizzi generali di azione, fenomeni minori quali l'attività artistica amatoriale, l'associazionismo culturale, l'evoluzione dei luoghi di ritrovo verso proposte articolate di intrattenimento, artistiche o innovative, la presenza di forme culturali antagoniste quali quelle espresse dai centri sociali, la capacità della comunità e della società politica di gestire le contraddizioni che questi portano con sé, contribuiscono in maniera positiva alla creazione e al mantenimento di un contesto culturale vivace ed innovativo.
L'attività creativa che ne scaturisce è un fattore importante, probabilmente indispensabile, per il rinnovo del capitale culturale locale e nazionale.
La produzione di nuova cultura e la frequentazione dei luoghi dove arte e cultura si confrontano con il pubblico (musei, gallerie, teatri e luoghi di fruizione dello spettacolo) trovano in questo milieu un enzima indispensabile per la diffusione dei valori positivi della cultura.
La minore attenzione alla dimensione della produzione artistica e culturale, ai valori dell'interculturalità e della commistione tra le culture, induce ad un ripiegamento sulle vestigia del passato, e il capitale culturale nazionale e locale non trova possibilità di crescita.
Paesi che hanno saputo esprimere attenzione alla contemporaneità e favorire l'espressione artistica e culturale della popolazione hanno ottenuto un significativo travaso di valori e di consapevolezza tra artisti e società, attenuando la separazione tra sistema educativo, sostegno alla produzione artistica minore e dilettantistica da una parte, e arte e cultura alta o d'avanguardia dall'altra.
In questo senso si può parlare per il nostro paese di impoverimento del capitale culturale, perché la politica culturale non alimenta il rinnovo nella creatività della comunità.
Volendo porsi il problema dello sviluppo delle risorse culturali con il fine di creare sviluppo economico ed occupazionale, questo aspetto di politica culturale non può essere trascurato.
Si tratta dunque di perseguire una strategia che favorisca la crescita del capitale culturale, e non solo di pianificare il godimento degli interessi del patrimonio che la storia e la tradizione ci hanno lasciato in eredità.
Come ogni buon amministratore sa, la rendita del capitale nel tempo è funzione della oculatezza con il quale esso è amministrato. Nuovi settori di investimento, nuovi prodotti devono essere costantemente ricercati per mantenerne il valore.
Tuttavia come si è cercato di riassumere all'inizio, le attuali politiche culturali sembrano essere sempre più focalizzate su obiettivi divergenti rispetto a tale saggio indirizzo, essendo rivolte più al passato che al futuro (link a Investire nel futuro).