Attraversare le contingenze allargando le prospettive

10/09/2008
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Farsi spazio

91 metri quadri in una ex fabbrica di birra della Berlino Est per un nuovo spazio non profit italiano. Sempre piu' emerge la necessita' di creare situazioni indipendenti in cui sperimentare e confrontarsi. Il neonato 91mQ e' un progetto che vede gli artisti che lo gestiscono impegnati in prima linea nel proporre l'arte come "strumento di conoscenza e di ricognizione del presente". Eleonora Farina intervista Elena Bellantoni e Marco Giani che parlano delle loro iniziative e delle future collaborazioni con l'Italia. La nostra inchiesta sugli spazi non profit prosegue, tracciando un quadro sempre piu' articolato e propositivo.



91mQ - durante i lavori, 2008


91mQ - graffiti, 2008


91mQ - inaugurazione, 2008


Building Up - locandina prima mostra (Elena Bellantoni, fotografia, 170 x 140), 2008


Room1 - performance di Elena Bellantoni e Silvia Pietrangeli, suono di Fabrizio Nocci, 2008


Marco Giani, Vanity Fair, mixed media on paper, 30 x 40, 2008


Marco Giani, JPEG Painting, mixed media on canvas, 30 x 40, 2008


91mQ - dettaglio installazione, 2008


Is it real - locandina evento (Marco Giani, still from video), 2008


Landsberger54 (esterno), 2008


Landsberger54 (interno), 2008


Intervista a Elena Bellantoni e Marco Giani

fondatori di 91mQ a Berlino

 

A cura di Eleonora Farina

 

Due artisti italiani: Elena Bellantoni e Marco Giani, siete voi l’anima del nuovo spazio non profit 91mQ a Berlino. Perché e come avete iniziato questa avventura?

 

Viviamo da tre anni a Berlino, con una pausa londinese di un anno. Tornando qui ci siamo resi conto che la nostra necessità era quella di essere più attivi e più presenti sul territorio; da qui l’idea di prendere uno spazio. La scelta di aprire 91mQ è nata da un input forte: quello di essere impegnati in prima linea con il nostro lavoro di artisti. Questo per noi significa essere esposti senza filtri o intermediari, creare le condizioni per esprimere e realizzare le nostre idee e i nostri progetti; crediamo che avere un contenitore dove rendere visibile tutto questo sia fondamentale e necessario.

 

La ricerca dello spazio è stata impegnativa, anche dal punto di vista economico, perché per ora tutto è auto-finanziato. 91mQ nasce in una ex fabbrica di birra della Berlino Est, che si sta riconvertendo in luogo di creatività con la presenza di numerosi atelier e spazi di sperimentazione artistica. La scelta di aprire un project space in una struttura del genere indica che 91mQ è uno spazio ‘off’ rispetto all’attuale configurazione del sistema dell’arte, costituito prevalentemente da gallerie commerciali e fiere d’arte. Per noi è importante riproporre l’Artista al centro del dibattito intorno all’arte.

Come artisti crediamo fortemente in una precisa linea di pensiero che vede l’arte quale imprescindibile strumento di conoscenza e di ricognizione del presente in cui viviamo.

Come è nato il vostro primo progetto espositivo, Building Up?

 

Building Up nasce dall’esigenza di sottolineare questo movimento di costruzione, di intervento, di modifica e di riconversione di uno spazio già esistente. L’azione di costruire avviene in questo caso su qualcosa di già dato, sulle rovine di uno spazio industriale in disuso. Da parte di 91mQ l’atto di tirare su assume una connotazione ideologica e d’impegno. Abbiamo invitato gli artisti in mostra (noi in primis, Colin Allen e Dunia Mauro) a riflettere e a lavorare su questo impulso innato dell’uomo di creare, distruggere e ricreare di nuovo. Building Up aderisce perfettamente al movimento interno ed esterno di una città come Berlino, che porta i segni di questo continuo atto di ricostruzione.

Una componente importante della nascita di 91mQ è stata dunque la fase del costruire: l’azione di prendere uno spazio per noi è stata la prima opera. Ci chiamiamo 91mQ proprio perché la forma è diventata contenuto.

 

Come gestite 91mQ in rapporto alle altre realtà presenti nella struttura Landsberger 54?

 

Per quanto riguarda l’intera struttura della fabbrica, ci sono altri sei spazi espositivi. Per noi questo è un punto di forza; l’obiettivo è quello di inaugurare sempre insieme, come abbiamo fatto il 5 luglio scorso e come faremo il 3 settembre. In questo modo abbiamo un notevole afflusso di visitatori e di pubblico eterogeneo (un po’ come a Brunnenstrasse o alla Kolonie Wedding, dove le gallerie inaugurano lo stesso giorno). Quello che per noi è importante è proprio la nostra presenza in un contesto del genere, underground; questo ci permette di comunicare non solo con gli ‘addetti ai lavori’ del sistema dell’arte ma di raggiungere anche un pubblico più ampio per genere, età e interessi.

Ovviamente ogni project space ha una sua linea, ma questo dà vivacità, dà gusto di sperimentare; si è creata un’ottima sinergia tra i vari spazi espositivi. La struttura ha ricevuto dei fondi europei per la sistemazione e la valorizzazione dell’area e ne siamo contenti. Fondamentalmente Berlino è piena di queste fabbriche dismesse della ex RDT, ormai considerate monumento europeo e quindi intoccabili. Rispetto all’Italia, in Germania è più facile avere uno spazio e ottenere un sostegno pubblico; ci sono tante non profit che riescono ad avere dei fondi anche dal comune di Berlino.

 

Sempre più Berlino sta diventando una città che accoglie artisti stranieri, e tanti italiani. Qual è il vostro rapporto con loro? Lavorate per creare una comune italiana, quasi un punto di riferimento, o non vi interessa? Collaborerete con le realtà non profit presenti sul territorio italiano o invece siete più rivolti alla multiculturalità che offre questa città?

 

Noi ovviamente abbiamo un’identità, siamo due artisti italiani. Abbiamo deciso di aprire un project space anche perché sentivamo la mancanza della presenza di un punto di riferimento italiano qui a Berlino. Ci sono gallerie private, Isabella Bortolozzi ad esempio, c’è Uqbar, ma è gestita da curatori… Era nostra intenzione invece creare uno spazio nuovo, lontano dall’idea di galleria.

Per quanto riguarda gli spazi non profit italiani, la mostra che faremo a fine ottobre sarà in collaborazione con Neoncampobase di Bologna; saranno presenti artisti internazionali, non solo italiani. Italiane saranno le due curatrici, Marinella Paderni ed Elvira Vannini. La mostra si chiama Same Democracy #3 e verrà inaugurata il 31 ottobre (preceduta da una tavola rotonda). Il progetto è lo stesso di quello presentato a Bologna ma sarà sviluppato specificatamente qui a Berlino. A noi interessa creare network, collaborazioni, fare ponte con l’Italia.

Siamo inoltre gemellati con l’associazione 26cc di Roma, città da cui siamo partiti insieme. Con 26cc faremo presto un progetto in collaborazione (forse una simultanea, ovvero aprendo contemporaneamente a Berlino e a Roma con uno stesso concept ma con artisti diversi). Le due associazioni hanno nomi e identità differenti e diverse agende, ma l’idea è quella di realizzare eventi congiunti. Il legame con 26cc, che ci ha aiutato fin dall’inizio, per noi è molto importante. Ovviamente è ancora tutto da sviluppare, perché siamo nati il 5 luglio e quindi è tutto nuovo! Stiamo programmando l’agenda proprio in questo periodo e siamo arrivati fino a fine novembre.

Lo scambio fra artisti è fondamentale; da quando abbiamo aperto lo spazio sono stati molti coloro che, in maniera più o meno diretta, ci hanno invitato a collaborazioni oppure si sono proposti per esporre da noi.

 

E le istituzioni?

 

Ci interessa molto collaborare anche con le istituzioni. Siamo una non profit, il che significa che il secondo passo sarà quello di avere un’identità più precisa dal punto di vista burocratico e di trovare dei fondi.

Per noi è importante far vivere 91mQ come contenitore. Ciò vuol dire che, parallelamente alle mostre, saranno organizzati artist’s talk, tavole rotonde, incontri, workshop, performance e happening. E’ essenziale creare delle sinergie: Room1 è un progetto performativo che abbiamo realizzato a 91mQ in collaborazione con Silvia Pietrangeli, danzatrice contemporanea, e Fabrizio Nocci, compositore di musica contemporanea. E’ stata una collaborazione a tre, uno scambio che ha funzionato, che ha reso possibile una sperimentazione: questo significa rendere vivo lo spazio.

 

In questo momento la figura dell’artista sta diventando pluridisciplinare. Anche voi vi sentite così? Siete artisti che non vogliono fare i curatori, ma che comunque organizzano mostre…

 

Noi ci auto-curiamo e filtriamo i progetti più interessanti. Neoncampobase, ad esempio, è stato contattato da noi e loro saranno nostri ospiti; lavoreremo insieme a loro. Non ci interessa ricevere un pacco, aprirlo e realizzare la mostra qui. La nostra è una figura di artista cosciente: ci deve essere la consapevolezza anche e soprattutto della gestione di uno spazio.

Ovviamente bisogna sempre lavorare con un pensiero di base. Il fatto di avere lo spazio qui nasce dall’esigenza di stare al passo con le idee. Le idee sono più veloci delle azioni; quindi, se l’artista sente l’urgenza di dover sviluppare il suo discorso o la sua poetica, è fondamentale che abbia uno spazio a disposizione per farlo.

A noi personalmente interessano i temi sociali, politici e non lavori semplicemente estetici, l’‘art pour l’art’. Quello che più ci preme è presentare dei progetti con una forte base teorico-concettuale, lasciando carta bianca per quanto riguarda l’azione e lo sviluppo a chi li propone.

 

Su cosa si incentra l’attuale mostra? Questo mondo iper-reale di cui parlate può essere considerato anche quello dell’arte?

 

La mostra Is it real ? è partita da una riflessione sul contemporaneo: “La realtà è già scomparsa in certo modo, ma perché essa in fin dei conti, non è mai altro che l'effetto di uno stimolo, di un modello. C'è un modello di realtà, un principio di realtà, che è stato costruito e che si può scomporre molto rapidamente” (Jean Baudrillard). Il tema della demarcazione, mai definita, tra realtà e realtà virtuale ci interessa molto e deriva dalle letture che facciamo, dalle cose che vediamo. C’era questa urgenza di pensiero e l’abbiamo messa in pratica subito. Non si può aspettare un anno per trovare un possibile spazio e poi un altro anno per organizzare la mostra… magari fra un anno l’idea è già passata, non è più urgente. Invece per noi e’ importante la velocità di azione nella realizzazione dell’idea.

Il problema di noi artisti è tutto quello che gira intorno all’arte, il sistema gallerie, il sistema curatoriale... La difficoltà dell’artista è quella del doversi inserire ogni volta in questo sistema. Dal nostro punto di vista questo meccanismo esiste nel mondo dell’arte come in quello del lavoro, dell’università... una sorta di scala sociale. Noi vorremmo rompere questa scala gerarchica, perché non ci interessa: il nostro obiettivo è mantenere una coerenza di fondo. Il rischio grande è però proprio quello di riproporre lo stesso dispositivo. Sicuramente anche qui, nel ‘sistema arte’, il confine tra realtà e finzione è molto labile.

 

Come gestite il vostro tempo, la vostra ricerca artistica e l’organizzazione di 91mQ?

 

Diciamo che non c’è separazione tra arte e vita, bensì l’unione di Arte e Vita. Noi non abbiamo un altro lavoro e poi, separatamente, gestiamo lo spazio qui; no, la nostra vita è qui e ora e 91mQ fa parte di un’intima, attuale, contingente necessità.

91mQ è parte della nostra ricerca, perché in questo spazio sperimentiamo, sviluppiamo le nostre idee. Fondamentale è però sottolineare che non vogliamo chiuderci qua; questo deve essere un ponte verso l’esterno.

Per quanto riguarda il futuro speriamo di continuare con questo entusiasmo e questa energia. Forse 91mQ diventerà 126mQ, magari 238mQ, magari cambieranno le misure, però il progetto andrà avanti!

 

91mQ art project space

Landsberger Allee 54, Berlino (Germania)

Tel. 0049.(0)163.5473412 / 0049.(0)163.5452575

www.91mq.org
www.gallerymittwoch.com
myspace.com/91mq
info91mq@gmail.com

 

 

Comunicato stampa della mostra Is it Real? , dall'8 settembre all'8 ottobre 2008


A proposito di Same democracy:
http://undo.net/pressrelease/edit46
http://undo.net/pressrelease/edit49

 

Le interviste precedenti sui nuovi spazi non profit italiani:

 

Il Lungomare di Bolzano
Abbasso Prospero e Robinson Crusoe
Meno veloce della luce
Il totale è più della somma…
Napoli bella e dannata
Qualcosa di nuovo a Milano #2
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FormContent: profilo di uno spazio


Eleonora Farina è laureata all’Università di Roma “La Sapienza” in storia dell’arte contemporanea. Ha curato il progetto di arte pubblica “Imperceptible Vision” con l’artista Marina Fulgeri. Attualmente vive e lavora a Berlino e collabora con la rivista “Arte e Critica” quale corrispondente dalla Germania. A breve si trasferirà in Romania per lavorare presso il Museo d’Arte Contemporanea di Bucarest.

 

 

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