Attraversare le contingenze allargando le prospettive

06/04/2009
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Chus Martinez

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Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: Pensi che la direzione che la curatela di una Biennale può prendere, possa permettere la costruzione di uno spazio per il dissenso e la sperimentazione di nuovi formati culturali, rispetto alla deriva mainstream del fenomeno di espansione delle Biennali stesse in ogni parte del mondo?
Nella tua opinione in che modo le biennali "post-coloniali", o cosiddette periferiche, possono apportare cambiamenti all'interno del display espositivo? Possono avere ambizioni geopolitiche? Quali scenari culturali tracciano?

Chus Martinez: Un format - come una biennale, per esempio - non implica la possibilità di "sperimentazione".
Ogni biennale è diversa dall'altra, così come lo è il team di curatori che lavora ad essa. É difficile creare le condizioni delle quali una mostra di ricerca necessita, nonché il dispositivo che permette a tale ricerca di influire propriamente sull'opinione pubblica. Potenzialmente le biennali possono contribuire alla ricerca nello stesso modo in cui qualsiasi altro format nel mondo dell'arte potrebbe farlo (non si tratta di fare in modo che questo sforzo sia un dovere, e solo le biennali sono un'eccezione. Effettivamente, è molto più scandaloso che un'istituzione - come un museo, per esempio - non si dedichi alla ricerca, in ogni sua forma).   
Spero inoltre che le Biennali abbiano ambizioni geopolitiche. Altrimenti significherebbe che ignorano le intricate relazioni tra luogo, potere e ricezione. L'effetto è un aspetto chiave di una biennale, o, meglio, l'effetto "network". Esse traggono valore dal numero e dal tipo di comunità che - in un modo o nell'altro - partecipano all'evento. Quindi, sì, contribuiscono al processo di globalizzazione. Non c'è alcun significato se il significato sta nel condividere il problema - e ciò è sempre più evidente in un contesto così esposto: come creiamo significato? e come queste diverse conoscenze si relazionano nella mostra, nel contesto nel quale si presume esse operino? E come possono costituire il vero "effetto" di una biennale per esempio?

Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: In una situazione, su scala internazionale, dove la produzione culturale è spesso sottoposta a pratiche di potere che si esprimono attraverso l'attività dell'istituzione, come può la pratica curatoriale mantenere il suo potenziale critico e trasformativo?

Chus Martinez: Come può ogni pratica mantenere il proprio potenziale critico e versatile? Come può  la "criticità" essere una nozione che va oltre la tendenza alla "protezione"? In altre parole, come si salta da uno stato di totale consapevolezza ad uno, creativo, di produzione di idee? "Curare" è un termine vago, una pratica all'interno di un contesto che coinvolge molte più possibilità rispetto al solo atto di scegliere. La più importante sfida è se saremo in grado, con le nostre capacità di fare ricerca, come artisti, critici, curatori e storici dell'arte, di dare vita a una concezione del pensiero completamente nuova, una concezione di "cosa significa pensare" nel contesto culturale; concezione che deve assolutamente essere adeguata a ciò che ci accade intorno. In filosofia esistono due approcci alla questione: andare contro le cosiddette "false" applicazioni (falsa moralità, falsa conoscenza); o concepire la critica come una totale comprensione del mondo alla ricerca di una nuova funzione e immagine del pensiero. Il primo approccio si accontenta di denunciare gli errori (capitalismo, ecc.), il secondo si preoccupa della possibilità di nuovi domini per pensiero e azione.

Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: Relativamente alla tua esperienza diretta, come si intrecciano le dinamiche sopracitate nel tuo lavoro?

Chus Martinez:
Curare è lavorare a modo tuo a quei problemi che la ricerca artistica ha posto. In questo senso, si incrociano tutte le questioni rilevanti che affliggono il presente e il compito è quello di tracciare le possibilità per una critica totale. Abbiamo bisogno di smettere di essere solo "contro" o "a favore" e ricominciare a pensare da capo.


Biografia
Nata in Spagna nel 1972, ha compiuto studi di filosofia e storia dell'arte. Dal mese di gennaio 2005 è direttrice del Frankfurter Kunstverein. Nel luglio 2008 è diventata chief curator del Museo d'Arte Contemporanea di Barcellona (MACBA). Dal 2002 al 2005 ha lavorato come direttrice artistica dello spazio Sala Rekalde di Bilbao, dedicato all'arte contemporanea. Tra le mostre principali di cui si è occupata occorre ricordare After Trisha Brown di Sergio Prego, Some Near Distance di Mark Lewis e la mostra collettiva intitolata The Invisible Insurrection of a Million Minds, diretta in collaborazione con Lars Bang Larsen e Carles Guerra.

 

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