Attraversare le contingenze allargando le prospettive

09/03/2010
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Non solo mittenti

La trascrizione di alcune delle interviste "a caldo" realizzate da Annalisa Cattani e Massimo Marchetti durante Artefiera 2010 a Bologna. Hanno tutti risposto ad una domanda (seria) che chiedeva un parere circa l'ingerenza della politica nella cultura e se la mobilitazione in corso dopo l'appello al Presidente Napolitano è utile o ci sono altri modi per opporsi.
Su alcune cose sono tutti d'accordo, artisti, galleristi, curatori; sia figure concilianti che polemisti nati, passanti distratti e lottatori. Su altre prevale il cosiddetto pessimismo della ragione, il già visto, o domani è un altro giorno si vedrà.
Ma c'è un certo spirito di corpo che anima i desideri di tutti. E non è il diavoletto di Maxwell...



Angela Vettese, giornalista, critica e storica dell'arte




Pierluigi Sacco, economista




Giancarlo Politi, editore




Elio Grazioli, critico e curatore




Gianluca Codeghini, artista




Massimo Minini, gallerista




Lia Rumma, gallerista




Tucci Russo, gallerista




Milovan Farronato, critico d'arte e curatore




Matteo Zauli, direttore del Museo Carlo Zauli di Faenza




Daniele Capra, giornalista e curatore indipendente




Helène de Franchis, gallerista




Maria Rita Bentini, storica dell'arte




Elisa Baldini, critico indipendente




Dacia Manto, artista




Secondo lei nella cultura quali sono i modi per opporsi ad un meccanismo di favoritismi e di criteri clientelari in cui l'ingerenza della politica è radicato e stratificato? L'appello scritto al Presidente della Repubblica è un esempio delle forme di protesta in corso in cui si chiedono invece criteri di meritocrazia e trasparenza. A partire da questo si stanno generando in molte città italiane una serie di riunioni tra i firmatari da cui emergono riflessioni che ampliano e diversificano i temi. Pensa che questa partecipazione possa essere utile? Pensa che ci siano altre modalità possibili?

Angela Vettese - L'appello fa peggio ...
Se devo essere molto franca non credo che ci siano modi per opporsi ad un trend che è in crescita, cioè il trend di una assoluta ingerenza da parte della politica soprattutto riguardo alle nomine dell'arte contemporanea. Sono felice che ci siano appelli e mobilitazioni ma non penso che abbiano nessun effetto perché infatti i pasticci maggiori li stiamo vedendo oggi, cioè dopo l'inizio di questa entrata in campo. Gli appelli infatti, sono nati prima e poi sono arrivate le nomine più criticabili. Il problema è che la politica vede nell'arte antica un territorio che richiede competenza, e che comunque non può essere più di tanto messo in crisi da amministratori, direttori e curatori incompetenti. Nell'arte contemporanea invece, si vede un territorio in cui si possono fare favori, si possono collocare delle persone e tutto e il contrario di tutto sembrano valere. Non si ha mai in mente un vero rapporto con le strutture internazionali, e quindi io credo che l'unico luogo dove resti alta o sia destinata a rimanere alta la qualità dell'arte contemporanea - a parte le fondazioni private dove la politica entra poco - sono i padiglioni della Biennale di Venezia, perché per statuto sono curati dai vari Paesi, per cui abbiamo questo polmone di cui potremo vivere per un po' di tempo, nel senso che io spero che questa nottata passi, ma deve passare.

Pierluigi Sacco - Chi fa da se' ...
Il tema della credibilità dei meccanismi di reclutamento e di governance delle istituzioni culturali italiane è un tema che secondo me richiede una riflessione molto approfondita sul fatto che in ultima analisi è l'irrilevanza che oggi ha il governo della cultura all'interno dei temi della società civile italiana che determina questo tipo di situazioni. C'è uno scarsissimo controllo sociale, c'è una scarsissima attenzione e consapevolezza all'ipotesi che questi temi possano essere rilevanti. Che cosa bisogna fare concretamente secondo me: in questo momento si devono creare degli spazi alternativi a quelli istituzionali in cui si dimostrano altre logiche culturali possibili, capaci di aggregare soggetti che credono in un altro modo di fare. Pensare di poter modificare le istituzioni con degli appelli istituzionali all'interno di questo clima culturale è secondo me abbastanza utopistico. Bisogna, come è sempre avvenuto non solo nella storia dell'Italia, crearsi da soli gli spazi sociali in cui si dimostra che un altro modo è possibile, saranno poi le istituzioni a capire e ad adeguarsi e quando questo diventerà socialmente evidente e rilevante non potranno non farlo.

Giancarlo Politi - Dopo tanti anni di lotta... sono disilluso
Mi sono sempre battuto per tanti anni contro il potere politico, ma non è possibile, visto che per esempio la direzione della Biennale viene nominata dai politici, che la Triennale è politica, che la Quadriennale di Roma è politica, e che tutte - a partire dai direttori dei musei - sono nomine politiche in Italia. Secondo me in Italia non si può fare niente, perché l'Italia è un paese troppo corrotto, ed anche se si decidesse di creare delle istituzioni preposte alle nomine, esse stesse sarebbero soggette a nomine politiche. Ad esempio il MART ha un consiglio direttivo che nomina il direttore, ma anche quello deriva da nomine politiche. La politica in Italia è ovunque, è così articolata e presente con la sua fitta rete che non è più possibile liberarsene.
"Secondo lei il mondo dell'arte contemporanea viene trattato in modo diverso rispetto agli altri settori?"
No, uguale. Il più forte vince, se sei fortunato, se trovi un politico intelligente c'è una nomina intelligente, e qualche volta può accadere com'è accaduto a Torino, oppure succede quello che è successo a Napoli con Bassolino (...). La politica in Italia ha persone sempre meno intelligenti, meno interessanti e più corrotti e quindi non ci si può aspettare niente di buono. Io credo solo nel privato, opero nel privato, mi sono sempre sottratto alla politica in ogni circostanza. Perché so che la politica porta alla morte. L'Italia è un Paese ormai soffocato dalla politica e dalla corruzione, da cui non ci possiamo liberare, non ci sono alternative.

Elio Grazioli - Rete bugiarda?
E' un tema molto scottante secondo me, come tutti quelli che riguardano la politica in Italia. Devo confessare che io non ho mai sottoscritto alcun appello, e questo è in contrasto con quello che potrei dire, cioè che in realtà spero che gli appelli funzionino e abbiano un'efficacia. Forse lo posso dire adesso in quanto con internet molto probabilmente, anzi sicuramente l'appello è cambiato, sia nella forma che nella sostanza, con internet l'appello fa rete. Il problema però è che tipo di rete si stabilisce attraverso l'appello; io non sono così ottimista nei confronti del mondo dell'arte e nella sincerità di questa rete e quindi sono un po' scettico. Però non sono così stupido da contrappormi e per questo spero che chi invece ci crede lo usi come strumento efficace. D'altro canto l'ingerenza della politica, anche nella mia esperienza è veramente oscena: nella maggior parte dei casi i politici entrano nei nostri ambiti senza la minima preoccupazione di condividerli o partecipare, ma solo con l'intenzione di dettare le loro esigenze, che sono naturalmente sempre mirate ad ottenere consenso. Devo però dire che in questo senso io ho un'esperienza particolarmente felice con il Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia. Io sto lì da ormai quattro anni soprattutto perché ho trovato degli uomini politici che rappresentano delle eccezioni rispetto a questo discorso. Penso che lo strumento più efficace sia trovare e convincere le persone, perché le persone sono più forti della politica come strumento, come struttura in sé stessa, o almeno fino ad un certo punto, almeno ad un certo livello come ad esempio quello dei comuni, che è comunque la dimensione più tipicamente italiana.

Gianluca Codeghini - L'appello incontrollabile
La situazione dell'arte contemporanea rispecchia una realtà più estesa, tant'è che se guardiamo i numeri, il grado di attenzione che l'arte contemporanea riesce a catalizzare, e la sua capacità di penetrare nel tessuto sociale, è veramente poca cosa. Il problema è esteso e perciò piuttosto che sulle persone ci si dovrebbe focalizzare sul processo, fare un "processo al processo", che non ci va bene e non ci è mai andato bene, che non è quello che vogliamo e in cui ci identifichiamo. Secondo me tuttavia il problema in Italia sta nella difficoltà di creare o di far durare situazioni indipendenti, che siano in grado di avere una voce in capitolo sull'arte contemporanea e delle possibilità di far vedere qualcos'altro che non sia quello che passa attraverso i luoghi istituzionali: a quel punto "loro" potrebbero continuare a darsi le regole e a seguire la politica di sempre. Ma il problema è proprio che non nascono o comunque non sopravvivono alternative con la forza di mostrare qualcos'altro, sia in termini di modalità differenti sia di ciò che riguarda l'oggetto arte.
"Credi che l'appello sia uno strumento capace di cambiare qualcosa?"
Io credo molto nello strumento rete, come strumento per sollevare e muovere delle situazioni, e un'appello che si muove attraverso la rete non può essere controllato, malgrado una volontà opposta; perciò è un'ottima modalità per mettere in moto le cose, è un inizio che può servire a spargere la voce, e proprio con la rete questo è ancora più semplice e veloce.

Massimo Minini - Tanto siamo alieni
In fondo io agli appelli e alla loro efficacia non credo molto; credo che vadano fatti per dovere civile, sapendo che non sortiranno nessun risultato. Il mondo dell'arte è un mondo molto marginale: quando nei giornali ad esempio si legge che degli artisti sono stati ricevuti dal Papa, o da Napolitano, si può pensare che ci siano artisti come Kounellis, Paolini, o Accardi, e invece ci sono solo artisti del cinema, del teatro, della televisione. Quando dicono che degli artisti erano presenti ai funerali di Lady Diana, non è che c'era Francis Bacon, c'era Elton John nel migliore dei casi. In generale, quando si parla di artisti contemporanei alla gente che non fa parte dell'enclave dell'arte nessuno li conosce, e quindi si capisce che il nostro è un mondo di "alieni", per lo più sconosciuto, non certo per noi 100 mila che visitiamo la fiera di Bologna, ma per gli altri 59 milioni che vivono in Italia. Per cui i nostri appelli vanno anche a sbattere contro questa ignoranza, di cui nessuno è colpevole ma esiste ed è in fondo impenetrabile. Ad esempio recentemente il Papa ha invitato alcuni artisti, tra cui Giulio Paolini e Marisa Merz, ma non sono andati a fare altro che ad ascoltare il suo discorso. In passato, quando la Chiesa credeva nell'arte, il Papa pagava degli artisti perché realizzassero delle opere per lui. Oggi i papi e i politici invitano gli artisti per motivi di "aggiornamento", e non perché vogliano contribuire alla loro crescita, o alla fondazione di un pensiero o di un lavoro. In realtà è tutto funzionale ad un sistema che si morde la coda, ed in questo senso sono abbastanza scettico. Tuttavia continuo a provarci tutti i giorni lo stesso, anche se con l'ottimismo della volontà e il pessimismo dell'intelligenza.

Lia Rumma - L'arte fa riflettere
L'appello può essere uno strumento efficace soprattutto se riesce a confrontarsi con gli altri, a capire cosa pensa la maggioranza delle persone ed è utile se le intenzioni e le motivazione sono giuste. Quindi ritengo che l'appello possa avere un valore, qualunque sia la situazione a cui si rivolge, perché è necessario esprimere e far conoscere la propria opinione, prendersi il diritto di libertà di parola, poiché in caso contrario non ci si può lamentare di ciò che non condividiamo, e dobbiamo invece far parte del pensiero politico, affemare la nostra opinione. Gli appelli servono, in passato a volte sono serviti, l'importante è coinvolgere e far sentire l'opinione di molti.
"In relazione all'ingerenza della politica, lei vede altri strumenti per opporsi questo problema?"
E' vago parlare in questi termini, perché noi viviamo in un mondo che è controllato dalla politica; ma d'altra parte si può guardare all'esempio di altri Paesi dove ci si può confrontare con politici illuminati, colti - perché è soprattutto una questione di cultura - e dove si possono creare delle cose in grado di funzionare, per cui è importante soprattutto la qualità della politica. I politici che si assumono l'incarico e l'onere di governarci dovrebbero anche essere in grado di avere a che fare con la cultura, dovrebbero essere innanzitutto delle persone colte, altrimenti il loro intervento può diventare dannoso, e possono esserci prevaricazioni che sono solo dannose per la società.
"Secondo lei l'opera d'arte può ancora avere un'incisività politica?"
Beuys diceva che l'arte avrebbe salvato il mondo; Kiefer rispondeva che l'arte non avrebbe salvato il mondo ma che è capace di far prendere coscienza. L'artista non deve fare politica, ma ha sempre un pensiero politico, per cui l'arte è importante in questo senso perché è capace di lanciare messaggi. Nessuno è avulso dal quotidiano, per cui è importante anche per l'artista interagire col proprio quotidiano e con tutto ciò che va a condizionarlo. Non a caso grandi artisti - e su tutti l'esempio di Picasso con Guernica - hanno parlato al mondo e hanno agito sulle coscienze; per cui l'arte può avere un valore fortissimo e far riflettere su ciò che accade nel mondo.

Tucci Russo - Fede nella creatività
Il rapporto tra politica e cultura è sempre stato molto conflittuale. Ma io credo che oggi le istituzioni dovrebbero difendere i singoli professionisti dei singoli linguaggi della cultura, coloro che si sono occupati in maniera radicale dei problemi, e difenderli. Non permettere che i politici diano nomine a caso solo perché proteggono certe persone. Ci dovrebbe essere una scelta razionale, tra chi si occupa seriamente di arte contemporanea, di arte storica, di arte moderna, di musica contemporanea e così via. E proteggere la cultura in questo senso: andando là dove ci sono le radici vere, mescolandosi con coloro che hanno un forte legame con la cultura, con l'arte, con gli artisti o con chi scrive e così via, quindi scegliere la strada della meritocrazia, come al momento non si fa in questo Paese.
"Lei dà un po' di fiducia allo strumento dell'appello o non ci crede?"
L'unica fiducia che io do è a chi fa cultura e a chi fa arte: io ho fede nella creatività.
"Crede che l'opera d'arte abbia ancora un'incisività politica?"
Io credo che l'arte, la vera arte, abbia in sé stessa un codice politico; non necessariamente l'arte deve esprimersi in maniera sociale o populista, ma gli artisti considerano all'interno del loro lavoro il processo politico, quindi esso fa comunque parte dei loro pensieri.

Milovan Farronato - Non mi pongo il problema
Non so se gli appelli possono essere utili o meno; io ho sottoscritto quello indirizzato a Napolitano, ma non ho fatto appelli e non ho firmato la lettera sulla vicenda di Rivoli, forse perché la ritenevo ininfluente o forse perché pensavo che andasse bene così, non mi sono mai francamente posto il problema. In generale non mi pongo il problema delle ingerenze del sistema politico nelle nomine dei direttori e credo che al di là di ciò ci siano anche altre situazioni dove il potere politico influisce nel decidere ad esempio di non portare avanti un'esperienza come quella delle gallerie civiche che al momento sono senza direttore o lo sono state per molto tempo. Credo quindi che sia un problema superiore alla mia portata, e che chi dovrebbe eventualmente discuterne sono prevalentemente i giornalisti: se sulle pagine dei quotidiani ci fossero firme importanti ad occuparsi di queste problematiche, di questa influenza - negativa, ostile, positiva, in qualsiasi modo la vogliano collocare persone competenti e autorevoli - forse questo potrebbe in qualche modo aumentare la consapevolezza di chi prende le decisioni e influire sul modo in cui le prende. Quindi io sostanzialmente confido in loro, perché credo che i media siano l'unico mezzo per aprire un dibattito, al contrario credo che gli appelli non servano quasi a nulla.

Matteo Zauli - Appello liquido
Di rimedi ne vedo ma non credo che ce ne sia uno semplice, perché tutti dovrebbero agire in profondità, alla radice delle cose. Ad esempio sarebbe interessante che nel momento in cui si dovessero fare delle nomine - a tutti i livelli, dal locale al nazionale, dal piccolo assessorato al grande museo - ci fosse la possibilità di decidere sulla base di progetti, come si dovrebbe in teoria fare con le gare d'appalto, e quindi lavorare sulla trasparenza, sulla progettualità. Per quanto riguarda le ingerenze della politica direi che per prima cosa ci sarebbe bisogno di una riflessione interna da parte della politica, cioè la politica stessa dovrebbe sensibilizzarsi e mettere delle persone di cultura nei luoghi culturali, che per quanto sembri una banalità non lo è per nulla. L'appello credo che sia interessante ma forse bisognerebbe dare anche qualche strumento meno liquido e più corposo, come una raccolta di firme...
"L'appello comunque è già una raccolta di firme. La questione è cercare di capire se c'è comunicazione tra i due mondi, quello della rete, dove si struttura questa alternativa e quello reale delle istituzioni."
Io penso comunque che quando si arriva al punto in cui la nomina non prevede il know how, vuol dire che si è già troppo avanti, per cui sarebbe necessaria una grande presa di consapevolezza della classe politica e la soluzione più semplice sarebbe quella di far fare ad ognuno il proprio mestiere.
"Credi che l'opera d'arte abbia ancora un'incisività politica?"
Credo di sì e credo che l'opera d'arte non debba assolutamente pensare di poter perdere questa grande potenzialità, perché una gran parte delle opere d'arte è stata importante ai fini dello sviluppo sociale e della denuncia: da questo punto di vista l'arte ha molte virtù e ritengo importante che continui ad averne.

Daniele Capra - A chi fare appello
Credo che l'appello non sia un modo per risolvere un problema ma per porre una questione, anche perché solitamente non è rivolto a persone che hanno gli strumenti per risolverlo direttamente. Penso che siano da cambiare il clima e le modalità di lavoro, perché una persona da sola non ha la possibilità di risolvere il problema. L'appello si fa a delle persone che ricoprono e hanno guadagnato un ruolo importante, e scegliere una determinata persona significa che questa potrebbe farsi carico di quella determinata questione. Pur non essendo la soluzione, credo comunque che l'appello vada fatto per onestà intellettuale, soprattutto in una realtà come quella italiana dove contano di più i portatori di interessi che i portatori di idee, e forse l'appello è uno strumento che ci garantisce ancora un minimo di libertà.

Helène de Franchis - Inflazione d'appelli
Da un certo punto di vista l'idea dell'appello è affascinante, ma è anche vero che ce ne sono talmente tanti, su ogni fatto ed argomento, che alla fine perde d'importanza.
"Ci sono altri strumenti per affrontare questo problema?"
No, credo che sia sufficiente migliorare, affinare questo strumento, anche perché la rete stessa è lo strumento più immediato.

Maria Rita Bentini - Mancano le coordinate
L'appello è una rete e quindi, soprattutto quando questa rete è composta da molte persone, funziona. Sono più pessimista circa il momento della sua ricezione, e quindi non tanto su chi fa la rete, ma su chi poi dovrebbe farci i conti.
"Secondo lei esistono altri strumenti?"
No, questo è un ottimo strumento ma credo anche che la sordità che incontra sia molto forte.
"Secondo lei c'è una differenza nel modo in cui la politica in Italia tratta il mondo dell'arte contemporanea rispetto ad altri ambiti, come ad esempio il mondo dell'arte antica?"
La nomina al Padiglione Italia della Biennale è un esempio delle pesanti ingerenze della politica italiana: senza radici e coordinate culturali; forse altrove la politica ha delle coordinate culturali un po' più dense.

Elisa Baldini - Malato grave
Io credo che sia un'ottima strategia, avanti coi tempi e che utilizza gli strumenti giusti, anche se non so quanto possa essere efficace perché credo che la malattia del sistema sia piuttosto grave. Non riesco neanche a pensare ad altre modalità d'intervento, però questa mi sembra corretta, diretta, efficace e capace anche di avere un'ampia e veloce diffusione.

Dacia Manto - Appelli per sordi
Lo strumento dell'appello è comunque importante; poi la sua efficacia dipende dal fatto che venga preso in considerazione o meno, e quindi se viene o meno ascoltato dalle persone a cui viene inviato. Però rimane importante far sentire la propria opinione, la propria protesta, ma non credo che cambierà molto, anche in questo caso specifico.


Maggiori informazioni sull'Appello e sulle iniziative che si sono susseguite da ottobre ad oggi


Annalisa Cattani (Gruppo Darth), artista e ricercatrice di Pubblicità e Retorica, insegna all'Università di Trieste, LABA - Accademia di Belle Arti di Rimini e Accademia di Belle Arti di Ravenna. Collabora con il Dams di Bologna. Dal 2009 per UnDo.Net cura Voices, in collaborazione con Radio Città del Capo.
Massimo Marchetti (Gruppo Darth), curatore indipendente. Dal 2009 per UnDo.Net cura Voices, in collaborazione con Radio Città del Capo.