La Generazione delle Immagini


5 - 1998/99 - Landscape in Motion


Thomas Struth



Nato a Geldern in Germania nel 1954, si afferma come uno dei protagonisti della nuova fotografia tedesca.
Sue personali si sono tenute alla Kunsthalle di Berna; nei Musei di Colonia, Washington, Bonn; all'ICA di Boston e di Londra. Prima di iniziare la presentazione delle diapositive vorrei fare una premessa: riesaminando l'insieme del mio lavoro oggi può sembrare che si sia sviluppato in maniera logica e che io abbia calcolato ogni mio passo. Tuttavia un lavoro di questo genere non viene ideato in maniera definitiva fin dal principio e vi pregherei di tenere in mente questo fatto mentre guardate le immagini.
Vorrei anche fare un appunto sulla situazione dell'artista e dell'arte in generale: io penso che l'arte nasca dal rapporto tra le capacità dell'artista e l'ambiente socio-culturale che lo circonda; vale a dire il paese e la città in cui vive, la sua situazione familiare ma anche il momento storico in cui nasce. Per esempio chi oggi ha 18 o 19 anni è nato in un contesto storico diverso da chi è nato nel 1919 o nel 1950. Ritengo che questo sia un fattore di estrema importanza in quanto esercita un'influenza determinante sul tipo di lavoro e di scelte che esercita. Tornerò sull'argomento quando vedremo le immagini.
Sono nato nel 1954, solo quattro anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Gli effetti della guerra sull'ambiente, nella memoria e sulle emozioni della gente erano ancora molto vivi. Provate a pensare all'anno 1990, nove anni fa, e vi renderete conto di quanto sia ancora vicino. All'epoca il paesaggio urbano in Germania era costituito da un numero esiguo di vecchi edifici sopravvissuti ai bombardamenti, di molti edifici moderni e di grandi vuoti architettonici, il risultato di sei anni di guerra. Le strade presentavano le cicatrici della guerra. Benché non avessi vissuto la guerra sulla mia pelle ero testimone delle sue conseguenze. Mio padre aveva passato 9 anni sotto le armi e anche mia madre aveva partecipato alla guerra, come d'altronde ogni cittadino tedesco. I racconti e le esperienze dei miei genitori e parenti contrastavano con le impressioni che mi venivano trasmesse dal paesaggio urbano. Ripensando al passato mi sono reso conto che una delle tematiche che da sempre mi interessa in maniera particolare è la contraddizione che esiste tra l'esperienza personale della vita e la situazione politica nella quale un individuo si colloca. Arriviamo così al secondo fattore importante: immaginate una persona la cui storia nazionale recente è estremamente negativa. Dove potrà trovare positività e passione' All'età di 13- 14 anni cominciai a interessarmi molto all'arte; l'arte in Germania negli anni '20 e '30, parlo in maniera molto generale, era positiva sotto quasi tutti gli aspetti; era interessante e rappresentava la libertà. L'arte poteva dunque sostituire la storia recente del mio paese quale base positiva per una mia crescita. Ero molto affascinato da pittori quali Kurt Schwitters, i pittori della 'Neue Sachlichkeit', George Grosz e Otto Dix, ma anche de Chirico, Picasso e altri. Nell'arte vedevo qualcosa di 'liberale', di moralmente giusto. Fu questo il mio punto di partenza.
Sono stato uno studente nella Germania degli anni '60. Dopo una tale esperienza catastrofica regnava il desiderio di ordine. Era una condizione che mi stava stretta, avevo bisogno di più libertà. Così a scuola optai per l'arte come reazione alla rigidità che vedevo intorno a me , in famiglia e tra i miei amici e conoscenti. Era anche il periodo della contestazione giovanile e studentesca contro la guerra in Vietnam. Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta la concezione dei rapporti sociali ed internazionali si manifestava in modo diverso da oggi. Quando ero adolescente molti giovani tra i 18 e 27 anni viaggiavano con il nuovo biglietto Interrail che consentiva di attraversare l'Europa in treno senza limiti per un periodo di quattro settimane. L'Europa centrale era come un salotto con gente che la attraversava diretta in Grecia, Jugoslavia, Spagna, Germania, Norvegia, ecc.
Vi sembrerò un po' ingenuo ma ritengo che quello sia stato un periodo molto speciale di forte entusiasmo sociale che mi influenzò notevolmente. Ora vorrei mostravi delle fotografie. Mi hanno detto che molti dei presenti sono a loro volta degli artisti così inizierò con dei disegni e dei dipinti che risalgono addirittura al 1968. Poi vi mostrerò dei lavori fotografici più recenti.
Non voglio fare molti commenti sui primi lavori, in realtà è interessante vederli perché costituiscono la base delle mie successive opere fotografiche. Quasi tutti i disegni hanno un formato piccolo, circa 70 cm x 80 cm. Sono stati eseguiti con colori ad olio e gessetti. Man mano che i miei disegni diventavano più realistici cominciai anche a fare delle fotografie. In passato mi ero ispirato a fotografie tratte da libri e riviste per soddisfare le mie esigenze di composizione. In seguito decisi che sarebbe stato più appropriato scattare io stesso le foto. Così i passanti che incrociavo per le strade e che fotografavo divennero il soggetto dei miei lavori. Tuttavia, non conoscendoli di persona, essi rimanevano solo una massa di persone e dopo un po' persi interesse in questa tematica. Cominciai a giocare con la pittura e i pennarelli sui contorni delle figure fotografate. Fu così che per la prima volta presi coscienza di una caratteristica unica alla fotografia: cattura il tempo e l'atmosfera di un luogo o una persona. (Fin dal 1968 andavo spesso al Ludwig Museum di Colonia dove era esposta una grande collezione di arte americana degli anni '60 accanto a lavori eseguiti in altri periodi storici. George Segal, Claes Oldenburg, Tom Wesselman, Robert Rauschenberg, Jasper Jones, Andy Warhol lavoravano tutti usando materiali quotidiani, pubblicitari o trovati per strada. Questo mi affascinava molto. Inoltre c'erano opere di Joseph Beuys e Gerard Richter, gli impressionisti francesi e pittori della scuola tedesca e fiamminga del XVI e XVII secolo.)
La fotografia mi sembrava meno psicologica e meno personale della pittura e per questo cominciò a interessarmi di più. Cominciai a sperimentare, per esempio l'effetto di esposizioni diverse su un soggetto in movimento, un po' come un bambino, scoprendo le potenzialità e i limiti dello strumento. Ai tempi sapevo poco della storia della fotografia e non conoscevo il lavoro di Hilla e Bernd Becher. Avevo sempre prediletto la pittura e benché anche la fotografia mi interessasse non avevo seguito il lavoro degli artisti-fotografi.

Mi dedicai a questo lavoro per due anni ma poi cominciai a trovarlo frustrante perché per quanto fossero interessanti o divertenti le immagini morivano molto rapidamente e il mio interesse scemava. Un giorno del 1976 decisi che forse sarebbe stato più interessante fotografare le strade e gli edifici anziché il flusso di passanti che uno poi non avrebbe più incontrato. Conviviamo con le strade e gli edifici non solo per mesi, ma addirittura anni o decenni. Inoltre essi rappresentano la mentalità del luogo in cui viviamo, qualcosa a cui ci possiamo sottrarre solo trasferendoci. Abitando a Milano, quando camminate per strada siete incessantemente esposti all'atmosfera dell'architettura di Milano, non potete eluderla se non cambiando città.
All'accademia di Dusseldorf mi trasferii dal corso di pittura di Gerhard Richter a quello di Bernd Becher che stava iniziando un corso di fotografia. Fu Bernd Becher a spingermi ad usare il banco ottico e le lastre. Tali attrezzature ti costringono a lavorare molto più lentamente e fare una fotografia in maniera più simile alla costruzione di una immagine.

Durante questo periodo mi interessai molto al lavoro di artisti quali Daniel Buren, Sol LeWitt, Carl Andre, Richard Serra, principalmente perché facevo un tipo di lavoro poco sentimentale, più vicino alla ricerca e non seguendo un criterio di gusto.
Nel fotografare le strade non volevo privilegiare né il lato sinistro né quello destro così decisi di utilizzare dei criteri compositivi standard molto rigidi e di fotografare con una prospettiva centrale, cosa che feci per sei anni. Nel 1977 vinsi una borsa di studio ed ebbi l'opportunità di andare a New York dove rimasi un anno. Fu la mia prima opportunità di lavorare intensamente su una città. Studiai la struttura visiva dei diversi quartieri della città scegliendo poi degli esempi particolarmente rappresentativi della mentalità e della natura del luogo. Durante quegli anni conobbi il lavoro di alcuni fotografi che trovai particolarmente affascinanti, per esempio August Sander, Walter Evans, Eugene Atget, Stephen Shore, William Eggleston ecc. Una volta tornato in Germania continuai a fotografare le città tedesche, ma anche le città dell'Inghilterra, la Francia, l'Italia ed altri paesi.
Ho scattato questa foto (Horder Bruckenstrasse, Dortmund 1986) nella cittadina tedesca di Dortmund.
Rappresenta il tipico esempio di un angolo urbano che è mutato negli anni e per il quale è molto difficile individuare l'ordine e lo sviluppo storico del luogo. La struttura sembra un po' un modellino architettonico. L'edificio a sinistra è un centro commerciale la cui facciata è stata costruita sopra quello che poteva essere un palazzo di appartamenti. Nel centro c'è un lampione che sembra risalire al 1900 ma che potrebbe benissimo essere una copia recente. Nel suo insieme è davvero una locazione storica molto particolare. Ci fa sentire insicuri perché in un tale ambiente è impossibile ritrovare le proprie coordinate storiche.
Per anni ho continuato a lavorare in diverse città cercando di estrarre l'essenza della loro mentalità. Ero affascinato dal pensiero che malgrado gli edifici di una città siano finanziati e progettati da individui diversi, si crea tuttavia un'atmosfera comunitaria dell'inconscio collettivo della città.
Ogni tanto decidevo di scattare delle foto che rappresentassero due cose contemporaneamente. Per esempio qui percepiamo che la parte più antica è un miscuglio di diverse attività e protagonisti, mentre il lato moderno sembra essere il risultato dell'opera di solo tre o quattro individui che hanno progettato il quartiere. Questa è una situazione molto intensa. (Towards Dearborn Street, Chicago 1990). Le diverse proporzioni degli edifici sono abbastanza irritanti. Le torri potrebbero facilmente sembrare degli oggetti creati su scala ridotta mentre gli edifici sulla destra risalgono a un'epoca quando gli edifici venivano costruiti manualmente e hanno delle dimensioni più in sintonia con il corpo umano. All'epoca m'interessava la progettazione urbana dell'inizio del secolo, il concetto delle 'Cité Radieuse' e come gli architetti e urbanisti dell'inizio del secolo s'immaginavano le città a distanza di 60 anni. Il quartiere di Beaugrenelle è un esempio di 'Cité Radieuse' al quale ho dedicato un progetto fotografico più ampio tra il 1979 e il 1981. In una fotografia come questa (Panorama 2, Beaugrenelle/Paris 1980) vediamo chiaramente che lo spazio tra gli edifici e la disposizione del luogo sono stati determinati dagli architetti che hanno progettato il quartiere lasciando agli abitanti poco spazio. Credo che un elemento significativo della vita urbana sia quanto gli spazi abitati permettano agli abitanti di esprimersi al di là dell'ambiente originario. Vi mostrerò delle foto di Roma e altre città italiane. L'Italia ha un impatto molto forte sul turista tedesco in quanto la storia antica del paese è ancora molto viva nell'architettura. Sono particolarmente affascinato dalle sculture pubbliche in Italia, Spagna e Portogallo. Per esempio questo sembra il palco di un teatro pubblico (Campo dei Fiori, Roma 1984).
Con gli anni sono diventato meno severo riguardo la prospettiva centrale ed ho iniziato a fotografare le cose come le vedevo. Per esempio in questa immagine della chiesa di San Marcello a Roma: da una parte in Italia la religione è molto importante e rispettata, ma l'utilizzo della facciata per attaccare manifesti rivela un lato molto più profano. Durante il periodo in cui fotografavo le strade a volte mi capitava di fotografare un edificio e di utilizzare la foto anni dopo. Questa immagine (Friedrich-Engels-Strasse, Leverkusen, 1979) la usai solo dieci anni più tardi quando fui in grado di abbinarla all'immagine di altri due edifici che trasmettevano un'idea simile. Una volta messe insieme le immagini mi resi conto che la foto di una città è per certi versi simile al ritratto di una persona, rivelandone il carattere e la personalità.
Più avanti vedrete la fotografia di un palazzo di appartamenti a Roma (Via Monte Cardonet, Roma 1988). Durante i molti anni che ho lavorato a Roma ho sempre cercato una torre di appartamenti che fosse tipica e che potessi fotografare come un oggetto, tipo gli edifici che avevo visto nei film di De Sica e Antonioni negli anni '60. Quest'edificio è diverso da quello tedesco ma trasmette la stessa idea. La gente vive in un edificio e lo trasforma: antenne televisive, la biancheria appesa dalle finestre, ecc.
Il fattore geografico è altrettanto decisivo.Certe situazioni architettoniche sono difficili da fotografare, per esempio Piazza Sant'Ignazio a Roma, a causa dell'eccessivo numero di macchine. Ogni volta che ero a Roma ci tornavo per vedere la situazione, e una domenica mattina in cui c'era una sola macchina mi sono detto 'Oggi è il giorno giusto'. Stavo tentando di tagliare fuori la macchina dall'immagine quando è arrivata la proprietaria, è salita e se ne è andata lasciandomi nella situazione ideale di scattare la foto.
Nel 1986 sono andato in Giappone per al prima volta ed ho scoperto che lì l'architettura non ha lo stesso significato che ha in Europa. L'architettura non è considerata come qualcosa di permanente ma bensì di transitorio. Quando tornai in questa zona di Tokyo quattro anni più tardi scoprii che era cambiata notevolmente. La gente non esprime il senso comunitario attraverso l'architettura, non pensa che possa rappresentarli. Chiaramente ci sono delle eccezioni. Questa fotografia è interessante perché illustra una tecnica giapponese particolare, ovvero di prendere un'idea originaria di un altro luogo e di ricostruirla in maniera più precisa, più radicale e più estrema. L'immagine del grattacielo ne è una chiara dimostrazione. Queste sono immagini di Napoli.
Questa foto è stata scattata a Chicago ed è molto simile a quella che abbiamo visto precedentemente di Parigi nella quale risaltava l'effetto causato dalla diversità di scala tra gli edifici dell'inizio del secolo e quelli degli anni '50 e '60.
In questo paesaggio urbano ho fotografato un edificio che rappresenta una sorta di sofferenza accanto a delle strutture architettoniche più positive. Le ultime foto di questa parte sono state scattate a Milano 7 anni fa. Abbiamo concluso la prima parte.
All'inizio degli anni '80 ho iniziato a lavorare su dei ritratti di cui vorrei mostrarvi qualche esempio. Questa foto del 1983 è il primo ritratto che ho eseguito che mi piace. Quello che mi interessa è l'intensità della persona che al momento dello scatto deve essere psicologicamente vigili, non con la testa tra le nuvole. Lavorando con le lastre ed il banco ottico, la procedura è molto rigida e mi ci vuole molto tempo prima di trovare l'esposizione giusta. Per questo il soggetto si distrae facilmente. Il problema è riuscire a catturare il momento quando il soggetto è presente nella stanza non sono con il corpo ma anche con la mente. Nei primi anni '80 iniziai a lavorare a un progetto. Un mio caro amico e noto psicanalista sporadicamente lavorava con i pazienti attraverso le foto di famiglia. Chiedeva ai pazienti di portare due o tre fotografie che raffigurassero la vita di famiglia. Qualcuno portava la foto di un bambino seduto da solo sul sofà, qualcun'altro la fotografia di un gruppo numeroso che abbracciava diverse generazioni scattata in uno studio professionale; altri ancora un ritratto collettivo davanti a una vecchia fattoria del diciannovesimo secolo. Facemmo delle riproduzioni delle foto, tutte in bianco e nero e nello stesso formato e confrontammo le varie dinamiche che trasparivano dalle foto. Grazie a questo lavoro interessante iniziai a fare dei ritratti famiglia. Il mio primo lavoro fu il ritratto della famiglia Shimada nel loro giardino in Giappone che avete visto prima. Il secondo fù il ritratto della famiglia Johnston in Scozia che mi ospitò per due o tre settimane. Notai che per qualche motivo inconscio, quando si ritrae una famiglia nel proprio ambiente, le persone hanno delle preferenze riguardo a chi vogliono mettersi accanto e l'attimo immortalato trasmette un acuto senso della realtà del momento. È un'energia dalla quale non si può prescindere e con la quale lavoro in modo particolare. Ad alcune persone questo genere di foto non piace in quanto gli sembra uno stereotipo. Tuttavia lo trovo un lavoro interessante perchè la famiglia è qualcosa dalla quale non possiamo sottrarci. Possiamo scegliere i nostri compagni, i colleghi, ma non possiamo scegliere i nostri genitori né i nostri fratelli.
A Napoli, nel 1998, fotografai questo gruppo di restauratori e per la prima volta mi accorsi che era interessante fotografare un gruppo di persone davanti a dei quadri che rappresentassero a loro volta delle persone. Questo mi portò a eseguire una serie di lavori nei musei pubblici. Nell'arco di due o tre anni ho eseguito circa 17 foto in musei quali il Louvre, l'Accademia di Venezia, il Museum of Modern Art di New York . Come saprete molti dei quadri esposti misurano fino a 2 metri per 2,5 metri. Le situazioni non venivano predefinite. All'inizio chiedevo alla gente di restare in una determinata posizione se la trovavo interessante, tuttavia così si perdeva tutta l'atmosfera in quanto percepivo che mentre la persona guardava il quadro la sua mente era sull'obiettivo della macchina fotografica. Ci tengo a esprimere l'idea che le opere d'arte dovrebbero essere contemplate in maniera diretta e non dandogli una valutazione storica. Ho cercato di travasare quest'idea rappresentando il pubblico di oggi davanti alle opere. Questo è un esempio di una fotografia che non ho utilizzato in quanto la posizione dei vari spettatori non corrispondeva al soggetto del quadro.

Otto anni fa sono stato invitato a eseguire un progetto per un ospedale in Svizzera. Parlai a lungo con il personale dell'ospedale e mi interrogai sulla natura della vita quotidiana durante un periodo di degenza e decisi di basare il lavoro su un'idea che fosse comune a tutti i pazienti della clinica; ovvero il paesaggio e i fiori che costituivano 'la terra natia' dei pazienti. La clinica ha circa 36 camere e per ogni stanza feci una fotografia paesaggistica. Queste foto sono state situate di fronte al letto di modo che il paziente le vedesse, mentre due fotografie di fiori sono state situate sopra il letto. I paesaggi ritratti sono tutti dei dintorni di Winterthur/Svizzera, paesaggi che i pazienti conoscevano. Pensai a cosa significa passare un periodo in ospedale: si è lontani dagli amici e dalla famiglia, e il corpo vive delle situazioni limite. Volevo delle immagini che rappresentassero questi due stati emotivi e che contemporaneamente comunicassero ai pazienti un'idea di casa e di familiarità congiuntamente alla metafora dell'unità della natura. Si creò un situazione strana per cui il paziente vedeva nella fotografia lo stesso paesaggio che vedeva dalla finestra. Le foto dei paesaggi sono semplici. C'è sempre un sentiero o una strada e vogliono essere più una tranquilla membrana dell'immaginazione, in realtà non c'è poi così tanto da vedere. Per concludere vorrei mostrarvi senza però commentarle delle foto della Cina che ho scattato negli ultimi tre anni. Si contrappongono alle foto che vi ho mostrato in precedenza e illustrano la direzione che sta prendendo il mio lavoro.

Domande dal pubblico: Lei ha detto che l'architettura nelle foto riflette la personalità di una città. Tuttavia tutte queste foto hanno la stessa luce. La differenza di luce non determina anche essa il carattere di una città' Thomas Struth: È una restrizione che mi impongo perché se c'è una luce molto forte la parte dell'edificio esposta al sole perde di volume scultoreo e diventa una superficie piatta e questo non mi piace. Dall'altra parte però hai ragione, utilizzo un tipo di luce che è tipica della Germania e non di Napoli ed è un fattore che dovrei prendere in considerazione. A volte, quando guardo queste fotografie da solo, mi sembra di dare l'impressione di lavorare singolarmente e senza influenze. Ma non è così. Per me è importante vedere il telegiornale tutti i giorni, vedere altre opere d'arte, quadri, sculture, film, fotografie. È come un dibattito costante tra quello che mi succede e quello che succede nel mondo del quale sono un testimone.

Come scopre la città sulla quale poi lavorerà' Non adotto sempre lo stesso metodo. In genere ho dei contatti sul luogo. Per esempio fui invitato a Napoli da un amico che lavorava lì come restauratore. Chiaramente lui conosceva bene la città e passai le prime settimane a visitarla. Prima di andare in Cina feci un seminario sulla storia della Cina. Inoltre avevo un amico Cinese a Pechino.