La Generazione delle Immagini


7 - 2000/01 - Racconti d'Identita'


Victor Zamudio-Taylor



Questa presentazione vuole evidenziare alcuni aspetti del concetto d'identità, delle sue storie e posizioni, concentrandosi su una serie di artisti delle Americhe e sui loro progetti, discussi e/o presenti in una mostra internazionale che ho co-curato con Elizabeth Armstrong, Ultrabaroque: Aspects of Post-Latin American Art.
Nonostante le sue spinte omologanti, la globalizzazione produce effetti qualitativamente diversi a livello nazionale, regionale e locale, il che suggerisce che le mostre di orientamento geo-culturale abbiano ancora una certa validità. Anche gli artisti contemporanei che operano secondo un linguaggio internazionale, mescolando le discipline e adattandosi alla fluidità dei network globali, affrontano temi e problemi relativi alle proprie posizioni culturali. I diversi aspetti e le specifiche espressioni relazionali dell'interazione tra locale e globale - il "glocale" - sono diventati un indice di differenziazione.
Gli impulsi omologanti della globalizzazione non risolvono le disparità nelle relazioni di potere e rappresentazione che, anzi, sembrano esacerbate. Posizioni e contesti culturali diversi producono bisogni, priorità, imperativi e prospettive diversi, poi articolati in obiettivi artistici, che possono ampiamente divergere da quelli espressi nei centri del potere. Il confronto con l'eredità del moderno e gli effetti del postmoderno sulla cultura visiva e sulle arti provano quanto esse si adattino al costante mutare di realtà specifiche. Questi processi dinamici di traduzione e ibridazione sollevano numerosi quesiti e pongono in discussione le fondamenta stesse dei progetti e dei sistemi teorici mainstream.

"Definirei il barocco come uno stile che esaurisce deliberatamente (o cerca di esaurire) tutte le possibilità, sfiorando l'autoironia".
Jorge Luis Borges 1.

Nelle discussioni curatoriali con Elizabeth Armstrong e in varie riunioni con il gruppo di consulenti che avevamo riunito, il barocco - come stile, come periodo storico-artistico e come espressione culturale - ha continuato a ripresentarsi come lo stereotipo o il cliché in base al quale l'arte latino-americana è stata insegnata, esposta e collezionata.
Nel corso della nostra ricerca è risultato chiaro che il barocco - in quanto periodo, o concetto - ha avuto una storia e una presenza straordinaria, problematica e complessa nell'America Latina. Subito ricollegatosi al colonialismo e alle controversie post-coloniali sulla definizione di identità culturale, il nostro progetto espositivo si è proposto di analizzare la rilevanza e l'eco del barocco nella cultura visiva postmoderna e glocale.
Più una proposta aperta e interdisciplinare che una tesi precisa, più un atteggiamento che uno stile, Ultrabaroque (che ha un titolo intenzionalmente ironico) nasce dal presupposto che una valutazione delle pratiche artistiche contemporanee latino-americane possa contribuire a una migliore comprensione di tutta l'arte contemporanea. In termini curatoriali, con Ultrabaroque noi sosteniamo che il barocco è un modello per capire e analizzare il processo di transculturazione e d'ibridizzazione che la globalizzazione ha sia evidenziato, che messo in moto.
In America Latina, ibridazione e barocco sono legati, sin dalle origini, a violenza e sofferenze, a fenomeni come la repressione sociale, lo sradicamento, la schiavitù e la servitù della gleba delle popolazioni indigene e d'origine africana. La lenta costruzione di un'identità si è fondata sul mestizaje (l'incrocio tra razze) culturale. Nel suo saggio "The Baroque Planet" per il nostro catalogo, lo studioso Serge Gruzinski ha evidenziato come l'associazione tra postmoderno mainstream e globalizzazione abbia le proprie radici nelle esplorazioni e nel colonialismo, che per primi introdussero idee, oggetti, artisti e tradizioni in un processo di circolazione mondiale. Lo sviluppo degli stati nazionali - Cuba, Brasile, Messico, Venezuela - e soprattutto la relazione di ognuno con la modernità, hanno creato cortocircuiti e collegamenti tra storie pre-moderne e postmoderne, passando dal barocco al neobarocco.

Alcuni aspetti cruciali del postmoderno emersi in Europa e negli Stati Uniti si erano già manifestati in America Latina. Le espressioni artistiche e culturali latino-americane hanno quindi anticipato i nuclei teorici e pratici del postmoderno euro-americano, e specialmente i temi concernenti rappresentazione, potere e culture visive mestizo globali.
Le culture ibride sorte dall'interazione (certamente non paritaria) tra le tradizioni nativo-americane, europee e africane hanno fatto da battistrada alla cultura globale contemporanea, che si definisce proprio attraverso il mestizaje e la transculturazione: questo termine, coniato dall'antropologo cubano Fernando Ortiz, identifica i processi dinamici e i momenti fondanti (sia costruttivi, che distruttivi) di culture che si appropriano e traducono a vicenda, il loro miscelarsi e trasformarsi.
Per definizione, quindi, la transculturazione si oppone al pensiero unico e produce costantemente nuove espressioni. Come ha scritto Elizabeth Armstrong, "la cultura ibrida sorta nelle Americhe da questa mescolanza si è tradotta in nuove forme d'arte, letteratura, architettura e musica, precorrendo la cultura globale mestizo che oggi impronta l'arte contemporanea, l'entertainment, i media, il consumismo, la tecnologia internazionali, e quasi ogni altro aspetto della nostra vita quotidiana".2.

Se il barocco è inestricabilmente legato al colonialismo, lo è altrettanto alla costruzione delle identità nazionali latino-americane in epoca post-coloniale. Inspirandosi ai primi scritti sulle Americhe (diari di viaggio, storie naturali, cronache) che cercavano di trasmettere l'unicità del Nuovo Mondo, lo scrittore cubano Alejo Carpentier ha dichiarato che il barocco è un'espressione perenne del real maravilloso, l'iperreale, il surreale, il realismo magico. Contrariamente al filosofo spagnolo Eugenio d'Ors che lo interpreta come espressione culturale trans-storica coincidente col momento di decadenza di ogni civiltà, per Carpentier, "il barocco, lungi dall'identificarsi con la decadenza, talvolta ha segnato il culmine, il più alto traguardo di una civiltà." 3.

Severo Sarduy è stato il primo intellettuale latino-americano a postulare la centralità del barocco in un contesto post-nazionale e postmoderno. A partire dalla definizione originaria di "perla imperfetta", Sarduy decifra il barocco non come stile, ma come paradigma semiotico e culturale: la perla è infatti l'emblema dell'accumulazione, dello stratificarsi di segni, linguaggi e culture. Operando una rottura epistemologica rispetto alla scienza e alla filosofia rinascimentali, il barocco consente lo sviluppo di narrazioni non lineari e il moltiplicarsi delle prospettive. Ma se nel Seicento e nel Settecento esso rimanda l'immagine di un universo mobile e decentrato, ma pur sempre armonioso, per Sarduy, "il barocco contemporaneo, o neo-barocco, rispecchia strutturalmente la disarmonia, la frattura dell'omogeneità e dei logos assoluti ... [il neo-barocco] è il riflesso frammentario di un sapere che sa di non essersi placidamente ripiegato su se stesso." 4.

La cultura barocca ha collegato L'Avana con Madrid, Manila con i porti messicani di Acapulco e Veracruz, Rio de Janeiro e Salvador de Bahia con Macao in Asia e Goa in India.
I dipinti dell'artista brasiliana Adriana Varejão sviscerano l'eredità dei network culturali coloniali.
Attingendo ai campi dell'antropologia, della storia dell'arte e della cultura, l'opera di Varejão, come ha scritto Paulo Herkenhoff, "problematizza la patologia del barocco, appropriandosi dei suoi elementi stilistici e retorici, mutandoli di segno".5. I suoi lavori sfruttano la materialità della pittura e della superficie pittorica come metafora e allegoria per l'intero corpo della cultura, per trattare temi come la violenza fisica, la sessualità, i miti e gli orrori della storia.
Le tele di Varejão sono delle ferite, reali e metaforiche. Lei dice: "Mi interessa analizzare ? i processi dialettici di potere e persuasione, che sovverto e cerco di controllare per diventare artefice della storia, anziché spettatrice anonima e passiva. Non mi limito ad appropriarmi d'immagini storiche: provo anche a rimettere in atto i meccanismi che le hanno generate, a usarli per costruire versioni inedite." 6.

L'artista brasiliana Rochelle Costi trasforma l'esuberanza della cultura visiva glocale in indicatore sociale. Come un'etnografa che studi la vita quotidiana di una popolazione, nella serie Cuartos - São Paulo, Costi fotografa gli spazi privati di alcuni abitanti della più grande metropoli brasiliana, offrendoli allo sguardo degli spettatori: le camere da letto delle favelas (baraccopoli), o della piccola e media borghesia vengono presentate in modo sobrio, con il minimo di commento possibile.
Oltre a fornire preziose informazioni visive sulla vita degli abitanti di quelle camere, questo lavoro documenta il desiderio di individualizzare un universo personale che è anche un archetipo culturale.
Interdisciplinari come le pratiche degli artisti del barocco storico, le attività degli artisti invitati a Ultrabaroque spaziano dalla produzione letteraria, l'insegnamento e l'attività curatoriale, alla musica pop e alla poesia: unite al vivo interesse per gli aspetti sociali, scientifici, politici e culturali dimostrato da questi artisti, tutte si pongono in controtendenza rispetto alla figura dell'autore modernista, impegnato nella risoluzione di soli problemi formali.
Iñigo Manglano-Ovalle, un artista che vive a Chicago, è affascinato dagli sviluppi delle nuove tecnologie e della scienza.
Per la serie The DNA Portraits, Manglano-Ovalle chiede alle persone che vuole ritrarre di fornirgli un campione del proprio DNA, poi analizzato e utilizzato per produrre un'immagine digitale corrispondente all'identità di ognuno - unica come un'impronta digitale.
In Garden of Delights (Giardino delle delizie), 1998, questi ritratti genetici dai colori carichi, esposti in forma di trittico, alludono alle astrazioni della color field painting, così come all'acceso dibattito sociale in corso sugli usi e abusi etico-legali del DNA.
Nel corso delle nostre discussioni, Manglano-Ovalle e io abbiamo parlato spesso delle rappresentazioni storiche che hanno contribuito alla costruzione del concetto di razza.
Ispirato alle pinturas de casta, un genere pittorico caratteristico del Messico coloniale che illustra la mescolanza tra razze, Garden of Delights ne è la controparte contemporanea.
La cultura giovanile è un laboratorio vivace, un terreno d'incontro, discussione e prova per temi e impulsi locali, regionali e globali.
Miguel Calderón, l'enfant terrible dell'arte contemporanea messicana, applica a un'ampia varietà di media il suo stile ironico e al tempo stesso critico nei confronti della produzione visiva post-nazionale. Ben poco si salva dagli attacchi della sua irriverenza, specialmente quando sono in gioco temi ed espressioni relativi alla transculturazione e alla cultura giovanile. Specchio fedele dell'impatto stridente della globalizzazione sulla cultura della capitale messicana (e i suoi 22 milioni di abitanti), Calderón si muove a tutto campo, attraversando diversi settori artistici: oltre a lavorare con la fotografia, il video, il film e la performance, è il fondatore della Panaderia, un importante spazio gestito da artisti a Città del Messico, e il solista della band neo-punk Intestino Grueso. Prodotto della prima generazione di messicani che abbia avuto accesso a una cultura urbana globale e consumista, Calderón fonda i propri lavori sulle tante forme d'espressione che accomunano il Messico agli USA (la telenovela, le immagini dei giornali tabloid, i video musicali, i fumetti punk), sui generi cinematografici e sui cliché di "cattivo gusto" della classe operaia e borghese di Mexico City.

La sua Serie Historia Artificial analizza le nozioni contemporanee di teatralità, cultura visiva e rappresentazione. Per realizzare queste foto di grande formato, l'artista si è "inserito" nei diorami del Museo Nazionale di Storia di Città del Messico (futura sede espositiva della mostra), usandoli come sfondo per dei tableaux vivants in cui compare nelle vesti del cacciatore urbano latino, con tanto di parrucca afro e occhiali da sole. Calderón si è ritratto mentre impugna varie armi, pronto ad attaccare animali già immolati dal tassidermista. Facendo il verso al diorama, la serie ci ricorda che questo congegno espositivo deriva da sistemi barocchi di presentazione come la wunderkammer, o gabinetto delle curiosità.
Anche il venezuelano José Antonio Hernández-Diez parte dall'estetica giovanile urbana per creare opere acute, ironiche e socialmente impegnate. Emblematico del suo approccio concettuale e dell'attualità dei temi trattati è l'uso provocatorio dei materiali: cani morti, lavatrici, cuori di vacca, cotenne di maiale, unghie finte, skateboards.
Nella videoinstallazione In God We Trust vediamo un montaggio d'immagini documentarie relative ai saccheggi e alle rivolte scoppiati in Venezuela dopo l'introduzione di severe misure economiche; a proiettarle è una scultura piramidale in vetro sovrastata da un monitor, nella stessa posizione dell'occhio da ciclope che campeggia sui dollari americani.
La Hermandad (La fratellanza), ha due componenti: un filo su cui sono stese delle cotenne di maiale, che si sciolgono lentamente sotto al calore dei faretti, e tre tavoli su cui poggiano altrettanti monitor e skateboard di cotenna. Sugli schermi passano tre loop: nel primo, gli skateboard vengono fritti in padella; nel secondo li si vede sfrecciare per le strade di Caracas, nel terzo sono azzannati da un branco di cani randagi.
Hernandez-Diez riflette sulle speranze di una società convinta che il progresso tecnologico porti con sé quello sociale. Associando uno degli snack più popolari in Venezuela (la pancetta secca) a un passatempo da classe medio-alta, quest'opera allude poeticamente alla penetrazione consumistica nel Terzo Mondo e all'incapacità della tecnologia di generare sviluppo.
Alla base del progetto curatoriale di Ultrabaroque c'è la relazione speciale che lega la globalizzazione al carattere storicamente transculturale dell'America Latina. Inoltre, il sottotitolo della mostra vuole sottolineare il nostro interesse per alcune proposte artistiche che non sono più arroccate su posizioni difensive, a sostegno di una determinata identità culturale, né condizionate dai confini geografici.
Informati sulle revisioni teoriche e le rubriche "post-femministe", "post-latine" e "post-chicane", gli artisti che ho trattato si fanno latori di un discorso che è fondato sulle specificità culturali e storiche, ma che cerca di superarle. Liberatasi dalle pressioni autoreferenziali, l'arte contemporanea latino-americana è entrata a far parte dell'arena internazionale. Gli artisti di cui vi ho parlato oggi e che abbiamo selezionato per Ultrabaroque possono essere etichettati come latino-americani, ma non necessariamente: restano sì fortemente legati a tradizioni che esplorano e parodiano, che sostengono e trasgrediscono, ma lo fanno in quanto partecipanti attivi di un dialogo globale.

1. J.L. Borges, Historia universal de la infamia, obras completas, I, Barcellona, Emecé, 1989, p. 291.
2. E. Armstrong, "Impure Beaty", in E. Armstrong; V. Zamudio-Taylor (a cura di), Ultrabaroque: Aspects of Post-Latin American Art, San Diego, Museum of Contemporary Art, 2000, p. 3.
3. A. Carpentier, "Lo barroco y lo real maravilloso", in Obras completas, vol. 13, Ensayos, Città del Messico, Siglo XXI, 1983, p. 167.
4. S. Sarduy, "V Suplemento", in Ensayos generales sobre el barroco, Città del Messico e Buenos Aires, Fondo de Cultura Económico, 1987, p. 211.
5. P. Herkenhoff, "Brazil: the Paradoxes of an Alternate Baroque", in E. Armstrong; V. Zamudio-Taylor (a cura di), op. cit., p. 134.
6. E. Armstrong; V. Zamudio-Taylor (a cura di), op. cit, p. 105.