Matteo Curtoni ha pubblicato racconti su diverse antologie, tra cui Inverno Giallo 1996 (Mondadori), Crimine (Millelire - Stampa Alternativa) e Gioventà Cannibale (Einaudi - Stile Libero). Insieme a Maura Parolini ha pubblicato per Vallardi Il Dizionario dei Serial Killer. Il suo racconto Una notte a mangiare smania e febbre, in versione inglese, si è qualificato First Runner Up al contest di horror erotico della newsletter Internet Darkecho.


 

MATTEO CURTONI
UNA NOTTE A MANGIARE - SMANIA E FEBBRE

racconto erotico dark
15 fermate

Notte, e il ventre scuro della città, fatto di caldo, polvere e neon. Ha piovuto e le strade di Milano sanno di fiato di temporale, sudore su una pelle di cemento, baci umidi sul sorriso screpolato dell'asfalto. Maddalena ha bevuto, bevuto e ingoiato aria calda dalla finestra spalancata e pilloline sante e colorate dalla mano di Rico. Spesso incomincia così, una notte di caccia, con un urlo chimico che le scorre nelle vene, nelle vene sue e in quelle dei Ragazzi Morti...
E i viali e i vicoli della città, allora, le facciate ricoperte di cicatrici e gli occhi vuoti delle case che ondeggiano su di loro, come cuoio logoro e pelli cascanti che pendono da strutture di ossa ingiallite; marciapiedi disseminati di immondizia, vestigia del giorno e della vita del giorno, macchine scintillanti che risuonano di ritmi jungle e si affrettano verso altro rumore e altri divertimenti costosi; e strade lastricate di ombre attraverso cui correre come un'ondata di adrenalina, una sostanza affamata, o una benedizione dolorosa: spesso incomincia così, ma non stanotte che non è una notte di caccia, ed è ovvio.
Tutti che dormono rannicchiati attorno a sogni di cose rosse e dolci e urlanti, tutti storditi e sonnolenti di hashish, alcool e amescla.
Domani notte, domani notte è la notte, le sembra di sentire i loro pensieri stanchi, ed è vero che persino i Ragazzi Morti hanno bisogno di una tregua di tanto in tanto, ma a Maddalena non importa, pensa a Rico, Rico che è scomparso, fuori per una notte di caccia solo sua, e nessuno sa che cosa faccia in notti come questa, nemmeno Caino, nemmeno Nicoletta, nessuno.
Che stai facendo, che stai facendo, che cosa?
Rico, ma non c'è risposta.


Si sente la vescica piena, ha bevuto troppo, così si alza su gambe non proprio sicure, barcolla fino al bagno del loft. L'odore pungente della sua urina mischiata a quello del sudore in qualche modo le fa pensare al sesso. Un pensiero, quello, che preferirebbe non pensare, ma è inevitabile, perché ha bevuto e mangiato smania e febbre dalla mano di Rico. Ancora sulla tazza, chiude gli occhi, lingue immaginarie che le serpeggiano dietro e contro le palpebre abbassate, cose rosse e umide e appiccicose...
Gli anellini nelle labbra interne della vagina imperlati di piscio sotto le dita, la carne che le si gonfia e gonfia e gonfia di bisogno, la lingua rosea con cui si accarezza i denti e la bocca semiaperta.
Ma qualcosa, che magari è il pensiero delle cose rosse e umide e urlanti viste con la coda dell'occhio, e magari è qualcos'altro, le fa tirare su i pantaloni, solo i pantaloni perché detesta la lingerie, bottoni sotto le unghie laccate di nero e passi pesanti dei suoi stivali sul pavimento; lo sa, dove le tiene Rico, le pilloline sante e benedette. E anche se non è la stessa cosa che mangiarle dalla sua mano, delle pillole non può fare a meno, stanotte. Altre pilloline, colorate, che la riempiono della frenesia artificiale e febbricitante che sa che le servirà per quello che ha in mente. E così, le pillole, e un'altra occhiata distratta alle sorelle e ai fratelli Ragazzi Morti; e poi, come Rico, fuori.
Per una notte di caccia che non dividerà con nessuno.
Un fidanzato di così tanto tempo fa che davvero Maddalena non ricorda le diceva sempre, guardandola con aria soddisfatta, cammini come se danzassi, Maddalena, e lei sta danzando, chiedendosi per l'arco di un battito di cuore se quel fidanzato ora sia morto, se i suoi fratelli e le sue sorelle siano andati a fargli visita; ricorda, sì questo lo ricorda, di aver riso e di aver premuto la bocca contro quella di lui e di aver pensato, anche questo lo ricorda, che sapeva di sale e cibo cinese. E poi fumo, e metallo freddo tra i denti, ma è difficile, così difficile ricordare...
Le traverse di corso Buenos Aires, che brulicano di vita segreta, spacciatori e puttane, coppie e accoppiamenti clandestini, gente annoiata che beve e gioca a carte dietro le vetrine sudicie dei bar, un piccolo gruppo di arabi che parlano ad alta voce nella loro lingua dolce e ruvida. Maddalena che cammina, che traccia i suoi passi sfiorando col dorso della mano i muri scrostati delle case cui passa accanto, e si apre una ferita nella pelle pallida delle dita e delle nocche e succhia avidamente il sangue, e lo usa per dipingersi le labbra e le palpebre.
Sei così dolce, così dolce, così dolce, incomincia a cantare, rivolta a nessuno in particolare, passi sul marciapiedi polveroso e occhi attenti a ogni ombra invitante, ogni scheggia di neon che possa nascondere qualcosa di interessante, ed è lì che incomincia.
La fame.
La furia.
Sono loro.
Le pilloline di Rico, colorate e benedette: sono loro, sciolte nelle vene, nell'alcool e nella fame e nel sapore remoto del suo stesso sangue.
E Maddalena ride una risata che adesso sembra un urlo, molla un calcio al legno marcio di un ingresso, la gente (gli immigrati, le puttane, gli spacciatori) che si volta a guardare verso di lei, ma non le importa, incomincia a correre, il vento caldo che le scompiglia i capelli rossi e gialli e blu scuro, i seni quasi visibili sotto il gilet di pelle e la logora camicia di seta chiara sbottonata, gli anellini che ha nelle labbra e nelle orecchie e negli zigomi che attraggono più di uno sguardo sospettoso... Non le importa, e continua a correre, i suoi pensieri una spirale rossa di ansia e piacere e anticipazione, e, naturalmente, di fame.
Erano stati a fargli visita, al fidanzato che le diceva sempre che camminava come se danzasse? Era stato tanto tempo fa o era stato ieri o l'altro ieri? Ma che importa, che importa, sei così dolce, così dolce, così dolce...
E la frenesia è tanto intensa, tanto dolorosamente intensa, che la prima (ragazzina giapponese, palesemente una turista, palesemente ubriaca, palesemente che non riesce più a tornare al suo albergo) quasi le sfugge dalla mente, e sa che domani non ricorderà molto più che pelle e risate e piacere, e una voce che le picchia forte contro le pareti del cranio, ripetendo le parole della sua ninnananna triste, altro sudore sul torace come una collana invisibile e, alla fine, il rumore dei suoi passi mentre corre via dal vicolo.
Poi ogni cosa, per un po', solo per un po', sfuma al nero e quando il blackout è finito, Maddalena sa di aver riso e urlato, un frammento del ricordo di aver preso a calci, con i suoi stivali pesanti, la faccia della ragazzina fino a ridurla a un ammasso insanguinato di carne lacerata e ossa rotte, e poi di aver baciato i resti della sua bocca, la lingua che seguiva lentamente e voluttuosamente un sentiero di denti spezzati e cartilagini martoriate.
Chiude le palpebre color ruggine del suo sangue che si è seccato contro il calore del vento, i capezzoli che sfregano contro la pelle ruvida del gilet, e separa le labbra, solo un po', quel tanto che basta per ricominciare a cantare: sei così dolce, così dolce, così dolce...



Un altro blackout, e Maddalena si ritrova sullo scheletro arancione e sferragliante di un tram, diretto verso quello che sembrerebbe essere il Parco Sempione. Ha l'impressione di essere stata alle Colonne di San Lorenzo e di aver fatto qualcosa a un punk: sesso forse, o forse altro ancora, forse i denti del ragazzo che le tiravano gli anellini scivolosi in mezzo alle gambe, forse le sue unghie nere che gli scavavano solchi nella nuca e nello scalpo...
Ma non può esserne sicura, le sue mani non sono né più pulite né più sporche di quando il blackout le ha riempito lo spazio dietro gli occhi, e le cose fatte in Ticinese, quali che siano, potrebbero pure essere retaggio di un'altra notte di smania e di febbre, di ieri, di un secolo fa. Scuote la testa, si lecca le labbra, guarda fuori dai finestrini sudici. Il parco: gay e transessuali in cerca di qualcuno o di denaro per la notte e poco altro.
L'odore degli alberi, gli stivali che affondano nella terra ancora umida per il temporale, oltrepassa un tossico che le chiede mille lire, pelle arrossata e malaticcia, mani che tremano, e addosso l'odore di merda secca e di sudore vecchio; non considererebbe un relitto del genere nemmeno in un milione di anni. Ma il tossico insiste: lo so che ce l'hai una mille, lo so, lo so, ce l'hai una sigaretta? Dài, almeno una sigaretta,eh? Un transessuale, mezzo dentro e mezzo fuori una Volkswagen costosa comprata a forza di marchette sta osservando la scena, un sorrisetto abbozzato sulle labbra grottescamente incinte di silicone. Una caricatura di donna, eppure a un sacco di uomini sembrano piacere queste cose e a Maddalena comunque non importa. Lo so che ce l'hai, una mille, minchia cosa ti costa?, solo una mille, lo so che ce l'hai...
Maddalena è così veloce a voltarsi, agguantare i capelli sporchi del tossico, afferrargli la mano, che lui non ha il tempo di dire niente, meno che mai di gridare. Per qualche secondo, prima che il ragazzo attacchi a urlare, l'unico rumore nell'aria bagnata del parco, un ramo secco e malato e senza linfa, sembra essere quello dell'osso della sua spalla che si spezza. Il sorriso del transessuale gli defluisce negli angoli della bocca e scompare. E poi, Maddalena, giù per un pendio, dove ragazzi scopano scopate tristi, dietro cespugli sempre troppo piccoli. Maddalena si ferma, a osservarne qualcuno. Ha sentito dire che i gay hanno ribattezzato questo posto la fossa, si chiede perché e intanto li guarda, vagamente eccitata dai movimenti e dai gemiti, dai volti trasfigurati per piaceri passeggeri. Un ragazzo muscoloso e ridicolmente basso che si inginocchia nell'erba umida cercando di prendere in bocca due cazzi contemporaneamente, uomini maturi o vecchi che si baciano e si accarezzano e si strizzano l'inguine a vicenda, ma quello spettacolo l'annoia in fretta, e così ricomincia a correre, colpendo gli alberi con le suole degli stivali, ferite che le si aprono nei piedi nudi dentro al cuoio, il metallo nelle sue tasche che tintinna di anticipazione.



Ferma a un chiosco per un hamburger quasi crudo senape e ketchup e cipolle, e due birre. La ragazza dietro il banco ha le unghie laccate di nero come lei e labbra scarlatte nel volto pallido, musica cupa che fuoriesce dalle casse dello stereo. Dead Can Dance, probabilmente o probabilmente qualcos'altro, ma a Maddalena non gliene frega un cazzo, e sorride alla ragazza dall'aria triste, un'altra birra, per favore, e la ragazza ricambia il suo sguardo con qualcosa che sembrerebbe curiosità, trova i suoi occhi e con un cenno del capo, indicando lo stereo scassato del chiosco, dice: "Spleen and Ideal", dando per scontato che lei sappia di cosa sta parlando.
Maddalena sorride un sorriso nervoso, la ragazza è carina, pallida, occhi verdi tristi, capelli corvini, e forse verrò da te un'altra notte ma non stanotte, paga e si allontana sentendosi lo sguardo della ragazza sulla schiena e sulla nuca.
E poi di corsa, verso dio sa dove.


Il bar delle lesbiche ha un'insegna scavata nel neon giallo, Maddalena ha cacciato bene un paio di volte lì, e così entra come una folata di vento e incomincia a bere, un margarita dopo l'altro, voci e sguardi come neve in un televisore rotto attorno a lei.
Altre pillole, che le si spaccano sotto i denti affilati, altra smania, altra febbre, e per un attimo si sente quasi uguale alle altre donne che ballano e bevono e chiacchierano e cercano, disperatamente sensuali, una compagna per la notte.
Anche lei cerca compagnia per la notte.
Solo per una notte, però, e poi più.
Svuota il suo terzo bicchiere, il sale che le brucia sulle labbra, e prima che riesca a rendersene conto, una tipa tarchiata coi capelli rossi tinti dal taglio da marine le sta giù offrendo da bere e lei beve e ribeve e parla e dice cose inventate al momento e non le frega niente perché la donna-marine è un cesso e Maddalena ritiene di non poter offendere più di tanto il proprio senso estetico. Nemmeno in notti di smania e febbre, nemmeno in notti come questa.
E così si allontana con una scusa e si mette a ballare con una tizia alta e snella al limite con l'anoressia che sembra una fotomodella e chissà che non lo sia?, ma che importa?
Sei così dolce, così dolce, così...
Questa ragazza è bionda e splendida e ha qualcosa di caldo giù in fondo agli occhi castano scuro. Le piace, e Maddalena si lascia abbracciare, si lascia leccare e baciare la gola e ride mentre la forse modella le dice cose in inglese che lei non riesce ad afferrare, ma non le importa. E le viene davvero voglia di ridere una risata che risuona come un urlo, all'idea di qualcuno che le lecca o le morde il collo, di qualcuno che fa questo a lei. E poi la bocca, e la lingua dell'altra sa di menta e mescolata a troppo alcool e troppe sigarette ed è perfetta, così dolce, pensa Maddalena, sei così dolce, così dolce...
Sai che cos'è un Ragazzo Morto?, le chiede in italiano e la ragazza ridacchia, bevuta o fatta di qualcosa d'altro, e tornate al bar le sue lunghe dita come insetti in cerca di cibo sulle sue cosce e sull'orlo del bicchiere e sui suoi seni. Maddalena le prende la mano, le lecca il sudore sul palmo e tra le dita, guardandola negli occhi, e le chiede ancora sai che cos'è un Ragazzo Morto?, e ancora la ragazza ridacchia, e poi si sporge verso di lei, e con la lingua le accarezza tre degli orecchini che le pendono dallo zigomo, le lambisce la pelle con i denti accennando a tirare il metallo lucido che ha conficcato dentro: andiamo?, questo Maddalena lo capisce, e pensa che potrebbe anche riesumare quel po' di inglese studiato al classico per dire qualcosa, ma davvero non ne ha voglia e comunque tanto le basta: andiamo?
Così annuisce, e le piacerebbe correre alla porta, le piacerebbe urlare, ma finge una camminata incerta da ubriaca, accarezzando il collo della ragazza e le sue spalle nude con le unghie lunghe laccate di nero, e la ragazza rabbrividisce e continua a camminare.



Il vicolo è buio e silenzioso, immondizia sparpagliata sull'asfalto e case addormentate, aria che odora remotamente di cenere e cibo, profumo di carne alla griglia poco lontano, e Maddalena, spinta la ragazza contro a un muro, ricomincia a baciarla. La bacia, e la bacia, e i baci che diventano morsi forse troppo in fretta, ma che importa? Una notte di caccia, una notte di caccia solo sua, e qualcosa di rosso e appiccicoso, che sa di sale e hashish e sesso, quel qualcosa sta urlando ora, forte, e Maddalena ascolta, sorridendo il suo sorriso segreto di Ragazza Morta; sorridendo e leccando e mordendo.
Sei così dolce...
La ragazza sta mugolando qualcosa da qualche parte, la sta toccando e quindi dev'essere vicina, il suo profumo nelle narici, la sua pelle sotto le dita...
Maddalena si fruga nella tasche, in cerca, in cerca di qualcosa di sottile, metallo freddo che le ha lacerato l'interno delle tasche chissà quante volte. Ed eccolo, metallo curvo, sottile. Mentre la ragazza imbranata dall'alcool o da quel cazzo che si è fatta prima nel locale armeggia con i suoi pantaloni per raggiungerle il sesso, bagnato e gonfio d'attesa, Maddalena si mette in bocca il manufatto metallico, qualcosa che rassomiglia vagamente a un'apparecchio per i denti; ma è complessa, questa cosa che si è tolta di tasca, ornata di aculei e zanne e volute scintillanti che le tirano indietro le labbra scoprendole l'arcata superiore. L'artigiano che ha realizzato quello e gli altri morsi, se lo ricorda bene, l'ha preso Rico, lui in persona, ma bisogna concedergli che ha fatto un buon lavoro: le zanne sono affilate, gli aculei appuntiti, il metallo lucidissimo...
La ragazza sta ancora ridendo della propria goffaggine quando Maddalena incomincia a mordere, premendole una mano sulla bocca, anche se ha il sospetto che l'altra sia troppo, troppo bevuta per gridare. Pelle che si lacera, sei così dolce, e succede talmente in fretta che gli occhi della forse modella magra al limite con l'anoressia non fanno a tempo a perdere la loro espressione che suggerisce qualcosa di caldo giù in fondo al castano scuro. Baci che diventano morsi, e morsi che diventano baci sui tendini ora esposti al calore del vento e all'odore del cibo, e sangue che le scorre giù per la gola, ma dopo i primi sorsi ansiosi, un sipario di foschia rossa le cala davanti agli occhi, e capire cosa succeda dall'altra parte è difficile e forse non ha importanza...
Sei così dolce...
La vaga sensazione di cercare ancora la giugulare della ragazza, che adesso sta provando a urlare debolmente urletti patetici e irritanti, e di sbagliare mira e mordersi il dorso giù ferito della mano, e di rabbia che la invade come pelle che sfrega sul cemento a riaprire una piaga mai veramente chiusa.
Tutto si fa ancora più confuso, una serie convulsa di fotogrammi sgranati e sottoesposti; la vagina bagnata e le gambe stirate in una tensione inimmaginabile che mollano calci sulla bella faccia della ragazza, e nelle costole; le falangi sbriciolate sotto la gomma dura delle suole degli stivali e quegli urletti sempre più fiacchi che la fanno incazzare perché non hai capito un cazzo, non hai capito un cazzo, ma cristo di un dio, è mai possibile che nessuno capisca mai un cazzo?, e i denti perfetti e bianchissimi che si sbriciolano perfettamente e bianchissimamente, calcio dopo calcio dopo calcio... Lo sai che cos'è un Ragazzo Morto? Lo sai? Lo sai?
E alla fine, due dita sul collo a sentire pulsazioni che non ci sono, la ragazza non respira più, il suo cuore non batte più e se lo meritava, stronza di una stronza, peggio per lei.
Maddalena, che tanto è notte inoltrata e nessuno la sente, continua a mollare calci al cadavere accompagnandosi con urla di trionfo strozzato, finché ai suoi piedi non resta che un ammasso informe di escoriazioni e di pelle bianchiccia macchiata di rosso e di sporcizia. Il volto è irriconoscibile.
E lei ansima, la bocca e la faccia sporche di sangue, l'aria assorta, si infila una mano sotto il gilet a sfregarsi un attimo i capezzoli giù turgidi e scuri e si sente ancora più bagnata di prima, accaldata e senza fiato come alla fine di una scopata interminabile. Poi, ridendo e piangendo allo stesso tempo, si toglie di bocca il manufatto, lecca il sangue che lo ricopre, facendosi scivolare l'altra mano, rossa e sudata, nei pantaloni, e ingoia e mastica i frammenti di pelle rimasti impigliati tra zanne e aculei e volute e spirali metalliche. Tira gli anellini con le dita scivolose, l'orgasmo non è lontano, ma deve andare.
Sei così dolce, dice ad alta voce, lanciando un'ultima occhiata al volto spappolato della ragazza, alla pozza di sangue simile a un'aureola attorno ai suoi capelli corti e al suo cranio fracassato.
Sei così dolce...
E corre via.
Chissà dove.
Ma, davvero, non ha importanza.



Clacson che suonano mentre attraversa una strada senza guardare, le dita affannose che frugano nelle tasche in cerca di altra smania e altra febbre, ma non ne ha più, e strascica i passi sull'asfalto, il sudore che le si asciuga addosso insieme al sangue che si è pulita dalla faccia sommariamente, prima, mentre cercava di ricordarsi la strada di casa; inutilmente.
Maddalena, freni di auto che inchiodano per non metterla sotto, incomincia a ridere dolcemente, e cammina e svolta in una strada, e poi in un'altra, ed è lì che lo vede. Il Monumentale, enorme e inatteso e circondato dalla solita pletora stanca di troie in attesa di clienti, e fuochi e candele che ardono davanti alle tombe e alle cappelle. Non è facile scavalcare la cancellata, scivola e ricade all'indietro un paio di volte e si graffia le mani sulla ruggine del ferro battuto, ma alla fine in qualche modo riesce ad arrivare dall'altra parte.
Maddalena, che per un po' cammina attraverso il cimitero, e poi si ferma, si rannicchia su una tomba allontanando con un calcio fiori e corone, e si toglie di tasca le zanne di metallo, e le lecca in cerca di un debole fantasma del piacere che le hanno procurato strappando e lacerando e affondando, e aprendo pelle, cartilagini e tessuti, muscoli e tendini, svelando la soluzione di un rompicapo di carne che non ha soluzione...
E poi, succhiando le zanne e gli aculei e le spirali, pensa a Rico, si chiede dove sia, e mentre scivola nel sonno le sembra di sentire la sua mano che le accarezza una guancia come a dire ti perdono per questa notte, ti perdono...
Il marmo della tomba è freddo contro la pelle.
Sei così dolce, così dolce, e sorride e si morde le labbra per avere in bocca il gusto del sangue mentre il sonno le riempie le membra e la mente.
Sei così dolce, così dolce, così dolce...
Sorridendo.