19/03/2002

 
Marina Sorbello 
 
 
Sulla Berlinale

 
   
Chihiro nel Paese delle Meraviglie e una lettera d'amore al Brasile di Mika Kaurismaki 
 
   
"Spirited Away, Il Viaggio di Chihiro" Hayao Miyazaki, Japan 2002




"Spirited Away, Il Viaggio di Chihiro" Hayao Miyazaki, Japan 2002




"Moro No Brasil" Mika Kaurismaki, Deutschland/Finnland 2002




"Moro No Brasil" Mika Kaurismaki, Deutschland/Finnland 2002




"Moro No Brasil" Mika Kaurismaki, Deutschland/Finnland 2002



 
"Spirited Away, Il Viaggio di Chihiro" -storia di una bambina di dieci anni che si ritrova in un mondo popolato di spiriti, dei e demoni e che lotta per salvare i genitori e sè stessa- realizzato dal filmmaker di animazione Hayao Miyazaki ("Principessa Mononoko") - è di gran lunga uno dei migliori fra i film in concorso alla Berlinale. Dell'autore ha detto Akira Kurasawa: "Credo che noi due siamo della stessa scuola, e che in comune abbiamo lo stesso rigore, lo stesso gusto per un certo tipo di storie umane. Ma in qualche modo mi disturba il fatto che la critica accomuni i nostri lavori: Non è giusto minimizzare l'importanza del lavoro di Miyazaki paragonandolo al mio."
Miyazaki è un specie di poeta trovatore, che con genio e poesia riesce a raccontare delle storie che parlano di sentimenti universali. La sua carriera ha avuto inizio quaranta anni fa, e nel corso degli anni ha anche lavorato per la televisione, realizzando per la Nippon Animation serie di cartoni animati come "Heidi", "Conan", "Lupin III", "Sherlock Holmes". Il nocciolo della narrativa di "Spirited Away, Il Viaggio di Chihiro" è la ricerca dell'eroina dei propri genitori, e la lotta per una nuova, più matura e indipendente identità. Il film è stato un enorme successo di botteghino in Giappone (ha superato il record di incassi di "Titanic" e si avvia a guadagnare 250 milioni di dollari nel mercato giapponese, che ha il 10% degli schermi che ci sono negli USA).
"Spirited Away" racconta in maniera poetica, delicata e affatto convulsa le vicende di Chihiro, e riesce a tenere gli spettatori incollati alla sedia senza usare scene violente. Chihiro segue riluttante i genitori che imboccano un lungo tunnel che li porta a una vallata con degli strani edifici, identificati dai genitori come ciò che rimane di un parco divertimenti abbandonato: "Deve essere un parco di divertimenti, in Giappone ce n'erano tanti negli anni Novanta, poi con la crisi economica..." Nonostante le proteste di Chihiro, capricciosa e indispettita, i genitori esplorano gli edifici e trovano un incredibile banchetto incustodito. Iniziano a mangiare, Chihiro si rifiuta e va a farsi un giro, e piano piano capisce che il luogo non è quello che sembra, ed è popolato di strani esseri e spiriti. Raggiunge terrorizzata i genitori, ma li ritrova trasformati in maiali che grufolano i resti del banchetto. Scappa impaurita e si imbatte nel dodicenne Haku che la aiuta a trovare un posto in quello strano mondo, raccomandandole di non dimenticare a nessun costo chi è, da dove viene e cosa vuole.
Inevitabile il paragone con "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carrol: Chihiro si ritrova in una natura vivente, dove tutto sembra aver un'anima, e per trovare il modo di andare via e salvare i genitori la bambina grazie all'aiuto di Haku, apprendista stregone, si mette a lavorare in un bagno termale giapponese dove gli dei, i demoni e gli spiriti vanno a rilassarsi dopo le giornate di lavoro nel mondo degli umani. Nessun personaggio nel film è quello che sembra, nessuno è interamente cattivo o buono; persino Haku, che aiuta Chihiro a salvare i genitori, si trasforma in un drago, mentre la strega Yubaba dalla testa enorme, che dirige il bagno termale, prima vuole uccidere Chihiro, poi le dà un lavoro, infine la libera. Non c'è nè eccesso di azione, o di humor, o di effetti spettacolari. La bambina scopre virtù come la determinazione, la disciplina, e l'amicizia ed il film è un mix di modernità, filosofia e fantasia, con una forte componente animistico religiosa: "In Giappone, -spiega Miyazaki- la religione è più un fattore culturale che di fede. La religione, nella forma di buddismo o shintoismo, è onnipresente nel paese, ma non è predominante. I simboli religiosi sono dappertutto. Nei miei film io uso questi simboli nello stesso modo: presenti ovunque ma discreti. Sono testimonianza di una tradizione, e della realtà. E il legame con la natura è ancora una caratteristica essenziale dell'anima giapponese".

Una lettera d'amore al Brasile di Mika Kaurismaki
"Moro No Brasil - Suoni del Brasile", del regista finlandese Mika Kaurismaki è un viaggio di 4000 chilometri nella musica brasiliana per eccellenza: la samba.
Il documentario costringe gli spettatori a tamburellare le dita e a dimenarsi sulle sedie per tutta la sua durata, 104 minuti. Kaurismaki intraprende un viaggio in lungo e in largo per il Brasile, paese che ha eletto a sua seconda dimora, alla ricerca delle radici della musica brasiliana e della samba. Dopo alcune immagini della nevosa e glaciale Finlandia, da cui il regista proviene, Kaurismaki incontra in Brasile dei musicisti di una tribù di nativi brasiliani, popolazione indigena che prima dell'arrivo dei portoghesi 500 anni fa (il cinquecentenario della scoperta del Brasile è stato celebrato l'anno scorso) erano 5 milioni, e adesso sono 300.000. Nella loro cultura la musica è essenziale per la trasmissione della lingua, ed è un modo di sopravvivere.
Quelli della musica e della danza come strumenti di affermazione della propria identità, come mezzi per ottenere una vita migliore e scampare alla povertà delle favelas, sono i temi portanti del documentario. Kaurismaki visita favelas, scuole di samba, incontra moltissimi musicisti e ballerini e ciascuno gli racconta la propria storia, che spesso è di povertà e di riscatto sociale grazie alla musica e al mestiere di musicista.
Il Brasile è un melting pot dove però le gradazioni di colore di pelle determinano la classe sociale. La musica brasiliana racconta anche la storia della difficile integrazione razziale, e dell'affermazione sociale e culturale delle classi più povere: "Poichè noi siamo brasiliani, e i brasiliani sono neri", "La mia pelle è ebano, ed è lì per essere letta", sono ritornelli di canzoni di una cantante di samba popolare in Brasile. Ai tempi della tratta degli schiavi la musica era anche l'unico modo per gli schiavi di professare la propria religione e rendere omaggio ai propri dei, ballando e cantando. Anche la religione afro-brasiliana ha la sua samba particolare, chiamata "cordomblè"; come nota Kaurismaki: " per mantenere i loro dei in vita, gli afro-brasiliani hanno continuato a ballare, e ballare..." La musica brasiliana si caratterizza per un grado di ibridazione musicale che non ha paragoni al mondo; il regista distingue oltre 20 ritmi di samba, mostra incredibile varietà di strumenti e di percussioni, ma precisa che la sua è solo una piccola ricerca, senza la pretesa di essere esauriente. Forse più una lettera d'amore, che un documentario.

     

 
 

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