2/11/2004

 
Maria Cristina Didero 
 
 
Roma capitale?

 
   
 
 
   
Campidoglio - Roma




Il Palazzo delle Esposizioni




Macro - Roma




Maxxi - Roma (vista aerea)




Tate Modern Gallery - London



 
Roma capitale?

Il 18 settembre arriva a Roma la Notte Bianca (www.lanottebianca.it) a segnalare l’inizio di una nuova stagione nelle arti, nel cinema, nella letteratura, nella vita quotidiana dei musei e dei frammenti di storia antica che da secoli invitano turisti e connosseurs a calpestare le strade, le vie e le piazze della Capitale.

Una serata che, mutuata dalla più progressiva Parigi – e già ripetuta con grande minor successo in altre realtà italiane – indica un corso nuovo nella cultura contemporanea di Roma: quest’anno la Notte Bianca, sperando in una maggiore fortuna per l’illuminazione cittadina, segnala una crescita degli eventi legati all’arte contemporanea. Come leggiamo spesso su giornali specializzati e non, proprio le ricerche più innovative degli artisti di oggi potrebbero diventare uno dei fiori all’occhiello della nuova Roma e naturalmente motivo di vanto per la gestione del Sindaco Walter Veltroni. Durante la Notte Bianca dello scorso anno Roma si era animata di più di un milione di persone che avevano, per esempio, potuto vedere le installazioni e gli interventi di Vedovamazzei e Silvia Iorio sulla facciata del Palazzo delle Esposizioni in corso di restauro. Anche quest’anno l’iniziativa Tra-Monti (www.tra-monti.com) si ripete con una lista di artisti che sembra cresciuta di nomi internazionali come il giovane Jeppe Hein (danese e giovanissimo primo invitato a realizzare una scultura del nuovo centro per l’arte contemporanea di Villa Manin di Passariano (www.villamanincontemporanea.it) o Olaf Nicolai.

Quella della Notte Bianca sembra una prova vincente a dimostrazione di quella tesi che sostiene che Roma si stia trasformando con grande accelerazione nella nuova capitale dell’arte contemporanea italiana e che si stia lentamente abituando a considerarsi alla pari di Parigi o di Londra per le proposte più innovative e originali: un traguardo in realtà ancora lontano ma che sembra possibile se si guardano i particolari di alcune operazioni che nella capitale si sono succedute negli ultimi quattro anni.

L’investimento pubblico del Ministero dei Beni e le Attività Culturali si è concentrato su Roma per lo stanziamento di fondi cospicui per la realizzazione di un nuovo imponente Museo delle Arti del XXI secolo, presto ribattezzato MAXXI (www.maxximuseo.org), la cui direzione di Paolo Colombo ha subito attivato collaborazioni e sinergie con importanti musei d’arte contemporanea nel mondo. L’edificio sarà un’architettura allo stesso tempo integrata e dissonante con il contesto delle ex-caserme di Viale Guido Reni, disegnata dalla star Zaha Hadid. La zona del quartiere Flaminio, quella dove presto sorgerà il nuovo museo, è abbastanza ricca di spazi ampi e di recupero da fare gola a artisti e galleristi, che qui potrebbero ritrovare una simil-Chelsea. Le prime mostre del MAXXI, negli spazi provvisori del cantiere, hanno chiamato a Roma Kara Walker, Ed Ruscha, Margherita Manzelli, Michael Raedecker: una programmazione che segnala un interesse ampio e variegato sulla scena contemporanea e sugli artisti di oggi, con uno sguardo non accademico sull’arte che dagli anni ’60 arriva fino ai giorni nostri.

Altra realtà fondamentale e innovativa è quella del MACRO (www.macro.roma.museum), il Museo d’arte contemporanea di Roma, diretto da Danilo Eccher e anch’esso in attesa di una nuova originale architettura di una donna: la francese Odile Decq. Il museo, nel quartiere di Piazza Fiume – una zona di viuzze e di mercato, vicino all’Università La Sapienza, con grandi potenzialità di accesso di pubblico giovane e interessato – ha avviato collaborazioni proprio con l’Università fondando uno dei pochi Master per curatori che l’Italia possa contare e ha allo stesso tempo avviato un programma che invita gli artisti a mostre monografiche prodotte dal museo, con il chiaro intento di emulare esempi autorevoli di musei-mecenate. La zona era già abitata dagli artisti e iniziano a comparire esperienze di galleristi in questa zona affascinante e nascosta del centro di Roma. Ma ancora più interessante è il progetto di MACRO al Mattatoio: aperto dalle 4 del pomeriggio a mezzanotte – nella zona di Roma tradizionalmente devota ai bagordi notturni a base di cibo, birra e discoteca, Testaccio – negli spazi dell’antico macello della città, due padiglioni industriali ospitano mostre collettive come Mediterraneans, una antologia vivace delle giovani proposte che arrivano dal mediterraneo.

Il Palazzo delle Esposizioni (www.palazzoesposizioni.it), da tempo chiuso per restauri, riaprirà presto i battenti con una mostra antologica del fotografo Henri-Cartier Bresson, di recente scomparso.

Roma allunga i suoi tentacoli e arriva fino al mare: da poco giunta all’attenzione dei media la programmazione di un nuovo spazio per l’arte contemporanea sul litorale di Ostia, con un cospicuo investimento privato di 2,4 milioni di euro per la ristrutturazione del deposito di autobus che darà vita al nuovo edificio e alla nuova attività, di cui lo staff sembra ancora in corso di definizione.

Quattro grandi progetti pubblici che segnalano un strategia media, tra Bilbao e Londra. A Bilbao, il Guggenheim Museum (www.guggenheim.org) di Frank O’Gehry è arrivato come una cattedrale dell’architettura contemporanea e ha trasformato un porto commerciale in una delle capitali culturali d’Europa: milioni di visitatori si muovono ogni anno verso il museo e verso le innumerevoli altre iniziative che la municipalità locale ha saputo attivare. Segni architettonici che cambiano il tessuto della città e lo trasformano in una macchina dell’economia. La nuova Tate Modern (www.tate.org.uk) di Londra costituisce un modello complementare: vecchia fabbrica dell’elettricità recuperata e trasformata in un mastodonte dell’arte contemporanea dall’intervento di architetture leggere della coppia Herzog & De Meuron. Una rampa invita gli spettatori (milioni) all’ingresso gratuito nel museo. Il terziario della zona è rinato e vive oggi dell’afflusso di turisti, ma soprattutto di londinesi, negli spazi del museo: The Weather Project di Olafur Eliasson è diventata una piattaforma con la quale i visitatori hanno potuto inviare i propri messaggi alla città.

Questa digressione è utile a segnalare come a Roma, seguendo l’esempio di Londra e Bilbao, si stia cercando di coinvolgere allo stesso tempo turisti e cittadini della città in un percorso che deve vedere attivi tutti i professionisti del settore, dagli artisti ai galleristi, dai critici ai collezionisti, dai giornalisti ai curatori. Ecco allora che nuove gallerie nascono o si trasferiscono nella capitale: Lorcan O’Neill, rampollo della Young British Art ha aperto a Trastevere il suo affascinante spazio e ha convogliato l’attenzione dei media sugli eventi inaugurali, occasioni d’incontro per il jetset internazionale ma anche luogo privilegiato dei collezionisti che hanno finalmente occasione di confrontarsi con colossi del mercato come Richard Long, Luigi Ontani o Tracy Emin. Franco Noero (in collaborazione con Toby Webster e Gavin Brown) è arrivato a Via dell’Arco de’ Tolomei con Elisabeth Peyton, Andrea Salvino, Rob Pruitt nella sua galleria con giardino, RomaRomaRoma.

Un panorama in continua evoluzione quello di Roma che ha bisogno di fiducia: soltanto con l’intervento dei privati, (ora che il pubblico finalmente investe assennatamente nello sviluppo dell’arte contemporanea) con il sorgere di nuove fondazioni, gallerie, collezioni, Roma potrà diventare la nuova capitale dell’arte contemporanea.

     

 
 

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