7/07/2000

 
Lisa Parola 
 
 
Brevi appunti sull'arte delle donne in Italia (1970/1999)

 
   
"L'arte ha un sesso? L'arte forse no ma gli artisti sì". Anne Marie Boetti, in Data n.16/17, 1975 
 
   
Jenny Holzer




Jenny Holzer




Martha Rosler




Barbara Kruger




Martha Rosler




Shirin Neshat




Shirin Neshat



 
Non esiste a tutt'oggi una ricerca sull'arte delle donne in Italia che ripercorra la storia degli ultimi trent'anni e indaghi quando, e con quali modalità, le donne hanno fatto arte1. Difficile dunque al momento, con il poco materiale disponibile, scrivere di questa specifica dimensione dell'arte. Dalle rare fonti, per la maggior parte articoli comparsi su riviste di settore, emerge però, e in modo chiaro, come l'arte delle donne si presenti sulla scena sempre strettamente collegata ad una svolta generazionale mai ristretta all'ambito artistico, ma legata anche a profondi mutamenti sociali e politici, con un'inevitabile messa in discussione di soggetti, modalità e ruoli. E' successo negli anni Settanta e nuovamente nell'utimo decennio. La presenza di artiste è invece visibilmente diminuita negli anni Ottanta, quando si andava definendo un ritorno alla pittura figurativa, con la nascita della Transavanguardia, mentre su un altro versante l'Arte Concettuale si andava inserendo nel circuito museale, con un inevitabile storicizzazione.
Fin dai primi anni Settanta sulle pagine delle riviste specializzate si sono susseguiti sporadici tentativi di analisi rivolti al contesto contemporaneo. Nell'estate del 1975 la rivista Data, dedica un lungo articolo alla situazione americana: Anne Marie Boetti è l'autrice, L'altra creatività il titolo. L'aggettivo che accompagna la produzione delle donne sottolinea da subito lo stato di alterità e di implicita marginalità rispetto all'ampia e visibile produzione maschile. Nel testo, per la prima volta in Italia, si affrontano le vicende dell'arte femminista d'oltreoceano. Si leggono i nomi di artiste ancor oggi poco o per niente conosciuti, anche dagli addetti ai lavori: Agnes Denes, Nancy Spero, Joyce Kozloff, Blythe Bohnen, May Stevens, Howardena Pindell. Nelle stesse pagine e attraverso alcune dichiarazioni delle protagoniste si insiste sulle istanze politiche che muovono l'arte prodotta dalle donne2. Nell'autunno, sulle pagine della stessa rivista, sempre Anne Marie Boetti prende in esame anche la situazione italiana con una serie di riflessioni accompagnate da scritti di Carla Accardi e Marisa Merz3. Gli interventi in questo caso sono rivolti più all'ambito della produzione artistica, con alcuni cenni biografici, ma senza quasi mai prendere in esame un possibile ruolo politico, aspetto che invece caratterizza gran parte del dibattito americano. Negli stessi anni, ma non oltre il 1980, il lavoro delle artiste italiane è presente, attraverso recensioni e interviste, anche sulle pagine della rivista milanese Flash Art.

Lungo gli anni Settanta la produzione delle artiste contemporanee è dunque oggetto di interesse da parte della critica. Una creatività diffusa e dinamica mossa oltre che da intenti formali anche da tensioni politiche e sociali e attenta più al processo di conoscenza che al manufatto. Ma già nei primi anni Ottanta si delinea un nuovo ripensamento del ruolo dell'artista che attraverso la scultura e la pittura "recupera una vitale spiritualità". Rigore, "tempi lunghi e accaniti"4. L'arte torna ad essere un unico, grande spazio neutro mosso da un fare che richiede solitudine e silenzi. E in questo arco di tempo, l'attività delle donne diminuisce in modo evidente, quasi fosse impossibile riconoscersi ed avvallare una stagione "neomanierista", autoreferenziale e incentrata su una produzione volta principalmente alla formalizzazione dell'opera. Le donne della nuova generazione sono ancora troppo giovani mentre le protagoniste delle avanguardie del dopoguerra, le poche riconosciute dalla critica, sono ormai entrate nel circuito museale nazionale. Quasi nessuna raggiungerà, anche negli anni successivi, quello internazionale. Praticamente inesistente la generazione di mezzo. Quella italiana è certamente una situazione anomala se si pensa che negli stessi anni in Germania, in Francia e in particolare negli Stati Uniti, sono proprio le donne, la seconda generazione femminsta, a ritagliarsi uno spazio significativo e di potere. Jenny Holzer, Cindy Scherman, Barbara Kruger sono solo alcune delle protagoniste di una stagione importante dell'arte americana. Attraverso il linguaggio dei media, attraverso l'uso della fotografia e del video, le donne iniziano una ricerca sullo stereotipo femminile veicolato dalla cultura dominante e utilizzano l'ironia come mezzo di espressione per mettere in discussione l'autorità del pensiero moderno 5.

In Italia, solo a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, dopo un crollo verticale dell'economia dell'arte, si profila un cambio veloce di attori, contenuti e metodologie. Una svolta che non riguarda solo il campo delle arti figurative ma che coinvolge - con una certa discrasia rispetto al panorama internazionale - numerosi altri settori della cultura. In un breve arco di tempo, non più di due o tre anni, si presenta sulla scena un'ampia presenza femminile. Ad oggi infatti "più della metà" degli artisti sono donne, di un'età compresa tra i 25 ai 35 anni, sparse un po' ovunque, da nord a sud. Il fenomeno si accompagna ad un cambio generazionale che riguarda donne e uomini e che nuovamente si avvicina alle dinamiche sociali e politiche, tentando di rompere ancora una volta l'ambito ristretto ed autoreferenziale dell'arte. Ormai lontani dalla lotta e dai sogni di rivoluzione, "gli artisti di oggi parlano dell'esistenza per quello che è: qualcosa di cui si fa esperienza in modo frammentario, difficilmente componibile, dove la frammentarietà rimanda direttamente alla natura alienata dell'esperienza stessa"6. Superata la cultura della differenza, l'ultima generazione si muove in un terreno precario e indefinito, dove la ricerca diventa un processo soggettivo, mosso da esperienze e relazioni. "L'opera d'arte oggi non è un arcano sovraordinato alle percezioni comuni, ma è un oggetto non terminato dall'autore e che domanda di essere terminato dall'intervento attivo del lettore, dello spettatore, del fruitore"7.

Se esiste o meno uno specifico femminile nell'arte è una domanda che continua a riproporsi nel tempo, ma difficilmente troverà una risposta definitiva. Si possono però tentare alcune ipotesi prendendo in esame il lavoro e soprattutto il ruolo che la critica ha svolto nei confronti dell'arte delle donne. E' importante allora sottolineare come la produzione delle poche artiste attive nelle avanguardie del dopoguerra, fino agli anni Sessanta - le uniche che abbiano successivamente avuto riconscimenti e visibilità - sia stato letto nella maggior parte dei casi attraverso un'analisi che adattava la loro produzione al lavoro d'arte maschile, senza mai coglierne possibili riferimenti alla cultura che le donne proprio in quegli anni andavano costruendo. Questo processo è stato inoltre facilitato da un'opposizione spesso dichiarata dalle artiste italiane, ad una lettura "di genere", che rischiava di relegare, ghettizzare, separare la loro produzione da quella dei loro colleghi. Con il risultato che a distanza di due decenni poche, meno delle dita di una mano, sono riuscite ad occupare un posto nei manuali di grande diffusione o nei libri di testo utilizzati come strumenti di formazione nei licei e nelle università. Negli anni Settanta, al contrario, la svolta sociale e politica del movimento femminista ha permesso, anche in ambito artistico, un'analisi approfondita dello specifico femminile. Lo slogan "il personale è politico", che ha caratterizzato molte battaglie femministe, ha inevitabilmente influenzato anche il lavoro delle artiste italiane. Lo stereotipo, il ruolo, la posizione della donna, dentro e fuori dal contesto dell'arte sono i soggetti di alcuni lavori di quel periodo. Ricerche inspiegabilmente rimosse dalla critica nell'arco di pochi anni.
Per quel che riguarda gli anni Novanta, l'analisi diventa inevitabilmente più complessa. Allontanate le grandi ideologie, ma mossi al contempo dalla necessità di entrare in relazione con un contesto più ampio e problematico rispetto agli spazi ristretti ed angusti di musei e gallerie, gli artisti dell'ultima generazione, donne e uomini, si muovono su un terreno di parità. Alle differenze di genere si sono aggiunti altri stati di alterità. "Viviamo infatti in luoghi misti, dove l'idea di margine, differenza, diversità diventa centrale in un Occidente e un Nord che cambia continuamente pelle, colore, umore in un movimento di umanità che muta la visibilità del reale" 8. Pratiche e tematiche che in un passato recente sembravano riferite ad un ambito culturale prevalentemente femminile, sono oggi il campo di lavoro di molta parte della ricerca contemporanea. Il racconto di sé, della vita quotidiana, della relazione con "l'altro" sono temi ampiamente diffusi tra le ricerche degli artisti che operano in Italia. Senza distinzione di genere.

1 Cfr. Lea Vergine, L'altra metà dell'avanguardia: 1910/1940, Mazzotta, Milano, 1980, forse l'unico testo italiano interamente dedicato all'argomento, si ferma alle soglie della seconda guerra mondiale. La scoperta di "una creatività impedita nel suo dialogo", una ricostruzione storica dell'arte internazionale delle donne.
2 Anne Marie Boetti, "L'altra creatività", Data, giugno/agosto 1975, pp. 54-59.
3 Anna Marie Boetti, "Lo specchio ardente", Data Arte, settembre/ottobre 1975, pp. 50-55.
4 Achille Bonito Oliva, Minori maniere. Dal Cinquecento alla Transavanguardia, Feltrinelli, Milano, 1985, p. 129.
5 Cfr. Laura Cottingham, "L'anti-mistica femminile", Flash Art, n.152, ottobre/novembre 1989. La critica americana ha curato, nella primavera del 1997, la mostra "Vraiment. Féminisme et Art" al Magasin - Centre National d'Art Contemporain di Grenoble. La prima in Europa che ha preso in esame il rapporto tra arte contemporanea e movimento di liberazione femminista.
6 Giorgio Verzotti, "Once more with intellect", Artforum, maggio 1994 (trad. it.: "Una volta ancora con intelletto", Aperto Italia '97: giovane arte e giovane critica, Giancarlo Politi Editore, Milano, 1997).
7 Marco Senaldi, "Intervista a Fulvio Carmagnola", Appuntamenti con la filosofia 2, Giancarlo Politi Editore, Milano, 1996, p. 34.
8 Giacinto Di Pietrantonio, "Che fare?", relazione tenuta al convegno dell'Associazione Internazionale Critici d'Arte, Zagabria, novembre 1996.

     

 
 

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