7/07/2000

 
Alessandra Galasso 
 
 
Martha Rosler

 
   
Una grande mostra retrospettiva itinerante raccoglie le opere fotografiche, i video e i collage 
 
   
Martha Rosler "Washington National" 1991 Chromogenic color print




Martha Rosler from "Bringing the War Home...", 1969



 
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, negli Stati Uniti come in Europa, numerose furono le donne che fecero della loro pratica artistica uno strumento di denuncia politico-sociale. Mentre, attraverso l'apparato critico teorizzato da Clement Greenberg, poi ripreso da Harold Rosenberg, il sistema (maschilista) ufficiale dell'arte glorificava il modernismo e le sue successive declinazioni concettuali, all'inseguimento di un'arte iconoclasta e di una supremazia culturale euro-americana, alcune artiste erano impegnate a denunciare l'intervento degli Stati Uniti in Vietnam, la manipolazione e lo sfruttamento del corpo e del ruolo femmininile, le istanze razziste, la tendenza all'omologazione culturale. Escluse e ignorate dal sistema dell'arte furono soprattutto le donne artiste le prime ad adottare mezzi espressivi innovativi come la performance, la fotografia e il video. Dopo oltre trenta anni, e grazie al lavoro di ricerca di alcune critiche e studiose prevalentemente di area anglo-sassone, è in atto un lento processo di rivalutazione e storicizzazione di molte di queste esperienze. Ora una grande mostra retrospettiva itinerante raccoglie le opere fotografiche, i video e i collage di Martha Rosler, classe 1943, nata a New York, artista, docente, autrice di numerosi saggi e fra i personaggi più influenti di quella generazione. Come molti altri artisti e intellettuali americani ed europei verso la fine degli anni '60, anche la Rosler, si trasferì in California. Attratti da nuove università, dall'intensa attività politica e le favorevoli condizioni climatiche, essi diedero vita a un'attivissima e ricca stagione di lotte politiche e sperimentazioni artistiche che gettarono le premesse per molte esperienze future. Intervistata a Milano in occasione della sua conferenza tenutasi alla Triennale nell'ambito della rassegna "Multiplicity" a cura di Stefano Boeri e Fabrizio Gallanti, l'artista parla della guerra, quella di 30 anni fa in Vietnam e quella di oggi in Jugoslavia. Nella opere della serie "Bringing the war Home", 1967-72 (Portando la guerra a casa) a confortevoli e idilliache scenette di vita domestica, tratte da riviste femminili dell'epoca, si alternano immagini dell'intervento americano in Vietnam; sul volto di una modella che reclamizza un cosmetico, la scena di gente disperata che sfugge agli orrorri della guerra. Per una crudele coincidenza queste opere sono di straordinaria attualità. Ieri come oggi, attraverso la televisione, l'orrore della guerra invade e convive con noi negli spazi domestici , merce fra la merce, immagini fra le immagini. Ciò che è tuttavia cambiato è la percezione collettiva del rapporto pubblico/privato. Dice l'artista "all'epoca si pensava che, per quanto drammatici potessero essere gli eventi esterni, ci fossero sempre degli spazi, fisici e mentali, dove potersi rifugiare. Oggi sappiamo che uno spazio inviolabile, intimo e privato, non esiste più." In "Beauty Knows No Pain", 1966-72 (la bellezza non conosce dolore) a corpi patinati femminili che pubblicizzano prodotti di bellezza si mescolano immagini pornografiche dagli effetti spesso ironici. Da sempre Martha Rosler denuncia gli effetti nefasti dell'American way of life esplorando la manipolazione e la deformazione attuata da parte dei mass media di eventi socio-politici e del ruolo della donna nella società. Molti anni prima che il termine di 'non-luogo' venisse persino coniato e che centinaia di artisti si buttassero a capofitto a fotografare metropolitane, autostrade e centri commerciali, Martha Rosler, creò una serie di opere fotografiche realizzate all'interno degli aeroporti. "Gli aeroporti sono luoghi del desiderio, sebbene non ci sia vero desiderio. Spazi in cui la paura è costantemente repressa e rimossa, dove le persone sono continuamente distratte, distolte dal fatto di essere lontanie da casa, in un luogo molto noioso e allo stesso tempo estremamente pericoloso." Nella serie più recente "Transitions and Disgressions", 1981-96, immagini di vetrine di negozi in varie città del mondo sono ritratte evidenziando l'uso di stereotipi femminili a fini consumistici. Martha Rosler fa parte di quegli artisti che hanno fatto propria la lezione di Brecht secondo la quale l'arte deve essere innanzittutto uno strumento di educazione del pubblico. "Il collettivo è più importante del personale e tutto può essere cambiato". Quando le chiedo come spiega la situazione paradossale per cui nell'epoca delle immagini gli artisti restino in una posizione marginale rispetto ad altre sfere creative come il design, la moda, la pubblicità e la musica, risponde, "le immagini non possono agire senza il sostegno delle parole. Oggi le immagini sono celebrative, glorificano prodotti, mirano a persuadere, a rassicurare, a convincere." Il contrario esattamente dell'arte che invece per sua natura tende a destabilizzare e rimettere in discussione luoghi comuni e pensieri dominanti. Dopo la tappa francese all'Institut d'Art Contemporain di Villeurbanne, la mostra resterà aperta fino all'8 agosto alla Fondazione Generali a Vienna; proseguirà poi dal 19 ottobre al 9 gennaio, 2000 al Museu d'art Contemporani di Barcellona per concludersi dal 13 giugno al 10 ottobre 2000 al New Museum di New York.

The New Museum of Contemporary Art di New York, 583 Broadway, tel. 212-219-1222.

     

 
 

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