Attraversare le contingenze allargando le prospettive

01/11/2008
stampa   ::  




Mainstream a Parigi


Quasi 200 gallerie di 21 nazioni diverse hanno esposto al Grand Palais e alla Cour Carree du Louvre per la 35ma edizione di FIAC, Fiera Internazionale d'Arte Contemporanea.
E' un evento che - insieme ad Art Basel, Frieze a Londra, o Art Cologne e Art Forum Berlin - è al vertice del 'palmares' delle quasi 500 fiere organizzate ogni anno in tutto il mondo. Marion Prouteau ci conduce in una sorta di vorticoso percorso attraverso gli assemblages delle opere della fiera parigina. Qui le protagoniste sono le gallerie che propongono i loro "prodotti" più glamour: ed ecco i video di un Bruce Nauman che rappresenterà gli USA alla Biennale di Venezia, così come farà Claude Leveque con i suoi neon per la Francia. Poi il ritorno di storici galleristi come Yvon Lambert, che ha presentato anche un'opera di Francesco Vezzoli, o di Sperone Westwater, con i grandi nomi dell'Arte Povera. E per concludere, una gita con Francesca Di Nardo in un piccolo paese della Marna negli spazi di Le Moulin, dove la galleria Continua ha portato tutti i bon vivant per un vernissage di gran charme...



FIAC, 2008, Paris






Sphères: Le Moulin, Boissy-le-Chatel (Seine-et-Marne), Francia


Lo spazio Le Moulin. Foto Ela Bialkowka


Sphères: Martin Creed, Work No.700, 2007. Courtesy l'artista e Hauser & Wirth Zurich London. Foto Bertrand Huet


Sphères: Leandro Erlich, Window & Ladder, Too Late For Help, 2008. Foto Luna Paiva


Sphères: Claude Leveque, Mon repos a Saint-Germain-des-Pres, 2008. Installazione in situ. Concept sonoro: Alexis Raverdy. © ADAGP Claude Leveque. Foto Bertrand Huet. Courtesy l'artista e Kamel Mennour, Paris


Sphères: Daniel Buren, En Enfilade: lavoro in situ, 2007. Dimensioni variabili. Foto Lorenzo Fiaschi


Sphères: Werner Reiterer, Untitled (Sarg), 2008. Foto Bertrand Huet


Marion Prouteau, 'conseillère artistique' per Art Process in occasione della FIAC 2008, ci guida attraverso le opere e gli stands della fiera parigina, in un percorso tra conferme e novità, tra celebri nomi e nuovi emergenti.

La trentacinquesima edizione della FIAC - Foire Internationale d’Art Contemporain ha, per il terzo anno consecutivo, occupato il cuore di Parigi. Quest’anno sono state quasi duecento le gallerie in rappresentanza di ventuno nazioni, che sono state invitate ad esporre al Grand Palais e alla Cour Carrée du Louvre.
Internazionalità, ma anche cosmopolitismo ed eclettismo, pongono questo annuale evento parigino al vertice del palmarès delle quasi cinquecento fiere d’arte organizzate ogni anno in tutto il mondo, insieme ad Art Basel, Freeze a Londra, o Art Cologne e Art Forum Berlin.

Una delle novità 2008 della FIAC è di essersi riallacciata alle sue prime edizioni, proponendo, in collaborazione con il Louvre ed il Jeu de Paume, una programmazione di performance al confine con le discipline della musica, del teatro e della danza.

Una della specificità storiche di questa fiera è di presentare anche l’arte moderna. Al Grand Palais la galleria Nathalie Seroussi ha infatti proposto lo scambio dialettico tra Martial Raysse e Alexander Calder, tra mobiles aerei e colori pop. Mentre Sperone Westwater, storica galleria newyorkese fondata nel 1975, per il suo ritorno alla FIAC ha incluso i grandi nomi dell’Arte Povera, come Alighiero e Boetti e Mario Merz; ma anche uno dei più rinomati rappresentanti dell’iperrealismo Malcom Morley. Un posto d’onore tra i video è stato invece riservato a Bruce Nauman, che rappresenterà gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia 2009.

Jeanne Bucher, primo gallerista della pittrice portoghese Maria Elena Da Silva, le ha dedicato un bell’omaggio in occasione del centesimo anniversario della nascita dell’artista, ripercorrendo così oltre cinquant’anni di carriera incentrata sull’astrazione.

 

La Galerie Hopkins-Custot dell’avenue Matignon a Parigi, ha scelto per la sua prima partecipazione alla FIAC di mescolare i generi presentando Marc Quinn, l’artista della generazione della Young British Artists rimasto all’ombra di Damien Hirst. Tra le opere esposte è da citare una maquette della serie ‘Sphinx’ su Kate Moss che si interfacciava ad un Buddha mongolo del XVII secolo, o ‘Le Baiser’ di Brancusi faccia a faccia con una scultura tutt’altro che epurata.

Per quanto riguarda i rappresentanti delle più giovani generazioni, Kamel Mennour, che ha aperto un nuovo più vasto spazio in rue Saint-André des Arts a Parigi nel 2007, ha proposto alcune opere di Tadashi Kawamata: le sue famose capanne in-situ, caratterizzate dall’utilizzo di feticci di legno, tra urbanismo ed umanesimo, e che era possibile ritrovare, nascosto dall’imponenza degli alberi, anche nel percorso di sculture monumentali allestito al Jardin des Tuileries. I lampadari di filo di ferro spinato ricoperti del sale del Mar Morto di Sigalit Landau, artista istraeliana, non potevano invece non rievocare le violenze della sua terra natale. Mentre il neon di Claude Léveque annunciava la sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia in rappresentanza della Francia.

Yvon Lambert, celebre gallerista e precursore dalla fine degli anni sessanta, ha presentato un’opera di Francesco Vezzoli ispirata a maestri come Ingres e Dalí, ‘Time, clock of the heart’ di grande poesia e perizia nel lavoro di ricamo caratteristico dell’artista, pezzo che non ha tardato a trovare acquirenti alla FIAC.

 

Alla White Cube, la personale dei fratelli Chapman ha fatto come sempre ‘sensazione’: tra gli undici acquerelli originali di Hitler e ‘personalizzati’ da Jack e Dinos, ed i tavoli da lavoro-modello - vere macchine da tortura che lacerano corpi e brandelli - era necessario un certo stomaco per reggere il colpo e prendere le distanze da un tale cinismo esplosivo.

Da Kewenig Galerie di Colonia, era la coreana Kimsooja ad attirare lo sguardo, con la sua iconica silhouette bruna di spalle e con i tessuti tradizionali dai colori vivaci.
Per la fotografia tappa da Jérôme de Noirmont che ha proposto il lavoro di Shirin Neshat, l’artista iraniana di stanza a New York, che mescola fotografia e calligrafia indagando i temi della condizione femminile e delle traversie rivoluzionarie legate alla storia dello Shah d’Iran. In uno stile completamente differente, l’ultima serie di fotografie realizzate da Vanessa Beecroft erano presentate da Lia Rumma, offrendo alla vista paesaggi di corpi femminili impolverati di bianco, quasi verosimili figure scultoree.

Ogni anno la FIAC ospita nuove gallerie, quest’anno è stato possibile scoprire al Gran Palais la Galleria Raffaella Cortese, che attorno al tema della letteratura ha riunito opere di Kiki Smith, Roni Horn, Barbara Bloom e del giovane Michael Fliri.

Nel cuore della Cour Carrée, che ha preso quest’anno il testimone della presentazione dei quattro progetti del Prix Marcel Duchamp, vinto da Laurent Grasso, il gallerista Perry Rubenstein ha presentato una serie di fotografie in bianco e nero dell’artista sudafricano Robin Rhode, che interagisce con gli oggetti che egli stesso disegna sui muri dei spazi pubblici.

 

Tracy Williams ha esposto invece sculture in feltro e acquerelli di Jennifer Nocon, artista dotata di un forte senso del colore. Lombard-Freid Projects di New York ha scelto Mounir Fatmi e la sua installazione ‘Connections (conspiracy)’, riflessione sulle violenze contemporanee del terrorismo o dell’integralismo religioso.

Da Gb Agency hanno allestito uno stand bipolare ad immagine delle opere presentate, giocando sulla questione dell’originale e della copia; come nell’opera ‘My brain, my stomach’ e nella tela più vera della natura che rappresenta dell’artista tailandese Pratchaya Phintong, o nelle composizioni di Mark Geffriaud che si prestano a multiple letture per effetto di un gioco di luci che rilava alle volte il retro a volte il verso delle pagine dei libri.

 

La viennese Mezzanin ha a sua volta allestito l’installazione concettuale ‘Les vues de l’Amérique du Nord’ di Christian Mayer, vero e proprio intrico storico, culturale e politico.

Nella video-installazione ‘La Fabrique’di Tania Mourand da Dominique Fiat, caratterizzata dal rumore dei telai e dai grandi primi piani degli operai, si era immersi nel mondo dell’industria tessile indiana. Mentre Cardenas Bellanger ha fatto spazio a Clément Rodzielski che prosegue nel suo lavoro sull’appropriazione delle immagini e sulla loro costruzione e giustapposizione su diversi strati.

 

Presso Loevenbruck c'era Alain Declercq e le sue ‘tele’ realizzate attraverso i fori provocati dai 22 long-rifles (fucili a canne lunghe) che sono una riflessione sulle frontiere a rischio. Mentre la galleria Nature Morte di New Delhi ha voluto privilegiare il lavoro grafico di Seher Shah: grandi composizioni realizzate a mano, prove di stampa su carta fotografica, basate su monumenti storici e tradizionali.

E’ ancora troppo presto per misurare la riuscita di questa edizione, sia sul piano dell’affluenza, sia su quello delle vendite, che andranno analizzati in rapporto alla concomitante crisi finanziaria. La FIAC resta però, senza dubbio, uno degli appuntamenti annuali che permettono di conoscere il panorama della creazione artistica contemporanea internazionale.


Fuoriporta
di Francesca Di Nardo

Domenica 26 ottobre, la FIAC sta per chiudere i battenti, si fanno già i primi bilanci: un’inaugurazione con poche presenze, la crisi finanziaria che si fa sentire….
Ma domenica non si resta a Parigi. Nella migliore delle tradizioni, quella della gita domenicale, si lascia la città per una gita in campagna, destinazione un piccolo paese nella valle della Marna. Un’ora abbondante di macchina, nessun mezzo pubblico per arrivarci.

L’appuntamento è con ‘Sphères’ nello spazio che Galleria Continua ha aperto l’anno scorso nell’Ile de France, nei padiglioni di una vecchia fabbrica in disuso, dove l’estetica dell’archeologia industriale trova pieno riscontro e applicazione, per il piacere dei detrattori del white cube.

Nel panorama degli eventi paralleli alla FIAC 2008 quest’appuntamento domenicale sembra sulla carta il più invitante. Dobbiamo averlo pensato tutti, perché francamente erano tutti lì, sotto un cielo basso, nuvoloso e umido, nella prima giornata di vero freddo, tra un bicchiere di vino ed un assaggio di coulommiers, tra opere di Atelier van Lieshout, Tony Cragg, Martin Creed, Leandro Erlich, Yona Friedman, Subodh Gupta, Fabrice Gygi, Thomas Hirschhorn, Claude Lévêque, Jean-Luc Moulène, Luca Pancrazzi, Werner Reiterer, Zineb Sedira, Shen Yuan, Djamel Tatah, Pascale Marthine Tayou, Mark Wallinger ed i progetti a lungo termine di Daniel Buren, Loris Cecchini, Chen Zhen, Kendell Geers, Mona Hatoum, Michelangelo Pistoletto e Nedko Solakov.

E si perché le cose si sono fatte in grande e il riscontro degli addetti ai lavori non è mancato. Al di là del consenso critico, da Parigi si sono mossi i direttori di importanti istituzioni, artisti di fama internazionale, giovani emergenti, collezionisti, critici e curatori … ma si sa che le capacità organizzative di Galleria Continua sono ottime. Capacità che per quest’operazione espositiva si sono rivelate cardini imprescindibili.

‘Sphères’ infatti è un’iniziativa di piena collaborazione tra cinque gallerie di fama e attività internazionale: Galleria Continua, Chantal Crousel, Hauser & Wirth, Galerie Krinzinger e Kamel Mennour, ognuna delle quali ha presentato le opere dei propri artisti, in stretto dialogo tra loro e con i caratterizzati spazi de Le Moulin.

Mentre sotto le volte in vetro e metallo del Gran Palais le gallerie della FIAC si sbirciavano vicendevolmente e paragonavano affari riusciti e mancati, tra le murature e i macchinari del vecchio mulino industriale cinque gallerie hanno allestito una mostra, che poco aveva da invidiare ad una biennale, con opere monumentali ed importanti. In un buon equilibrio e un buon dialogo tra i punti di vista e le scelte di ciascuna delle gallerie, così come tra le opere.

 

 

 

Per saperne di più sulla mostra Sphères


pdf Quest’articolo in formato PDF da stampare