Attraversare le contingenze allargando le prospettive

05/04/2009
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Ilaria Gianni

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In questi ultimi anni la mia ricerca si è focalizzata sul rapporto tra arte e memoria storica.
La collettiva I desired whay you were, I need what you are (Galleria Maze, 2008; con Marcelline Delbecq, Patrizio Di Massimo, Iain Forsyth & Jane Pollard, Cyprien Gaillard, Ryan Gander, Mario Garcia Torres, Olivia Plender, Jamie Shovlin, Matt Stokes) rifletteva sulla rielaborazione ed interpretazione di simboli ed elementi culturali provenienti dal passato rimasti dominanti nell’immaginario collettivo odierno. La mostra cercava di mettere in luce i simboli che sono stati desiderati, usati ed interpretati da una generazione cresciuta a cavallo degli anni ’80/’90, che ha vissuto l’assenza di ideologie, avendone avuto una mera intuizione attraverso un’esperienza indiretta. In questa occasione ho preso come riferimento l’accezione politica di "residuo", utilizzata dal sociologo Raymond Williams, che intende il concetto come una “realtà creata nel passato, ma ancora attiva nel processo culturale, non solo e spesso non del tutto come elemento del passato, ma come concreto elemento del presente".
Fragile Currency (Klemm’s Galerie, Berlin, 2009; con Nina Beier & Marie Lund, Carola Bonfili, Claire Fontaine, Alexej Meschtschanow, Ian Tweedy) ha invece tentato di analizzare la tendenza contemporanea dell’incorporazione nell’opera d’arte di oggetti storici, privati della propria funzione originaria e intesi nella loro accezione  di “rovina”  benjaminiana. Il ritorno del residuo diventa sintomo dell’attuale condizione di fragilità politica, economica e sociale. La “rovina”, svuotata del suo valore d’uso, autonoma dalle regole del mercato, ricettacolo di significati, diventa luogo potenziale di trasformazione, strumento di critica sociale.
Nella mia interpretazione dell’oggetto, dei simboli e delle ideologie del passato, non vi dunque alcun accenno di nostalgia o romanticismo. Il mio interesse verte sulla funzione più politica dell’utilizzo del residuo.
Desiring Necessities (John Hansard Gallery, University of Southampton), ultima tappa della mia ricerca curatoriale attuale, espande le nozioni affrontate in I desired whay you were, I need what you are, andando a insistere sulla funzione della leggenda, su ciò che rimane del mito, su come viene interpretato e utilizzato nei suoi aspetti più reattivi e rivoluzionari. E soprattutto su come una precisa generazione avverta la necessità di reagire ai fallimenti di quest’epoca.


Biografia
Curatrice e critica d’arte. Ha ottenuto un MFA in Curating presso Goldsmiths, University of London. Attualmente lavora come Head of Programme presso la Nomas Foundation, Roma. Ha curato diverse mostre personali e collettive, tra cui Step in Step out, Fondazione Olivetti, Roma (2006-2007); I desired what you were, I need what you are, Maze, Torino (2008); Here Once Again, SNUMOA, Seoul e Loop, Seoul (2008); Behind, Monitor, Roma (2008); Fragile Currency, Klemm’s, Berlino (2009); Desiring Necessities, John Hasard Gallery, University of Southampton (2009). Nel 2008 ha co-fondato la casa editrice IMpress, Londra (www.improjectsonline.com). Dal 2006 è assistente curatrice del concorso Pagine Bianche d’Autore. Lavora dal 2007 come assistente alla didattica presso lo IUAV, Venezia e dal 2009 insegna ‘Issues and Trends in Contemporary Art’ presso la John Cabot University, Roma. E’ stata assistente curatrice del convegno Le funzioni del museo / The Functions of the Museum, MAXXI, Roma (2009). Ha scritto testi sui cataloghi Domenico Mangano (Electa, Milano, 2008); Calypso (Sala Rekalde, Bilbao, 2008); Committenti, artisti, fruitori. Uno studio sull’arte pubblica in Italia a partire da IN ALTO arte sui ponteggi (Bruno Mondadori Editore, Milano, 2007). Ha collaborato con riviste, quali «NERO», «Lo Specchio+», «Circa», «Flash Art», «Arte e Critica».

 

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