Attraversare le contingenze allargando le prospettive

02/05/2009
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Mobilità edificante

Arti visive, architettura, design, musica, cinema, video, teatro, danza, performance, scrittura. Movin'Up si rivolge sia ad artisti che a giovani curatori. A chi ha progetti e produzioni da realizzare all'estero il concorso offre un'opportunità.
E proprio mentre si lancia la I sessione 2009 del bando, stanno partendo i 21 autori e gruppi selezionati in quella precedente. Abbiamo intervistato tre di loro: l'artista Elena Bellantoni approdata a Santiago del Cile per il progetto "Platform translation", lo scrittore Andrea Nanetti che a Berlino realizzerà un reading a metà fra grafica e letteratura dal titolo "Information overload", la curatrice Chiara Sartori che porterà a New York la sua mostra "Terra Infirma": una collettiva che coinvolgerà cinque giovani artisti internazionali.



ELENA BELLANTONI
Inviata come artista italiana a partecipare al progetto "Platform translation", una mostra a Santiago del Cile inaugurata il 2 maggio 2009


Elena Bellantoni, Fil rouge, 2008. Atene (street action mini dv)


Elena Bellantoni, Fil rouge, 2008. Atene (street action mini dv)


Elena Bellantoni con Francis Alys, Blindwalker, 2008. Beirut, Libano (mini dv street performance)


Elena Bellantoni, Life Jacket, 2007. Londra (differents locations mini dv street action)


Elena Bellantoni, Tent_action, formato polaroid, 2009


Elena Bellantoni, Tent_action, formato polaroid, 2009
Nel 2008 hai aperto uno spazio artist run - 91mq - a Berlino con Marco Giani. Puoi raccontarci come è nata questa iniziativa e come sei arrivata fino a lì?

Elena Bellantoni: L'idea di aprire un artist run space è nata da un'esigenza forte, quella di essere più visibile e operare marcatamente nel territorio, a Berlino. Tornata da Londra, finito il mio master al WCA University of Arts London, ho scelto Berlino come mio Heimat come "patria elettiva". Io e Marco Giani siamo due artisti, portiamo avanti la nostra ricerca dentro e fuori 91mQ, il project space è divenuto un luogo per sperimentare, incontrare altri artisti e cercare di incidere con le nostre scelte all'interno e non solo del mondo dell'arte.
Per questo 91mQ non è una galleria su strada, non un negozio... ci troviamo all'interno di una vecchia fabbrica di birra della Berlino est - molto underground, ma abbiamo rimesso a posto tutto - e nella stessa struttura ci sono altri spazi simili al nostro con cui stabiliamo a volte l'agenda, organizzando i vernissage e le chiusure negli stessi giorni.
Per ora tutto sta andando molto bene, impariamo strada facendo cosa significa gestire uno spazio, richiede molte energie.

In un'intervista di un anno fa sostenevi che per te il coinvolgimento nella creazione di progetti "open source" con altri artisti e tematiche socio-politiche ti interessano anche perchè per te "non c'è separazione tra arte e vita" è ancora così? Pensi che i ruoli di curatore, artista, organizzatore siano interscambiabili? Ti interessa creare "dispositivi"?

Credo fortemente nelle collaborazioni, nella necessità di creare dei sistemi paralleli o alternativi al mondo "commerciale" dell'arte. 91mQ è anche una forma di impegno politico e sociale. Siamo sempre aperti a scambi e collaborazioni, fin'ora abbiamo lavorato molto con l'Italia, per esempio con il festival Working Week, una settimana di video e sound installation; poi abbiamo avuto Roaming un progetto mobile curato da Alessandro Castiglioni e ideato dall'artista Ermanno Cristini, prossimamente avremo altri due progetti che arrivano da Venezia con il supporto delle politiche giovanili venete: una mostra che realizzeremo qui da noi e dopo migrerà a Venezia.
Qui in Germania come in altri Paesi europei se sei un artista è normale essere consapevoli della gestione di uno spazio e assumere anche a volte il ruolo di curatore, quindi operare certe scelte e avere un proprio sguardo, questo è esattamente quello che facciamo a 91mQ. Io e Marco scegliamo i progetti che riteniamo più interessanti, collaboriamo anche con curatori ma il rapporto è alla pari.

Parlaci del progetto Platform Translation a cui stai partecipando e di come Movin'Up ha influito su questa possibilità

Senza Movin'Up non avrei mai potuto partire per il Cile e partecipare alla mostra.
Il Gai attualmente in Italia è l'unica istituzione che supporta i giovani artisti italiani all'estero. Rispetto agli altri Paesi, anche dell'America latina, per noi italiani non esistono fondi o altri tipi di sovvenzioni per realizzare dei progetti o delle residenze, il Gai e Via Farini di Milano sono gli unici che portano avanti questo tipo di politica. Purtroppo gli Istituti di Cultura Italiani rispetto ad esempio a quello tedesco, inglese o francese non si interessano molto alla giovane arte contemporanea, hanno uno sguardo orientato verso la cultura "tradizionale" italiana, e questo credo sia un peccato perché i giovani artisti sono il futuro.
Credo che la mobilità sia un aspetto fondamentale del lavoro di un giovane artista, il risultato è il "fai da te", molti artisti hanno deciso di lasciare l'Italia per cercare posti dove possono essere capiti, considerati e dove l'arte "attuale" incide nel quotidiano.
La scelta di Berlino, fatta 4 anni fa, ha assunto questo significato, ma come me ci sono molti altri artisti che sempre di più stanno arrivando qui. Berlino in questo momento rappresenta quello che era Parigi negli anni delle Avanguardie, quello che era New York o Londra tra gli anni '60-'80, c'è molto fermento un'ottima energia per lavorare e produrre.
Berlino è stata una città divisa per molto tempo, porta cuciti addosso due grandi e dolorosi momenti storici della nostra Europa il Nazismo e il Comunismo, credo fortemente che Berlino rappresenti l'animo umano: il doppio, la mutabilità e l'incertezza, la necessità di un super-io che controlla e dall'altra parte il tentativo di ribellione e di rottura dalle regole imposte.
Tutto questo rende Berlino una città enigmatica, silenziosa, una metropoli a dimensione umana, dove il ritmo è scandito dal rumore delle biciclette che girano per la città e dalla U-bahn o S-bahn (metro berlinesi) che ti portano ovunque, qui è possibile ancora trovare uno spazio per pensare.

A Santiago ho girato il mio ultimo lavoro Tent_Action, è un'azione documentata da un video. Ho realizzato una casa mobile, una tenda che ho trascinato per un giorno intero sulle mie spalle in giro per Santiago. Il paesaggio, la psico-geografia della città fatta di grandi contrasti, cambia durante la mia camminata: sono partita dalle zone più povere, sono passata da quelle molto ricche e ho alla fine concluso la mia azione di fronte al Palacio de La Moneda, la sede del Presidente della repubblica cilena, dove l'11 settembre 1973 è stato assassinato Salvator Alliende. Ho lasciato la mia tenda al centro della piazza, l'ho smontata lentamente... si è accasciata al suolo.

Platform Translation è un progetto mobile nato a Londra nel 2007, ideato da 4 artisti: Elena Bellantoni (Italia), Marwa Arsanios (Libano), Soledad Pinto (Cile), Michail Theodosiadis (Grecia). Abbiamo realizzato la prima mostra ad Atene in collaborazione con la curatrice Zoi Papa, lo scorso Ottobre, ora siamo a Santiago e collaboriamo con Natalia Arcos alla galleria Centro Extencion ed il prossimo Ottobre saremo a Roma supportati dalla Fondazione Volume! dove la mostra sarà curata da Silvano Manganaro e Barabara D'Ambrosio. Platform Translation è una piattaforma di studio sul significato e la forma del concetto di traduzione in senso molto allargato, è nata proprio dall'esigenza di comunicare e capirsi tra artisti che parlano 4 lingue differenti ma che usano l'inglese, come sempre avviene, per parlarsi.

Il progetto Platform translation si concentra sul concetto di traduzione, come un complesso atto di comunicazione e di "transcodification", andando al di là della comprensione iniziale di un testo e della sua possibile interpretazione. In questo contesto, la traduzione è considerata come la negoziazione tra due poli, in Platform translation la traduzione emerge come una delle misure di spostamento tra culture che comprende nozioni di circolazione e di mutabilità, oltre che di perdita, a causa dell'impossibilità di trasmettere perfettamente un significato e di un transfert tra diversi contesti culturali.
L'obiettivo è quello di esplorare il concetto di traduzione partendo dal contesto storico/sociale di ogni Paese ospitante per arrivare al paesaggio culturale contemporaneo di ogni città, approfondendone il contesto visivo e generando una riflessione di tipo linguistico - concettuale. Ogni curatore avrà quindi il compito di focalizzare e approfondire un contesto specifico, creando un momento di scambio e di studio tra gli artisti ospitanti e gli artisti locali.
Platform translation comprende un piccolo nucleo di artisti, ma un'ampia rete di collaboratori. Come un progetto di viaggio/mobile, migra dal suo punto di partenza Londra, Atene a diverse destinazioni: Santiago del Cile, Roma, Berlino, e Beirut...
Nella mostra ad Atene c'è stato un intervento della curatrice cilena; la mostra in Cile vedrà l'intervento dei curatori di Atene e di Roma, e così via. Nelle esposizioni queste sezioni si mescolano e contribuiscono a dare continuità e coerenza a tutto il progetto.

Il comunicato della mostra Street hacker 2 a Santiago del Cile



ANDREA NANETTI
Lo scrittore sarà a Berlino per un reading a metà fra grafica e letteratura dal titolo Information overload


Andrea Nanetti, Desire, 1997


Andrea Nanetti, Poterevolere, 2000


Andrea Nanetti, Ogni parola, 2008

Ci racconti il progetto che hai presentato per Movin'Up?

Andrea Nanetti: Si tratta di una performance di poesia totale chiamata Information Overload, ovvero sovraccarico informativo. Mi riferisco ovviamente alla situazione dell'uomo nelle società contemporanee ultra-tecnologiche in cui assistiamo alla paradossale condizione di avere a disposizione infinite tecnologie digitali di comunicazione, ma al tempo stesso esperiamo una solitudine emozionale altissima. Il mio modo di lavorare si sviluppa attraverso dei simboli, e utilizzerò per la mia performance un numero da definire di monitor (non funzionanti) su cui interverrò con soluzioni letterarie-verbali, fino alla rottura fisica dei medesimi, metafora della rottura della comunicazione nell'età della comunicazione!

Come mai hai scelto di realizzarlo proprio a Berlino?

Almeno 8 anni fa entrai in contatto con Julian Pircy, artista berlinese che si occupa di mail art. Con lui ho scambiato innumerevoli "artefatti culturali" via posta i primi tempi ed ora soprattutto via web. Essendo tra i collaboratori di Neurotita, negozio e casa editrice berlinese che organizza un festival di poesia tecnologica, Julian ha parlato del mio lavoro alla direttrice della manifestazione (che si terrà a Neokoln, in pieno centro città) a cui la mia proposta è piaciuta e che mi ha invitato a partecipare. Cosa che naturalmente non sarebbe stata possibile senza il supporto di Movin'Up.

Da dove nasce l'esigenza di conferire una dimensione performativa alla scrittura e di valorizzarne la componente visiva?

Nasce da una volontà di espansione del testo letterario; in fondo già i Futuristi avevano teorizzato qualcosa del genere, poi con le neoavanguardie la pratica della poesia totale da una parte e di quella visiva dall'altra, si è imposta. Io mi rifaccio a quel clima culturale di sperimentazione culturale e di rottura della tradizione confrontandomi inevitabilmente, oggi giorno, con l'universo tecnologico.

Quando ho letto la descrizione del tuo progetto mi è subito venuta in mente la poesia visiva: quali sono i punti di riferimento della tua poetica e del tuo linguaggio?

Sicuramente pago un grosso debito creativo al Gruppo 70, il lavori di Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini e degli altri componenti del movimento sono stati una fonte di ispirazione fortissima per permettermi di coniugare la mia attività lavorativa di grafico pubblicitario da una parte e dall'altra la passione per la scrittura che mi porto dietro da sempre.

Scrivi in qualunque momento o hai delle abitudini particolari? Credi nell'ispirazione o nell'esercizio?

Al contrario di quello che si possa pensare, scrivo sempre ad un dato orario, di solito di sera, non troppo tardi... E' il momento in cui sono più tranquillo dagli impegni lavorativi. E confido assolutamente nell'esercizio!




CHIARA SARTORI
Con una novità rispetto alle precedenti edizioni del progetto Movin'Up ha selezionato due progetti di curatela: Chiara Sartori sarà aiutata a portare a New York la sua mostra Terra Infirma, una collettiva che coinvolgerà cinque giovani artisti internazionali. Attraverso la loro ricerca, che spazia dal video, alla fotografia, all'installazione, il progetto indaga le sottili connessioni tra geografia e malinconia. Luigi Fassi, infine, parteciperà in qualità di curatorial fellow al Whitney Indipendent Study Program, presso l'omonimo prestigioso museo di New York.


Rosa Barba, Outwardly from Earth's Centre, 2006, 16mm trasferito su dvd, fiction, 23'. Courtesy dell’artista


Laurent Grasso, 1619, 2007, animazione, 7’30’’. Courtesy Galerie Chez Valentin, Parigi


ISCP International Studio & Curatorial Program New York, vista panoramica. Courtesy ISCP


ISCP International Studio & Curatorial Program New York, spazi espositivi. Courtesy ISCP

Per Movin'Up hai presentato un progetto che mette in relazione geografia, scienza e dimensione emozionale. Raccontaci com'è nato e come si è sviluppato.

Chiara Sartori: Si tratta di una mostra collettiva che verrà realizzata nell'ambito di una residenza presso l'ISCP e che coinvolge cinque giovani artisti internazionali. Il progetto si sofferma sul tema delle connessioni tra geografia e malinconia, non intesa in senso psicoanalitico ma piuttosto in maniera più ampia, come uno stato d'animo che accompagna dal punto di vista esistenziale la vita umana. Per questo ho scelto di utilizzare questo titolo Terra Infirma, ripreso da un testo di Irit Rogoff, anche se non faccio specificamente riferimento ai suoi contenuti; mi piaceva però la connessione che viene suggerita tra l'idea di instabilità, insita nel termine infirmus, e la solidità presente invece nel concetto di terra.
Il progetto è nato nel 2007 ed è legato ad uno dei lavori che ne fanno parte: Outwardly from earth center, un video in 16mm di Rosa Barba prodotto presso il Baltic Centre di Visby in Svezia, un bellissimo lavoro in cui si racconta della deriva di un'isola e del tentativo dei suoi abitanti di fermarla: malinconia dunque come sforzo, tensione, struggimento e sconforto.

Oggi molta arte contemporanea fa riferimento al concetto di universo "post-coloniale"; vorrei chiederti come lo definiresti e se ti sentiresti di collocare Terra Infirma in questa prospettiva.
Mi viene in mente anche la Geografia emozionale di Giuliana Bruno: pensi di avvicinarti in qualche modo a visioni di questo tipo, o preferisci affrontare la questione in modo diverso?


Il concetto di "post-colonialismo" è essenzialmente una messa in discussione dell'identità e dei sistemi di codificazione ed è legato a una problematizzazione delle strutture politiche, economiche, sociali e, dunque, di potere esistenti. Per quanto riguarda Giuliana Bruno, nonostante la condivisione di una tematica di fondo, in realtà quello che mi affascina è l'idea di tensione e di conflittualità, piuttosto che di un universo prettamente emotivo. Non credo comunque che questi due temi siano al centro del mio progetto.
C'è un ulteriore aspetto del mio progetto che vorrei sottolineare, ed è il legame tra scienza e finzione, ed il limite che esiste - o meglio che si pensa esista - tra il fatto in quanto tale e la dimensione interpretativa; un limite che l'arte contemporanea, ha messo in forte discussione. Quindi mi interessa osservare come lo sfumarsi dei punti di vista e delle prospettive sia in grado di influenzare anche la nostra dimensione emotiva ed esistenziale.

Questa è la prima edizione di Movin'Up che prevede anche la sezione curatori. Nel tuo curriculum vedo che in passato hai partecipato ad alcune tavole rotonde che hanno cercato di mettere a fuoco proprio il concetto di curatela e la sua posizione nel sistema dell'arte contemporanea, perciò ti vorrei chiedere la tua visione personale circa il ruolo del curatore. Pensi che si avvicini maggiormente ad una pratica creativa o alla funzione del mediatore e del comunicatore?

La curatela implica il collocarsi al centro di uno spazio sociale altamente complesso. La produzione culturale oggi è sempre più legata al coinvolgimento sociale e la cultura contemporanea può essere intesa come frutto di una fitta rete di interazioni.
Non si può quindi più parlare semplicisticamente di prendersi cura di qualcosa, di un oggetto o di un insieme di oggetti (come poteva essere in passato la collezione di un museo), ma la curatela diventa oggi inevitabilmente una pratica sociale complessa attorno a cui vengono a condensarsi da più parti aspettative e conflitti. La curatela assume la complessità dell'intrecciarsi di una molteplicità di relazioni tra il pubblico, l'artista, l'istituzione, la figura del curatore stesso.
Forse particolarmente problematica è oggi la relazione tra curatore ed istituzione: le istituzioni per l'arte contemporanea, già per loro natura precarie e incerte, tendono a dare sempre più peso alla presenza globale, ad un network consolidato e alle capacità tipicamente manageriali del curatore e pongono in secondo piano le specifiche finalità e le risorse prettamente finalizzate all'incremento delle conoscenze, agli aspetti educativi ed esperienziali che l'arte contemporanea di per sé è in grado di mettere in campo.




Movin'Up 2009
Mobilita' nel mondo per giovani artisti italiani. Bando di partecipazione.

Undicesima edizione - I sessione
I settori artistici coinvolti sono: arti visive, architettura, design, musica, cinema, video, teatro, danza, performance, scrittura. Movin'Up si rivolge sia ad artisti che operano con obiettivi professionali sia a giovani curatori.
L'iniziativa, realizzata attraverso lo stanziamento di un fondo annuale erogato in due sessioni, permette agli artisti di richiedere un contributo a parziale copertura delle spese di viaggio e di soggiorno e di produzione nella città straniera ospitante. Il dossier di partecipazione per la prima parte del nuovo bando deve essere presentato entro il 22 maggio 2009 (domande per le attività all'estero con inizio compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2009

Promossa da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù, Ministero per i beni e le attività culturali, PARC Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee e GAI Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani

Per informazioni:
Segreteria Nazionale GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti italiani
Via San Francesco da Paola 3, 10123 Torino
N. verde in orario d'ufficio: 800807082 - tel. 0114430020-45 - fax. 0114430021
Orario: da lunedì a giovedì 9.00/17.00, venerdì 9.00/15.00, sabato e domenica chiuso
info@giovaniartisti.it

Informazioni dettagliate e bando di concorso



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