Attraversare le contingenze allargando le prospettive

17/07/2009
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Lars Bang Larsen

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Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: Pensi che la direzione che la curatela di una Biennale può prendere possa permettere la costruzione di uno spazio per il dissenso e la sperimentazione di nuovi formati culturali, rispetto alla deriva mainstream del fenomeno di espansione delle Biennali stesse in ogni parte del mondo?
Nella tua opinione in che modo le biennali "post-coloniali", o cosiddette periferiche, possono apportare cambiamenti all'interno del display espositivo? Possono avere ambizioni geopolitiche? Quali scenari culturali tracciano?

Lars Bang Larsen: Se il formato espositivo come tale può supportare la costruzione di nuovi formati culturali, e permettere la sperimentazione attraverso di essi, allora anche la biennale – come esposizione d'arte – è capace di questo.
In quanto mostre di alto profilo ed 'eccezionali', le biennali di solito sono viste come metri di giudizio per il sistema mainstream.
Questa è una aspettativa che potrebbe persuadere la biennale ad un rapporto consensuale con il circuito commerciale del sistema dell'arte (cosa che forse avviene più frequentemente del solito), ma io credo che questa aspettativa può anche essere intesa contrariamente per produrre e rafforzare discorsi in disaccordo con il consenso prevalente o l'egemonia all'interno del sistema dell'arte, così come nella cultura in generale.
La biennale con le sue periodiche scomparse e ricomparse, tende a stare al di sopra delle altre possibilità di costruzione di una mostra. Sia istituzionalmente che da un punto di vista della loro documentazione, le biennali cambiano strutturalmente nella misura in cui passano di mano in mano ogni anno. Perciò, il loro stato di evento ed il loro imperativo di reinvenzione curatoriale sono, nel meglio o nel peggio, le condizioni di possibilità di cambiamento.
Potremmo dare alla vostra domanda un'altra interpretazione: come potrebbe la curatela della biennale produrre continuità significative, come anche rotture critiche? Come possiamo far fronte alla nostra irrequietezza culturale dall'interno del formato della biennale?

Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: In una situazione, su scala internazionale, dove la produzione culturale è spesso sottoposta a pratiche di potere che si esprimono attraverso l'attività dell'istituzione, come può la pratica curatoriale mantenere il suo potenziale critico e trasformativo?

Lars Bang Larsen: Non penso che sia l'istituzione a porre attualmente la sfida più grande all'intervento e alla conoscenza curatoriale. Prima di tutto, l'arte stessa è un'istituzione, ancor prima di essere edifici specifici ed amministrazione.
Secondariamente, le istituzioni sono per molte ragioni – e non solo a causa della crisi finanziaria – deboli, al momento.
Per me la minaccia all'intervento ed alla conoscenza curatoriale, viene piuttosto dalle istituzioni d'arte che smettono di essere istituzioni d'arte, nel senso che lasciano venire meno la loro responsabilità a contribuire attraverso una produzione di una sfera critica pubblica dove l'arte possa risultare rilevante.
Nell'esperienza economica l'arte diviene una funzione normativa per il consumo; oppure, l'idealità convenzionale dell'arte è in questo campo sfruttata come norma. Per questo motivo, la critica istituzionale è lontana dall'essere irrilevante, ma deve – mai come adesso, forse – tenere conto di un più ampio scenario culturale.

Elvira Vannini/Matteo Lucchetti: Relativamente alla tua esperienza diretta, come si intrecciano le dinamiche sopracitate nel tuo lavoro?

Lars Bang Larsen: Per quanto mi riguarda la conoscenza e l'intervento curatoriale consistono nel rendersi conto di essere parte di una certa serie di dinamiche e di renderle possibili nella realizzazione di una mostra e nella produzione di conoscenza; nelle dinamiche tra l'astrazione ed il lato pratico, il lavoro culturale e quello artistico, il contemporaneo e lo storico, e così via.
Questo sono le Wechselwirkungen, come si dice in tedesco,le interazioni tra le differenze, che penso siano importanti. I rischi della curatela si nascondono nella sincronizzazione e nella mediazione; tutto per mettere in movimento la logistica.


Biografia
Nato nel 1972, vive tra Francoforte e Copenhagen. Detiene un Phd dal titolo "Global Psychedelia", presso l'Istituto di Storia dell'arte dell'Università di Copenhagen, 2007-2010. Inoltre, MA in Storia dell'arte e Storia della letteratura all'Università di Aarhus. Visiting professor presso varie accademie, tra cui Kungliga Konsthögskolan, Stoccolma, 2006-07.
Redattore per le riviste d'arte Siksi, NU negli anni '90, collabora regolarmente con Afterall, Artforum International e Frieze.
Curatore di diverse mostre, come la partecipazione danese alla Biennale di San Paolo del 2004, e di seminari, tra cui Ideas and Processes ed altri presso la Royal Danish Art Academy di Copenhagen. Co-curatore di Momentum (Nordic Biennial) e di Populism, collettiva presso la Frankfurter Kunstverein ed altre sedi.
Ha inoltre pubblicato i seguenti libri: HK, sul progetto Heroin Kills di Joanne Tatham e Tom O'Sullivan, 2003; Sture Johannesson. Sull'arte psichedelica di Sture Johannesson negli anni '60, 2002.

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