Attraversare le contingenze allargando le prospettive

15/10/2012
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Madeinfilandia



Daniele Bacci, senza titolo. Foto di Primoz Bizjak



Degal, 4 minuti...



Yuki Ichihashi, Un canto per la Filanda. Foto di Martina della Valle



Daniele Galliano, Larve. Foto di Vera Pravda



Foto di Loredanan Longo



Massimo Nannucci, Sîrsâsana (sullo sfondo il lavoro di Serena Fineschi nuovo tempo sospeso). Foto di Marcella Anglani



Foto di Loredanan Longo



Robert Pettena, red & black submarine. Foto di Robert Pettena



Loredana Longo, Justice will be done. Foto di Degal



di Marcella Anglani

Per il terzo anno consecutivo nella prima settimana di ottobre ha avuto luogo Madeinfilandia, artisti di diverse generazioni e formazioni, risiedono per una settimana in un luogo ricco di storia, una ex fabbrica di filo di seta, immersa in un paesaggio bellissimo a Pieve di Presciano, non lontano da Arezzo. Insieme riflettono sulla pratica artistica e soprattutto in maniera autonoma e indipendente realizzano un lavoro in sintonia con gli spazi del luogo.

Il progetto parte da un piccolo gruppo di artisti - Claudio Maccari, Elena El Asmar, Loris Cecchini, Luca Pancrazzi - supportati da un significativo gruppo di amici. Nell’invito di quest’anno si parla di indipendenza rispetto ai luoghi deputati dell’arte, alle geografie forti, e alle dinamiche del potere curatoriale nei confronti dei quali si vuole contrapporre libertà di azione, generosità, convivialità, auto-organizzazione. In breve un sacco di buoni propositi! Così sono andata nei tre giorni di apertura al pubblico - il 5 il 6 e il 7 ottobre - per constatare in prima persona se nei fatti la realtà corrispondeva alle intenzioni.

E’ bastato poco per rendermi conto che Madeinfilandia è soprattutto un luogo, uno spazio fisico, da vivere, respirare, godere. I lavori degli artisti, quest‘anno 26, sono una presenza che si svela lentamente e che amplifica questo spazio, lo rende ancora più esteso e dilatato. La memoria del luogo, un importante bacino produttivo per tutta la zona durante la prima metà del Novecento che creava un indotto lavorativo per oltre 500 persone, è testimoniata solo da una foto che ritrae le lavoratrici in gruppo davanti all’ingresso della filanda.

Serena Fineschi mi racconta che osservando la foto e guardando la ciminiera “presente, piena, imponente e silenziosa come un obelisco” ha immaginato le lavoratrici, “le maestrine che recitano il rosario per scandire il tempo e proteggere se stesse”. Tempo sospeso, è un omaggio a loro e al tempo del lavoro. E’ strano ma mi sembra che dalla ciminiera l’idea di un tempo sospeso si espanda a tutto lo spazio dentro e fuori la Filanda. Penso per esempio al lavoro di Yuki Ichihashi, Un canto per la Filanda, una struttura di palloni argentati, una presenza nel cielo che ha cambiato la fisionomia dell’orizzonte nelle varie ore del giorno e della notte a secondo del vento, della luce e delle prospettive della visione. Ma in maniera totalmente diversa anche i volti che la matita di Daniele Galliano ha fatto emergere dalle pietre della fiancata dell’edificio, hanno reso visibile qualcosa che già c’era, un ricordo lontano, presenze silenziose e oscure, che bisogna lentamente scoprire aspettando che lo sguardo riesca a cogliere da un rumore di fondo il profilo di una testa (“Guarda...lì... tra quelle pietre e quella fessura: sembra il ritratto di Van Gogh!”).

Prendersi tutto il tempo necessario alla Filanda è fondamentale. Lo spazio dilatato richiede un tempo altrettanto vasto. Mi sono accorta in questi tre giorni di aver completamente perso il senso del tempo, di aver dimenticato il cellulare (non ero la sola, nella camerata femminile si sentivano squillare più volte cellulari dimenticati nelle valigie) e di aver semplicemente goduto di conversazioni, dei lavori e di tanti momenti conviviali. Mi sembra che tutti noi fossimo in sintonia con il lavoro di Pantani Surace che hanno appeso al centro della cupola della ghiacciaia (da loro stessi faticosamente ripulita) i loro cellulari legati a un mazzo di fiori bianchi, così ogni volta che qualcuno li chiamava si propagava il profumo dei fiori nell’ambiente (Sweet Sound of my perfume). Forse è grazie al rispecchiarsi della natura nello spazio interno - qualcosa che ben sottolinea l’azione di Fabio Cresci Elisa, Maria e la pulitura dei vetri – se tutto sembra andare insieme nei lavori e nelle situazioni: occhio, mano e mente / sguardo, pensiero e azione. Massimo Nannucci sembra coglierlo nelle locandine create per questa edizione, lui di fronte alla ciminiera della fabbrica in posizione Sirsâsana, in una atmosfera tutta giocata sul rosso caldo del mattone.

La natura si confonde con i lavori ma anche con le presenze stesse degli artisti: Sophie Usunier registra canzoni fischiate, timidamente e non, dai partecipanti e le trasforma in cinguettii di uccelli, così oltrepassando un angolo della casa non si sa più se quei suoni sono naturali o no e per un attimo pare reale che uno strano uccello fischi 'Fly me to the moon' di Frank Sinatra o 'il Caffè della Peppina!'. “Ognuno lavora singolarmente, nessuno tesse le file del discorso – mi racconta Daniele Bacci autore di una “scala cromatica” di grande effetto – eppure la mostra si autogenera con grande equilibrio”.

In generale colpisce la generosità degli artisti in residenza e di alcuni partecipanti delle edizioni precedenti, e degli aiutanti, gli indispensabili Barbara Fontani, Chiara Sacchini, Francesco Pucci, Simona Sanvito, Sofia Scarbolo, che fanno in modo che tutto funzioni senza apparente fatica, in maniera fluida e armoniosa.

I tre giorni di apertura al pubblico sono un grande impegno ma anche una grande festa. Tutti fanno qualcosa e tuttavia niente sembra dovuto per forza, c’è un clima di grande libertà. Mentre un gruppo cucina insieme a Fabrizio Bodini, un vero grande chef che per strane vie è da anni parte fondamentale di Madeinfilandia, nel “salotto per bene” - questa edizione è dedicata a Carmelo Bene – Pietro Gaglianò dà vita a conversazioni su temi serissimi – Liberté, Égalité, Fraternité – con ospiti interni e esterni e con la partecipazione attiva del gruppo di anarchici del circolo fiorentino che Robert Pettena ha invitato come parte della sua complessa istallazione Red e Black Submarine; questa vede anche la presenza di tre dj sotto un piccolo ponte, un luogo suggestivo che rimanda suoni contemporanei durante l’intero week end.

Il clima è sempre di grande leggerezza, nessuno si sente giudicato, e tantomeno superiore ad altri e questo si rivela anche in piccolissimi gesti come per esempio quello di Jacopo Mazzetti che silenziosamente protegge il suo fragile lavoro durante una pausa dedicata al ballo dei bambini. Domenica durante la lunga camminata per seguire la corda bianca di Studio++ (2700 metri in salita che regalano la ricompensa di un panorama spettacolare purtroppo seguiti da altrettanti 2700 metri in ripida discesa!) penso che “l’eccedenza del dono” può diventare nel tempo un’arma potentissima.

Il giorno prima con Daniele Bacci, Michelangelo Consani, Daniele Galliano, Chiara Sacchini e Pietro Gaglianò, si è chiacchierato di come proseguire, cosa cambiare, cosa fare etc., quale poteva essere l’evoluzione possibile, quale i rischi di possibili istituzionalizzazioni (la presentazione del libro generosamente pubblicato da Ori edizioni alla Fiera di Bologna o incontri in Gallerie o altri luoghi deputati dell’arte contemporanea) ebbene con il passare del tempo – o meglio stando in questo tempo sospeso – ho capito che il donare in maniera “libera” e tuttavia organizzata e soprattutto la ripetizione di questo atto artistico nel tempo – l’appuntamento annuale e tutta la formula nel suo insieme - possono essere la grande forza di questo progetto. Perché si genera una comunità di persone diverse ma unite, che cresce come un organismo che si nutre della generosità reciproca e della felicità di condividere momenti e opinioni legate alla pratica artistica, della gioia di parlare di se e del proprio lavoro, se si vuole, quando si vuole, come si vuole.

Certo autofinanziarsi e sfuggire alle piccole e grandi dinamiche inclusive del sistema non è semplice. Tuttavia come mi ha detto Francesco Carone “Quando una cosa funziona vuol dire che così deve essere” quindi tutti sono ottimisti sul suo proseguimento! Andando via ripenso alla performance di Loredana Longo, una grande scritta sul prato Justice will be done, realizzata con stoffa e rami secchi, cosparsa di spirito e incendiata, alla fine rimane solo cenere e polvere. Efficace e chiaro il senso: in nome della giustizia si sono fatte guerre che hanno portato solo distruzione. In questo momento di generale crisi e difficoltà mi sembra un monito più vasto ovvero forse conviene non proclamare nulla, cercare solo di fare piccole azioni quotidiane – come suggeriva Leone Contini nel suo dialogo con Gaglianò – perciò anche Madeinfilandia può e deve essere vista come una piccola/grande azione da portare avanti con perseveranza e ostinazione.

Sono ospiti di madeinfilandia 2012 gli artisti: Daniele Bacci, Francesca Banchelli, Primoz Bizjak, Sauro Cardinali, Francesco Carone, Fabio Cresci, Degal, Martina Della Valle, Rolando Deval, Carlo Fei, Serena Fineschi, Daniele Galliano, Helena Hladilova, Yuki Ichinashi, Jacopo Mazzetti, Alessandro Mencarelli, Concetta Modica, Massimo Nannucci, Robert Pettena, Pantani-Surace, Fabrizio Prevedello, Anja Puntari, Namsel Siedlecki, Sophie Usunier, Studio ++, Regan Wheat


Maggiori informazioni sull'evento autunnale di Madeinfilandia


Marcella Anglani è storica dell'arte, insegna ultime tendenze dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, scrive su riviste specializzate