Attraversare le contingenze allargando le prospettive

13/11/2013
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Un passo avanti...


Elisa Del Prete intervista Kyla Davis, prossima artista in residenza a Nosadella.due, che propone un ciclo di laboratori su temi socio-ambientali finalizzati alla realizzazione di uno spettacolo finale: “un passo avanti...” è un progetto aperto ad artisti, attivisti, operatori, studenti, teatranti e non. È possibile iscriversi, gratuitamente fino a esaurimento posti, entro il 29 novembre.



Kyla Davis, performance, Johannesburg









Kyla Davis, PlanetB. Credits Jonathan Jones









Kyla Davis




Nosadella.due ha scelto Kyla Davis per il programma di residenza AIR promosso dall'Africa Center di Cape Town per la sua modalità di relazionarsi al lavoro artistico. Da un lato è stato interessante confrontarsi con un'artista che si imbarazza a sentirsi chiamare “artista” e che fa della sua esperienza teatrale prima di tutto un modo di vivere.
Dall'altro ci ha convinto il modo in cui la pratica laboratoriale - di cui Kyla si serve principalmente per produrre spettacoli, performance e interventi nello spazio pubblico - sia adottata come processo di apprendimento, possibilità di nutrimento, occasione di reale scambio e collaborazione tra lei e le altre persone che coinvolge... ci ha incuriosito il fatto che ci abbia confidato di voler essere “guidata” nel corso della narrazione che prenderà vita in residenza.

Siamo partiti dalla sua ricerca su tematiche legate alla green economy, al vivere sostenibile e alle pratiche di adattamento che l'uomo sta attivando in ogni parte del mondo in risposta alle trasformazioni che la Terra sta subendo a seguito del cambiamento climatico e dello sviluppo tecnologico e industriale.
Quindi abbiamo costruito, grazie alla collaborazione della Provincia di Bologna, un percorso di laboratori da cui far emergere la varietà e singolarità di risposte, di persone e organizzazioni che compongono un territorio frammentato e diversificato come quello della provincia bolognese.

Gli esiti e i materiali prodotti durante i laboratori diventeranno lo strumento attraverso cui reclutare i soggetti con cui e su cui scrivere uno spettacolo finale, che verrà realizzato dall'artista assieme ai partecipanti che vorranno farne parte, siano essi bolognesi e non.

Ponendole alcune domande mi interessa far emergere il suo pensiero e il suo percorso in vista di quella che immagino come un'esperienza rara, ovvero il poter lavorare con Kyla a partire dal vivere, dal camminare nel contesto abitativo e urbano, dalla sua pratica artistica, costruita tra Londra e Johannesburg... laddove ha creato un nuovo progetto di hub pronto a promuovere e restituire forme sperimentali e ibride di teatro di strada, performance, arte pubblica...



Come hai deciso di fare teatro e cosa trovi sia interessante oggi di questa pratica artistica?

Mi piace pensare che sia stato il teatro a scegliere me, invece che il contrario. Faccio teatro, in una forma o nell’altra, da quando avevo 8 anni, e persino allora non ebbi nessun’altra ragione per cominciare se non che mi sentivo obbligata ad essere un’attrice, come se io fossi fatta per quella cosa e basta. Adoravo muovermi e cantare e ballare e “fare finta di” e, ovviamente, ad un certo punto della mia adolescenza la recitazione divenne un modo per essere vista e ammirata, essere famosa.
Avevo un forte desiderio di diventare una narratrice più versatile e abile, con una voce originale, una che ha QUALCOSA da dire. Con quest’idea in mente mi sono iscritta alla School of Physical Theatre a Londra, nel periodo in cui vivevo in Gran Bretagna. In quella scuola e grazie a quel tipo di allenamento fisico, quotidiano e professionale, mi resi conto di non essere effettivamente un’attrice, come avevo pensato fino a quel momento, ma piuttosto una “performing artist”. Mi sono accorta di non essere davvero interessata a mettere in scena commedie di puro intrattenimento, ma piuttosto rappresentazioni che potevano e dovevano essere anche un potente strumento di cambiamento sociale ed ecologico: due ambiti della mia vita per cui ho sempre avuto una grande passione.
Ora, dopo un viaggio lungo una vita, esplorando la mia forma d’arte e lottando per molti anni con me stessa nel tentativo di scegliermi una definizione, penso di essermi risolta in una “teatrante”. Se qualcuno mi chiedesse, “che tipo di teatro fai?”, risponderei “il tipo che ti smuove qualcosa”.

A un certo punto hai deciso che Londra non era più il posto giusto dove portare avanti questa tua ricerca e che era importante tornare a casa, in Sud Africa, a Johannesburg, e qui sei ripartita praticamente da capo. Hai creato una tua compagnia che ora è un'importante piattaforma, anzi, per usare un termine attuale, un “incubatore” per la produzione teatrale a artistica locale, Well Worn...

Sì, nel 2007, sono ritornata a casa a Johannesburg per avviare “Well Worn Theatre Company”, un’organizzazione artistica che crea lavori innovativi su temi quali l’attivismo ecologico, l’impegno sociale, la giustizia e la consapevolezza. Insieme, facciamo teatro e promuoviamo laboratori che esaminano, pungolano, discutono e interpretano rigorosamente i temi attuali e urgenti di giustizia ecologica e sociale.
Well Worn crede fermamente nel potere del buon teatro di creare lo spazio e le condizioni per un dialogo aperto e per un dibattito, fornendo informazioni e ispirazioni che possono indurre una trasformazione personale, sociale, politica e ambientale. Well Worn si impegna a fondo per dare vita a un teatro e a delle performance di eccellenza e per proporre contenuti all’avanguardia come mezzi per costruire un legame vero e significativo tra pubblico, argomento e rappresentazione.

In quanti lavorate a Well Worn? Siete sempre gli stessi o lavorate con figure esterne?

Dal momento che Well Worn è una compagnia piccola, senza finanziamenti fissi e non-profit, non siamo in grado di lavorare insieme in modo regolare e stabile, benché questo rimanga il nostro sogno. Abbiamo una rete di artisti “affiliati” che condividono l’interesse per nuove forme di teatro contemporaneo e con loro lavoriamo progetto dopo progetto. Dall’inizio di quest’anno sono ospite presso il Teatro della National School of the Arts in Braamfontein, nella città di Jo’burg.
Il poter utilizzare uno spazio ha trasformato il modo di lavorare della compagnia Well Worn. Ora che abbiamo uno spazio e un teatro che possiamo chiamare casa, lavoriamo molto di più l’uno con l’altro e possiamo invitare anche artisti ospiti. Abbiamo formato anche un programma di laboratori teatrali e lezioni rivolto sia ad attori emergenti che a professionisti. Questa nuova casa insomma ci ha portato una nuova reputazione e la possibilità di sviluppare lavori anche sperimentali. Creare un ensemble stabile di attori attivi sul lungo periodo permette di lavorare in profondità.
Per quanto riguarda la creazione esiste una fase di raccolta, improvvisazione ed eliminazione cui segue un processo che lasciamo sia spontaneo lavoro sulle “cose fra di noi”. In altre parole, si tratta di lavorare con le persone, i caratteri e lo spazio che ho di fronte piuttosto che partire da un’idea preconcetta. Penso che qualsiasi gruppo, sia esso composto da artisti o meno, sia capace di arrivare a qualcosa che parte dal nulla, semplicemente aprendosi alle relazioni, alla recitazione e alle risorse che lo circondano.

Chi sono o sono stati i tuoi punti di riferimento per sviluppare questo tipo di teatro?

Compagnie, persone e organizzazioni che continuano a ispirarmi sono Kilter Theatre (UK); Gardzienice (Poland); Told by an Idiot (UK); Complicite (UK); Fresco Theatre (SA); Andrew Buckland (SA); Derevo (Germany/Russia); The Yes Men (USA); Augusto Boal and the Theatre of the Oppressed Dr Dylan McGarry (SA); The Rights for nature Movement.

Cosa ti aspetti dall'esperienza di residenza a Bologna?

Mi aspetto di essere completamente immersa nella vita e nella cultura di una città italiana. Ho la sensazione che Bologna sia diversa da Johannesburg sotto così tanti punti di vista che non vedo l’ora di sperimentare questa differenza e lasciarmi trasformare da essa. Voglio incontrare nuove persone, fare nuove amicizie, vedere nuovi luoghi e lasciarmi ispirare da quella che, a quanto mi dicono, è una vibrante, creativa e frenetica città italiana. Mi aspetto anche di fare nuove scoperte su me stessa in quanto artista e di vedere me stessa riflessa in nuovi occhi.

Che tipo di ricerca svilupperai durante i workshop e cosa devono aspettarsi invece i partecipanti?

I workshop saranno una combinazioni di gioco, esercizio teatrale e movimento, che è da dove comincio sempre. Mi interessa esplorare le dinamiche relazionali in un particolare gruppo di estranei che potrebbero conoscersi o meno ma che certamente non conoscono me.
Mi piace scoprire nuovi rapporti in un insieme di persone e poi vedere come mettere insieme questi legami e creare immagini e scene. Sono anche curiosa di esplorare il tema del laboratorio, cioè: uomo vs natura, con persone nuove e punti di vista diversi.
Che cosa sta succedendo ora e che cosa bisogna conoscere a Bologna e in Italia in riferimento ai movimenti eco-sociali? In quali modi le persone partecipano e contribuiscono? Che cosa stanno facendo e perché? Sta funzionando? Ci sono molte domande di cui mi interessa conoscere la risposta...

In che modo i laboratori saranno punto di partenza per lo spettacolo finale?

Non sono una persona che pianifica. Organizzare sì, ma cerco di prendere ciò che c’è di fronte a me, intorno a me per lavorare con il materiale e le risorse che ho a portata di mano, che mi riguardano. Aspetterò di vedere che cosa i laboratori offrono e poi userò quello come punto di partenza per iniziare a pensare allo spettacolo finale. In questo momento, non ho idea di come sarà, e mi piace così…


Dal 14 novembre al 15 dicembre 2013 si svolgera' il laboratorio di Kyla Davis itinerante in 6 Comuni nel territorio della provincia di Bologna. Il laboratorio e' aperto a giovani artisti, performer, attivisti e a tutti coloro che sono interessati ad approfondire tematiche legate a vivere sostenibile, verde urbano e giustizia socio-ambientale. A conclusione di tutti i laboratori l'artista produrra', assieme ai partecipanti uno spettacolo finale che verra' presentato in occasione di ArteFiera 2014.


Maggiori informazioni


Elisa Del Prete (Bologna, 1978) si laurea in Storia dell'Arte con una tesi sull'influenza di Aby Warburg in Italia, (in parte pubblicata in Aby Warburg e la cultura italiana, Mondadori Università, 2009). Dal 2004 lavora come curatrice concentrando la sua ricerca sul ruolo del linguaggio, visivo e corporale nelle dinamiche relazionali e cognitive attuali. Nel 2007 fonda Nosadella.due, programma di residenza indipendente per artisti e curatori internazionali focalizzato sulla produzione di progetti artistici che indagano la sfera pubblica, di cui ha curato nel 2012 il Journal 2007-2011, libro in cui è raccolta l'esperienza dei primi cinque anni di attività.