Attraversare le contingenze allargando le prospettive

18/04/2014
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I Bonalumi

L'amicizia con Fontana, Manzoni e Castellani nei tempi duri di Milano, l'importanza degli scritti teorici, della geometria e del colore (uno solo). Fabrizio Bonalumi ci racconta di suo padre Agostino, in occasione della mostra al Marca di Catanzaro



Bianco, 1969. Tela estroflessa e tempera vinilica, 137x180cm




In primo piano Rosso e nero, 1968, cirè estroflesso, 240x240


Scultura in vetroresina


Bianco e nero, 1968. Cirè estroflesso, 120x100cm




Giallo, 1996. Tela estroflessa e acrilico, 200x200cm




Rosso, 1966. Tela estroflessa e tempera vinilica, 128x120cm




Azzurro, 1989. Tela estroflessa e acrilico, 114x146cm




Nero, 1987. Tela estroflessa, matite e vinavil colrato, 62x130cm




Agostino Bonalumi, veduta della mostra, 2014. Museo delle Arti di Catanzaro - MARCA, Catanzaro




Agostino Bonalumi e la moglie




Intervista a cura di Giovanni Viceconte


Il MARCA di Catanzaro è il primo spazio pubblico italiano a rendere omaggio, con una mostra personale, ad Agostino Bonalumi, dopo la sua scomparsa avvenuta il 18 settembre 2013. Come nasce e cosa caratterizza questa mostra?

L'idea nasce da una proposta di Alberto Fiz, Direttore Artistico del Marca, che già aveva scritto del lavoro di mio padre e che ben ne conosceva l'opera.
Io ho fatto visita al museo e dopo aver constatato l'alto livello sia dei suoi spazi espositivi che dei suoi programmi passati e futuri, ho accettato molto volentieri.
L'idea della mostra è di illustrare il percorso artistico di Bonalumi attraverso un numero di opere non esagerato ma di grande importanza, dimensione e qualità.
Dal 1957 al 2013 chiariamo, a mio parere molto significativamente, si evidenzia l'unitarietà di un percorso di ricerca rigoroso pur nella sua continua evoluzione.

Tra i diversi lavori esposti alcuni provengono da importanti istituzioni pubbliche e private, ma ad essi si aggiungono i contributi di molti collezionisti. Qual è stato il rapporto di suo padre con il mercato, i collezionisti e i galleristi?

Mio padre apparteneva ad una generazione di artisti per i quali il mercato era un fatto puramente accessorio.
Con questo non voglio dire, ipocritamente, che non faccia piacere constatare che le proprie opere vengano vendute a prezzi via via crescenti.
Intendo però rimarcare che il fare arte di questa generazione, di mio padre di sicuro, non muoveva da ipotetici approdi di mercato ma da una intima necessità.
Era un'arte "militante".
Quanto al suo rapporto con collezionisti e galleristi posso dire che ha sviluppato grandi amicizie, semplici conoscenze e a volte dissapori, un po' come capita a tutti noi con le persone che la vita ci offre di incontrare.
Di per sé lo status di gallerista o collezionista non significava gran che per lui sotto l'aspetto dei rapporti umani.
Per ovvi motivi preferisco non fare nomi.

Tra le tante testimonianze emblematiche in rassegna, viene proposta Rosso e nero,“un oggetto scultoreo-architettonico” del 1968, proveniente dalla collezione Vaf-Stiftung. In quest’opera che importanza ha dato Bonalumi alla fase geometrica-progettuale, al colore, all’ombra e alla luce?

La sua domanda è molto interessante ma impossibile da evadere nello spazio di un'intervista, per quanto ampia.
Le questioni che lei solleva potrebbero essere l'indice di un saggio, di un libro sull'opera di Bonalumi. Per esempio:

- Rapporto opera-spazio
- Oggetto artistico come incontro fra pittura, scultura e architettura (come già Gillo Dorfles ebbe a dire)
- Geometria e geometrismo
- Forma come emersione dal colore
- Luce, intervento della luce, ridefinizione dell'opera attraverso la luce come elemento costitutivo della stessa

Ecco, l'indice l'abbiamo fatto, magari per il suo sviluppo ci diamo un'altro appuntamento.
Ad ogni buon conto, per chi fosse veramente interessato a questi aspetti, credo che sia molto utile leggere l'ampia selezione di scritti teorici di mio padre contenuta nell'ottima monografia edita per questa mostra del Marca.
In pochi, ovviamente, conoscono la sua produzione letteraria di teoria dell'arte.
Per il suo "fare arte" la consapevolezza di sé era una questione centrale.
Dotarsi, e magari dotare la critica, degli strumenti intellettuali necessari per un lavoro di analisi ed autoanalisi è stata un'esigenza sentita fin da subito.
Questo è valso anche per Castellani e Manzoni, e per altri.
Consiglio di leggere questi scritti. Sono di grande complessità e profondità ed al lettore attento possono regalare delle stupende perle.

Nelle opere di Bonalumi, emerge la sua relazione con la ricerca di Lucio Fontana, che nel ripetere il gesto del taglio negava la tela come superficie di rappresentazione. Può raccontarmi un episodio che ha legato suo padre al maestro dello spazialismo al di là del punto di vista artistico?

Gli aneddoti sul rapporto di amicizia con Fontana sono tanti.
A me piace raccontare la vicenda del mancato "cambio" di opere fra lui e papà.
Racconto questo anche perché dice molto della disponibilità di Fontana nell'aiutare i giovani artisti che stimava.
In sostanza successe che in due circostanze diverse Lucio si recasse in studio da mio padre a scegliere il suo "Bonalumi" per il cambio che avevano deciso di fare (ovviamente, da gran signore, era Fontana a proporre il cambio).
Nella prima occasione i miei si erano appena sposati, dunque lui, comprendendo le difficoltà economiche della giovane coppia gli disse (in dialetto milanese che io ora traduco): "...guarda che se hai bisogno di soldi possiamo fare che questo quadro te lo pago ed il cambio lo facciamo l'anno prossimo".
E mio padre "...ti ringrazio Lucio, in effetti adesso mi farebbero più comodo i soldi".
"D'accordo".
Nella seconda occasione si ripropose sostanzialmente la stessa situazione.
Questa volta, però, la causa cagionante era la mia vicina nascita.
Posso quindi sostenere di essere stato responsabile del mancato arrivo in casa di un Fontana prima ancora di essere nato.
Nei primissimi anni di vita ho anche rotto un uovo con impronta di Manzoni... Penso di aver fatto abbastanza danni.
Ma per concludere, e tornare a Fontana, era un grande artista ed una stupenda persona.
Con papà abbiamo chiaccherato tanto e spesso di lui.

Fondamentale è stato anche l’incontro con Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Cosa accomuna e cosa differenzia Bonalumi da questi due artisti?

Intanto mi piace dire che il sodalizio Bonalumi – Castellani – Manzoni è inannazitutto una vicenda umana.
Tre giovani che si incontrano, vogliono cambiare l'arte, vogliono cambiare il mondo attraverso l'arte; in una Milano che in quegli anni è un coacervo di stimoli e fermenti culturali come mai più da allora. Fra loro c'è stata amicizia vera, solidarietà e anche frizioni intelletuali, discussioni.
Ma il fuoco che li animava bruciava di sincerità.
Con Enrico Castellani questa amicizia è durata fino alla fine.
Di Manzoni conosciamo tutti la troppo precoce scomparsa.
Cosa li accomunava?
Innanzitutto una critica feroce delle tendenze artistiche allora dominanti: informale e nuova figurazione.
Come orizzonte teorico li accumunava l'idea forte del superamento dell'opera d'arte come luogo di rappresentazione.
Dal punto di vista degli esiti formali e visivi l'aspetto più evidentemente comune ai tre mi pare essere la "monocromia".
Con Castellani poi c'è una grande vicinanza nel linguaggio espressivo, quello dell'estroflessione, che è sostanzialmente lo stesso.
Semplificando molto potrei dire che Enrico sviluppa una ricerca "interna" al processo espressivo, scandagliando le infinite possibilità che lo stesso gli offre. E mi pare molto interessato all'idea di ritmo e quindi di tempo.
Papà sviluppa invece una ricerca più "esterna" a quel processo. Da qui l'esigenza di cambiare tecniche nel corso degli anni, pur nel permanere del linguaggio formale.
Suo interesse erano più la forma e la luce.
Ma anche in questo caso ci vorrebbe molto più tempo per risponderle adeguatamente, per cui, ripeto, mi scuso per un'eccesiva semplificazione.
Per quanto riguarda Manzoni sarebbe stato interessante poter vedere quali sarebbero stati gli sviluppi della sua ricerca. Mi sembra di poter dire che rispetto agli altri due l'aspetto "concettuale" in lui era molto più evidente.

Sul pannello descrittivo della mostra è visibile una foto che raffigura Bonalumi e la moglie. Qual è stato il ruolo di Giuliana nella creazione delle sue opere?

Nessuno. Nel senso che il fatto che mia madre cucisse le tele che papà preparava era un aspetto del tutto contingente.
Certo per lui era comodo avere in casa una persona in grado di soddisfare questo passaggio tecnico. E sicuramente questi momenti creavano fra i due un certo pathos emotivo.
Ma questo non ha nulla a che vedere con la creazione delle opere.
Se lei non ne fosse stata capace, papà avrebbe trovato qualcun'altro in grado di cucirgliele, o avrebbe imparato lui a farlo da solo.
Un po' come per il falegname che gli preparava i telai.
Piuttosto la vera importanza di mia madre per quella che è stata la carriera di papà sta nel totale sostegno morale e materiale che gli ha saputo dare nel momento iniziale, quando lui, decidendo di dedicarsi solo all'arte, senza nessuna fonte sicura di reddito, si attirò l'avversione e l'accusa di irresponsabilità sia da parte della sua famiglia e che da quella di mia madre. Gli dicevano che era un pazzo con una moglie ed un figlio appena nato a pensare a "quella roba lì".
Per fortuna ha avuto il coraggio di essere pazzo.
Lei è stata fondamentale nel permettergli di crederci.

Nella sala centrale del MARCA domina un’enorme scultura di colore rosso a forma di cuore disteso, un’opera che esprime tutta la passione creativa di un grande maestro, ma nasconde anche una sofferenza lunga e silenziosa. Quanto ha inciso la sua malattia nella fase di creazione?

Direi che relazione c'è stata in senso inverso.
Non è stata la malattia ad incidere sulla creazione delle opere, sono state le opere a fargli superare i momenti peggiori ed in fin dei conti a tenerlo attaccato alla vita più a lungo di quanto le cartelle cliniche avessero fatto sperare.
Questo lo posso affermare con certezza.
Lo studio è stato fino alla fine il posto in cui stava meglio.
Certo le forze non erano più quelle dei trent'anni ma coi suoi ritmi lavorava tutti i giorni.
No, la malattia non ha impedito alcunché o influito in nessun modo.

L’ultima mostra personale?

Quella dell'ottobre 2013, All the Shapes of Space 1958-1976, tenutasi a Londra presso la Galleria Robilant+Voena, curata da Francesca Pola.

Progetti futuri?

Stiamo lavorando al Catalogo generale che coprirà l'attività di Bonalumi interamente, cioè fino al 2013.
Dovrebbe uscire entro la prima metà del 2015 per la cura dell'Archivio Bonalumi e di Marco Meneguzzo, edito da Skira.
Ad ottobre realizzeremo una grande mostra solo di sculture alla Galleria Mazzoleni di Torino.
Contestualmente presenteremo un'importante monografia dal titolo "Bonalumi Sculture" che farà il punto definitivo su questo aspetto del lavoro di papà.
Stiamo pensando all'istituzione di una borsa di studio per laureandi con una tesi sulla figura di Bonalumi.
Infine stiamo gettando le basi per un paio di rassegne importanti in spazi pubblici.
Di questo però diremo meglio a tempo debito.


Maggiori informazioni sulla mostra di Agostino Bonalumi al MARCA di Catanzaro, fino al 31/5/2014


Giovanni Viceconte (Cosenza, 1974), è giornalista e curatore. Si è laureato all'Accademia di Belle Arti, nel 2004 ha conseguito il Master in Organizzazione Eventi Culturali e nel 2005 il Master in Organizzazione e Comunicazione delle Arti Visive presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. Ha collaborato con diverse testate nazionali di settore e curato progetti espositivi presso spazi pubblici e privati seguendo il lavoro di artisti delle ultime generazioni legati al linguaggio video e performativo. Attualmente si occupa del progetto 2Video su UnDo.Net e dell'archivio ArtHub.it