Fabbri.Ca Contemporary Art
Milano
via Stoppani, 15/C
348 7474286 FAX 02 91477463
WEB
Getulio Alviani e Emanuela Fiorelli
dal 12/4/2010 al 21/5/2010
Mar-Dom 10.30-13 e 16-19, sabato su appuntamento

Segnalato da

Fabbri Contemporary Art




 
calendario eventi  :: 




12/4/2010

Getulio Alviani e Emanuela Fiorelli

Fabbri.Ca Contemporary Art, Milano

Inaugura la serie di mostre Dittico, che si propone di mettere a confronto l'opera di un autore storico con quella di un artista di una generazione piu' recente, per individuare alcune linee di continuita', operative e ideative, tra poetiche ed opere nate ormai 40-50 anni fa, ed altre elaborate in questi ultimi 10-15 anni.


comunicato stampa

Con una mostra dedicata all’accostamento tra l’opera di Getulio Alviani e quella di Emanuela Fiorelli inaugura, presso la galleria FABBRI Contemporary Art di Milano, la serie DITTICO, ideata da Silvia Pegoraro. Ciò che la serie di mostre si propone è mettere a confronto , in ogni “Dittico”, l’opera di un maestro storico con quella di un artista di una generazione più recente, per individuare alcune linee di continuità, operative e ideative, tra poetiche ed opere nate ormai 40-50 anni fa, ed altre elaborate in questi ultimi 10-15 anni. In questo senso, particolarmente significativo è il binomio Getulio Alviani (Udine, 1939) / Emanuela Fiorelli (Roma, 1970), che mette in luce una comune matrice del lavoro di questi due artisti nello Spazialismo di Fontana; nello stesso tempo, il lavoro di Emanuela Fiorelli è impensabile senza le proprie radici saldamente agganciate nelle innovazioni scientifico-sperimentali realizzate già negli anni ‘60 dall’Arte Programmata, di cui Getulio Alviani è uno dei principali esponenti a livello internazionale.

Negli anni ’60 l'Arte Programmata approfondisce e sviluppa quell' attitudine nuova dell'arte nei confronti del mondo della scienza e della tecnologia già intuita in Italia da Lucio Fontana e dallo Spazialismo, un’ attitudine che potremmo definire "mediale": strumenti ed innovazioni tecnico-scientifici vengono utilizzati quali mezzi progettuali-esecutivi dell'opera, venendo a coincidere con le sue stesse condizioni necessarie di esistenza. Altra condizione indispensabile risulta la presenza fisica ed attiva dello spettatore: l'opera d’arte cinetica e programmata si presenta insomma come una versione di quell’ "opera aperta" teorizzata proprio in quegli anni da Umberto Eco. Protagonista della stagione internazionale dell’arte programmata, cinetica, optical nel corso degli anni Sessanta e Settanta, Alviani è impegnato a tutto campo, spaziando dalle arti visive all’architettura, al design e alla moda.

La sua formazione artistica è vicina a maestri come Josef Albers, Konrad Wachsmann e Max Bill che, nel clima del Bauhaus, iniziano a dare all'arte un ruolo scientifico basato sull'allargamento del campo del percettibile e sulla verificabilità delle soluzioni date ai problemi. L'opera di Alviani muove dunque dalla cultura del Bauhaus, con una nuova sensibilità tecnologica: unitario è il suo metodo di indagine delle strutture della percezione, delle forme esatte e dei loro movimenti, di materiali (come acciaio e alluminio) nel rapporto con la luce. Alviani formula radicalmente il discorso sullo spazio grazie a un innovativo studio della luce, in rapporto ai materiali e alle loro configurazioni, nonché allo sguardo dello spettatore. Risalgono appunto all’inizio degli anni Sessanta le sue prime opere in alluminio, tra cui le “Superfici a testura vibratile” – di cui la mostra presenta un importante esempio, elaborato tra il ’62 e il ’64 - che sollevano la questione dell’interazione con lo sguardo di chi osserva (tema di una grande mostra al MoMa di New York a cui Alviani partecipò, The Responsive Eye, 1965). L’alluminio, in particolare, lavorato seguendo precise regole meccanico-matematiche, si fa veicolo di una nuova spazialità, basata sugli effetti della luce, dal suo risplendere e ritrarsi, dal suo manifestarsi e dal suo negarsi, secondo i vari angoli d’incidenza dello sguardo sulle superfici di questi lavori. Lavori che naturalmente chiamano in causa, insieme a quella dello spazio, anche la questione fondamentale del movimento, legata al mutare della luce in relazione al mutare del punto di vista dello spettatore.

L’estetica che orienta il lavoro di Emuanuela Fiorelli si muove lungo direttive in gran parte affini a quelle individuate dal lavoro di Getulio Alviani: da un lato l'accrescimento nell'uomo di una generale
consapevolezza percettiva, dall'altro l'approfondimento scientifico-progettuale di tutto ciò che concerne l'esperienza degli eventi visivi, espresso attraverso un vocabolario rigorosamente aniconico.
Anche il lavoro di Emanuela Fiorelli , come quello di Getulio Alviani, va ben oltre la pittura o la scultura; anche qui è fondamentale il momento progettuale, la programmazione di un impatto sia percettivo che razionale sullo spettatore. In Getulio Alviani, però, esso può diventare esclusivo: i suoi lavori costituiscono una sintesi visuale e plastica così assolutamente logica che - come dice lo stesso autore - “potrebbero essere dettati al telefono”, in quanto l’opera è il risultato di un calcolo esatto, che può realizzarsi anche grazie alla capacità di un tecnico specializzato.

Per Emanuela Fiorelli, la manualità è invece una componente fondamentale nella concezione dell’opera, e va a interagire con un originale, intrigante e problematico rapporto con le matematiche. Telai in legno, tarlatane e fili sono i materiali utilizzati nei suoi lavori: materiali che ci rimandano a un settore operativo considerato per secoli e secoli di pertinenza femminile, e legato agli ambienti domestici: quello della tessitura. Una delle sfide vinte da Emanuela Fiorelli è proprio quella di aver riscattato questa dimensione operativa dalla sua condizione di “minorità”, trasformandola in una ricerca di estremo rigore teoretico e grande raffinatezza oggettuale. Fra le più pure plasticiennes della nostra epoca, Emanuela Fiorelli rappresenta la forza del disegno assoluto: un rigore matematico, estetico e architettonico vincolato al concetto di una spazialità avvolgente, strutturata dalle trasparenze delle tarlatane, dalla perfezione dei telai, dal dinamismo musicale dei fili.
Costantemente affascinata dalla dialettica tra “caos” e “cosmo”, tra “materia” e “luce”, Emanuela Fiorelli ha ideato per questa mostra la serie Genesi, ispirata al primo libro della Bibbia, e in particolare ai versetti dove è descritta la separazione delle tenebre dalla luce: ancora una volta, nel suo lavoro, il rigore estetico-matematico si lega al concetto di una spazialità armoniosa ma inquieta, dove linee, superfici, volumi e profili formano un insieme strutturato ma fluido, instabile, mutevole.

Getulio Alviani (Udine, 1939). La sua formazione artistica è stata vicina a maestri e amici come Josef Albers e Max Bill che nel ‘900, nel clima del Bauhaus, hanno iniziato a dare all'arte un ruolo scientifico, basato sull'allargamento del campo del percettibile. L'opera di Alviani muove proprio dalla cultura del Bauhaus, rivista alla luce di una nuova sensibilità tecnologica: unitario è il suo metodo di indagine sulle strutture della percezione, le forme astratte, i materiali come acciaio e alluminio, nel loro rapporto con la luce. Protagonista della stagione italiana dell’arte programmata, cinetica, optical , nel corso degli anni ’60-‘70, Alviani è impegnato a tutto campo, spaziando dalle arti visive all’architettura, al design, alla moda. La sua opera, sostenuta da una forte elaborazione teorica, ha avuto risonanza internazionale anche per la collaborazione con molti musei nel mondo, attenti a questa ricerca.

Emanuela Fiorelli (Roma, 1970). Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1993. Del 1996 è la sua prima mostra personale, dove compare già la spinta ad ampliare la dimensione della profondità. Ma il passaggio decisivo avviene sdoppiando la superficie di lavoro in due teli, in modo da creare spazio vero, la cui struttura è resa visibile da un’intricata trama di fili, ma soprattutto dalla trasparenza della tarlatana. La conoscenza delle opere di grandi architetti come Libeskind, Zaha Hadid, Frank O. Gehry, Peter Eisenman, e di artisti visivi come Rachel Whiteread, Gordon Matta-Clark e, prima ancora, dell’opera di Bonalumi e Castellani, e, appunto, Getulio Alviani, le fa intraprendere percorsi che toccano simultaneamente e liberamente la pittura, la scultura, l’installazione e l’architettura. Nel 2004 ha vinto il “Premio Accademia di San Luca per la Pittura”.

Immagine: Genesi, E.Fiorelli

Inaugurazione: martedì 13 aprile 2010, ore 18.30

Fabbri Contemporary Art
Via Stoppani 15/C, Milano
tutti i giorni 10.30-13 e 16-19 ; lunedì chiuso e sabato su appuntamento
Ingresso libero

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