GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Bergamo
via San Tomaso, 53
035 399528 FAX 035 236962
WEB
Tre Mostre
dal 7/6/2010 al 24/7/2010
Mart 15-19, Merc-Dom 11-22.30

Segnalato da

Manuela Blasi




 
calendario eventi  :: 




7/6/2010

Tre Mostre

GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo

La mostra di Jiri Kolar comprende 99 collage, tecnica da lui sviluppata a partire dagli anni '30 del Novecento, e vuole essere un omaggio alla sua attivita' attraverso un excursus dei lavori piu' significativi realizzati tra gli anni '50 e la fine degli anni '70. 'Corrado Levi - 18 modi di progettare ad Arte' e' un'indagine sul pensiero dell'artista, attraverso una raccolta di opere suddivise per cronologia. Il 'Premio Lorenzo Bonaldi Per L'arte - Enterprize' volto a sostenere la ricerca di giovani curatore under 30 presenta il progetto di Yoann Gourmel ed Elodie Royer che si interrogano attraverso le opere di 10 artisti contemporanei sugli aspetti della visione e sulle modalita' con cui osserviamo le cose al giorno d'oggi.


comunicato stampa

Jirí Kolár - 99 Collage
a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Helena Kontova

Dal 9 giugno al 25 luglio 2010 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta una personale dedicata al poeta e artista ceco Jirí Kolár. Il progetto espositivo - a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Helena Kontova - è costruito a partire dal libro Jirí Kolár, ideato da Helena Kontova ed edito da Giancarlo Politi. Il libro, una sorta di ‘abbecedario’ scritto da Kolár stesso, ha anche ispirato l’allestimento sviluppato nelle quattro sale al primo piano del Museo.

La mostra comprende 99 collage - una delle tecniche predilette dall’artista, da lui sviluppata a partire dagli anni Trenta del Novecento, e vuole essere un omaggio alla sua attività attraverso un excursus dei collage più significativi realizzati tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta.

Kolár affermava: “La vita pone su di noi sempre nuovi strati di una carta invisibile. Uno strato ci fa dimenticare l’altro. E quando riusciamo a staccare o addirittura a strappar via qualche strato, siamo sorpresi di quante cose stanno dentro di noi. Quante cose che il tempo non ha eliminato ci portiamo dentro! È qualche cosa in grado di risvegliarsi, di resuscitare”. (Jirí Kolár, Giancarlo Politi Editore, 1986.)

La carta stampata rappresenta la vera essenza dell’arte di Kolár, nei cui lavori traspare la rottura delle forme grammaticali e l’uso di una lingua libera che utilizza i vuoti e i silenzi. Le opere di Kolár sono realizzate con materiali eterogenei e tecniche diverse: testi stampati o scritti in lingua straniera o in caratteri incomprensibili; segni geometrici (stelle, spirali, onde concentriche); vecchie incisioni; riproduzioni di quadri celebri. In alcuni casi esse si ispirano alle semplici forme utilizzate da Kazimir Malevic (come il quadrato nero), a Paul Klee o alle tele tagliate di Lucio Fontana.

L’artista ha trattato la tecnica del collage come una scienza, elencando nel suo Dizionario dei Metodi una sorta di ‘abbecedario’ di tutte le tecniche da lui inventate e utilizzate: termini originali e in alcuni casi eccentrici, come anticollage, collages di fori, collage tattili e narrativi, poesie perforate (a colori, con nodi e lame di rasoio), rollage, sgualciage, ventilage. O ancora i celebri chiasmage, frammenti di immagini o testi – in caratteri latini, ebraici, gotici, arabi, ideogrammi cinesi - che Kolár trae da molteplici fonti (pagine del dizionario Larousse, della Bibbia, del Corano; atlanti stellari, carte musicali, tabelle di orari ferroviari …) e i pazzogrammi, assemblati con i tracciati degli elettroencefalogrammi.

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Corrado Levi - 18 modi di progettare ad Arte
a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Beppe Finessi

Dal 9 giugno al 25 luglio 2010 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ospita la mostra 18 modi di progettare ad Arte, dedicata a Corrado Levi, figura poliedrica e multidisciplinare dell’arte e della cultura italiana.

Artista, architetto, scrittore e critico, Corrado Levi ha sfidato e continua a sfidare le regole restrittive delle singole discipline, aprendo di volta in volta nuove possibilità espressive nella cultura contemporanea.

Come egli stesso si definisce: “Sono un italiano di plurima formazione: allievo, come architetto, di Franco Albini e Carlo Mollino, come scrittore di Karl Kraus e di Erik Satie, come artista di molte generazioni di artisti, dall’Arte Povera di cui imparo il linguaggio, alla Transavanguardia a cui rubo la libertà, ai graffiti di cui invidio la strada, e molti altri”.

Come Alberto Savinio, come Fortunato Depero, come Bruno Munari, maestri troppo liberi per essere inquadrati in ristretti ambiti professionali, in orti disciplinari e consuetudini storiografiche, Corrado Levi viene indagato attraverso questa mostra, la prima a lui dedicata da un’istituzione museale, in cui le opere da lui realizzate in questi ultimi cinquant’anni, tra architettura e arte, sono “tagliate” e “scomposte” per parti, e poi aggregate in categorie nuove, riconducibili a modalità ricorrenti del suo agire.

La mostra, curata da Giacinto Di Pietrantonio e Beppe Finessi, non è una semplice raccolta di opere suddivise per cronologia, ma vuole essere un’indagine sul pensiero dell’artista, condotta attraverso 18 differenti modi “di progettare ad arte”, appunto.
Opere che mostrano possibilità nuove con cui impostare l’arte e la progettazione in senso lato, lasciandosi influenzare da altre suggestioni; progetti densi di attenzioni funzionali e accortezze costruttive; progetti fatti “ad arte” e “arte progettata”; lavori che guardano con attenzione al linguaggio del corpo, tra erotismo e humour; opere come invenzioni produttive, messe in gioco per realizzare quelle idee.

Opere che partono anche dagli errori, che non dimenticano di inserire indizi o depistaggi, per regalare nuove chiavi di lettura o portare lontano dall’immediata comprensione; che trovano soluzioni attraverso una teoria di variazioni, sperimentando tutte le possibilità a portata di matita, pennello, scultura, istallazione, modello o azione. Opere che si guardano intorno, rispettando il contesto, le preesistenze, la natura; che alludono, suggeriscono, rimandano, tra sorriso e sogno; progetti in cui, alle volte, la scelta primaria è quella di non scegliere, lasciando vincere il caso, dopo averlo compreso.

Una sorta di nuovo dizionario creativo per imparare a fare arte in tanti modi diversi.

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Ppremio Lorenzo Bonaldi Per L'arte – Enterprize, V Edizione
L’Ipotesi del Cristallo
A cura di Yoann Gourmel ed Élodie Royer

Artisti: Ulla von Brandenburg, Isabelle Cornaro, Julien Crépieux, Ryan Gander, Mark Geffriaud, Adrian Ghenie, Benoît Maire, Bruno Persat, Clément Rodzielski, Bojan Šarcevic

Dal 9 giugno al 25 luglio 2010 lo SpazioZero della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ospita la mostra L’Ipotesi del Cristallo, a cura di Yoann Gourmel ed Élodie Royer, vincitori della V Edizione del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte – EnterPrize.

Segnalati da Florence Derieux (Direttore FRAC Champagne-Ardenne), Yoann Gourmel ed Élodie Royer sono stati premiati nel giugno 2009 da una giuria internazionale composta da Iwona Blazwick (Direttore Whitechapel Gallery, Londra), Rein Wolfs (Direttore Artistico Kunsthalle Fridericianum, Kassel) e Giacinto Di Pietrantonio (Direttore GAMeC, Bergamo).

IL PREMIO

Ideato dalla GAMeC con il sostegno della famiglia Bonaldi e nato dalla volontà di ricordare la passione per l’arte e per il collezionismo di Lorenzo Bonaldi, è unico nel suo genere, poiché volto a sostenere la ricerca di un giovane curatore under 30 e il suo progetto di mostra.

Organizzato per la prima volta nel 2003, ha assunto cadenza biennale dal 2005.
Con questo riconoscimento si vuole sottolineare la centralità e il significato che la figura del curatore ha assunto nel panorama artistico internazionale, oltre a incoraggiare e sostenere il talento di un giovane in un momento estremamente vitale del suo percorso professionale.

Il Premio non è mai stato considerato un’occasione di competizione, bensì un’opportunità di crescita professionale e confronto. Proprio per questa ragione nel 2005 è nata l’idea di affiancare nell’anno della sua assegnazione un convegno dedicato, Qui. Enter Atlas - Simposio Internazionale di Curatori Emergenti, a cadenza biennale.

IL PROGETTO

Il progetto di Yoann Gourmel ed Élodie Royer raccoglie opere di dieci artisti contemporanei che trattano vari aspetti della visione e diversi modi di vedere per evocare, talvolta in modo anacronistico, le modalità con cui osserviamo le cose al giorno d'oggi, la maniera in cui guardiamo al presente. Se l'abbagliamento può essere definito come un'impossibilità di discernere la realtà, possiamo affermare che l'era in cui viviamo, ultra-satura di conoscenze e di immagini usa e getta, provoca un abbagliamento collettivo e simultaneo. Questo abbagliamento ripetuto, se meditiamo sul nostro rapporto con l'epoca odierna, determina una sorta di cecità. Tuttavia, tale cecità - la perdita forzata ma necessaria della vista che ci obbliga a guardare indietro al passato - potrebbe anche aiutarci a svelare e a definire con precisione il cammino che ci attende.

La mostra fa inoltre riferimento alle ipotesi formulate dal filosofo italiano Giorgio Agamben in un breve saggio intitolato "Che cos'è il contemporaneo?", in cui egli definisce il contemporaneo come “il singolare rapporto con il proprio tempo a cui si aderisce mantenendosi a distanza” – una definizione che l’autore sviluppa ulteriormente grazie all'analisi di vari processi (fisico, poetico, fenomenologico) che hanno qualche rapporto con la vista e il con il processo della visione. Basandosi sulla neurofisiologia della visione, Agamben spiega, pertanto, che possiamo considerare l'oscurità non come una mera assenza di luce, qualcosa di simile a una non-visione, ma come il risultato di un'inattività. In questo senso, percepire l'oscurità di un'epoca non costituisce una forma di inerzia o di passività.

Come egli infine suggerisce, “contemporaneo è colui i cui occhi ricevono direttamente i raggi dell'oscurità proveniente dalla sua epoca”. Guardare l'oscurità sarebbe, dunque, un modo per evitare di essere accecati dalle luci del nostro tempo. Gli artisti di tutte le epoche hanno regolarmente fatto un passo indietro nel passato per affrontare il presente e per anticipare il futuro.

Il titolo della mostra prende il nome da un particolare tipo di calcite, lo “Spato d’Islanda”, che produce una doppia rifrazione: un oggetto posto dietro a questo cristallo appare infatti diviso, e presenta un leggero sfasamento rispetto alla sua forma originale.
Questa doppia rifrazione può essere attribuita a un fenomeno temporale: attraverso il cristallo, infatti, la luce viaggia a velocità differenti; un’immagine è più vecchia dell’altra e si biforca in un’altra direzione.

In un certo senso, l’ipotesi della coesistenza di una doppia temporalità fa eco alle opere presentate nella mostra, in cui alcuni anacronismi sembrano esistere per esprimere meglio il presente di cui fanno parte. Le figure del cieco e dell’abbagliato (Julien Crepieux, Benoît Maire), gli standard della rappresentazione (Isabelle Cornaro, Ryan Gander), la circolazione di immagini (Mark Geffriaud, Clément Rodzielski), la distanza da cui osserviamo le cose del passato (Ulla von Brandenburg, Adrian Ghenie, Bojan Šarcevic) sono alcuni degli elementi che caratterizzano questa mostra e le opere in essa presentate.
La mostra è accompagnata da un disco in vinile realizzato e prodotto dall’artista Bruno Persat, che include brani, suoni e testi suggeriti dagli artisti, legato alle opere in mostra.

Nello spazio espositivo i lavori dialogano tra loro in una condizione di relativa oscurità, interrotta di tanto in tanto dalla luce prodotta da diverse sorgenti – artificiale, naturale o proveniente dalle opere stesse. Questo ambiente in dissolvenza offre l'opportunità di stabilire delle associazioni tra opere che, sebbene diverse da un punto di vista formale, rivelano strette connessioni l'una con l'altra.

Il catalogo della mostra contiene una conversazione tra Yoann Gourmel ed Élodie Royer sulla genesi della proposta espositiva; immagini di tutte le opere in mostra e testi redatti dagli artisti, corredati da un intervento di Benoît Maire intitolato Aesthetics of the the Differends, strettamente legato a una delle sue opere presenti nella collettiva.

Originale il formato del catalogo: un opuscolo che ricorda i libretti dei dischi in vinile. Ideato dai due curatori, in collaborazione con i graphic designer francesi Coline Sunier e Charles Mazé, questa pubblicazione bilingue intende essere un progetto autonomo, e non un semplice catalogo illustrativo.
Distribuita gratuitamente durante il periodo dell’esposizione, la pubblicazione accompagnerà il 33 giri realizzato dall’artista Bruno Persat, in vendita presso il bookshop del Museo.

Ufficio stampa
Manuela Blasi - email: manuela.blasi@gamec.it

Immagine: Jiří Kolář, Senza titolo (Mini interventi), 1963. Collage, 30 x 21 cm.
Collezione Flash Art Museum, Milano.

Inaugurazione 8 giugno 2010, ore 18.30
alle 19.30 Performance di Anna Nogara e Corrado Levi

GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Bergamo
via San Tomaso, 53 - 24121 Bergamo
ORARI: lunedì chiuso, martedì: ore 15.00 - 19.00
da mercoledì a domenica: ore 11.00 - 22.30
INGRESSO
Intero: 4 Euro
Ridotto: 2,50 Euro
(ridotti i gruppi da un minimo di 12 a un massimo 25 persone)
Ridotto durante le serate openGallery: 2,00 Euro

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