Galleria Pack
Milano
Foro Buonaparte, 60
02 86996395 FAX 02 86992260
WEB
Bartolomeo Migliore
dal 9/9/2002 al 5/10/2002
02 86996395

Segnalato da

Luigi De Ambrogi



approfondimenti

Bartolomeo Migliore



 
calendario eventi  :: 




9/9/2002

Bartolomeo Migliore

Galleria Pack, Milano

Sonic death (my nigger soul). I muri della galleria sono occupati da parole, scritte, piccole frasi spesso estrapolate da canzoni punk-rock-dark che attraversano le tele, emergendo dai fondi scuri, neri, viola e verdi, come soggetti sonici e visivi. Sono parole in cerca di una nuova identita', che vengono amplificate, ri-disegnate, estrapolate dalle piu' svariate fonti: dai muri delle citta' alle scritte dei TIR in autostrada.


comunicato stampa

Sonic death (my nigger soul)

La galleria Pack inaugura la stagione 2002-2003 con la mostra di Bartolomeo Migliore.
I muri della galleria sono occupati da parole, scritte, piccole frasi spesso estrapolate da canzoni punk-rock-dark - Don't worry about me di Joey Ramone e Toxicity dei System of a down per citarne alcuni - che attraversano le tele, emergendo dai fondi scuri, neri, viola e verdi, come soggetti sonici e visivi.
Sono parole in cerca di una nuova identità, che vengono amplificate, ri-disegnate, estrapolate dalle più svariate fonti: dai muri delle città alle scritte dei TIR in autostrada.
Migliore utilizza la parola e la scrittura come immagine nevrotica, inquietante; le tele sono graffiate da segni veloci, urgenti, che sottolineano la precarietà di un linguaggio, il consumo di una comunicazione
diventata semplicemente inutile.
La lettera 0, per esempio, diventa un ingranaggio industriale, ma anche un ex voto, e sono queste continue variazioni all'interno delle parole a rendere esplicito il lavoro di Migliore.
La morte sonica è visibile, visiva.
_____________

Luca Beatrice
Dipingere le parole
Nonostante risulti figlia, dal punto di vista anagrafico e culturale, del clima artistico dei primi anni novanta, la pittura di Bartolomeo Migliore dimostra alcune peculiarità che la rendono unica almeno nel panorama italiano. Anni novanta, si diceva: frangente ormai prossimo alla storicizzazione in cui è emerso netto il desiderio di tornare a dipingere, e di farlo seguendo precise aderenze generazionali pensate in stretta connessione con un pubblico giovane, nomadico, trasversale, interessato all'arte come una, ma non l'unica, possibile espressione della cultura contemporanea. Torino, città cui Migliore fa riferimento fin dagli inizi, è stata luogo vitale e intraprendente di queste nuove tendenze artistiche dopo un lungo prevalere delle scuole e delle maniere post-poveriste, piccola metropoli capace di manifestare stati di tensione e urgenze che spingevano in direzione di un cambiamento di rotta, persino di una rottura, sia dall'arte accademica sia dal procrastinare all'infinito percorsi miranti all'istituzionalizzazione. Pur appartenendo per affinità elettive e per finalità estetiche al fenomeno di una nuova pittura nei tratti essenzialmente figurativa, Migliore ha preferito rivolgere lo sguardo altrove, facendosi coinvolgere da esperienze più lontane e dirigendosi su strade meno battute: tale atteggiamento ne ha definito i caratteri, restituendoci una figura d'artista tanto intenso quanto atipico.
Bartolomeo Migliore rifiuta infatti l'idea che la pittura debba descrivere, narrare o illustrare. Non ama le atmosfere troppo esplicite della figurazione rimodellata sui target giovanili né si fa sedurre dagli eccessi didascalici che hanno attraversato lo scorso decennio, complici le molteplici seduzioni letterarie, cinematografiche, soprattutto l'inesausto recupero delle pratiche basse. Al contrario, per Migliore è importante avvicinare quanto più possibile la pittura all'universo del concetto riposizionandone al centro la "questione linguaggio". Consapevole che le parole sono le parti minime e unitarie che compongono la forma linguistica, tutto il suo lavoro manifesta l'intenzione di far uscire dal dipingere il senso poetico e strutturale, ricorrendo appunto all'analisi degli elementi primari ed essenziali. La pittura di Migliore è quindi incentrata sul potere della parola, su quella forza estremamente complessa che attende sia al segno che al significato.
Se a un primo impatto rischia di emergere la sensibilità graffitista, grazie alla forza dirompente della sua intenzione estetica di riprendere possesso dei luoghi, ampliandone anzi la percezione verso l'esterno (muri di città ma anche suoni radiofonici, frammenti poetici utilizzati come slang interclassista ad avvicinare diversi spazi e diversi tempi nel mondo), a un'analisi successiva l'estetica di Migliore fonda le basi in altre forme d'arte meno dirette e fondate sull'intenzione della sintesi e del concetto. Gli anni settanta ricorrevano spesso all'uso della parola nel tentativo di portare l'arte (la pittura in particolare) a un progressivo processo di smaterializzazione: per Joseph Kosuth, ad esempio, l'intenzione è prettamente semantica, la scrittura vale in quanto segno universale di comunicazione, come un qualsiasi oggetto o immagine. Per tale ragione Kosuth utilizza una forma neutra tipica dei caratteri tipografici del dizionario, non enfatica e piana. Nell'arte americana la scritta assume un'importanza iconografica quando il segno incontra il significato e lo trasforma in immagine. Le scritte nei dipinti di Ed Ruscha parlano di luoghi e situazioni di cui è densa la mitologia culturale americana sia nella realtà -il paesaggio- che nella finzione -il cinema, la pubblicità- mentre le sequenze di parole nere su fondo bianco in Christopher Wool (il più vicino al lavoro di Migliore) riducono al minimo le competenze della pittura puntando piuttosto su un lettering subito riconoscibile che è in effetti la firma-logo dell'artista. Differente, infine, il modo in cui Raymond Pettibon fa dialogare le immagini con le parole, utilizzando l'originaria matrice pop ma immergendola in un universo nero, sporco e totalmente anticonsolatorio.
Per Migliore la parola ha valore sia per il senso (ciò che significa pur estrapolata dal contesto generale della frase) sia per la grafia (il modo in cui è scritta, elemento decisivo nella comunicazione contemporanea, indice che può demarcare una vera e propria appartenenza). La scelta non è mai casuale: oltre al senso e al segno sono importanti il risultato fonetico, la capacità di imprimersi nella memoria, di diventare cifra simbolica capace di dire non solo sullo stile dell'artista ma anche di restituire la sua idea a proposito del mondo. Poiché una parola è un concetto, dipingere le parole significa riabilitarne il senso, come avviene nelle tracce di una canzone, nel frammento di una poesia, in un pezzo di frase, un nome trovati scritti su un muro, lo slogan di una pubblicità, un cartello di indicazione, una griffe, un logo, un adesivo. Fedeli all'idea che la poesia la si può rintracciare in ogni posto.
Oltre che l'arte Bartolomeo Migliore osserva altri campi della comunicazione scritta e verbale e, scegliendo all'interno di questa, crea un proprio stile, una propria e personale sigla. Interessato all'acidità della grafica californiana e soprattutto all'universo musicale indipendente ove da sempre attinge e trasfigura idee per la sua pittura, è in grado di catturare un frammento e di riscriverlo con una simbologia che non perde mai d'immediatezza, allo stesso modo in cui si può ricordare la frase di una poesia o il passaggio di una canzone. Opzione ben più efficace per dire di sé e del proprio modo di essere che non illustrando la realtà semplicemente così come è. Il potere della parola sta nel diventare segno sincretico, fuori dalla logica dei punti cardinali, nell'attraversare le regole del linguaggio convenzionale per appartenere a un più ampio universo globale. Dove non arriva l'arte, il compito è lasciato alla musica, alle culture orali, alla babele di segni che passano nell'overdose quotidiana di immagini cui siamo sottoposti.
In fondo Migliore utilizza le proprie matrici e non dimentica mai le proprie origini. I suoi quadri si snodano per cicli essenzialmente improntati su un'idea. La più recente Sonic Death (My Nigger Soul) ribadisce l'intenzione di ipotizzare una pittura sempre più distante dal quadro oggetto, pronta a invadere lo spazio e definirsi come opera installativa ben più complessa. Prendendo le mosse da tre album -il disco solista di Joey Ramone uscito pochi mesi prima della scomparsa, Dirty dei Sonic Youth, inizio anni '90, con la celebre copertina illustrata da Mike Kelley, il secondo album dei System of Down, autori di una nuova forma di crossover duro e militante- Migliore snoda la sua idea in un intervento tanto spettacolare e incisivo quanto deliberatamente concepito a bassa fedeltà, dalla grana sporca e politicamente atecnologico. Il linguaggio è scuro, giocato sul nero e i toni del grigio e del viola, si ispira allo stile delle fotocopie, dei volantini, della grafica indipendente, quasi a contrastare i fondi monocromi delle tele, acidi e innaturali. Parole d'ordine, slogan, imperativi categorici si trasformano qui in segni senza una logica ben precisa ma restituiscono l'intenzione di un'arte aperta a conflitti.

Immagine: Song

Gli orari di apertura sono dal martedì al sabato 10,30-13,30 e 14,30-19,30

Galleria Pack è Foro Bonaparte 60 20121 Milano
Telefono 0286996395

IN ARCHIVIO [60]
La pelle che abito
dal 15/2/2012 al 13/4/2012

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede