Studio Dabbeni
Lugano
corso Pestalozzi 1
+41 091 9232980 FAX +41 091 9231211
WEB
Jacopo Miliani
dal 8/9/2010 al 15/10/2010
mart-ven 9.30-12 e 14.30-18.30, sab 9.30-12 e 14.30-17

Segnalato da

Stefano Dabbeni



 
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8/9/2010

Jacopo Miliani

Studio Dabbeni, Lugano

Attraverso installazioni, video, collages, performances l'artista mette in discussione il sistema tradizionale di rappresentazione figurativa, spesso riflettendo sulle connessioni tra cultura di massa e immaginario collettivo.


comunicato stampa

''L’intensità, l’onestà e la precisione della sua opera (di Grotowsky) ci hanno lasciato una cosa sola: una provocazione. Non per quindici giorni, né per una sola volta nella nostra vita, ma per ogni giorno.''
Peter Brook (Inverno 1967)

(Dalla prefazione ad un testo di Jerzy Grotowsky : “Per un teatro povero”, Bulzoni Editore,1968).

Attraverso una pratica interdisciplinare (installazioni, video, collages, performances), Jacopo Miliani (nato a Firenze nel 1979) mette in discussione il sistema tradizionale di rappresentazione figurativa, spesso riflettendo sulle connessioni tra cultura di massa e immaginario collettivo. Costante è la sua attenzione verso lo spettatore e i possibili meccanismi d’interpretazione dell’opera.

La sua mostra personale, concepita espressamente per gli spazi dello Studio Dabbeni, si dispiega davanti agli occhi dello spettatore attraverso un allestimento che l’artista ha curato con una precisione nella cura di ogni dettaglio, insieme a perseguire un effetto che richiamasse la “mise en scène” teatrale. Il primo lavoro, percepibile già dall’esterno della galleria, sembra idealmente introdurre alla mostra, costituendo un invito immediato a scoprire l’esposizione. La ricerca sulla teatralità – che, come si vedrà, pervade la mostra - viene infatti enfatizzata da un sipario, bianco e nero, collocato tra le due vetrine principali della galleria.

L’artista presenta, sulla parete principale della sala di entrata, un lavoro composto da otto stampe fotografiche, rigorosamente in bianco e nero, suddivise orizzontalmente in due parti: quella superiore, occupata da frames tratti da documenti sul performer Ryszard Cieslack, esponente del Teatro Povero di Grotowsky, e la metà inferiore di colore nero, all’interno della quale si inseriscono dei cerchi che riportano immagini desunte da un libro di Storia e Antropologia sociale degli anni Sessanta. L’artista ha chiarito come questo secondo riferimento da lui scelto, si unisca “formalmente e fisicamente al primo”.

Attraverso queste stampe fotografiche, egli trova la forza di innescare un meccanismo di estrema suggestione: mediante questa operazione concettuale, l’artista riesce, infatti, a riportare alla luce l’immagine di una figura-simbolo del Teatro Povero di Jerzy Grotowsky; il protagonista di queste immagini ridiviene, (come lo era stato in scena) l’attore–performer Ryszard Cieslack, un mito del teatro del Novecento, considerato dalla critica l’immagine vivente del metodo del maestro polacco. Jacopo Miliani crea, attraverso questo lavoro, una messa in scena che riesce a mantenere intatto l’antico sortilegio, rappresentato dalla magia di cui era intriso quel movimento fluido, evocato dal corpo del performer; quasi si trattasse di un sortilegio mantenutosi raggelato nel tempo.

Sulla parete di fronte, un altro lavoro ritrae Ryszard Cieslack, mentre dispiega le braccia attraverso un gesto di assoluta e disarmante purezza; alla figura, sono avvicinati due elementi geometrici di speculari dimensioni, posti nella parte inferiore rispetto al soggetto. L’accostamento delle forme all’immagine, la proprietà espressa dalle scelte dell’artista riguardo ai toni bianchi, neri, grigi, appare attentamente meditata. Come evidenzia l’artista, “l’uso del corpo e della presenza fisica dell’attore come veicolo narrativo, sono una delle caratteristiche principali del Teatro Povero”, che vede “la scena spogliarsi della decorazione descrittiva” e ruotare intorno al corpo dell’attore. Questo egli ha voluto ripercorrere, rimettere ”in scena”. Basterebbe, per averne una percezione concreta, tattile, andare alle fonti, e in particolare al “Training Grotowsky’s “Laboratorium” in Wrozlaw in 1972”, uno dei molteplici documentari visivi a cui l’artista ha attinto. Da questo - bellissimo, da lasciare ipnotizzati-, Miliani ha colto, estrapolandoli abilmente, i movimenti densi di raffinatezza, in particolare delle mani e delle braccia del performer, che sembrano richiamare quelli di un’ala di farfalla, che vengono fissati – “fermati” dall’artista, in un’altra opera che occupa la stanza di passaggio al primo piano.

Nella sala centrale dello Studio, parallelamente, l’artista presenta un lavoro composto da tre fotografie, costituite da fotogrammi che in modo quasi astratto ritraggono una palla che si muove davanti a un sipario teatrale. Egli ha voluto sottolineare come l’ordine sequenziale delle fotografie cambierà quotidianamente, “generando un reale movimento intuibile, ma non percepibile se non dopo un’attesa”.

Un vero apice viene raggiunto attraverso altri quattro lavori, composti da lastre di vetro appoggiate a parete e a pavimento che, attraverso la loro semplice sovrapposizione, sostengono due fotografie accostate: una rappresenta il performer, l’altra è tratta dal libro storico. Le immagini sono già scattate: egli è consapevole di aver compiuto una scelta assolutamente personale a cui non è estraneo l’artificio. Allo stesso tempo, Jacopo Miliani sottolinea come qui “la documentazione storica e l’artificio teatrale si incontrano, ricercando un possibile contatto aleatorio che rispecchia i legami tra i due tipi di convenzioni sociali: la Storia e il Teatro”. (Valentina Bucco)

Inaugurazione 9 settembre ore 18.30

Studio Dabbeni
corso Pestalozzi 1, Lugano
Mart - Ven 09.30 - 12, 14.30 - 18.30
Sabato 09.30 - 12, 14.30 - 17
ingresso libero

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