Galleria Tonelli
Milano
corso Magenta 85
02 4812434
WEB
Il Volto e la Maschera
dal 9/10/2002 al 3/11/2002

Segnalato da

Sylvia Bachofner



approfondimenti

Guido Pajetta
Alberto Fiz



 
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9/10/2002

Il Volto e la Maschera

Galleria Tonelli, Milano

La pittura di Guido Pajetta. Il percorso espositivo vuole esplorare, attraverso una quindicina di opere selezionate per tema e per stile fra la summa davvero corposa della produzione di Pajetta, uno dei temi piu' interessanti della pittura dell'artista milanese: la 'Maschera' come simbolo del potere creatore e distruttore dell'arte, nella direzione filosofica che passa attraverso Nietzsche, Schopenauer, Freud, Brecht e Beckett.


comunicato stampa

LA PITTURA DI GUIDO PAJETTA

15 opere per figurare una umanità incalzata da un tragico sovrastante destino

Il giorno 10 ottobre, alle ore 18.30 si inaugurerà la mostra voluta dalla Fondazione Panizzuti "Il Volto e la Maschera: La pittura di Guido Pajetta (Monza, 1898 - Milano, 1987) presso la Galleria Tonelli di Corso Magenta 85 a Milano. Sono previste visite guidate per i giornalisti dalle 16.00 alle 18.00 dello stesso giorno di inaugurazione.

La fondazione intestata al cognome della moglie dell'artista, Gianna Panizzuti, recentemente scomparsa, e presieduta da Mons. Luigi Crivelli, già presidente della Fondazione Sant'Ambrogio Museo Diocesano di Milano, è dedicata alla promozione dell'opera di Pajetta e si avvale per il suo comitato scientifico dei nomi di Mons. Luigi Crivelli, del Prof. Enrico Crispolti, Ordinario di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Università di Siena, dell'Arch. Giorgio Pajetta, figlio dell'artista, e del Collezionista d'Arte, Remo Stoppani.

Il percorso espositivo vuole esplorare, attraverso una quindicina di opere selezionate per tema e per stile fra la summa davvero corposa della produzione di Pajetta, uno dei temi più interessanti della pittura dell'artista milanese: la "Maschera" come simbolo del potere creatore e distruttore dell'arte, nella direzione filosofica che passa attraverso Nietzsche, Schopenauer, Freud, Brecht e Beckett. I personaggi di Pajetta, spesso in fuga dalla realtà e dal dolore, sono infatti deformati e mascherati dalle loro maschere che a volte appaiono al fianco della vera forma, in un gioco di celamento e svelamento della realtà del vissuto che richiama la poetica delle famose "bucce di cipolla" di ibseniana memoria.

L'artista attraversando tutto il Novecento, da compagno di Accademia di Lilloni e Del Bon, a giovane affrescante di Sironi, a irrequieto e curioso esploratore delle avanguardie europee (in Francia, Inghilterra e Germania), ritrova alla fine degli anni sessanta la sua più autentica vena narrativa ironica e nichilista nell'uso degli acrilici, messaggeri veloci della sua dinamica psichica e della sua gestualità interpretativa. Da questo momento il colore diventa più estremo e radicale e la pittura di Pajetta perde ogni compiacimento estetizzante, ogni adesione ai linguaggi espressivi per assumere un aspetto più "sacrale", perché privo di restrizioni razionali.

Nell'immaginario dell'artista la vita diventa un vero e proprio "teatro delle maschere" da cui ricevere gli apparati narrativi per indagare i temi del paradossale e frammentario dell'esistenza, mentre l'Arte perde definitivamente l'antico metro della Bellezza hegeliana come "splendore sensibile dell'Idea" e da unica realtà salvifica cade nella condanna e nella menzogna.

Questo periodo artistico di Pajetta rimane emblematicamente delegato ad un teatro di inquiete figure quando non esplicitamente "maschere"; e l'ironia si fa allora, appunto, amarezza, sarcasmo nella declinazione tragica espressionista che la sua pittura fa registrare dopo il secondo conflitto mondiale, accentuando drammaticamente il senso della diversità dell'artista in mezzo agli altri che vivono di mascheramenti. L'erotismo divertito e divagante di un tempo si fa esasperato dramma di un disagio profondo che tutto sempre più va coinvolgendo.
La deformazione diviene un mezzo di testimonianza dell'incidenza di un "discanto" doloroso che segna drammaticamente figure, cose e ambienti.
L'orizzonte immaginativo va facendosi più cupo, rinchiuso e disperato e la deformazione diviene più insistente, a suo modo analitica, persino grottescamente distruttiva, in un rimando continuo di inquietudine profonda, quale misura ineluttabile di condizione del tempo. Un lavoro angosciosamente solitario che si fa dunque giudizio tragico sul mondo per figurare una umanità incalzata da un tragico sovrastante destino.

Guido Paletta nasce a Monza nel 1898 da una famiglia di noti pittori veneti dell'Ottocento. All'Accademia di Brera, che infine termina con una menzione onorevole, durante il secondo anno gli viene assegnato il primo premio per il disegno. E' poi invitato alle Biennali veneziane del 1928, 1939 3 1932. Di Carattere irrequieto e curioso vive e lavora per alcuni anni a Parigi dove incrocia i nuovi linguaggi delle avanguardie europee che saranno per lui costante fonte di meditazione e ispirazione durante il suo lunghissimo viaggio nella pittura. Nel 1954 riceve il premio "Lorenzo Delleani" per il dipinto "La Cucitrice". Espone ripetutamente in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Svizzera.

Il catalogo ripercorre l'opera più estrema di un artista trasversale e visionario in un racconto dove il dialogo storico-critico e biografico che Alberto Fiz conduce col figlio del pittore, Giorgio, si riflette nelle immagini di quindici dipinti.

Immagine: Guido Paletta, Autoritratto, 1985. Acrilico su tela, cm 100 x 70

Ufficio Stampa:
Chiara & Associati srl
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Fax 02/67382944

Ingresso libero da lunedì a domenica h. 10.00-13.00, 16.00-19.30

Galleria Tonelli, corso Magenta 85, Milano

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