Nightly Strips. Doppia personale, con opere dalle atmosfere oniriche e al tempo stesso assurde e teatrali. A cura di Marco Aion Mangani e Giacomo Lion.
Immagine e iconoclastia, ossimori d’una apparente contraddittoria dualità, narrate attraverso due dei più riconosciuti cult di fantasia dei nostri tempi.
Meditazioni intelligenti e di formidabile attualità, spesso gravide di una tragica irriverenza in cui tutto è, al contempo, anche la sua negazione (“Incisioni Celibi”, di L. Leonidi) – come pure funeste anticipazioni di un futuro archeologico post-bellico o post-umano (“Masok”, di M. Fantini).
Latenze di una memoria autobiografica, semplici fascinazioni di parvenze, compulsività etero-formali, a volte sagaci cacofonie (M. Fantini) o scanzonanti aneddotiche (L. Leonidi) in alcuni casi volutamente prive di significanti, quasi a ribadirne la cratofonia stessa, la regale autarchia, o le loro mere sollecitazioni ai domini dell’assente, del privo di.
Stravolgimenti narrativi e metafora di un “oggi” dunque, antropologico e culturale, dichiaratamente fondato su costrutti di vuote apparenze.
Un close-up sul degrado dei valori positivi, qui spogliati dalla loro funzione rassicurante e da quel pedagogico paternalismo del giusto vivere.
Gravitazioni vertiginose attorno ai concetti di estraneità e alienazione e di cui, i due eroi da fumetto, “Mickey-Topolino” e “Donald-Paperino”, sono qui gli illustri detentori.
Atmosfere oniriche, misteri esposti all’azzardo del proscenio, teatralità di un assurdo che in fondo media più l’insoluble che le possibili risoluzioni, deviando dal facile compiacimento (o illusione) di un lieto fine.
La morale, alla fine di questo banchetto, qui oscuro divenire dell’ineluttabile, regna con tutta la teatrale veemenza del caso… è ossario scarno, ombra terrea del non infrequente sarcasmo del Tristo Mietitore (“Pulcinella”, di M. Fantini) o corrosione di quella superficie che ci separa dal luogo dell’altrove (“Visione Superficiale”, di L. Leonidi), dove l’identità si mette da parte per lasciare spazio al vociare cupo dei Silenti.
Ogni oggetto “contaminato” è al tempo stesso “consacrato” a un regime che si contrappone al profano.
Così è per il Diverso, l’Altro, il Non Conosciuto – da sempre, storicamente, figure mistiche o complici dell’infausto.
Ognuno di essi è, unto della loro mitologica singolarizzazione, in qualche modo investito del rosso abito del martirologio.
Anche solo per la non appartenenza alla malìa delle masse e il rifuggire necessario alle comuni militanze con l’ovvio…
Non diverso è il destino di chi, come l’Artista o l’Uomo che vogliano fregiarsi di tali epìteti, osa rivendicare il proprio mandante, quel sano individualismo creatore, ormai svilito, al cospetto della coercitiva e accondiscendente mediocrità dei più.
Esattamente da questi presupposti nasce, esaltato dal dialogo serrato tra Fantini e Leonidi (due eroici anti-eroi), quello che potremmo considerare come una “Sacralità della Morte” o della più semplicemente detta “Degenerazione”.
Tale da apprendere (forse ricordare) che i margini temporali dell’esistenza, nelle sue qualifiche soprattutto materiali, sono già da sempre avviati al loro naturale processo di consumazione e che, probabilmente, l’unico modo per uscirne vittoriosi è, lottando coraggiosamente, dichiarandosi già sconfitti. - Marco Aion Mangani
Inaugurazione sabato 18 dicembre, ore 19.30
BT'F Gallery
via Castiglione, 35 - Bologna
Ingresso libero