Galleria Mosaico
Chiasso
via E. Bossi 32
+41 (0)79 4468309 FAX +41 91 6829474

Luigi Caflisch
dal 12/1/2011 al 18/2/2011
mar-sab 15-18 e su appuntamento

Segnalato da

Luigi Caflisch



 
calendario eventi  :: 




12/1/2011

Luigi Caflisch

Galleria Mosaico, Chiasso

Affioramenti dall'antico. In mostra un ciclo di oli con il motivo delle 'Tre Grazie' messe in relazione con il ciclo terreno delle stagioni. Completano l'esposizione dieci pastelli ispirati alla statuaria romana.


comunicato stampa

Nella mostra figura un ciclo di oli con il motivo delle “Tre Grazie”. Compagne di Afrodite, dea dell’amore, nell’antichità impersonavano gioia, splendore e florescenza. Sono la quintessenza dell’armonioso essere umano e strette parenti delle muse, che Caflisch mette in relazione con il ciclo terreno delle stagioni: radici germoglianti nell’oscura, per così dire “segreta profondità” dell’inverno; in primavera, chiare davanti a uno sfondo rosso sangue, circondate da giochi di linee chiare e scure; in estate come slanciate bagnanti in bikini davanti al mare azzurro; infine, sensuali donne dai capelli scuri davanti allo sfondo giallo della maturità autunnale, scrive Hans Christoph von Tavel.
Con i dipinti, sono esposti dieci pastelli ispirati alla statuaria romana.

-----------

Spessore mentale e sostanza razionale nella pittura di Luigi Caflisch
di Loredana Finicelli

Come i tedeschi di secondo Ottocento, Luigi Caflisch ha preso la via dell’Italia. Ha rinnegato le sperimentazioni inesaurienti della sua epoca, i giochi criptici di un linguaggio troppo spesso afono, e, con gli strumenti perfetti di una tradizione rinnovata, si è messo in viaggio verso i territori limpidi del mito: eterno e imponderabile.
Per Caflisch, l’itinerario del ritorno coincide con la manifestazione acclarata della simbologia classica. Le Grazie, le statuaria greca - nella versione mutila più che integrale, e in questo più simbolo o allegoria - alludono a un lavoro costante di ricomposizione non tanto formale, ma prima di tutto spirituale, prima di tutto interiore con la grande epopea della classicità, con i codici divulgativi e indimenticati della nostra storia..

E’ semplice, parlando di Caflisch, pensare a un tedesco romano che si smarrisce nella campagna laziale estasiato dal mito, sollecitato dalla temperatura ariosa e dal sole; un viandante motivato che va alla ricerca di quelle virtù indefinite che pare si coltivino presso i popoli del sud - eppur remoti- ritenuti da sempre depositari di sapienze antiche. Inclini, per natura e per convinzione, alle predisposizioni meditative favorite dall’ozio e dall’agio del clima che queste facoltà cullano e accrescono.
Perché il tratto meditativo, la tensione fortemente celebrale, racchiusa nella fitta trama cromatica, apparentemente caotica, caratterizza tutti i dipinti di Caflisch, che non è mai sereno nella definizione delle porzioni di un corpo, nella indicazione dei piani chiaroscurali, nella stesura delle zone cromatiche. La sua pittura si impone per un carico abbondante della materia, – attenzione, è il peso dello spessore mentale che grava sull’anima delle sue composizioni – per una vena pittorica che di certo è sapiente, ma, men che meno, serena e pacificata. Manca, a Caflisch, la gaia piacevolezza della pittura, il tratto arioso e spensierato e, da svizzero-tedesco, quale in fondo si appalesa, mostra un intenso sfoggio di potenza mentale e psicologica, una dimensione, stranamente, non drammatica, ma contemplativa.

Nella articolata e delicata sintesi del suo linguaggio, oltre che della sua stessa persona e della sua cultura, Caflisch mostra la densità cromatica ed espressiva dei nordici, lo stridio violento e incommensurabile della mano artistica settentrionale, che, nel suo caso, si accompagna quasi naturalmente, con il radicamento ritmico e proporzionato della cultura visiva latina
Falsamente dionisiache, sebbene il tripudio di colori possa far cadere nel fraintendimento delle passioni arcaiche e orgiastiche celebrate da Friedrich Nietzsche, le immagini di Caflisch, risplendono per la loro cristallina energia intellettiva, esempi di una inclinazione a volte addirittura troppo razionale, e fittamente introspettiva. Le diremmo inaspettatamente apollinee -se il termine non fosse oramai abusato- così da significare la pregnante sostanza estetica e intellettuale che la caratterizza, oltre l’apparenza di un colore tanto invasivo. Questa pittura così pregnante di materia, infatti, connotata di gesti carichi di aspettative, non è, come a prima vista potrebbe sembrare, desiderosa di suscitare emozioni primordiali, ma coltiva le facoltà razionali, si tratta di una pittura dall’alto tasso concettuale e speculativo, sebbene veicolata al linguaggio emozionale del colore. Apparentemente minate dal caos cromatico, ambigue, nella loro duplice, e anche triplice, natura queste immagini o icone o personificazioni, si impongono come esemplari di un passato che non solo non è indimenticato, ma per alcune culture, come quella italiana, non è, e non sarà mai, “nemmeno passato”.

Sebbene pregnanti nella loro fenomenologia esteriore, di carne e sangue di corpi, le donne danzanti di Caflisch, le statue di Caflisch sono esemplari di vecchi rituali eleusini, spiriti evocati in complessi rituali magici, ma, in definitiva, si impongono allo spettatore più avvertito ed attento per la loro essenza mentale.. Razionale al punto giusto, mai scontato o banale, talvolta compiutamente tonale, soprattutto nelle cose più vecchie o nei paesaggi, talvolta idiosincrasico al disegno, all’accordo cromatico meditato, la classicità di Caflisch è statica, è raggelata, stabile nei suoi intenti comunicativi. La sua potenza celebrale, la sua attitudine nostalgica verso la classicità perduta eppure quotidianamente contingente, erompe violentemente quando dalle finestre del suo studio giace intimamente con la natura rivelata, rendendola sulle sue tele veloce e pronta, cogliendola nei suoi tratti essenziali, nella sua esclusiva sostanza costitutiva.. Ed facile allora, pensare alle paste cromatiche di un Nolde, alla poesia meditativa di un tardo Bonnard, alla sua complessità cromatica e al suo afflato decorativo per capire che Caflisch si muove certamente su un versante diverso – quello squisitamente intellettivo più che decorativo -, ma che gli esiti, nel prodotto finale, possono perfino equipararsi, perché non sempre il colore, vuol dire emozione o estasi primigenia, ma, come nel caso dell’artista italo-svizzero, può essere metodo, riflessione mentale e misura compositiva.

Nota biografica
Nato a Forlì nel 1961 da padre svizzero e madre italiana, Luigi Caflisch ha cominciato a cimentarsi col disegno e la pittura da ragazzo a Catania, frequentando lo studio del pittore G. Sciacca, docente all’Accademia. Nel ’77, la famiglia si è trasferita da Catania a Lugano, dove Luigi ha studiato al liceo cantonale.
In seguito ha frequentato il pittore americano W. Congdon, e ha intrapreso gli studi di pittura dal 1981 al 1985 all’Accademia di Belle Arti di Roma, diplomandosi nel 1985.
Ha poi studiato storia dell’arte alla facoltà di lettere dell’Università “La Sapienza” e nel 1992 si è laureato con una tesi in storia dell’arte contemporanea su N. de Staël.
Ha soggiornato per lunghi periodi a Catania e a Lugano e tenuto mostre personali a Roma, Catania, Lugano e Seul, partecipando inoltre a varie mostre collettive in Italia.
I suoi soggetti principali: Villa Borghese, l’Etna, i tetti di Roma, il barocco catanese, le tre Grazie, nudi da statue romane
Abita a Roma, ha lo studio ad Anticoli Corrado.

Inaugurazione: giovedì 13 gennaio 2011 ore 18

Galleria Mosaico
via Bossi, 32 - Chiasso
Orari: martedì- sabato ore 15-18
e su appuntamento

IN ARCHIVIO [27]
Alice Marinoni
dal 6/1/2016 al 5/2/2016

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede