Galleria Nove
Berlin
Anna Louisa Karsch Strasse, 9
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Ingeborg zu Schleswig-Holstein
dal 14/1/2011 al 4/2/2011
mar-sab 11-18

Segnalato da

Galleria Nove



 
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14/1/2011

Ingeborg zu Schleswig-Holstein

Galleria Nove, Berlin

In mostra una serie di opere astratte, essenziali, la cui carica espressiva e' data dalla resa brillante dei colori. I vari strati di pittura ad olio vengono cosi' coinvolti in un gioco proprio, che delimitano degli spazi irreali, spazi dell'inconscio.


comunicato stampa

Pensando alla principessa Ingeborg zu Schleswig-Holstein, appaiono quei colori da una delicata veemenza. La loro stupenda forza domina i quadri di tutte le fasi dell’artista, ma in maniere assai differenti! Nelle sue prime opere compaiono spinti da un coraggio sconcertante ma entusiasmante. Attualmente si penserebbe a una sorta di auto immersione nel colore che, a sua volta sviluppa un’intensità capace di coinvolgerci nelle sue profondità e superficialità.

Ingeborg zu Schleswig-Holstein è una pittrice tra il mondo di New York e il mondo una volta chiamato ‚vecchio‘ con tutte le sue epoche da Fra‘ Angelico al 21esimo secolo. Lei è perciò anche un’artista tra i mondi che ha reso questo contrasto un campo di tensioni nelle sue opere.

Nelle prime opere ancora si percepiscono oscillazioni di figure e proporzioni, di sopra e sotto, di destra e sinistra della storia europea della composizione. Però che provenienza hanno questi colori quasi definibili come indomabili? La risposta più semplice è: da Andy Warhol, a cui assisteva a lungo nella famosa Factory.

Solo la determinazione di lasciare campo libero all’effetto dei colori però fa riferimento alla Pop- Art newyorchese. La libertà dei colori è anche libera dall’attrazione clamorosa per cui usati da Warhol. I colori dei sui quadri sono apparsi come successe in europa, beninteso da Yves Klein, dal blu dei pittori del Bauhaus e infine anche da Fra’ Angelico.

Questo è legato ad un’essenziale passo nello sviluppo dell’astrazione da parte di Ingeborg zu Schleswig-Holstein, superando così quello del mentore americano. Essenziale al punto che all’apparenza non si nota alcun’affinità. Warhol diventa un pioniere dell’abbandono del figurativo nella pittura interpretandolo così. Mentre a lui sembrava interessass e solo la superficie delle cose, lei divenne una citazione della loro obiettività. Ciò potrebbe essere interpretato come addìo al figurativo, sebbene in una direzione che non segue quella dell’arte astratta. Pittori come Ernst Wilhelm Nay hanno poi tolto ogni ricordo a cose a quelle superfici pur dando vita al colore. E infatti Ingeborg zu Schleswig-Holstein studiò da alunno di Nay ad Amburgo. Da lei, dice lei stessa, si guarda dentro il colore. I colori non servono più a figurare il conosciuto. A questo modo i suoi molteplici piani portano all’inconscio. Gli strati non vengono chiusi da acrilico. I vari strati di pittura ad olio vengono coinvolti in un gioco proprio al cui interno sorgono spazi che però non vanno confusi con effetti di prospettiva centrale dello spazio.

Che significa parlare di spazi? Quegli spazi, i veri spazi, si costiuiscono negli effetti di tutto ciò che appare nel loro interno. Gli spazi relazionali. L’ottica fa da mediante all’occhio nostro che, a sua volta fa da mediante alle nostre sensazioni celebranti, al nostro vivere legandosi a emozioni, ai nostri pensieri esploranti e scoprenti. Ogni volta che dentro di noi, probabilmenti in senso vago senza che ce ne accorgiamo, si aprono spazi relazionali interni tra il nostro vivere e i nostri pensieri e le impressioni dei nostri sensi, si apre soltanto un qualcosa dentro di noi che ci libera dalle aspettative del mondo quotidiano, soprattutto dalle aspettative visuali di dover riconoscere qualcosa di conosciuto. Nella sua nuova vita l’un’o l’altro tono di rosso verso il blu a malapena percettibile acquista quel senso che ci cattura. „la percezione solita dell’uomo si muove all’interno di una banda di misure molto selettiva“, dice Ingeborg zu Schleswig-Holstein. Ciò che accade nei suoi quadri invece non sono tentativi di raffigurare altre dimensioni però odi a delle possibilità che sommergono da tra i suoi colori – ci si nascondono.

Tuttavia la pittrice non tratta semplicemente l’apertura al molto grande o al molto piccolo. Piuttosto esprime ciò che è importante oltre il quotidiano per ambedue gli spazi attraverso le relazioni dei colori. Lei per questo fenomeno usa il termine verità. Così dimostra che queste aperture possono soltanto contraporre l’arte nell’austerità e nell’assoluto della sua esigenza e nella riflessione dei suoi mezzi tecnici ad un mondo quotidiano. Un „guarda un po’“ o „lascia perdere“ appunto non bastano. La passione per ogni diversità viene trasmessa soltanto se tutta l’audacia e tutto il sapere, se tutta la poesia e tutta la provocazione vengono mobilizzati. La raffigurazione di oggetti deve rispondere dell’apparizione di quegli oggetti, del loro riguardo al mondo e dei loro effetti su di noi. Jeanne Hersch perciò chiese molto criticamente di cosa dovesse rispondere l’arte astratta nelle sue opere. Le risonanze e i disturbi nei quadri di Ingeborg zu Schleswig-Holstein dimostrano che si tratta del significato colossale delle sue questioni e scoperte; quello non va rivelato, né per compiacenza né per incertezza, soprattutto non per orgoglio.

Il fatto che lei rende ciò la sua disciplina provando accuratamente e senza fine pigmenti, collanti, pennelli è un fatto di cui dovrebbe essere orgogliosa. Però ha di più importante da fare, per se stessa e per noi. Far brillare quella „verità“ appunto. (estratti di un testo di Rudolpf zur Lippe)

Inaugurazione Venerdì 14 Gennaio ore 19

Galleria Nove
Anna Louisa Karsch Strasse, 9 - Berlin
Orari: lun-sab 11-18
Ingresso libero

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