Un nido di vespe. Fotografie di stampo surrealista. Come in un piccolo teatro, ogni oggetto e' caricato di significati che cambiano in funzione delle relazioni tra gli stessi. A cura di Carolina Mantellini.
A cura di Carolina Mantellini
Testo tratto da: Progetto muniXweb-ART, redazione Namir e X Municipio del Comune di Roma
Dall’intervista di Massimo d’Andrea a Roberto Sanchez
Roberto Sanchez , un fotografo, io direi stranissimo. Lei costruisce oggetti in piccolo e poi li rifotografa creando questa fotografia ‘surrealista’, giusto? Si, come un piccolo teatro in cui muovo gli oggetto come fossero personaggi, e ogni oggetto è caricato di significati che cambiano in funzione delle relazioni tra gli stessi. Tra i vari elementi ci sono anche i miei quadri perché io nasco pittore. I miei quadri compaiono come il monolite di Kubrik, una specie di presenza, anche attiva, che interagisce nel contesto. In questo spazio teatrale ogni oggetto significante si relaziona agli altri in uno schema che, seppure da me preordinato, permette allo spettatore, al fruitore, l’ interpretazione della rappresentazione in modo diverso, come un rebus a soluzione multipla."
Certo, la cosa che ci coinvolge è il fatto che siano fotografie tipicamente surrealiste, o sbaglio? Diciamo... Ma c’è anche la realtà in molte di queste. Non in presa diretta come nella foto tradizionale ma seppure mediata, la realtà irrompe in un’atmosfera comunque onirica. E’ presente anche la vita vissuta, la rappresentazioni dei luoghi in cui esprimo le mie esperienze, le mie inquietudini.
Quindi lei fa anche dei modellini, tutto…
E’ vero, sono un vecchio appassionato di modellismo. La manualità che ho acquisito la utilizzo nella costruzione di questi spazi ambigui: cose che dovrebbero essere piccole sono grandi e viceversa.
Esatto, è a questo mi riferivo con surrealismo.
E poi non utilizzo granchè il digitale. Nel senso che l’apparato di ripresa è digitale, però non ho inserito effetti particolarmente sofisticati. Tutto è in presa diretta, la luce è naturale perché altrimenti risulta fredda, strana.
Quindi lei illumina queste scene, no?
Si, come nel teatro: ci sono degli spot, dei faretti e raramente intervengo col digitale. La fotografia, come si sa, è luce. L’illuminazione può rendere drammatica o meno una scena, può mettere l’accento su qualcosa ed in ombra un’altra…
Volevo sapere cosa la spinge a realizzare un’opera.
Come ho già detto, nasco pittore, per decenni ho portato avanti una pittura astratta a piani geometrici ma calda. Ad un dato momento è sorta l’esigenza di esprimermi in maniera più ampia, anche recuperando la pittura, ma rifotografandola in un rapporto passato-presente. La fotografia mi permette di esplorare la figurazione senza entrare in immediata contraddizione col mio passato di ricerca pittorica: una nuova avventura con un mezzo diverso. "
Inaugurazione 28 gennaio ore 18
Museo Minimo di Fuorigrotta
via detta San Vincenzo, 3 (angolo via Leopardi 47) - Napoli
lun e merc ore 15-18, mart, giove ven 9-12 o su appuntamento