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Paolo Maggi
dal 25/10/2002 al 16/11/2002
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Paolo Maggi
Edoardo Di Mauro



 
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25/10/2002

Paolo Maggi

Fiorile Arte, Bologna

"L’artista estrapola frammenti di quotidianita', immagini di normale routine, tratte da fotogrammi cinematografici e televisivi, dalla pubblicita', in generale dall’immenso repertorio iconografico della contemporaneita' (...)" (Edoardo Di Mauro)


comunicato stampa

L'imbuto bianco
a cura di Edoardo Di Mauro

"L’artista estrapola frammenti di quotidianità, immagini di normale routine, tratte da fotogrammi cinematografici e televisivi, dalla pubblicità, in generale dall’immenso repertorio iconografico della contemporaneità, anche in un’accezione di citazione “old fashioned”, dove l’apparente piattezza e banalità dei temi prescelti viene riscattata dall’emanazione tenue, da parte di questi ultimi, di un significato “altro”, assai più sottile ed inquietante rispetto all’apparente normalità dell’iconografia.

Questo senso di divertito mistero è accresciuto dalla costante apparizione di personaggi appartenenti ad una variopinta fauna fantastica, umana, zoomorfa ed ibrida, un popolo di strani mutanti, militari, vecchiette, animali, che paiono approdati a noi da una dimensione parallela, da un mondo immaginato in una condizione di psichedelica eccitazione. Maggi appare quindi come un eversore dell’ordine costituito nei linguaggi della comunicazione, falsi e monotoni nella loro lucente artificialità, e ci induce ad indagare i significati riposti, posti a margine delle cose, in una zona d’ombra di solito poco frequentata."



In una recente rassegna curata alcuni mesi fa a Parma, intitolata "Una Babele postmoderna : realtà ed allegoria nell'arte italiana degli anni '90", ponevo sul tappeto alcuni spunti di discussione, derivanti da convinzioni personali maturate in quasi vent'anni di frequentazione della scena artistica che, sebbene talvolta evocati in un dibattito, quello della critica contemporanea, troppo spesso artificioso e pavido, quasi mai hanno trovato lo spazio ed il supporto necessari ad un loro legittimo dispiegarsi. Questi spunti, che rappresentano da anni una costante del mio pensiero, riguardano la complessità del panorama artistico contemporaneo, ma anche la necessità di analizzarlo in tutti i suoi aspetti e relative manifestazioni, senza limitarsi ad una generica e liberatoria constatazione dello status quo, evitando di trincerarsi dietro il paravento di una globalizzazione che di fatto non è solo economica ma è anche estetica, argomento indubbiamente vero ma che, semmai, dovrebbe tendere all' identificazione ed esaltazione delle diversità e dei singoli patrimoni culturali meglio in grado, così facendo, di integrarsi. L'arte, da circa vent'anni ormai, non è certamente monotematica, soluzioni stilistiche talvolta antitetiche in altri casi integrate si alternano con predominanza ora dell'una ora dell'altra, senza che alcuna tra loro sparisca dalla scena od assuma un totale predominio.

Ora è fuori discussione come, negli anni '90 e fino ai giorni nostri, un elemento prevalente con cui l'arte si è trovata ad intrattenere un dialogo, di critica o di ammiccante complicità, è stata l'invasività della tecnologia nella società postindustriale, elemento materiale, ma che indubbiamente ha condizionato il nostro destino, individuale e collettivo, ed i nostri orizzonti culturali ed estetici. Io non ritengo, come molti sostengono, che l'atteggiamento degli artisti di fronte a questo specifico sia stato monodimensionale. In taluni casi ha provocato un progressivo avvicinarsi e quasi confondersi dell'arte con il reale, in altri è prevalso un rapporto di vigilata distanza, giocato spesso sul riscatto della manualità e della simbolicità pittorica, sebbene non fine a sé stesso ma con evidenti, per quanto sottili, richiami al presente, od ancora si è verificata una situazione mediana tra questi due poli, con risultati talvolta assai convincenti, dove la tecnologia è stata adoperata con la modalità sua corretta, quella di protesi in grado di migliorare le performances della mano e della mente. Paolo Maggi è artista senz'altro collocabile in questo sito.

Seguo il lavoro di Maggi da alcuni anni, ed ho avuto modo di notare come esso sia stato in grado di evolversi gradualmente e con costanza, pur in presenza di un'ispirazione sin dall'inizio coerente ed unitaria, fino ad approdare alla consapevolezza dei mezzi di cui questo giovane artista certo non è sprovvisto, in termini di fantasia e duttilità creativa. L'artista elabora della immagini abilmente campionate con l'ausilio della grafica computerizzata, in questo caso impiegata come agile ausilio dell'immaginazione, che poi colloca su tela avvalendosi della pittura acrilica. Quanto mi ha subito colpito del lavoro di Maggi è la sua abilità nel dare vita ad iconografie dotate di un alto grado di suggestione, capaci di colpire per la loro carica di fresca ironia, in una fase in cui troppi paiono prendersi terribilmente sul serio.

L'ironia e lo spiazzamento visivo del fruitore non sono affatto sinonimo di superficialità, è assai più impegnativo affrontare i grandi temi con una superiore levità e leggerezza mentale, come è tradizione della parte migliore dell'arte italiana, dalle avanguardie storiche al concettuale, piuttosto che indulgere ad un atteggiamento di impegno serioso e spesso poco sincero, confinato in un ripetitivo ed autocompiaciuto manierismo formale, di questi tempi così frequente. Le icone di Maggi, per la loro carica di atipica surrealtà, in grado però di far pensare, di non indurre ad una visione affrettata, ma semmai di suscitare un desiderio di riflessione, mi hanno fatto ricordare le prove di un artista torinese di cui fui tra gli scopritori, Bruno Zanichelli, morto purtroppo a soli 26 anni, che fu tra i principali esponenti dell'arte italiana della seconda metà degli anni '80, con uno stile in grado di mescolare abilmente cultura "alta" e "bassa", uno sguardo rivolto alle fascinazioni metropolitane ed al fumetto, e la dote di saper creare composizioni con folgorante spirito intuitivo, in grado di gettare luce sulle angosce e le speranze di una inquieta generazione.

Naturalmente Maggi dovrà percorrere ancora un cammino di ulteriore maturazione, tuttavia fin d'ora le sue tele presentano caratteristiche di indubbia attrattiva. L'artista estrapola frammenti di quotidianità, immagini di normale routine, tratte da fotogrammi cinematografici e televisivi, dalla pubblicità, in generale dall'immenso repertorio iconografico della contemporaneità, anche in un'accezione di citazione "old fashioned", dove l'apparente piattezza e banalità dei temi prescelti viene riscattata dall'emanazione tenue, da parte di questi ultimi, di un significato "altro", assai più sottile ed inquietante rispetto all'apparente normalità dell'iconografia. Questo senso di divertito mistero è accresciuto dalla costante apparizione di personaggi appartenenti ad una variopinta fauna fantastica, umana, zoomorfa ed ibrida, un popolo di strani mutanti, militari, vecchiette, animali, che paiono approdati a noi da una dimensione parallela, da un mondo immaginato in una condizione di psichedelica eccitazione. Maggi appare quindi come un eversore dell'ordine costituito nei linguaggi della comunicazione, falsi e monotoni nella loro lucente artificialità, e ci induce ad indagare i significati riposti, posti a margine delle cose, in una zona d'ombra di solito poco frequentata.
Edoardo Di Mauro, ottobre 2002.

Inaugurazione: 26 ottobre 2002, ore 18


Dal 26 ottobre al 16 novembre 2002
Orario d'apertura: dal mercoledì al sabato ore 16,30-19


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Tel. 333.6419333

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