Albemarle Gallery
London
49 Albemarle Street - W1S 4JR
020 7499 1616 FAX 020 7499 1717
WEB
Matteo Massagrande
dal 8/9/2011 al 29/9/2011
Lun-ven 10-6 Sab 10-4

Segnalato da

Studio Esseci


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Matteo Massagrande



 
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8/9/2011

Matteo Massagrande

Albemarle Gallery, London

Soggetto dei dipinti in mostra sono gli interni dell'artista: ambienti privati della vita d'un tempo e dove la presenza umana e' confermata solo da testimonianze residuali.


comunicato stampa

Dal 9 al 30 settembre, la Albemarle Gallery, nel cuore della londinese May Fair, propone una ampia rassegna dedicata all’italiano Matteo Massagrande.
Soggetto della mostra (il catalogo è scaricabile da http://www.albemarlegallery.com/exhibitions.php) sono i famosi interni dell’artista padovano. Sono ambienti apparentemente del tutto privati della vita d’un tempo e dove la precedente presenza umana è confermata solo da testimonianze residuali. Il tutto in spazi urbani abbandonati, ossessivamente raffigurati attraverso l'uso della luce, la finezza della tavolozza e l'uso cinematografico della prospettiva.
La mostra londinese va ad aggiungersi alle ormai numerose ed importati monografiche che all’estero, oltre che naturalmente in Italia, sono state dedicate all’artista. Tra esse quelle storiche a Palo Alto e alla Brookings Gallery di San Francisco e le recenti alla Sala Pares di Barcellona e alla Galleria de Arte Gaudì di Madrid.

Nella presentazione della mostra londinese, Edward Lucie-Smith, annota: “
Gli interni desolati di Matteo Massagrande danno prova di un talento straordinario. In un tempo in cui molti dei più raffinati processi di pittura si stanno perdendo, probabilmente per sempre, le sue opere mostrano un abbagliante raffinatezza tecnica che chiaramente deriva da un profondo studio dei maestri antichi. Forse, soprattutto, di Vermeer, visto il modo in cui la tecnica s’intreccia a una sensibilità estremamente ricercata per gli effetti di luce.
Perché, allora, Massagrande sceglie come soggetti questi interni fatiscenti e non, invece, gli spazi grandiosi di qualche fastoso palazzo caduto in rovina? Si tratta, invece, di stanze banali e corridoi di vecchi appartamenti che, per qualche ragione, sono stati abbandonati dai loro abitanti tutto d’un tratto. Una testimonianza di questa fretta sono gli oggetti d’arredamento lasciati abbandonati – qui un divano letto sgangherato, lì uno squallido tavolo da cucina. Nessuno di questi mobili ha una particolare qualità. Sono solo cose che quelli che sono partiti non hanno avuto l’energia o la volontà di portare con sé. O, forse, sono cose rimaste lì quando il proprietario dell’appartamento è morto, oggetti che nessun amico o parente ha voluto, o ha considerato utili.
Vi sono poi prove che queste stanze sono state abbandonate da tempo – polvere e piccoli calcinacci sulle piastrelle del pavimento, pezzi d’intonaco caduti dalle pareti. In altre parole, tutti i quadri rappresentano una sorta di limbo. Sono immagini – definite nei minimi dettagli – di una condizione di non-essere: paradossi su tela.
Forse ci spingeremmo troppo in là a voler vedere in questi lavori dei lamenti per cose passate – sono anti-romantici anziché romantici, e questo è ciò che li allontana dai dipinti di rovine che hanno una lunga tradizione nell’arte europea. Non sono neppure «teatrali», almeno non nei termini in cui quest’aggettivo è generalmente inteso. Suscitano uno sguardo non enfatico ma neutrale. «Questo», ci dicono, «è il modo in cui a volte stanno le cose. La vita rifluisce, e non c’è niente che si possa fare».
I nessi letterari e filosofici di questo tipo di opere sono piuttosto ovvi. Appartengono alla storia dell’esistenzialismo – siamo invitati a leggerle come leggiamo testi di Albert Camus e Jean-Paul Sartre. Ma proprio a questo punto si può fare una differenza. I quadri non sono testi in sé stessi. Sono metafore della condizione umana, non interpretazioni dirette. E questo significa, di fatto, che non c’è alcuna interpretazione definitiva. Ogni spettatore porta all’opera qualcosa di diverso, e ogni spettatore si porta via qualcosa di diverso dall’opera.
Qui si pone, credo, la questione della realtà, o piuttosto della sua realizzazione. Quando parliamo di scritti «realisti», ad esempio, stiamo parlando di qualcosa di molto diverso da quel che vediamo nei quadri di Massagrande. Lui ci offre la trama dettagliata delle cose in un modo molto più forte di qualunque artigiano delle parole. E, stranamente, offre speranza, laddove invece i filosofi esistenzialisti rifuggono da essa. I quadri ci mostrano quanto intensamente possiamo – o lui può – fare esperienza di eventi visivi piuttosto ordinari, gli eventi di una trama e un colore che ci circondano ogni giorno. E questi eventi, da parte loro, suggeriscono che cosa è di valore nello spirito umano, anche dentro a scene di desolazione”.

Ufficio Stampa: Studio Esseci, Sergio Campagnolo, tel. 049.663499

Immagine: Matteo Massagrande: Interno, 200x150 cm

Inaugurazione: venerdì 9 settembre

Albemarle Gallery
49 Albemarle Street London
Orari: lunedì-venerdì 10-6 Sabato 10-4
Ingresso libero

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