Museo di arte moderna e contemporanea - MART
Rovereto (TN)
corso Bettini, 43
0464 438887 FAX 0464 430827
WEB
Tre mostre
dal 17/11/2011 al 25/2/2012
mar-dom 10-18, ven 10-21

Segnalato da

Flavia Fossa Margutti




 
calendario eventi  :: 




17/11/2011

Tre mostre

Museo di arte moderna e contemporanea - MART, Rovereto (TN)

'Carlo Valsecchi. San Luis' comprende 36 grandi opere fotografiche realizzate tra il 2007 e il 2008 in luoghi sperduti dell'Argentina e concepite come una sorta di Land Art. Disegni, installazioni, dipinti, video e due lavori site specific, sono presentati nella retrospettiva dedicata a Diango Hernandez; il tema principale della sua ricerca artistica e' la riflessione sulle traumatiche e spesso incomplete, transizioni della societa' cubana. Nel corso della sua multiforme attivita', Mirella Bentivoglio ha valorizzato i lavori di moltissime poetesse-artiste e ha raccolto una collezione che offre un panorama completo di tutta l'arte verbovisiva femminile dagli anni '60 ai giorni nostri. Questa raccolta e' stata ora donata al Mart che ne propone un'ampia selezione.


comunicato stampa

dal 18 novembre 2011 al 26 febbraio 2012
Carlo Valsecchi. San Luis

a cura di Gabriella Belli

Il Mart di Rovereto presenta "Carlo Valsecchi. San Luis", a cura di Gabriella Belli, dal 19 novembre 2011 al 26 febbraio 2012. Il progetto comprende 36 grandi opere fotografiche realizzate tra il 2007 e il 2008 in alcuni dei luoghi più sperduti dell’Argentina.
Carlo Valsecchi (Brescia 1965), tra i maggiori fotografi italiani, ha concepito questa serie come “una sorta di Land Art”: gli scatti fotografici veri e propri sono stati il punto di arrivo di un intenso lavoro di ricerca e analisi sui segni, tracce, spostamenti minimi generati dal passaggio umano e animale in un territorio sconfinato.

In "San Luis" si vedono campi arati, oppure spazi aperti mai toccati da mano umana; rettilinei stradali, o lunghissimi canali di irrigazione. In tutti questi casi Valsecchi mostra di voler indagare il rapporto tra spazio mentale e spazio fisico. Un tema, questo, centrale nella ricerca dell’artista, anche in lavori che hanno per soggetto scenari di tipo industriale e architettonico/urbano.
Nel caso di San Luis, la relazione tra ciò che esiste e ciò che si conosce rispetto alla realtà diviene estremamente articolata: il tipo di estensione a cui queste immagini si riferiscono, infatti, per un occidentale è quasi impossibile da decodificare.
Ad esempio nella monumentale “# 0507 San Luis” (2007), larga un metro e mezzo e lunga ben sedici metri e mezzo, un paesaggio sterminato è sormontato da una striscia azzurra. Per un europeo, una visione di questo tipo suggerisce la lontananza del mare. A San Luis, tuttavia, il mare è talmente lontano da essere radicalmente assente. L’azzurro è in realtà un effetto ottico generato da altre terre all’orizzonte che l’occhio non riesce a risolvere.

“La questione – sintetizza Walter Guadagnini nel testo in catalogo (Silvana Editoriale) – è quanto vedere, sino a che punto il vedere può essere spinto prima di trasformarsi nel contrario da sé, nella pura invisibilità”.

Una specie di corpo a corpo con l’idea stessa del limite, del confine quindi, descritta sempre in catalogo da Tobia Bezzola come “la vertigo dell’orizzontalità”. Il riferimento è alla celeberrima scena hitchcockiana di “Intrigo Internazionale” (in originale “North by Northwest”), in cui Cary Grant viene inseguito da un aereo in un campo che sembra precipitare in orizzontale.

“L’incontro con la vertigo dell’orizzontalità – spiega Valsecchi – è di una forza inaudita, lascia senza respiro. Devi dimenticarti di essere un abitante del vecchio mondo e farti avvolgere dagli spazi della natura. Di fronte alla natura noi uomini dimostriamo spesso una “transitoria arroganza” attraverso la quale diveniamo non-vedenti. Riuscire ad immaginare una relazione con la Natura primordiale di questi luoghi, per il sottoscritto è stato assai complesso, ma allo stesso tempo un desiderio insopprimibile”

Le fotografie di Valsecchi testimoniano quindi anche un tentativo di immaginare la natura senza l’uomo. A questo proposito nel suo testo Bezzola cita Joseph Brodsky e scrive “la vita senza di noi è concepibile. Giusto, ma è immaginabile?”

Carlo Valsecchi

Carlo Valsecchi nasce a Brescia il 30 gennaio 1965. Vive e lavora a Milano.
Dai primi anni Novanta ad oggi, ha compiuto campagne di documentazione e di screening dei luoghi della produzione, sfociate in mostre personali e collettive in Italia e all'estero, in spazi privati e pubblici.
Tra le prime, ricordiamo le personali all’Istituto Italiano di Cultura di New York nel 1999, alla Fondazione Guggenheim di Venezia nel 2000, alla Galerie 213 di Parigi nel 2001 e nel 2003, allo Studio Casoli di Milano nel 2001, da Guido Costa Projects di Torino nel 2003 e nel 2006, alla GAMeC di Bergamo nel 2003 e alla Fondazione Rosselli di Torino nel 2005. Del 2006 è il suo progetto sull’industria siderurgica, culminato in una grande mostra alla Triennale di Milano. Nel 2009 ha allestito la mostra Lumen al Musée de l’Elysèe di Losanna e alla Kellerkunst Gallery di Zurigo. Nel 2011, da segnalare “Lumen” alla Galleria Carla Sozzani di Milano, con il Musèe de l’Elysée – Losanna.
Tra le collettive è da menzionare la sua partecipazione alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1992, alla Triennale di Milano nel 1996, alla Semaines européennes de l’image - Le bàti, le vivant alla Chapelle du Rham di Luxembourg nel 2002, a Il fantasma della libertà, la sparizione dell’immagine nella fotografia italiana allo Spazio Erasmus di Milano nel 2002, Past, Present, Future alla Bank Austria Kunstforum di Vienna nel 2009 e al Palazzo della Ragione di Verona nel 2010. Nel 2011, Valsecchi è stato invitato da Norman Foster a partecipare al Padiglione Italia della Biennale di Venezia.
Numerosi i suoi libri e gli interventi critici sul suo lavoro: Tector - The architecture of an engine built for reliability, testi di Guido Costa, IVECO,Torino, 2000; Porto Vado, testi di Guido Costa, GF Group, Albenga, 2002; # 0148 Dalmine, testi di Giacinto di Pietrantonio, Skira, Milano, 2003; 2797°F, testi di Marco Meneguzzo e Javier Barreiro Cavestany, 5 Continents, Milano, 2006; Frutta e Verdura, testi di Luca Massimo Barbero e Giuseppe Barbera, 5 Continents, Milano, 2008 e Lumen, testi di Nathalie Herschdorfer e Hatje Cantz, Ostfildern (Germany), 2009.
Ultima pubblicazione in ordine di tempo è il libro “Carlo Valsecchi Fotografie. Architetture Caruso e Torricella.”, da poco uscito per Electa.
Sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche sia in Italia, che all'estero.
Carlo Valsecchi vive e lavora a Milano.

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Dal 18 novembre 2011 al 26 febbraio 2012
Diango Hernández
Living Rooms, a Survey

a cura di Yilmaz Dziewior

Il Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto presenta "Diango Hernández. Living Rooms, a Survey".
A cura di Yilmaz Dziewior, la mostra si terrà dal 19 novembre 2011 al 26 febbraio 2012 nella sede principale del Mart, a Rovereto.

Diango Hernández nasce nel 1970 a Sancti Spíritus nell’isola di Cuba, e vive a Düsseldorf dopo una formazione culturale e professionale che dal suo paese natale lo ha portato per qualche anno anche in Trentino. Questa mostra è la prima retrospettiva mondiale dedicata al suo lavoro, dopo numerosi riconoscimenti internazionali: le acquisizioni da parte di collezioni pubbliche prestigiose come il MoMA di New York, e le partecipazioni alla Biennale di Venezia del 2005, a quelle di San Paolo e Sydney nel 2006, a quella di Liverpool nel 2010, e, nello stesso anno, alla Triennale Kleinplastik di Fellbach.

“Diango Hernández. Living Rooms, a Survey” comprende 36 opere dal 1996 ad oggi, tra cui disegni, installazioni, dipinti, video e due lavori site specific (“Resistere” e “A house without objects”), realizzati appositamente per il Mart.

Uno dei temi centrali della ricerca artistica di Diango Hernández è la riflessione sulle traumatiche e spesso incomplete, transizioni della società cubana: l’eredità dolorosa dello schiavismo, le contraddizioni della decolonizzazione e della rivoluzione castrista; la ricerca di un nuovo “futuro possibile” dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Un altro tema ricorrente in queste opere riguarda la sfera personale dell’artista. Hernández lavora, infatti,“scavando” sul proprio vissuto e sul proprio bagaglio di relazioni, che intreccia e mette in connessione costantemente con riflessioni più ampie sul sociale e sulla politica.

Questa miscela spiega così il titolo scelto per la mostra: “Living Rooms, a Survey” (“Soggiorni, una Rassegna”). I “soggiorni” a cui Hernández fa riferimento sono il teatro di frammenti della vita cosmopolita dell’artista, ma sono anche i luoghi dove tutti i cubani costruiscono la propria esistenza quotidiana – spesso in senso letterale: riutilizzando pezzi di mobili, elettrodomestici e imballaggi.
Hernández ha cominciato a interessarsi all’uso di questi materiali dalla metà degli anni Novanta, quando viveva ancora a l’Avana. Dopo gli studi di Design Industriale, sulla strada per affermarsi come architetto, decide di voltare pagina. “E’ stato proprio quando lavoravo in uno studio di architettura – spiega Hernández nella conversazione con Dziewior pubblicata nel catalogo della mostra – che ho aperto gli occhi. Anche se si trattava di uno dei più importanti Studi di Cuba, le condizioni di lavoro erano penose. Quando cominciai a lavorare, i miei colleghi, tutti professionisti altamente qualificati che lavoravano in quello studio fin dai primi anni Sessanta, erano distrutti, consumati da un sistema che chiedeva ogni giorno di più, e che offriva molto poco in cambio. Era per me inaccettabile e disgustoso.” Abbandonata la carriera di designer e architetto, Hernández insieme ad alcuni amici comincia a “collezionare invenzioni realizzate da persone che cercavano di sopravvivere, combinando oggetti ritrovati, a volte inutili, per creare pratici strumenti di uso quotidiano”.

Così nelle sue “magiche” installazioni, scatole di cartone diventano radio -“Drawing (Box Radio)”, 2003 - altoparlanti scassati mutano in gabbie per uccelli -“Drawing (My Birds Don’t Want to Come Back)”, 2006 - e gambe di tavoli si trasformano in fiori (“Giardino tropicale”, 2009).

Spiega Hernández: “[Questi oggetti] non sono incompleti soltanto perché mancano alcune delle loro parti, ma anche perché il silenzio è divenuto la loro funzione permanente. Non sono nello spazio per produrre suono ma per produrre silenzio, che a volte può fare tanto rumore quanto una bomba. […] Mettere a tacere un oggetto equivale a mettere a tacere una persona”.

Questo linguaggio, una volta sviluppato, viene usato dall’artista anche per leggere il mondo che esiste “fuori dall’isola” e metterlo in relazione con Cuba. Ecco allora, in “Power Pencil” del 2007, Hernández utilizza per la sua installazione, dodici pali della luce, fatti di legno (proveniente dalla Valle di Primiero, in Trentino) con isolatori di porcellana e li trasforma in enormi matite. Questi pali, prodotti con una tecnologia ormai superata, vengono recuperati dall’artista, che - come scrive Luigi Fassi in catalogo - “li rivivifica trasformandoli da residui logori di una funzionalità ormai esaurita in gigantesche matite per scrivere”.

Hernández, con le sue invenzioni, utilizza al massimo il potere dell’artista per far dialogare mondi che sembrano non avere gli strumenti per entrare in contatto.

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18 novembre 2011 - 22 gennaio 2012
La Donazione Bentivoglio
Di Mirella Bentivoglio con la direzione scientifica Gabriella Belli e la collaborazione di Daniela Ferrari

All’inizio degli anni Settanta la presenza femminile nel panorama dell’arte era davvero sconfortante. Non per qualità delle opere, ma per consistenza del numero di artiste e per una seria difficoltà di accesso alle esposizioni, alla critica e al mercato.

A quarant’anni di distanza la situazione è radicalmente cambiata, anche in Italia. Una parte del merito spetta sicuramente a Mirella Bentivoglio.

Artista, poetessa e performer di calibro internazionale, Bentivoglio si occupa di poesia visiva a partire dagli anni Sessanta. Come curatrice, ha svolto un ruolo cruciale nell’emancipazione delle donne dai contesti da lei stessa definiti “mostre-ghetto”. Questo a partire dall’Esposizione Internazionale di Operatrici Visuali, affidatale da Ugo Carrega al Centro Tool di Milano nel 1972, e soprattutto in “Materializzazione del linguaggio”, alla Biennale di Venezia del 1978.
Nel corso della sua multiforme attività, è riuscita non solo a valorizzare i lavori di moltissime poetesse-artiste, ma anche a raccogliere una collezione di grande forza e originalità, che offre un panorama completo di tutta l’arte verbovisiva femminile dagli anni Sessanta ai giorni nostri.

Questa collezione, composta di circa 300 opere, è stata ora donata da Mirella Bentivoglio al Mart. Il pubblico potrà ammirarne un’ampia selezione nella mostra “La donazione Bentivoglio”, al Mart di Rovereto dal 19 novembre 2011 al 22 gennaio 2012.

A cura di Mirella Bentivoglio con la direzione scientifica Gabriella Belli e la collaborazione di Daniela Ferrari, la mostra testimonia l’assoluta internazionalità delle ricerche verbovisuali, con 19 paesi rappresentati.

Tra le opere di particolare interesse, “Cubes”, 1974 di Rimma Gerlovina. Si tratta di piccole scatole contenti scritte in russo. Spedite per posta come “giocattoli” dall’artista a Mirella Bentivoglio, sono state esposte, insieme alle opere di altre artiste dell’Est Europeo, alla Biennale del 1978 ufficialmente boicottata dal blocco sovietico.

Importanti anche gli “ideogrammi modificati” della giapponese Chima Sunada come “Sparire”, del 1976. Come nota Bentivoglio nel testo del catalogo alla mostra, “la sperimentazione verbovisiva, o poesia ottica che dir si voglia, in un modo o nell’altro riconduce la scrittura alla propria matrice ideografica”. Queste pratiche hanno avuto come effetto quello di promuovere una globalizzazione espressiva. Nelle “partiture verbali” di Paula Claire, che stupì alla Biennale del ‘78 leggendo venature di foglie, è testimoniata una simile tendenza al distacco tra la scrittura e il contesto verbale.

Infine, la mostra documenta estesamente il tema della fusione di corpo e linguaggio, argomento centrale per artiste come Anita Cheng, Ketty la Rocca, Maria Lai o Aurelia Munoz. L’identificazione di un corpo femminile con una lettera (Ketty la Rocca, “Il corpo e il linguaggio (“J”), 1969-70), scrive sempre Bentivoglio, è “quasi un rovesciamento di segno, vista la frequente presenza di nudità femminili nella consueta produzione figurativa maschile.”

Artiste presenti in mostra

AUSTRALIA
Ruth Cowen
Alina McDonald
Thalia

AUSTRIA
Greta Schödl

BRASILE
Neide Dias de Sá
Anna Bella Geiger
Vivian Gottheim
Anésia Pacheco Chaves Da Silva Telles
Inês Raphaelian
Thereza Salazar
Mira Schendel

CANADA
Marguerite Pinney
Eleonor Schott
Francesca Vivenza

COREA DEL SUD
Cheng Oan Kyu

DANIMARCA
Randy Hansen

EX JUGOSLAVIA
Biljana Tomić

FRANCIA
Denise Aubertin
Françoise Canal
Anne-Catherine Caron
Micheline Hachette
Claude Maillard
Geneviève Tasiv

GERMANIA
Hanne Darboven
Ulrike Eberle
Gisela Frankenberg
Annalies Klophaus
Hilde Margani

GIAPPONE
Izumi Ōki
Chima Sunada

GRAN BRETAGNA
Paula Claire
Pat Grimshaw
Jennifer Pike (Cobbing)
Betty Radin

ITALIA
Annalisa Alloatti
Cesi Amoretti
Luciana Arbizzani
Antonella Aversa
Marco Balzarro
Marilla Battilana
Mirella Bentivoglio
Caterina Bettega
Mariella Bettineschi
Tomaso Binga
Irma Blank
Sara Campesan
Francesca Cataldi
Nicoletta Crocella
Laura D’Andrea
Betty Danon
Chiara Diamantini
Lia Drei
Anna Esposito
Fernanda Fedi
Kiki Franceschi
Nella Giambarresi
Maria Ferrero Gussago
Luisa Gardini
Elisabetta Gut
Elena Lacava
Maria Lai
Liliana Landi
Sveva Lanza
Ketty La Rocca
Paola Levi Montalcini
Lucia Marcucci
Valeria Melandri
Gisella Meo
Giulia Niccolai
Anna Oberto
Anna Paci
Anna Paparatti
Giustina Prestento
Regina
Giovanna Sandri
Alba Savoi
Berty Skuber
Franca Sonnino
Lucia Sterlocchi
Dora Tass
Anna Torelli
Anna Uncini
Thea Vallé
Patrizia Vicinelli
Francesca Vivenza
Simona Weller

POLONIA
Janina Kraupe

PORTOGALLO
Ana Hatherly
Salette Tavares

REPUBBLICA CECA
Bohumila Grögerová
Rimma Gerlovina
Valery Gerlovin

RUSSIA
Natalja Goncharova

SPAGNA
Aurelia Munõz

SVIZZERA
Francine Widmer

USA
Carol June Barton
Cathy Berberian
Anita Cheng
Agnes Denes
Amelia Etlinger
Margaret Morton
Pia Pizzo
Mary Ellen Solt
Wendy Stone

Immagine: Mirella Bentivoglio, Lo specchio del cuore della consumatrice ubbidiente, 1975, serigrafia su metallo specchiante, pannelli protettivi in plexiglas, esemplare unico, cm 60 x 44. Mart, Donazione Bentivoglio

Il Mart ringrazia:
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto

In partnership con:
UniCredit

Partner tecnici:
Cartiere del Garda
Trentino Marketing

Per le attività didattiche: Casse Rurali Trentine

Responsabile Comunicazione: Flavia Fossa Margutti
Ufficio stampa:
Luca Melchionna 0464.454127 cel 320 4303487 - Clementina Rizzi 0464.454124 cel. 338 6512683 press@mart.trento.it

Venerdì 18 novembre 2011
ore 12.00 anteprima per la stampa
ore 18.00 inaugurazione

MartRovereto
Corso Bettini, 43 38068 Rovereto (TN)
Orari: mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
Tariffe:
Intero 11 Euro
Ridotto: 7 Euro
famiglie: 22 Euro
Gratuito fino ai 14 anni

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