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Daniel Meadows



 
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3/7/2000

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Libreria Agora, Torino

Agli inizi degli anni Settanta Daniel Meadows formava, assieme a Martin Parr, Brian Griffin e Chris Steele-Perkins, una sorta di avanguardia fotografica (non teorizzata né canonizzata) che voleva ridare vitalità alla fotografia documentaria inglese, innestando sulla base dell’eredità di autori come Bill Brandt e Tony Ray-Jones, solide influenze di oltreoceano: Walker Evans, ovviamente, ma anche e soprattutto Diane Arbus e il suo sguardo disilluso e sofferente.


comunicato stampa

Fotografie di Daniel Meadows

Agli inizi degli anni Settanta Daniel Meadows formava, assieme a Martin Parr, Brian Griffin e Chris Steele-Perkins, una sorta di avanguardia fotografica (non teorizzata né canonizzata) che voleva ridare vitalità alla fotografia documentaria inglese, innestando sulla base dell’eredità di autori come Bill Brandt e Tony Ray-Jones, solide influenze di oltreoceano: Walker Evans, ovviamente, ma anche e soprattutto Diane Arbus e il suo sguardo disilluso e sofferente.

Meadows, in diverse scorribande in lungo e in largo, fotografò la gente, l’inglese comune, l’ordinary British, tra il 1973 e il 1974 (958 persone in 22 città diverse), ma non si tratta di reportage sociale, non ritrae i suoi soggetti in casette a schiera o in interni desolati e sconfortanti, li coglie e mette in posa per strada, coinvolgendoli in un rapporto complice di reciproca curiosità.

Viste adesso queste fotografie parlano di un tempo che non c’è più e dicono molto, forse più di tanti reportage sociali espliciti: viene fuori un tempo in cui l’abbigliamento era ancora determinato dalle offerte del mercato locale e quindi lasciato in parte alla scelta individuale; le ragazzine andavano a fare spesa assieme alle madri, di cui erano spesso l’esatta copia per abbigliamento e aspetto; il sabato pomeriggio era il clou del divertimento giovanile, la notte era ancora tutta da conquistare, le discoteche erano ancora rare e il termine 'nightclubbing' ancora da inventare; i bambini giocavano nelle strade e si lasciavano tranquillamente fotografare dagli sconosciuti.

Per rendere ancora più evidente e 'leggibile' lo stacco temporale (ma che vuol dire ovviamente anche mutamento sociale, ambientale e dei costumi) Meadows ha rifotografato le stesse persone a venticinque anni di distanza, negli stessi luoghi, cercando, anzi, di ripetere il più possibile la stessa inquadratura. Il risultato è incredibile, perché quello che viene immediatamente percepito non è l’evoluzione, la storia individuale, ma il peso del passare del tempo, la sua incidenza nella vita e nel tessuto sociale. Ed è proprio questa la grande forza della fotografia 'di strada', il suo applicarsi alla storia minore con la consapevolezza che di lì passa la vera comprensione della realtà storica assoluta.
Bruno Boveri

Daniel Meadows (1952) ha alternato, dagli anni Settanta ad oggi, l’attività di fotografo free-lance, con quella di reporter televisivo, di docente di fotografia e fotografo per il cinema. Una grande mostra dei suoi ritratti di strada degli anni Settanta è stata tenuta in diverse gallerie in Inghilterra nel 1997.

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