Rosario Antoci
Federica Boràgina
Gina Brezini
Nino Calamuneri
Maurizio Cesarini
Alessandro Cirillo
Antonio D’Agostino
Nicola Di Caprio
Roberta Fanti
Oscar Ferrari
Maurizio Galimberti
Alessandro Gianvenuti
Gruppo Sinestetico
Vittorio Gui
Beatrice Morabito
Nicolas Pascarel
Luca Piovaccari
Michele Roberto
Guglielmo Renzi
Barbara Fontana
Chiara Scarfo'
Pio Tarantini
Giovanna Torresin
Emiliano Zucchin
Nino Abbate
Fotografia in Italia. 22 artisti hanno creato delle fotografie con diverse tecniche e linguaggi, rispettando la misura standard della mattonella in cotto di 30x30 cm.
a cura di Nino Abbate
Si inaugura sabato 30 giugno 2012 alla ore 19.00, presso il Museo Epicentro a Gala di Barcellona P. G. (ME), la XIX Esposizione Nazionale Artisti per Epicentro, dedicata alla “Fotografia in Italia“.
A cura di Nino Abbate, si avvale della presentazione di Andrea Italiano e dei testi critici in catalogo di Vittoria Biasi e Fabio Fornasari.
Sono presenti per questo primo appuntamento culturale dell’anno 2012 organizzato dal Museo Epicentro 22 artisti noti nel panorama nazionale e internazionale della Fotografia, artisti invitati con le loro opere nelle più prestigiose collezioni e rassegne d’arte come la Quadriennale di Roma, la Biennale di Venezia e Documenta di Kassel in Germania.
Per questo evento gli artisti: Rosario Antoci, Federica Boràgina, Gina Brezini, Nino Calamuneri, Maurizio Cesarini, Alessandro Cirillo, Antonio D’Agostino, Nicola Di Caprio, Roberta Fanti, Oscar Ferrari, Maurizio Galimberti, Alessandro Gianvenuti, Gruppo Sinestetico, Vittorio Gui, Beatrice Morabito, Nicolas Pascarel, Luca Piovaccari, Michele Roberto, Guglielmo Renzi e Barbara Fontana, Chiara Scarfò, Pio Tarantini, Giovanna Torresin, Emiliano Zucchini.
Hanno creato delle fotografie con diverse tecniche, supporti e linguaggi, rispettando la misura standard della mattonella in cotto di cm.30x30. Uguale misura per tutti gli artisti presenti dal 1994 nella collezione del Museo Epicentro che sono oltre 1000 e rappresentano l’arte in Italia nei suoi molteplici aspetti con i maggiori esponenti storici dal movimento di “Corrente” fino alle ultime tendenze.
Breve note biografiche :
Rosario Antoci (Ragusa, 1966). Indaga con l’obiettivo fotografico, la natura/architettura nei suoi contenuti. Federica Boràgina (Lissone, 1986). focalizza l’attenzione sull’importanza della storia per comprendere la contemporaneità. Gina Brezini (New York). Esplora con il mezzo fotografico la complessa vita interiore di diversi soggetti in un singolo fotogramma. Nino Calamuneri (Barcellona, 1962). Ritrae personaggi dal mondo della cultura, spettacolo e della società. Maurizio Cesarini (Senigallia, 1957). La sua ricerca si sviluppa attorno al problema della definizione identitaria, che fotografa nei suoi aspetti. Alessandro Cirillo (Bari, 1966). Da subito la sua fotografia si muove sul piano della ricerca linguistica unita alla costante incursione nel mondo degli affetti. Antonio D’Agostino (Catanzaro, 1938). Affronta un’idea ampliata dell’arte, che non può sottrarsi ad un confronto diretto e vitale con il tessuto sociale ed etico. Nicola Di Caprio (Caserta, 1963). Le sue opere fotografiche sono dettagli estrapolati dall’accavallarsi d’informazioni, d’immagini, progettate per la creazione di una nuova dimensione interpretativa. Roberta Fanti (Bologna, 1965). Opera sul sottile confine tra sacrificio e santità, sadismo e masochismo accostando immagini che costruiscono percorsi semantici filosofici e psicologici. Oscar Ferrari (Bologna, 1963). Si dedica esclusivamente alla fotografia dell'architettura. Maurizio Galimberti (Como, 1956). Con la Polaroid riesce in un istante a visualizzare una complessa scomposizione dell’immagine. Alessandro Gianvenuti (Roma, 1974). Fonde concettualmente le linee guida di quelle aree di sperimentazione separate, fotografia, video, cinema, che solo il computer consente. Gruppo Sinestetico (Fondato a Padova nel 1999). Matteo Albertin, Antonio Sassu, Gianluca Scordo. Mettono a confronto l’uomo e la sua quotidianità, esaltandone le virtù o denunciandone gli abusi e le prepotenze. Vittorio Gui (Bologna, 1966). All'interno delle sue opere fotografiche ritroviamo, una profonda dimensione spirituale. Beatrice Morabito (Genova, 1976). Considero il suo lavoro come una sorta di Diario segreto dove, invece di scrivere i sentimenti, desideri, emozioni, esperienze, congela l'immagine e l'emozione legata ad esso e la fotografa. Nicolas Pascarel (Parigi, 1966). Ogni suo viaggio in giro per il mondo, si tramuta in emozioni e sensazioni che trasmette nelle sue fotografie. Luca Piovaccari (Cesena, 1965). Trasforma la realtà chiusa dell’immagine fotografata in schermo quasi specchiate e di nuovo aperto al mondo. Guglielmo Renzi e Barbara Fontana (Firenze). Svolgono un' attività multidisciplinare che comprende design arte e architettura. Michele Roberto (Molfetta). Coltiva da tempo l’interesse per la fotografia, con una particolare predilezione per i temi legati all’ambiente e ai beni culturali.Chiara Scarfò (Genova, 1977). Nelle sue fotografie il corpo si presenta come involucro sfrontato e inaccessibile, nascondiglio e rifugio del pensiero. Pio Tarantini (Torchiarolo, 1950). Rappresenta luoghi e cose cariche di valenze simboliche. Giovanna Torresin (Usmate-Velate, 1954). Utilizza il mezzo fotografico per una ricerca concettuale del divenire del corpo. Emiliano Zucchini (Frascati, 1982). La serie “ombre d‘antenna“ sono scatti che colgono le ombre delle antenne e la loro realtà altra che le fa diventare sorprendenti segni e strutture nello spazio.
L’esposizione si può visitare presso il Museo Epicentro, via mercurio Gala di Barcellona P.G. (ME). Ogni giorno dalle ore 10/12 - 16/19 - domenica 10/12 - lunedi chiuso - fino al 30 luglio 2012.
Per informazioni Tel. 0909771295 - 3450011743
e mail epicentromuseo@virgilio.it - www.museoepicentro.com
Hanno scritto in Catalogo: Vittoria Biasi e Fabio Fornasari
Mattonelle d’artista nel Museo Epicentro
Vittoria Biasi
Elémire Zolla definisce ‘aura’il tempo dell’incontro: questo è l’annuncio di qualcosa di ignoto, di una corrente sotterranea che offrirà diverse immagini della successiva organizzazione, di cui non si conosce il senso di origine.
Nell’era tecnologica, tra mondi virtuali e spaziali, il concetto di incontro assume nuove modalità. La contemporaneità sta mutando l’assetto politico - culturale con Facebook. Il suo spazio virtuale determina occasioni infinite di conoscenze di rappresentazioni che sfuggono alla comunicazione dominante. Situazioni profonde trovano un loro percorso e si propongono con la forza del pensiero che le ha determinate. I nuovi canali informativi mi hanno consentito la conoscenza di Nino Abbate e del Museo Epicentro. Il museo nasce da una tensione creativa, esaltata, meditativa, che fa sgorgare nella mente di altri artisti l’adesione, la partecipazione alla dimensione che amo definire cosmica. La nuova ideologia che ha ispirato Abbate per la creazione del museo percorre un sentiero di particolare collezionismo.
La raccolta museale è costituta da opere uniche che Abbate ha raccolto invitando gli artisti alla realizzazione di una mattonella d’arte seguendo le dimensioni predefinite. Ogni mattonella è la pagina di un quaderno su cui l’artista esprime la propria cifra, convergenza di scritture, segno profondo della sua poetica. La mattonella d’artista può essere considerata l’oltre del libro d’artista. Quest’ultimo dialoga con l’idea del ripiegamento, della chiusura del libro. La mattonella può rappresentare la storia antecedente: la scrittura su tavoletta, la fragilità, la sfida al tempo, alla storia, la congiunzione dell’opera con la terra, che tutti comprende. In tal senso, la collezione racchiude l’idea cosmica di ricongiunzione del mondo delle idee con quello della terra, del letto naturale.
Il collezionismo di Nino Abbate, in collaborazione con la moglie Salva Mostaccio, artista anche lei, rammenta alcune considerazioni di Walter Benjamin a proposito di Fuchs, che definisce un pioniere#. Anche Abbate è “fondatore di un archivio, unico nel suo genere” o meglio pioniere di una diversa concezione materialistica dell’arte.
Il grande collezionismo è legato ad una gerarchia di valori e alla trasformazione del mercato. La storia del Museo Epicentro è legata alla sensibilità dell’artista e dei collaboratori per convalidare l’esistenza di una raccolta in cui la dialettica apre nuovi percorsi, dove la cultura del potere è compagna di culture più silenziose, che come un granello di sabbia possono inceppare un sistema, espressioni che creano una visione più completa e più “pura” dei tempi.
Uno sguardo sulla storia del Novecento conferma che la fede di pochi ha consentito la sopravvivenza di opere e di pensieri, che hanno determinato trasformazioni estetiche. Gli scritti di Malevič, dattiloscritti in cinque esemplari e illustrati a mano, sono stati conosciuti solo nel 1970 e per decenni il silenzio è sceso sul nome del grande artista, anche se Lissitzky e Souiétine applicavano i principii suprematisti. Solo negli anni ’50, con l’operazione dello Stedelijk Museum, sarà possibile conoscere la poetica dell’artista russo che ha determinato la ricerca cromatica e filosofica del secondo Novecento. In alcuni collezionismi è racchiuso lo snodo culturale, la filologia di una rivoluzione linguistica, che arricchire ed estende i confini dei processi artistici.
La collezione del Museo Epicentro documenta una storia altra: diviene il difensore della ricerca artistica, che non dimenticando le espressioni eloquenti, ha il coraggio di seguire e dare spazio agli intagli, ai linguaggi che costituiscono i territori culturali del tempo. Le pareti del Museo sono come un paesaggio dove le diversità si fondono in un concetto di unità visiva. L’artista è in grado di attraversamenti e di identità, che si intrecciano ad altre, in cui il segno apre inattesi orizzonti e letture storiche. Le grandi dimensioni delle opere d’arte contemporanee hanno messo in crisi la politica espositiva per problemi di spazi e di budget. Il Museo Epicentro in questo panorama è uno scrigno a cui ogni artista consegna il proprio sigillo creativo ed è l’unico che potrà sempre esistere perché nasce da una passione profonda. Per Balzac i collezionisti sono gli uomini più passionali che esistano al mondo!#
1 Cfr. Walter Benjamin, Eduard Fuchs, Il collezionista e lo storico, in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1995, p.81.
2 Walter Benjamin, op. cit., p. 102
Vittoria Biasi, critica e storica dell’arte contemporanea, è docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dopo il corso laurea in studi umanistici, si interessa alle teorie del bianco frequentando per un anno l’Ecole de Haute Etude a Parigi con Hubert Damish. Vicina ad artisti interpreti della monocromia bianca, si dedica alla critica teorica realizzando eventi e mostre nazionali e internazionali con particolare attenzione agli scenari culturali dell’oriente. E’ invitata a conferire in convegni sul bianco e sulla sua luce, tra cui Lumière [s] en usage, Périgueux 1998. Dal 1996 al 2000, realizza gli eventi di Luce d’Arte per l’Arte nelle città di Roma, Parma, Padova. Produce la prima traduzione dal francese di Henry Meschonnic pubblicandone stralci di Modernité, Modernité (Gallimard, Parigi,1994) per Homo Sapiens n.3, Teseo Editore , Roma, 1999. Tra le sue pubblicazioni: Stati del bianco, Stampa Alternativa, 1994; Accordi di luce. Luce d’arte per l’arte, Teseo Editore, Roma 998. Ha scritto per la rivista Lighting. Con un suo testo è presente in Fabrizio Crisafulli, Teatro dei luoghi. Il teatro come luogo e l’esperienza di Formia (1996-98), G.A.T.D.,Roma, 1998. Cura manifestazioni sul libro d’artista in Italia e all’estero.
1 Cfr. Walter Benjamin, Eduard Fuchs, Il collezionista e lo storico, in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1995, p.81.
2 Walter Benjamin, op. cit., p. 102.
l’IPOcentro
Fabio Fornasari
Accetto con molto piacere l’idea di scrivere queste righe sulla mia visione del museo Epicentro.
In questo sarò fedele. Non intendo parlare del “catalogo” delle firme ma della mia esperienza legata alla tua idea di museo. Come ho fatto per il mio contributo, che ho realizzato senza avere precedentemente visitato il museo, non ho letto alcuna critica su questo museo. Nulla ho guardato successivamente alla mia visita per non venire influenzato. Questo perché, detto con le migliori intenzioni, in qualche modo ci hai “giocati tutti” facendoci “giocare” con il tuo dispositivo museo sapientemente costruito.
Mi spiego: l’esperienza di qualsiasi cosa non è solo un contributo intellettuale ma è anche fatto di una serie di dati sensibili legati alle occasioni, al movimento, agli odori e che normalmente sintetizziamo con la parola “visione”.
Scendere le scale per entrare nel museo è un elemento molto ricco di implicazioni per una esperienza che si va costruendo. DIscesa che si ripete due volte e ogni volta è una calarsi all’interno di un sostanza, l’accesso a una intimità.
Sono sempre stato convinto che il museo e i territorio sono intimamente legati. Il territorio è una stanza che introduce al museo, alla casa che abitiamo. E’ il modo di attraversare da uno all’altro che segna l’esperienza.
E quindi quella soglia che divide stanza-territorio e stanza-museo, la scala, è l’elemento che attiva l’esperienza, che costruisce l’aura. Aura che si rafforza e crea un ulteriore salto nell’intimità dell’opera-museo quando si scende la seconda scala - a chioccola - per entrare nel vero cuore intimo del tuo museo: il tuo laboratorio, l’IPOcentro, il luogo dove l’energia si produce, scatena e che partecipa e fa partecipare.
Dover chinare il capo per entrare nella spirale della scala porta a scendere la stessa con una attenzione che apre tutto il corpo all’esperienza. In questo procedere si inquadra la “visione” del museo
C’è un russo che stimo molto, Sklovskji che diceva una cosa molto vera: per suscitare la nostra percezione della vita, per rendere sensibili le cose, per fare della pietra una pietra, esiste ciò che noi chiamiamo arte. Il fine dell’arte è di darci una sensazione della cosa una sensazione che deve essere visione e non solo riconoscimento. Fino a quando ho visto le sole immagini del museo mi ero fermato al “riconoscimento” delle singole tessere del mosaico, alle singole opere che già di per sé basterebbe per “sostenere” l’iniziativa. Ma anche al riconoscimento della raccolta, della collezione. Non ne avevo sentito ancora l’Aura e la complessità.
E’ stato fare i due passaggi che mi ha fatto capire l’importanza di questa esperienza, ne ho colto la visione che hai avuto intorno a questo lavoro. Toglie l’automatismo della visione, richiama il senso della scoperta e la condivisione di una avventura. Non ho avuto il tempo di pensare alle mie convinzioni sui singoli autori, sulla materia ceramica, sui supporti, sul museo in genere e sul collezionista, ma mi si sono riempiti gli occhi dell’energia che ogni singolo autore ha saputo esprimere per entrare all’interno dell’IPOcentro.
Questo percorso, questa discesa dall’epicentro all’ipocentro credo sia l’Opera del museo, la più importante.
Fabio Fornasari (Bologna,1964). Architetto e artista, si occupa di progetti e studi che pongono il ricercare, il mostrare e il raccontare al centro del proprio lavoro: installazioni, allestimenti museografici, progetti editoriali. Alterna la pratica professionale con la didattica presso la NABA - Nuova Accademia di Belle Arti - di Milano. Ha insegnato presso la Facoltà di Sociologia di dell’Università di Urbino “Carlo Bo” fino al 2010 e l’Accademia di Belle Arti di Bologna. E‘ autore dell’allestimento della GAM-Museo dell’Ottocento di Milano e, con Italo Rota, è autore del Museo del Novecento di Piazza Duomo a Milano.
Inaugurazione 30 giugno ore 19
Museo Epicentro
via Mercurio, 71 - Barcellona Pozzo di Gotto (ME)
Da martedi a sabato ore 10 -12 / 16-19 / festivi 10-12 lunedi chiuso