Museo Archeologico Regionale MAR
Aosta
piazza Roncas, 12
0165 275902 FAX 0165 230537
WEB
Due mostre
dal 19/6/2003 al 26/10/2003
0165 275902 FAX 0165 273275
WEB
Segnalato da

Ilaria Gianoli




 
calendario eventi  :: 




19/6/2003

Due mostre

Museo Archeologico Regionale MAR, Aosta

I Divisionisti piemontesi. Da Pellizza a Balla. E' la prima rassegna esaustiva sul divisionismo piemontese e presenta ventisei artisti con oltre ottanta opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private. 'Marino Marini. L'origine della forma. Sculture e Dipinti', una mostra dedicata alla personalita' e all'opera di uno dei maggiori maestri dell'arte europea.


comunicato stampa

I Divisionisti piemontesi. Da Pellizza a Balla

Museo Archeologico Regionale
Aosta

Regione Autonoma Valle d'Aosta
Assessorato dell'Istruzione e della Cultura Direzione Attività Culturali

Venerdì 20 giugno inaugura, nell'ambito del Progetto Valle d'AostArte, la mostra I Divisionisti piemontesi. Da Pellizza a Balla presso il Museo Archeologico Regionale di Aosta.

E' la prima rassegna esaustiva sul divisionismo piemontese e presenta ventisei artisti con oltre ottanta opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private.
Curata dallo storico dell'arte Giuseppe Luigi Marini, la mostra prende in considerazione il periodo dal 1890 sino alla prima Guerra Mondiale, anche se non mancano sconfinamenti sino agli anni Trenta.

L'interesse della rassegna, senza dimenticare l'apporto determinante dei 'padri fondatori' del divisionismo, è nella documentazione del vario contributo degli artisti comprimari e di personalità confinate nell'ambito delle 'comparse', quando non addirittura ignorate.

Il percorso espositivo, diviso in quattro sezioni, prende avvio dai Maestri del Divisionismo con i protagonisti di questa tendenza artistica a partire dall'ultimo decennio dell'Ottocento.
La prima parte della mostra presenta alcuni dei capolavori di Giambattista Ciolina, Carlo Fornaia, Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo. Di quest'ultimo si possono ammirare Il cammino dei lavoratori, uno dei suoi dipinti più celebri, che documenta una conclusiva fase di studio nell'elaborazione del Quarto Stato e Il sole nascente, esposto una sola volta nel 1941, straordinario modello del famoso dipinto acquistato dalla Galleria d'Arte Moderna di Roma nel 1906.

Un secondo gruppo di opere testimonia la ricerca di quei pittori di 'seconda generazione' considerati gli interpreti del Divisionismo, come Angelo Barabino, Cesare Maggi, Matteo Olivero, Simone Salassa, Alberto Falchetti, Ernesto Barbero e di un tardo e fedele prosecutore come don Angelo Rescalli.

La terza sezione della mostra comprende sia gli artisti che hanno subito l'influenza del Divisionismo sotto differenti aspetti, come Paolo Paschetto, Giovanni Battista Carpanetto, Guido di Montezemolo, Luigi Bolongaro, sia quelli che ne hanno originalmente rielaborato i caratteri distintivi, come Andrea Tavernier, Romolo Ubertalli e Leonardo Bistolfi e sperimentatori occasionali come Giuseppe Sobrile e Luigi Onetti, sino ad arrivare a coloro che ne furono prosecutori tardivi e più generici come Alberto Ferrero, Camillo Besana e Alfredo Belcastro.
L'esposizione si conclude con le opere di quei pittori che hanno vissuto un periodo Divisionista prima di approdare al Movimento Futurista, come Giacomo Balla e Carlo Carrà o che, come Giusppe Cominetti, prima firmatario del Futurismo, proseguì in pratica sulla falsariga degli esordi nella pittura divisa, però interpretando i temi della vita moderna con, tra gli altri, l'esemplare Tango del 1914.

Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene un testo critico di Giuseppe Luigi Marini, le biografie complete degli artisti presenti in mostra e le schede relative alle opere esposte.

Immagine: GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO, Il cammino dei lavoratori

Curatore: Giuseppe Luigi Marini

Catalogo: Silvana Editoriale
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Marino Marini. L'origine della forma. Sculture e Dipinti

Venerdì 20 giugno 2003, nella sede del Museo Archeologico Regionale di Aosta, inaugura la mostra Marino Marini. L'origine della forma. Sculture e Dipinti dedicata alla personalità e all'opera di uno dei maggiori maestri dell'arte europea.

La rassegna, organizzata in collaborazione con la Fondazione Marino Marini di Pistoia, curata da Erich Steingräber, uno dei più noti conoscitori internazionali dell'opera di Marini e da Alberto Fiz, si inserisce nell'ambito del Progetto Valle d'AostArte e comprende oltre 100 opere tra sculture e dipinti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private italiane e straniere, tra cui la Hamburger Kunsthalle di Amburgo, la Kunsthaus di Zurigo, oltre alla Fondazione Marino Marini di Pistoia, il Museo Civico di Pistoia, il Museo Marino Marini di Firenze, la Collezione Barilla d'Arte Moderna di Parma.

La mostra, dal taglio inedito, intende analizzare i differenti aspetti dell'indagine di Marini (Pistoia, 1901-Viareggio, 1980) analizzando l'intero corpus della sua opera, dalle prime realizzazioni degli anni Venti sino alle testimonianze degli anni Settanta. 'La mostra vuole affrontare l'opera di Marino in tutte le sue sfaccettature rivelando anche quegli aspetti nascosti che non coincidono necessariamente con i suoi celebri Cavalli e Cavalieri', spiega Alberto Fiz.

Accanto alle opere scultoree, la mostra approfondisce l'esperienza pittorica di Marini presentando alcuni capolavori come Il Teatro delle maschere del 1956, considerato forse il suo dipinto più importante.

Un'attenzione particolare viene data ai ritratti, 'i più vivi e pungenti apparsi in scultura dopo la ritrattistica egizia e romana e dopo i capolavori rinascimentali e barocchi', come ha sottolineato Giovanni Carandente. In questo ambito, vengono esposte le opere di Marini dedicate agli amici artisti, intellettuali e personaggi della cultura come Carlo Carrà, Marc Chagall, Fausto Melotti, Germaine Richier e Curt Valentin. Sono capolavori di introspezione psicologica ed esistenziale nei quali Marini riesce a 'distillare' lo spirito del modello attraverso un profondo scavo nei tratti fisici. Anche la moglie, Marina, è spesso elemento d'ispirazione e in mostra sono messe a confronto due opere dedicata a Marina, entrambe del 1940.

Dal Museo Civico di Pistoia giunge il primo ritratto eseguito dall'artista poco più che ventenne, Testa di uomo da cui emerge la straordinaria capacità plastica dell'artista che dimostra l'intendimento di andare oltre l'immagine esteriore per coglierne gli aspetti più intimi. Dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia, giungono, poi, i piccoli ritratti L'ammalata, 1927-28, e La monaca, 1928, che rivelano l'influenza di Medardo Rosso; mentre lo studio della figura umana intera dà luogo ad esiti di 'arcadica naturalezza' nelle opere giovanili come Giovinetto, 1927-28, e Piccolo nudo, 1929, nate da una lunga meditazione dei modelli classici e rinascimentali. L'osservazione dell'uomo espressa nella forma realistica e classica risulta essere per Marini la fonte primaria d'ispirazione e assume una declinazione di solenne arcaicità in Ersilia, proveniente dalla Kunsthaus di Zurigo, monumentale legno policromo iniziato nel 1930 e portato a termine soltanto nel 1949, considerato tra i capolavori della scultura del XX secolo. Qui il modello originario muta, dopo una lunga elaborazione, nella versione finale di un idolo silente, immoto, carico di mistero, come talune sculture dell'antico Egitto ed etrusche.
La mostra prosegue con le tante figure femminili come Giovinetta, 1943, Piccola Pomona, 1943, Piccola Giuditta, 1944, e Piccola danzatrice, 1944, dove sono chiari i riferimenti alla classicità greca. 'La figura femminile sta nella nostra natura', ha scritto Marini. 'E' come uno che cerca il sole, è la stessa cosa'.

Un altro tema di fondamentale importanza è quello dei Giocolieri di cui compare in mostra Giocoliere del 1944 che comunica l'idea di un moto incipiente, di un corpo che si accinge a variare di posizione ed è trattenuto da un evento imponderabile.

Ma è soprattutto al tema equestre che Marini affida la sua riflessione sulla condizione umana. Il mito del cavaliere che prende forza e slancio dall'animale diventa simbolo dell'uomo che procede verso un orizzonte ignoto, carico di un destino minacciato da catastrofi cui finisce per soccombere. I due Cavalli del 1942 e del 1945, entrambi provenienti dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia, sono ancora figure serene e calibrate, salde nella loro postura e affidate ad una precisa scansione spaziale e prospettica. Per quanto riguarda, invece, i capolavori del dopoguerra come Cavallo del 1950 proveniente dalla Hamburger Kunsthalle e Cavaliere del 1951 messo a disposizione dalla Collezione Barilla i volumi, pur mantenendo una spazialità verticale, cominciano a scompaginarsi.
'Le mie statue equestri, scrive Marini, esprimono il tormento causato dagli avvenimenti di questo secolo. L'inquietudine del mio cavallo aumenta a ogni nuova opera, il cavaliere è sempre più stremato, ha perduto il dominio sulla bestia'. E ancora: 'Io aspiro a rendere visibile l'ultimo stadio della dissoluzione di un mito, del mito dell'individualismo eroico e vittorioso, dell'uomo di virtù degli umanisti. La mia opera degli ultimi anni non vuole essere eroica, ma tragica'. Questo processo si compie in modo definitivo con i Miracoli di cui in mostra compare Piccolo Miracolo del 1951 e Miracolo del 1956. I Miracoli rappresentano cavalieri rovesciati dove 'l'idea parte fino a distruggersi', come scrive Marini. Che aggiunge: 'questa idea infuocata, la poesia di questo cavaliere che ad un certo punto si rompe, vuole andare in cielo, vuol bucare la crosta terrena'. Tragica interpretazione figurativa della realtà storica, scandita da un'evoluzione stilistica che muove verso esiti di potente drammaticità e da un linguaggio sempre più improntato all'astrazione.

Ad arricchire l'esposizione vanno segnalate, inoltre, le sculture di piccola dimensione degli anni Cinquanta che raffigurano giocolieri, acrobati, danzatrici, veri capolavori per l'acutezza della visione e per la frenesia dinamica che li anima, oltre ad alcuni bassorilievi degli anni Trenta e Quaranta di argomento sacro e mitologico come Bacco del 1935, proveniente dalla Kunsthaus Zurigo, Crocifissione, 1939, e Le tre Grazie, 1943, provenienti dalla Fondazione Marino Marini.

Accanto alle sculture, un'attenzione particolare viene riservata ai dipinti, da cui emerge la straordinaria capacità di sintesi compositiva propria di Marini in opere per nulla subalterne all'indagine plastica. 'Ho sempre avuto bisogno di dipingere. Non comincio mai una scultura prima di indagarne pittoricamente l'essenza', ha dichiarato l'artista. 'Creo un colore vicino ad un altro e poi ci disegno sopra, ci ritorno sopra fino a che non si creano delle incrostazioni le une sulle altre che poi danno la materia da sé'. La pittura e lo studio del colore rappresentano, dunque, per Marini un luogo privilegiato di riflessione e ricerca, un'altra straordinaria avventura cui affidare il suo imponente repertorio di figure e personaggi. Da Pomone, Giocolieri, Cavalli, agli affollati gruppi di figure come La parata I, 1950, e lo straordinario Teatro delle maschere, 1956, considerato il suo capolavoro, sino a Mobilità del colore, 1958, una composizione astratta tutta giocata sui rossi, sono molti i soggetti e i temi presentati in mostra nell'ambito di un percorso che rivela il misterioso legame tra scultura e pittura.

La mostra è accompagnata da un ampio catalogo in italiano e francese, con saggi di Erich Steingräber, Alberto Fiz e Maria Teresa Tosi.
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Inaugurazione: 20 giugno 2003 ore 18.00

Orari: tutti i giorni, ore 9-19

Ingresso: intero euro 6,00, ridotto euro 4,00

Info: tel. 0165 27 59 02

Uffici stampa: Andrea Andruet, tel. 0165273246, fax 0165273275
Ilaria Gianoli, tel/fax 02 51 44 06-333 6317 344
Alessandra Santerini

Sede: Museo Archeologico Regionale, Piazza Roncas 1, Aosta

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