Arianna Sartori Arte and Object Design
Mantova
via Cappello, 17
0376 324260

Edi Brancolini
dal 9/1/2013 al 6/2/2013
feriali 10-12.30 e 16-19.30

Segnalato da

Arianna Sartori



approfondimenti

Edi Brancolini



 
calendario eventi  :: 




9/1/2013

Edi Brancolini

Arianna Sartori Arte and Object Design, Mantova

Il mito: ieri, oggi e domani. L'artista utilizza le tipologie iconografiche della classicita' rinascimentale per "inscenare" la rappresentazione degli interrogativi che emergono dallo scandaglio dell'inconscio.


comunicato stampa

La Galleria “Arianna Sartori - Arte & object design” di Mantova, nella sede di via Cappello 17, dal 10 gennaio al 7 febbraio 2013, presenta la mostra personale dell’artista modenese Edi Brancolini “Il mito: ieri, oggi e domani”.
La mostra, si inaugurerà Giovedì 10 gennaio alle ore 17.00, alla presenza dell’artista.

Edi Brancolini è un pittore del profondo e del mistero, ma le immagini che porta in luce hanno una loro esplicita chiarezza, sottolineata da un segno pittorico estremamente puntuale e fortemente narrativo. Con il lavoro di Edi Brancolini si può parlare sia della messa a punto del fondo della tela alla maniera degli antichi, sia del disegno preparatorio di grande maestria, che della stesura cromatica meditata e sensuale. Non è tanto un pittore citazionista, ma piuttosto un maestro del colore che guarda alla tradizione e che utilizza le tipologie iconografiche della classicità rinascimentale per inscenare la rappresentazione degli interrogativi che emergono dallo scandaglio dell’inconscio. Brancolini tiene conto delle regole degli antichi pittori che occupano la tela eseguendo le campiture per sedimentazione, considerando il colore come un valore segnico, che poco per volta, in seguito a successive velature acquisisce forma e consistenza.

Egli prepara il supporto della tela seguendo le antiche regole canoniche e quando la superficie è pronta , inizia a mettere in atto la dinamica creativa senza più nessuna nostalgia del passato, bensì vivendo il suo tempo con tutta la consapevolezza e la lucidità dell’uomo moderno, per il quale il gioco della citazione di situazioni fuori del tempo diventa metafora del nostro stesso vivere. Essendo un pittore squisitamente simbolista, Edi Brancolini dispone di una iconografia inesauribile, come inesauribili sono le sue soluzioni visive ed i suoi stati d’animo, che si coniugano nell’armonia equilibrata delle campiture. L’asse delle sue rappresentazioni, che si distendono su precise coordinate geometriche, comporta l’efficacia verista delle luci e delle ombre, delle prospettive e dei primi piani, quanto al suo simbolismo formale e contenutistico, esso si nutre dei sentimenti e delle gestualità ieratiche dei personaggi, che sembrano immersi in un limbo depurato dalle passioni terrene. Se l’iconografia sacra di tradizione cristiana è un tema privilegiato di Brancolini, dove l’eccellenza esecutiva conferisce alla rappresentazione l’essenza mitica che la rende attuale, tuttavia si impongono anche tematiche più pagane. In questo modo l’esibizione della nudità del Cristo morto agisce all’interno di un saggio sincretismo iconografico e religioso, che può ben comprendere, assieme alla predica agli uccelli di san Francesco, anche la passività erotica di Ulisse vittima di Circe. Così diventa anche possibile la morte di Patroclo a Troia all’interno di un polittico che ricorda le pale del Mantenga. Pervase infine di ironica partecipazione sono le cronache omeriche e guerresche, inquadrate come competizioni sportive senza sangue, anche se feroci. Anche l’estrema guerra fra i sessi può essere illustrata nella rassegnata delusione di una bruttezza scimmiesca, oppure ritratta nell’opulenza carnale di un eterno femminino preso letteralmente d’assalto come una fortezza da ometti assatanati. Questi lavori sono dunque di grande chiarezza sia pittorica che esplicativa; qui il gioco della gestualità si accompagna ad una poetica ridente, allo scambio di giochi e di ruoli tra passato e presente, alla distribuzione di simbologie iconiche preziose ma non pretenziose. Sono sipari che si aprono su finzioni esplicite, rivelazioni di segreti, ironie dissacratorie, ma anche riflessioni etiche sommesse, senza pretese moralistiche. Così , nella composizione dedicata al vizio dell’ozio , le figure, che appaiono fisicamente segregate, non ostentano consapevolezze peccaminose, ma solo la tranquilla consapevolezza della loro staticità.
Vittorio Sgarbi
(da “I giudizi di Sgarbi” ed.Mondadori)

Edi Brancolini: i miti moderni di un preraffaellita.
Dall’alto di una rupe, prono sul ristretto spazio che la sola veste arancione sa contenere, similmente ad un monaco orientale, lo stilita riposa e medita. Isolato in un paesaggio terracqueo e confortato dal silenzio, l’asceta, improbabile, ma vagheggiata creatura dell’attuale nuovo millennio, sosta. In seguito alle sconfitte vergognose nelle scalate all’Olimpo, la creatura di Brancolini, avverte la necessità di abbandonarsi nel soliloquio della meditazione; è l’opportunità per rigenerare il simbiotico rapporto con l’universo. Sulla stele è a volte una creatura nuda, raggomitolata in posizione fetale, disposta a rinascere in un nuovo Eden. Tra le rocce, lucenti e sconfinate, gli smeraldini specchi d’acqua accolgono, in un idilliaco, amniotico, brodo primordiale, la saggezza del colloquio intimo. Il paesaggio è sfumato nella corale condizione di finta quiete: permea la tensione verso l’Alto. L’uomo edifica le torri di Babele. Con l’ausilio di pali, con possenti massi a fondamenta della grande ara, con lo sforzo di sacrificali cariatidi e di ignari peccatori costretti ad espiare colpe d’origine, si tenta di edificare l’osservatorio della conoscenza. Adamo ed Eva, indubbiamente le icone simbolo del percorso catartico dell’umana specie, reggono la volta della fede e della ragione, sulla quale sormonta la sfera: la perfezione, la terra, l’uovo, l’origine. Le certezze materiali si definiscono con la luce dell’alba. Ed è con la luce, con la luce della ragione, che si eclissano le parvenze; dal colloquio intimo, confortato dal dubbio, l’uomo di Brancolini azzarda nuove ipotesi per la sperimentazione. Messo in discussione l’ipse dixit si stracciano i pochi legacci inibitori che trattengono l’uomo alla terra; inizia il volo. E’ un innalzarsi goffo, pesante; è comunque un batter di braccia all’unisono. Per l’Artista di Carpi i “voli sincronizzati” sono epistemologiche speculazioni sul destino e sulla natura dell’essere. In modo personalissimo, riprende il linguaggio dei preraffaelliti e con sorprendente chiarezza decodifica gli universali significanti. Nella fase esecutiva dell’opera è uno scrupoloso continuatore delle tecniche e delle forme che si estesero fino al protorinascimento. Vanta l’uso dei colori alla caseina, una sorta di arcaica tempera dagli straordinari effetti cromatici, che in fase di rifinitura arricchisce con soluzioni grasse per dare la consistenza del colore ad olio. Le opere sono il frutto di un lavoro incessante di velature e finiture, tocchi di pennello e sfumature. Alla stregua di Rossetti e di Klinger, Brancolini ritorna al soggetto del passato della tradizione della mitologia e della religione, calato nei ruoli del quotidiano. Recupera la religiosità popolare, l’iconografia del ieri con i riferimenti a oggi, con la ridda di dubbi, senza intenti polemici, né di denuncia. In effetti l’illustrazione della Vita Nova e della cantica dell’Inferno di Dante ed di alcune Metamorfosi di Ovidio trovano sorgente d’ispirazione nella comparazione con il modo di vivere presente. L’analisi del simbolo coevo, attraverso la riproposta del tema del passato è l’espediente peculiare dei preraffaelliti. Analogamente a Dafne, in cui la fitogenesi salda il legame alla terra, le radici dell’uomo sono fisse nel sostrato granitico. C’è in ogni caso la tensione al Cielo, nel tentativo di abbeverare l’anima al bello apollineo. Lo sfondo è l’Arcadia: idilliaca, sconfinata, inquietante. Sopra meandri d’alvei d’acque cristalline, violate da rari picchi solitari occupati da asceti, l’incontro di gameti esterofili ha concepito nuova vita. Nella sequenzialità logico-temporale si fa nuova esistenza: dai voli sincronizzati all’incontro, da questo ultimo alla maternità. La madre, ancora avvolta nelle tuniche monastiche, esibisce il frutto della continuità. Nell’ingenuità del paradiso terrestre le “chioccioline erranti” s’avviano in un viaggio colonizzatore. Sulla litosfera incedono lenti i viandanti. Il lungo cammino ricomincia; il mito edipeo della ricerca di sé e della generante si prospetta lungo e faticoso e non è casuale che già i cuccioli s’avviino in un percorso di crescita e di esperienze portandosi sulle spalle la dimora coclea. Nell’ affabulazione mitologico-escatologica, Brancolini, forte del suo artificio dicendi, non estingue con la certezza la decodifica del simbolo, né innalza ponti tra l’onirico ed il razionale; egli lascia il dubbio e progetta ricerca. I fantasmi, i sogni e le incognite che solo la notte pone, nel gotico scenario dell’infinito nel tempo e nello spazio, al flebile chiarore della luna ritorna il raziocinio con il dilemma amletico del perché esserci.
Vincenzo Baratella

Edi Brancolini
Nato a Rovereto sulla Secchia di Novi (Mo) nel 1946, vive e lavora a Carpi (Mo).
I primissimi lavori risalgono al 1958. Dal 1969 inizia una intensa attività espositiva, in sedi pubbliche e private, in Italia e all’estero.
L’attività di Edi Brancolini ha superato il quarantesimo anno e non conosce stanchezza.
Da subito sono state la ricerca e la curiosità a guidarlo, il talento ad assecondarne le esigenze espressive e la determinazione ad arricchirne un bagaglio culturale in continua crescita.
Importanti, in tal senso, gli anni della “scuola libera del nudo” a Venezia ed in particolare gli insegnamenti di Luigi Tito, che lo educa alla pratica assidua e costante del disegno dal vero e forse ne orienta la successiva virata figurativa, dopo una breve esperienza informale.
I dipinti degli anni ’70 conoscono un’ambientazione socio-esistenziale che talvolta sconfina nell’allucinazione onirica.
Mentre il virtuosismo tecnico raggiunge alti livelli, il vocabolario simbolico si complica suggerendo nella narrazione tante possibili chiavi di lettura, in uno stratificarsi semantico surreale e destabilizzante. La pittura si fa dunque ermetica ed incalza interrogativi nello spettatore. La tavolozza degli ultimi anni si schiarisce ed inizia a vestire colori acidi e saturi su fondali atemporali. Le cromie agiscono compartecipi dell’azione raffigurata, nella pantomima di questa società edonistica osservata dall’artista con ironico distacco.
E. Pozzetti

Inaugurazione 10 gennaio ore 17.30

Galleria "Arianna Sartori"
Via Cappello 17, Mantova
Orari: dal lunedì al sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Festivi 15.30-19.00
Ingresso libero

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