Autobiografia della cultura. Una figurazione mai statica ne' manierista, ma sempre vibratile, nervosa, in cui gesto, luce e colore concorrono alla formazione di una sintassi immediatamente riconoscibile, cifra inequivocabile del suo fare.
Mostra a cura di Luca Beatrice
Tra tutti i linguaggi dell’arte quello della pittura si trova da tempo di fronte a un bivio. Da una parte infatti c’è il forte legame con la tradizione e con la storia, impossibile non tenerne conto soprattutto per chi tenta la sfida attraverso le immagini (schematizzando si può parlare infatti di “pittura figurativa”); dall’altra lo sforzo di ottenere diritto di cittadinanza nel cosiddetto sistema, che a partire dallo snodo delle avanguardie storiche di inizio Novecento, ha costretto la pittura alla piena ridefinizione di sé, all’accettazione di nuove regole.
Come può oggi, dunque, la pittura definirsi “arte contemporanea”?
E’ l’interrogativo cui Alessandro Papetti cerca di dare risposta ogni volta che comincia a mettere le mani su un nuovo quadro. Se nel pensiero, nella teoria, risiede la ragione ultima del lavoro di un artista, allora Papetti ha fatto centro, perché qualsiasi sua opera si propone come dialogo tra l’urgenza e il risultato, lo stimolo e il gesto, l’ispirazione e il prodotto finito.
Nato a Milano nel 1958, protagonista della pittura italiana fin dalla metà degli anni Ottanta cresciuto nell’ambiente culturale della capitale lombarda vicino a Giovanni Testori, quindi approdato all’esperienza dell’Officina Milanese, Alessandro Papetti ha compiuto un importante processo di maturazione che, attualmente, lo colloca tra i più significativi artisti della figurazione europea. Lo
testimoniano le numerose mostre in istituzioni museali italiane e straniere, le più recenti al Palazzo Reale di Milano e al Museo d’Architettura di Mosca.
Una figurazione, quella di Papetti, mai statica né manierista, ma sempre vibratile, nervosa, in cui gesto, luce e colore concorrono alla formazione di una sintassi immediatamente riconoscibile, cifra inequivocabile del suo fare.
Secondo Papetti il quadro è il risultato della continua ricerca del sé, che passa attraverso soggetti, situazioni, generi e stereotipi. Per questa ragione la mostra, curata da Luca Beatrice, prende il titolo di “Autobiografia della pittura”: al centro del ring non c’è l’artista ma le sue creazioni e in ognuna di esse, inevitabilmente, sarà proprio l’artista ad aver lasciato tracce di qualcosa di sé.
Attraverso una trentina di quadri, alcuni di grande formato e impegno esecutivo, in buona parte recenti ma con qualche lavoro realizzato negli anni Novanta e primi Duemila, Papetti ricostruisce una sorta di “best of” attraverso i soggetti che predilige: le città, i porti, volti e corpi femminili, l’acqua che tutto avvolge in una sorta di liquido amniotico del tempo e della storia.
Contini Galleria d'Arte
Via Roma, 2 - Cortina d'Ampezzo (BL)
Lun - Dom 10 - 13 e 16 - 20