Igor Eskinja
Franklin Evans
Jacob Hashimoto
Gianni Pettena
Luca Pozzi
Richard Prince
Giovanni Rizzoli
Santiago Sierra
Traslochi Emotivi
Federico Luger
Experiment 2. Venice. Il titolo "The Immigrants" contiene in poche parole l'invito al viaggio, all'immaginazione di un futuro, la promessa di una terra immaginata o immaginaria, l'occasione di lasciarsi alle spalle le frontiere socio-politiche.
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a cura di Federico Luger
Poche altre hanno la potenza icastica e la densità semantica della parola immigrante.
Il progetto artistico The Immigrants, ideato da Federico Luger, parte proprio da qui, da questo universo di senso che in poche lettere delimita un territorio - come una frontiera- e allo stesso tempo suggerisce un mondo altro, come un sogno.
Il titolo The “Immigrants” contiene in poche parole l’invito al viaggio, all’immaginazione di un futuro, la promessa di una terra immaginata o immaginaria, l’occasione di lasciarsi alle spalle le frontiere socio-politiche e forse l’invito a indossare un altro habitus mentale.
Come tutti i viaggi, anche The Immigrants è un progetto in fieri mosso dalla determinazione e dall’astuzia di scovare e costruire un’ alternativa a spazi saturi o semplicemente l’invito alla proiezione verso un futuro ancora tutto da disegnare, senza muoversi dal proprio ambiente in un gioco di abbandono e riconquista, di fiducia e di sogno.
In questo esperimento una collettiva di artisti appartenenti a diverse generazioni e nazionalità, si incontra sull’isola della Giudecca, un quartiere storico e popolare di Venezia, creando una sorta di terminal, di stazione di scambio in cui s’incrociano esperienze e visioni diverse, proprio come accadeva nei porti secoli or’ sono.
L’intenzione di questo esperimento è, infatti, quella di rileggere i concetti di limite, di frontiera e di appartenenza. Non a caso, The Immigrants ha come cornice privilegiata l’isola della Giudecca e come alloggio un’ex distilleria in disuso, accanto alla storica officina di Mariano Fortuny. Lambita dalle acque della laguna, l’isola della Giudecca rappresenta un osservatorio eccezionale per uno sguardo caleidoscopico sulla realtà del viaggio, allo stesso tempo distaccato, analitico e sognante.
Alighiero Boetti (Torino 1940-Roma 1994)
12 forme a partire dal 10 giungo 1967 è il primo lavoro che Boetti dedica alla geografia politica, spinto dalle continue notizie di focolai di guerra riportati dai giornali: dalla “battaglia del Sinai” scoppiata nel 1967 tra Egitto e Israele alla separazione del Bangladesh dal Pakistan nel 1971. “Ho ripreso tale e quale la prima pagina de “La Stampa” che riproduceva questa carta, ma cancellando tutto il resto - tranne la data - e l’ho incisa su una lastra di rame. Avevo capito che ogni volta che si trova una forma sulla prima pagina di un giornale […] qualcosa di importante si era prodotto.” In alto è indicata la data di pubblicazione dell'articolo. Private di qualsiasi carattere didascalico o illustrativo, le sagome dei territori si trasformano in pure “forme”, nate non dall'immaginazione dell'artista ma da ma da attacchi d’artiglieria, raid aerei e negoziati diplomatici.
Igor Eškinja (Rijeka 1975)
Il lavoro di Eškinja conduce l’osservatore sulla soglia fra “realtà oggettiva” e illusione, sul punto limite in cui si pone un oggetto ridotto al minimo sospeso tra le due dimensioni.
In mostra sono presenti due lavori paradigmatici della produzione dell'artista: Somewhere in East Europe (2010), che contrariamente al luogo comune per cui l'espressione artistica dell'est Europa sia pessimistica, si propone come un energico atto di positività attraverso l’immagine fotografica di un tavolo che proietta la frase luminosa sul pavimento.
The Day After (2011), della serie fotografica omonima, rappresenta con la stessa semplicità emotiva l’idea di vastità del mare, riprodotto fotografando della polvere, meticolosamente organizzata sul pavimento, raccolta nel posto stesso dell'installazione.
I lavori di Eškinja, nascono da effimere e complesse situazioni site-specific, raccontano la forza e la vitalità dell’arte che sopravvive al tempo e resiste alla sfuggevole mutevolezza del contesto umano, sociale e politico.
Franklin Evans (Reno 1967)
Evans continua ed espande la sua ricerca sul tema del tempo e la sua ripetizione, tema già presente nei suoi più recenti progetti espositivi.
L'installazione site-specific pensata per gli spazi della Giudecca è composta da dipinti e modulazioni architettoniche fatte di nastri colorati e, per la prima volta arricchite da una serie di fotografie.
Il tempo, la memoria e il materiale visivo si fondono in un unico ambiente avvolgente, evidenziando il feedback costante e non lineare tra di essi. Nell’elaborazione di Evans, l’immagine-tenda diventa una struttura, un’esperienza architettonica che guida lo spettatore attraverso un luogo virtuale.
Jacob Hashimoto (Greeeley Colorado 1973)
Hashimoto usa materiali eterei per creare opere che, in diversi strati, compongono insieme elementi caratteristici sia della pittura che della scultura, combinando quindi bidimensionalità e tridimensionalità. Le sue opere sono colorate e astratte, pur rimandando a elementi figurativi come onde o nuvole. La dimensione estetica non è superficiale, ma è parte intrinseca del suo lavoro.La sovrapposizione di diverse unità modulari, ripetute con grande virtuosismo, contribuiscono a creare l’opera in mostra come un tutto impattante e sottile allo stesso tempo.
Gianni Pettena (Firenze 1940)
Artista attivo negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta e Settanta nel contesto del movimento Land Art, è stato anche esponente del movimento italiano Architettura Radicale.
In mostra sono presenti undici fotografie della serie Wandering Through-USA 1971-73. The Curious Mr. Pettena, intenzionalmente conservate dall’artista come un taccuino di appunti, come schizzi e non come opere finite. Sono sporche e vissute come appunti di un viaggio sofferto ma appagante, uno spaccato su una serie di fascinazioni documentate fotograficamente che hanno influenzato notevolmente le opere successive.
Pettena usa la fotografia da artista, le sue scelte dello strumento sono parte di una grammatica precisa. La serie prescelta è tratta da una selezione recentemente riscoperta in occasione della mostra personale presso gli spazi della galleria Federico Luger a Milano.
Luca Pozzi (Milano 1983)
Pozzi è ossessionato dalla coesione tra la grammatica artistica e quella scientifica.
I suoi sforzi sono finalizzati alla costruzione di un sistema visivo autosufficiente in grado di accogliere le recenti scoperte nel campo della gravità quantistica.
In mostra è presente “PI Wall String” un sistema pittorico a sette dimensioni (SU7) composto di 49 barre di alluminio mandorlato piegate a mano. Le polarità di ciascuna barra sono connesse a distanza attraverso l'attrazione magnetica di due palline da ping-pong colorate.
Coerentemente con la ricerca di Pozzi sulla Loop Quantum Gravity il lavoro determina l’emersione di pattern cromatico sospeso nel vuoto un ipotetico campo gravitazionale ricreato con la simbologia di oggetti ludici di uso comune.
Richard Prince (Panama Canal Zone 1949)
L'appropriazione (o re-photography) in Richard Prince è parte fondamentale del suo lavoro fin dagli anni 80. Dai celebri cow boys della Marlboro country agli oggetti di desiderio come gli orologi o le automobili prese da riviste di moda, rappresentano uno status dell'American way of life di quegli anni. Presente in mostra, Untitled - Angie Dickinson (1985), fa parte di una serie di fotografie nelle quali Prince si appropriò di film stills di film di Brian De Palma.
Giovanni Rizzoli (Venezia 1963)
ha indagato le possibilità dell’arte praticando il disegno, la scultura e la pittura nonché ha creato numerose installazioni. L’artista ha sviluppato una specifica maniera di dipingere che chiama “pittura con la flebo” che non permette la scelta oltre al momento dell’apertura e della chiusura dello switch del deflussore e del posizionamento dell’ago, detto farfalla, sul tessuto. I lavori presente in mostra appartengo unicamente a questa serie perché Rizzoli trova questa pratica, che ha iniziato più di vent’anni fa, antropologicamente attualissima: a differenza delle esperienze di vari artisti degli anni sessanta, è l’atto formale che unisce all’espressione di una condizione umana, quella del tempo della guarigione e della malattia, la nuova possibilità di fare una pittura che si rivela essere simbolica, erotica, ma allo stesso tempo incontrollabile e dunque pittura come responso, quasi pittura divinazione.
Santiago Sierra (Madrid 1966)
È uno degli artisti più conosciuti nel panorama artistico internazionale. Ha esposto in prestigiosi musei ed istituzioni come MoMA PS1, New York; Reykjavik Art Museum; ARTIUM, Vitoria-Gasteiz; Museo MADRE, Napoli; 50° Biennale di Venezia; Tate Modern, Londra. Le opere in mostra dell’artista spagnolo fanno parte della serie Maiali che divorano le penisole Ellenica, Italica e Iberica. Queste immagini sono il risultato di un ciclo de performances iniziato nel 2012 ad Amburgo, in cui i maiali hanno “divorato” la penisola Ellenica; dopo a Lucca, la penisola Italica e finalmente a Milano, la penisola Iberica. La metafora è evidente: Le entità finanziarie europee che si stanno letteralmente mangiando territori reali.
Traslochi Emotivi (casa di produzione indipendente fondata da Giulia Currà nel 2010)
Il video presente in mostra, Kabul-Roma Roma -Kabul (2010) presenta il rapporto di amicizia e collaborazione artistica e professionale tra Salmon Alì e Alighiero Boetti. Alì racconta l'incontro con Boetti a Kabul nei primi anni settanta, e dal 75' in poi, invitato da Boetti, si concentra sul suo trasloco a Roma dove lavorerà accanto all'artista per tutta la vita, quasi come se Boetti fosse il suo alter ego. Il video Kabul-Roma Roma -Kabul è stato esposto a Spruth Magers London, Le Case d'Arte Milano e l'Auditorium Rai Torino.
La mostra è stata realizzata con la collaborazione di: Ghostart, Le Case d’Arte, prometeogallery di Ida Pisani, Studio La Città, Federico Luger Gallery.
Contatto stampa:
Federico Luger
Via Circo, 1
20123 Milano
T. +39 02 673 913 41
info@federicoluger.com
www.federicoluger.com
Artisti partecipanti:
Alighiero Boetti
Igor Eškinja
Franklin Evans
Jacob Hashimoto
Gianni Pettena
Luca Pozzi
Richard Prince
Giovanni Rizzoli
Santiago Sierra
+ Video screening di Traslochi Emotivi.
Preview per la stampa: 30 maggio 2013, ore 11
Inaugurazione al pubblico: 30 maggio 2013, ore 18
Ex birrifici Dreher
Giudecca, 800/r - Venezia
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curated by Federico Luger
Very few words have the representative power and the semantic density of the word immigrant.
The artistic project The Immigrants, created by Federico Luger, takes this word as a point of departure, it starts exactly in this universe of sense that in a few letters delimitates a territory—as a frontier—and at the same time, it suggests a world-other, like a dream.
The title “The Immigrants” contains in a few words the invitation to a journey, to imagine a future, the promise of an imagined or imaginary land, the occasion to leave behind the socio-political borders and, may be, the invitation to wear a different mental habitus.
As every journey, also The Immigrants is a project-in-progress, moved by determination and cleverness to search and build an alternative to already saturated spaces; or simply, the invitation to project a future yet to be designed, without moving from one’s own environment, in a play of abandonment and reconquest, of trust and dream.
In this experiment, a group show brings together artists belonging to different generations and nationalities at the Giudecca island, a historic and popular neighbourhood in Venice, creating a sort of terminal, an exchange station in which diverse experiences and visions intertwine, exactly as it happened in harbours over the centuries.
The intention of this experiment is, in fact, to re-read the concepts of border, frontier and belonging. It is not by chance that The Immigrants has as privileged frame the Giudecca Island and as hosting space a former distillery, next to Mariano Fortuny’s historical workshop. Skimmed by the lagoon, the Giudecca Island represents an exceptional observatory to have a kaleidoscopic gaze on the reality of the journey, detached, analytic and dreamy at the same time.
Alighiero Boetti (Turin 1940-Rome 1994)
12 forme a partire dal 10 giugno 1967 is the first work which Boetti dedicates to geopolitics, driven by the continuous news on war outbreaks reported by the newspapers: from the “Sinai battle” burst on 1967 between Egypt and Israel, to the separation of Bangladesh from Pakistan in 1971. “I have taken this or that cover from the newspaper “La Stampa” that reproduced this map, but I erased all the rest –except from the date—and I engraved it on a copper plate. I had understood that each time that a certain form appears on a newspaper cover […] something important had occurred.” On top, the date of publication was indicated. Deprived of any literal or illustrative character, the shapes of the territories are transformed into pure “forms”, born not from the artist’s imagination, but from the artillery attacks, air raids and diplomatic negotiations.
Igor Eškinja (Rijeka 1975)
His oeuvre goes beyond the mere political implications of the dematerialization of the artistic object, conducting the viewer to the limit between "objective reality" and illusion.
This exhibition features two paradigmatic works from his production: Somewhere in East Europe (2010) goes against the cliché according to which eastern Europe's culture and artistic expressions are sad and depressive. In this sense, Igor Eškinja uses every day reality and the history of art to include with irony diverse cultivated citations. Whilst the work belonging to the series The Day After (2011) is a re-interpretation of the sea realized with dust found in the place of the installation where the photo was taken. In particular, Eškinja's works, born from complex and ephemeral site-specific installations, transmit the strength and vitality of art, which survives time and resists the mutability of the human, social and political contexts.
Franklin Evans (Reno 1967)
Evans expands his exploration of time and its non-linear repetition from his recent process-oriented installations. The installation, composed of paintings and architectonical modulations realized with hand-painted tapes and trompe l'oeil walls as border, will include photographic representations that have been determined by the documentation of his past installations. The frame connects to its representation and borders on an object that is sculpture, photograph, painting, and architectural site. The context of the Giudecca site informs his recombination of time, memory, and the visual, making evident the constant, non-linear feedback among the parts of his installation. The repetition by means of multiple materials forms an environment that hovers between actual and virtual.
Jacob Hashimoto (Greeley Colorado 1973)
uses ethereal materials to create artworks which, formed by different layers, compose an ensemble of characteristic elements, both from painting and sculpture, thus bringing together bidimensionality and tridimensionality. His works are abstract and colourful; however, they maintain some figurative elements such as sea waves and clouds. The aesthetic dimension is not superficial, but is an intrinsic part of Hashimoto's oeuvre; and the overlapping of different and repeated units conforms at the same time an impressive and subtle whole.
Radhika Khimji (Muscat 1979)
studied at the Slade School of Fine Art, and the Royal Academy of Fine Art in London. Khimji’s work questions postcolonial discourse, hierarchies in society and violence against women. The work is informed primarily by a making process which leads to installations and drawings. The surfaces of her work are platforms upon which she addresses her political and personal concerns, a complex ground sometimes auto biographical and sometimes abstract. There is a certain melancholia for a historic place, a search for a future place, where the shifts between the different temporalities of drawing, sculpture and stitching create gaps and slippages to manifest a discontinuity between places and things. Splices of memories and identities.
Gianni Pettena (Florence 1940)
has been a very active artist in the US during the Sixties and Seventies within the Land Art movement, and in Italy within the movement Architettura Radicale. In this sense, his works using photography as a medium are not those of a “photographer”, but more likely, those of the artist who uses photography to take notes, as outlines that would later influence his research on landscape and architecture.
In this exhibition, eleven photographs from the series Wandering Through-USA 1971-73. The Curious Mr. Pettena are featured. This series of photographs has been intentionally left as a notebook, as artist’s sketches and not as finalized works; that is why they are “dirty”, there is no retouch, or cleaning of the image. Using a Nikon F 50, which does not deform the subject in any way, Pettena's photographs later influenced several of his own projects. They have been conserved and shown in the same condition in which gallerist Federico Luger found them by chance in the artist's studio while working together for his show at the gallery.
Luca Pozzi (Milan 1983)
presents a piece that is clue for his oeuvre, Wall String 2013. The Wall String is a pictorial system in seven dimensions (SU7) composed by 49 aluminium folded bars. The polarity of each one of the bars is remotely connected through the magnetic attraction of two coloured ping-pong balls.
In continuity with Pozzi's research on physics, in particular on Quantum Gravity and T.o.E (Theory of Everything: String Theory, Loop Quantum Gravity and Noncommutative Geometry), the discrete pattern that arises linking these 98 points suspended in the void represents a hypothetical gravitational field, as some of the contemporary quantum theories have suggested.
Richard Prince (Panama Canal Zone 1949)
The work featured in the exhibition, Untitled - Angie Dickinson (1985), is part of a series of photographs in which the artist appropriated film stills from Brian De Palma’s movies. Appropriation (or re-photography) is a fundamental part of Prince's oeuvre from the end of the eighties; from the famous Marlboro cowboys to the objects of desire, such as watches or cars, taken from fashion magazines that represented the American way of life of those years.
Giovanni Rizzoli (Venice 1963)
has researched all along his career on the possibilities of art through drawing, sculpture and painting, as well as installations. He has developed a way of painting that he calls “painting with the intravenous drip” that does not allow any choice beyond the moment of aperture and closing of the switch and of the position of the needle, called “butterfly needle”, on the fabric. The works featured in this exhibition belong exclusively to this series because he finds this practice, which he started twenty years ago, anthropologically topical: unlike the experiences of several artists of the Sixties, it is the formal act that links the expression of a human condition to that one of the time of illness and healing; the new possibility of developing a kind of painting that turns out to be symbolic, erotic, but at the same time uncontrollable, and therefore, it is painting as answer, almost as divination.
Santiago Sierra (Madrid 1966)
is one of the best-known artists of the international artistic scene. He has shown his work in important museums and institutions as MoMA PS1, New York; Reykjavik Art Museum; ARTIUM, Vitoria-Gasteiz; Museo MADRE, Naples; 50° Venice Biennale; Tate Modern, London. The works featured in this exhibition are part of the series Pigs Devouring the Hellenic, Italic and Iberian Peninsulas. These images are the result of a series of performances which begun in 2012 in Hamburg, where the pigs had “devoured” the Hellenic Peninsula; then in Luca, the Italic Peninsula; and finally in Milan, the Iberian Peninsula. Sierra is using a clear metaphor to denounce that the European financial entities are literally eating real territories.
Traslochi Emotivi (independent production house founded by Giulia Currà in 2010)
The video Kabul-Roma Roma -Kabul (2010) shows the friendship, and the artistic and professional collaboration between Salmon Alì and Alighiero Boetti. Alì tells about the encounter with Boetti in Kabul at the beginning of the seventies, and from 1975 on, invited by Boetti, of his move to Rome, where he will work side by side with the artist for all his life, as a kind of alter ego. The video Kabul-Roma Roma -Kabul has been shown at Spruth Magers London, Le Case d'Arte Milan and the Auditorium Rai Torino.
This project has been realized in collaboration with: Ghostart, Le Case d’Arte, prometeogallery di Ida Pisani, Studio La Città, Federico Luger Gallery.
With:
Alighiero Boetti
Igor Eškinja
Franklin Evans
Jacob Hashimoto
Gianni Pettena
Luca Pozzi
Richard Prince
Giovanni Rizzoli
Santiago Sierra
+ Video screening di Traslochi Emotivi.
Press Preview 30 may, 11 am, opening 6 pm
Ex birrifici Dreher
Giudecca, 800/r - Venezia