Kaufmann Repetto
Milano
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Carlo Mollino / Nicola Martini
dal 26/5/2013 al 30/7/2013
mar - ven 11-19.30, sab 14-19.30, lun solo su appuntamento

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Kaufmann Repetto



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Carlo Mollino
Nicola Martini



 
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26/5/2013

Carlo Mollino / Nicola Martini

Kaufmann Repetto, Milano

Polaroid: tra i molti interessi che agitano la vita di Carlo Mollino, professionista in ogni personale diletto, architettura e fotografia sono materia costante del suo lavoro. In "Sippe" Nicola Martini interviene sulla struttura della galleria, per rendere labile la distinzione fra sculture e spazio espositivo.


comunicato stampa

Carlo Mollino
Polaroid

kaufmann repetto è lieta di annunciare la mostra di Carlo Mollino, Polaroid.
Tra i molti interessi che agitano la vita di Carlo Mollino, professionista in ogni personale diletto, architettura e fotografia sono materia costante del suo lavoro (e meglio potremmo dire, della sua “espressione”). Già dagli inizi del ’900, l’ing. Eugenio Mollino ha allestito nella propria abitazione una camera oscura e verso il 1912 ritrae in giardino la propria famiglia disposta attorno al figlio Carlo che con orgoglio tiene una macchina fotografica tra le proprie mani. Il futuro architetto esordisce quindi all’età di sette anni con un laborioso viaggio per immagini che terminerà con le Polaroid scattate fino al 1973, anno della sua scomparsa.

GLI ANNI ’30 – 40.
Nel 1936 Mollino progetta uno speciale interno (Casa Miller) che verrà esclusivamente usato come set fotografico. Gli è necessario come sfondo e fonte d’atmosfera per ritratti di “stato d’animo” che intitola “Sogno”, “Giovane ‘Korai’ esumata”, “Sibilla”, “Sospensione”, stampati in bianco e nero in grandi formati. Giò Ponti usa una immagine di Casa Miller come copertina di Domus (aprile 1937) implicitamente riconoscendo il grande valore fotografico del lavoro dell’architetto. Nel 1943 la Casa Miller viene smantellata e nel medesimo anno Mollino prepara il volume “Il Messaggio dalla Camera Oscura”, presentato come “Storia ed estetica della fotografia” che costituisce uno dei testi fondamentali ad oggi pubblicati sull’argomento.
Nel 1945 Ermanno Scopinich dedica ai “Ritratti ambientati di Carlo Mollino” il quarto volume monografico della collana Occhiomagico, pubblicata da Scheiwiller.

GLI ANNI ’50.
Ritroviamo Mollino intento a preparare un altro interno (Villa Scalero) per esclusivo uso fotografico. Abbandonati i negativi di grande formato produce con la modernità e la velocità permessa dalla Leica una grande quantità di ritratti femminili che verranno stampati in formato standard 10×15, non più intitolati nè firmati, nè mai esposti o pubblicati. Un lavoro letteralmente “notturno”, senza alcuna spiegazione d’uso.

GLI ANNI ’60. LA POLAROID.
Altrettanto inspiegabili e senza fini pratici appaiono le Polaroid scattate tra il 1962-1973 in una villa posta sulla sommità della collina torinese. L’edificio viene acquistato e trasformato nel “Teatrino della mezzanotte” per ricevere modelle che diverranno inconsapevoli partecipi di un segreto progetto fotografico. La ricostruzione dell’interno, l’acquisto di ogni abito, calzatura, gioiello che verrà indossato nelle Polaroid fanno parte di un calcolo che coincide, anche temporalmente, con la ricostruzione di un appartamento in una villa nel centro della città (oggi Museo Casa Mollino). Anche questo luogo è segreto e la sua ideazione è parte di una cosmogonia che apparenta Polaroid e Casa Mollino nella realizzazione di un luogo di vita ideale, non reale, di palpabile consistenza esoterica. Questo luogo contiene “il” mondo di Mollino, costruito con simbolici giardini, soli, acque e tutto quanto è necessario alla vita che, per perpetuarsi necessita di una irrinunciabile sorgente: la donna. Ecco svelata la reale “architettura” del mondo di Mollino che non può quindi prescindere dalla minuziosa costruzione, fotografica, di un unicum femminile composto con migliaia di fotografie che non ritraggono prostitute o signore dell’alta società ma sono autentiche visioni che provengono dall’immobile voragine di sogno dei suoi sogni, fissate su cartoncini fotosensibili. Daniela Palazzoli scrisse nel 1985: “E’ la ricerca di un incontro, almeno sulla carta, con la parte femminile, con un diverso da sé, strappato allo specchio della copia, per venire ricostruito a somiglianza dei propri desideri, delle proprie aspirazioni di coppia”. Non certo a caso Mollino cita Goethe e i “frammenti di una grande confessione”: monotematica e in Polaroid.

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Nicola Martini
Sippe

kaufmann repetto è lieta di annunciare Sippe, la prima mostra personale di Nicola Martini negli spazi della galleria.

Nicola Martini, in occasione della personale presso kaufmann repetto, interviene e lavora direttamente con la struttura architettonica della galleria, per rendere labile la distinzione fra ‘sculture’ e ‘spazio espositivo’, e creare un ambiente unico, che possa al contempo contenere il suo lavoro materiale e immateriale.

Per rendere dunque poroso questo confine tra ‘spazio’ e ‘opere’ Martini ha coinvolto fisicamente gli elementi architettonici della galleria imbevendo pareti e soffitto di bitume di Giudea.
Il bitume è un asfalto fotosensibile, utilizzato qui per innescare la reazione tra le pareti e la luce proveniente dalla grande finestratura dello spazio, all’interno del quale masse di materia sono state successivamente introdotte per interagire fisicamente con l’ambiente così lavorato.

In questo senso le nuove sculture realizzate da Martini – fusioni di colofonia con cera microcristallina, e vetro con sabbia quarzifera – sono infatti da considerare come un filtro semitrasparente fra luce e bitume, ovvero un’altra membrana ‘sottile’ che permette ai vari elementi, alle varie materie, di interagire.

Su un piano parallelo, simultaneo e ugualmente necessario, Nicola Martini utilizza gli stessi spazi della galleria per un altro tipo di interazione, per creare durante il periodo di lavorazione un luogo di “assemblea.”
Il termine sanscrito sabha rappresenta, infatti, il gruppo che ha diritto a una casa di assemblea. Martini invita dunque l’antropologa Denise Lombardi e Davide Daninos, critico e collaboratore, a indagare con lui l’operazione in atto: il lavoro nel suo processo in divenire.

[…] Sabha è il laboratorio, situata in un territorio comune che non è solo quello geografico determinato dallo spazio fisico occupato dalla fucina, ma è un territorio accomunato e mosso dagli intenti, le passioni, e soprattutto dalla necessità richiesta dal lavoro; ed è proprio il lavoro nel senso fisico del termine, il ‘fare’ le cose, che è la base comune del loro agire, ossia il loro Totem.
(Lombardi, 2013, p. 48)

Attraverso quindi strumenti metodologici diversi e complementari Martini porta avanti la ricerca iniziata con il progettopubblicazione Nervo Vago, dove il proprio lavoro si è incontrato con i metodi dell’antropologia e della sociologia, per sviluppare nuove “potenzialità generative derivate dall’incontro con altri punti di vista e saperi; per innescare lo sviluppo di nuove e molteplici situazioni, verso la ricerca di nuovi significati, nuovo nutrimento per procedere” (Daninos, 2013, p. 92).

Bibliografia
Davide Daninos, Postfazione in AA.VV., Nervo Vago, Mousse Publishing, Milano, 2013.
Denise Lombardi, Però Accade…, in AA.VV., Nervo Vago, Mousse Publishing, Milano, 2013.
Marcel Mauss, Manuel d’ethnographie, Petite Bibliothèque Payot, Parigi, 1967. Prima edizione: 1947.

Inaugurazione 27 Maggio ore 19

kaufmann repetto
via di Porta Tenaglia 7 20121 Milano
Martedì – venerdì 11.00/19.30, sabato 14:00/19:30, lunedì solo su appuntamento

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