Limonaia del Giardino di Boboli
Firenze
piazza Pitti, 1 (altri accessi: Annalena, Forte Belvedere, Porta Romana)
055 2298732 FAX 055 2298732
WEB
Marco Bagnoli
dal 23/6/2013 al 23/8/2013
8.15-19.30

Segnalato da

Once - Extraordinary Events




 
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23/6/2013

Marco Bagnoli

Limonaia del Giardino di Boboli, Firenze

Araba Fenice. La relazione col luogo rappresenta nel caso di Marco Bagnoli l'occasione per dialogare col passato, confrontandosi e assumendo di volta in volta quelle esperienze artistiche, filosofiche, scientifiche e spirituali di cui il nostro tempo sembra aver dimenticato la grandezza e vitalita'.


comunicato stampa

a cura di Sergio Risaliti

Lunedì 24 giugno 2013, festa di San Giovanni Battista, patrono di Firenze, sarà inaugurata Araba Fenice, la nuova mostra personale di Marco Bagnoli, all’interno della Limonaia grande nel Giardino di Boboli. Il progetto a cura dello storico dell’arte, Sergio Risaliti, è realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze.

Marco Bagnoli mantiene da sempre un rapporto speciale con la città di Firenze, dove ha esposto alla Cappella Pazzi, al Forte di Belvedere, nella Basilica di San Miniato e nella Sala Ottagonale della Fortezza da Basso. In ognuno di questi momenti Bagnoli ha realizzato opere site-specific, installazioni ispirate anche all’architettura del luogo, alle sue condizioni ambientali e luministiche, ai significati riposti in questi contesti, così peculiari e straordinari. La relazione col luogo rappresenta nel caso di Marco Bagnoli l’occasione per dialogare col passato, confrontandosi e assumendo di volta in volta – come materiale del suo progetto – quelle esperienze artistiche, filosofiche, scientifiche e spirituali di cui il nostro tempo sembra aver dimenticato la grandezza e vitalità. Un confronto che non indugia nella citazione di immagini e stili obsoleti o già museificati, ma vive di ricerca e curiosità per forme e materiali singolari o preziosi, secondo traiettorie eccentriche, che portano Bagnoli a contatti costanti con simbologie e mitologie non solo occidentali. Non è insolito vedere accostati materiali iconografici e leggende dell’antica Persia a quelle Veda, miti greci e filosofia rinascimentale, scienza sacra ed epistemologia contemporanea. Come scrive la Soprintendente Cristina Acidini nel libro d’artista pubblicato in occasione della mostra: “Dietro a ogni opera, o segno, o pensiero di Marco Bagnoli pare ci sia un viaggio. Nello spazio, verso quell’Oriente che ci è genitore. O nel tempo, a ritroso in un passato sempiterno. O all’indentro, per i labirinti dello spirito percorsi dalle antiche civiltà e dagli individui odierni. Nel Giardino di Boboli, lo splendido spazio della Limonaia accoglie il Libro e le opere di Bagnoli, riverberando e amplificando le loro suggestioni al confine tra l’opera dell’uomo e la Natura.”

Per Araba Fenice, Bagnoli realizzerà una serie di lavori pensati specificamente per lo spazio della Limonaia grande e per il giardino di rose e limoni antistante il settecentesco edificio, disegnato dall’architetto Zanobi del Rosso nel 1778 circa, su commissione di Pietro Leopoldo di Lorena. Merita ricordare che, precedentemente, l’area era occupata dal Serraglio, voluto da Cosimo III nel 1677, dove si trovavano animali esotici di diverse specie, animali per la caccia e per la cucina.

All’interno della Limonaia – un unico ambiente di 106 metri di lunghezza, conosciuto anche come Nuovo Stanzone per i Vasi – troveremo sculture, installazioni di luce e suono, oltre a un grande disegno di 90 metri, che rappresenta i Sette dormienti nella grotta come vuole la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. L’opera è realizzata con una sequenza di circa 500 segni appesi al soffitto e realizzati in stoffa, gesso, pigmento rosso e foglia d’oro. Quella dei Sette dormienti è una storia favolosa di cui si trova testimonianza anche nel Corano: “E li avresti creduti svegli, mentre invece dormivano, e li voltavamo sul lato destro e sul sinistro, mentre il loro cane era accucciato con le zampe distese, sulla soglia.[...] Rimasero dunque nella loro caverna trecento anni”. Il pubblico potrà scoprire anche il Cane di Hermes, una scultura a terra realizzata sovrapponendo tra loro elementi geometrici, in modo da ricavarne la sagoma di un muso di cane. Due grandi parabole (Janua Coeli) specchianti in bronzo e rame, poste ai lati estremi dello Stanzone, rifletteranno lo spazio all’interno con tutto quello che contiene, assieme alla luce emessa da due proiettori che di riflesso andrà a illuminare i tratti dei Sette dormienti. All’esterno e al centro del giardino sarà installata una Mongolfiera fatta di soli raggi sottili: la struttura si specchiarà col suo doppio luminoso proiettato sulla parete della Limonaia per apparire in movimento rotatorio, mentre nel vano della porta sarà sospesa la ‘mandorla’ mistica dell’ Immacolata concezione una delle ultime invenzioni dell’artista: un ovale di ceramica e resina dipinto a foglia d’oro con incassato al centro un corpo solido, un ovoide, che allude al corpo materiale pregno di luce e sollevato in cielo come corpo astrale. La mandorla mistica, o Vesica Piscis, è il risultato dell’intersezione di due cerchi, ovvero dell’unione di due dimensioni come quella del cielo e della terra, del divino e dell’umano, del maschile e del femminile, del piano materiale e di quello spirituale. Con questo significato la mandorla mistica è stata sempre associata a Cristo Re o Cristo Pantocratore e in molti casi della pittura e decorazione sacra alla Madonna in Maestà.

“L’opera d’arte – come sostiene Bagnoli – è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo, ed essa si fa nonostante ciò che esiste nel mondo, guerre, pestilenze, persecuzioni, invasioni, intolleranze, rivalità, musei, fastidio d’insetti, calura e siccità, gelo, mercato e critici d’arte, tirannie, mecenati, pop art, performance, ismi, plagi, grandezze e miserie. L’opera d’arte avviene nel vuoto, e in questo avvenire compie, per eccesso, l’offerta di sé, essa è allora ‘agape’, raccoglie in sé il mondo nel vuoto del suo rappresentarsi, si riempie del mondo. Facendola, l’artista si abbandona all’opera e l’opera lo abbandona”.

Immagini di ombre e di luce si sdoppieranno e ripeteranno, in un gioco ipnotico di fissità e movimento, al centro del quale apparirà l’Araba Fenice, la sagoma di una mitica figura che qui viene costruita nel vuoto generato dall’assemblarsi di ben tre sculture. Figura del nascere e rinascere, dell’apparenza effimera e della forma eterna, l’Araba Fenice risulta citata per la prima volta da Erodoto che nelle sue celebri Storie la descrive in questi termini: “Un altro uccello sacro era la Fenice. Non l’ho mai vista coi miei occhi, se non in un dipinto, poiché è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Heliopolis) soltanto a intervalli di 500 anni: accompagnata da un volo di tortore, giunge dall’Arabia in occasione della morte del suo genitore, portando con sé i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra, per depositarlo sull’altare del dio del Sole e bruciarli. Parte del suo piumaggio è color oro brillante, e parte rosso-regale. Per forma e dimensioni l’essere meraviglioso assomiglia più o meno ad un’aquila”. Altri preziosi dettagli sono aggiunti da Ovidio che nelle Metamorfosi ne parla in questi termini: “Esiste un uccello che da solo si rinnova e si riproduce: 
gli Assiri lo chiamano fenice. Si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose. Dopo aver vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s’abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi. Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall’albero il nido (la sua propria culla, ed il sepolcro del genitore), e lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole”.
Anche Dante evoca la Fenice, che viene ricordata nella Divina Commedia, nel XXIV canto dell’Inferno: “che la fenice more e poi rinasce, 
quando al cinquecentesimo appressa 
erba né biada in sua vita non pasce, 
ma sol d’incenso lacrima e d’amomo, 
e nardo e mirra son l’ultime fasce”. Fin dal Medioevo la Fenice è stata interpretata anche come simbolo della morte e resurrezione di Cristo. Mentre per gli alchimisti, la mitica figura veniva associata alla rinascita spirituale e alla Trasmutazione Alchemica, infatti “Fenice” era il nome dato dagli alchimisti alla pietra filosofale. Qualcosa di simile si trova anche nella cultura e nella religione Indiana dove il dio Garuda ha le stesse caratteristiche della Fenice.

La nuova personale di Marco Bagnoli per la Limonaia di Boboli è un progetto di grande impegno formale e di grande impatto concettuale in cui l’insieme delle singole manifestazioni – figurative o astratte – dà vita a un teatro del mondo, posizionato tra limite visibile e invisibile. Un’esposizione che poggia su una peculiare esperienza di sincretismo concettuale, iconografico e spirituale, nonché sull’esperienza della bellezza sperimentata come traguardo tanto spirituale quanto formale. Marco Bagnoli si muove da sempre sul doppio binario di arte e scienza, dove però è la visione dell’artista a colmare le lacune dello scienziato, bloccate ideologicamente di fronte alle rivelazioni di tipo metafisico e trascendentali. Arte quindi come soglia da attraversare per un’esperienza di Bellezza che possa accendere un desiderio di Verità ulteriore.

Marco Bagnoli è presente da anni nelle grandi mostre internazionali, come la Biennale di Venezia (1982, 1993, 1997) e Documenta a Kassel del 1982 e 1992. Dalla metà degli anni Settanta ad oggi, Marco Bagnoli ha partecipato a mostre collettive in Italia e all’estero (X Biennale de Paris, Arte e Critica, Identité Italienne, The European Iceberg, Promenades, Ouverture, Soonsbeek, East meets West, Europa oggi, Periodi di Marmo, Minimalia, Belvedere dell’Arte). Grandi istituzioni museali come il Castello di Rivoli, il Magasin di Grenoble, il De Appel di Amsterdam, il Centro d’Arte Contemporanea di Ginevra, il Museo d’Arte Contemporanea di Lyon, l’IVAM di Valencia, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Quarter-Centro d’Arte Contemporanea a Firenze, hanno organizzato sue personali.
L’artista ha anche seguito un percorso del tutto personale, in anticipo sui tempi, realizzando installazioni site specific in luoghi di eccezionale valore artistico e architettonico, religioso e spirituale, come la Cappella dei Pazzi a Firenze, la Villa Medicea dei Cento Camini ad Artimino, la Sala Ottagonale della Fortezza da Basso di Firenze, la Chiesa di San Miniato al Monte e le sale del Palazzo Pubblico di Siena. Le sue opere si trovano in importanti collezioni internazionali e installazioni permanenti gli sono state commissionate da istituzioni pubbliche e mecenati privati.

Per l’occasione della mostra alla Limonaia Grande del Giardino di Boboli, sarà realizzato un libro d’artista, Marco Bagnoli. La ruota del tempo, edito da Maschietto Editore, e successivamente un volume che documenterà l’esposizione.
Arba Fenice rimarrà aperta fino al 24 settembre, è organizzata da Once – Extraordinary Events.

Immagine: Marco Bagnoli, Araba Fenice, Giardino di Boboli, 2013, Foto Carlo Cantini

Inaugurazione: lunedì 24 giugno, ore 17.30
intervengono:
Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico, e per il Polo Museale della Città di Firenze
Alessandro Cecchi, Direttore della Galleria Palatina e Appartamenti Reali e del Museo del Giardino di Boboli
Sergio Risaliti, curatore della mostra
Tiziano Cappellini, responsabile Marketing e Comunicazione ChiantiBanca

Sarà presente l'artista

Limonaia del Giardino di Boboli
piazza Pitti, 1 (altri accessi: Annalena, Forte Belvedere, Porta Romana) - Firenze
Orario: 8:15-19:30 - ultimo ingresso alle ore 18.30
Biglietti: intero 10 euro; il biglietto comprende anche l'ingresso al Museo degli Argenti, Museo delle Porcellane e Galleria del Costume e Giardino Bardini

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