AndreA Arte ContemporaneA
Vicenza
corso Palladio, 165
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Andrea Di Marco
dal 31/10/2003 al 6/12/2003
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AndreA Arte Contemporanea




 
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31/10/2003

Andrea Di Marco

AndreA Arte ContemporaneA, Vicenza

Acquemerci. Per l'occasione il giovane artista palermitano presenta un ciclo di 15 olii su tela di recentissima produzione.


comunicato stampa

"acquemerci"

A cura di: Maurizio Sciaccaluga

AndreA Arte ContemporaneA inaugura sabato 1 novembre una mostra dell'artista Andrea Di Marco intitolata "acquemerci" curata da Maurizio Sciaccaluga.

Per l'occasione il giovane artista palermitano presenta un ciclo di 15 olii su tela di recentissima produzione sui temi.

Viene edito un catalogo interamente a colori con testo di Maurizio Sciaccaluga.

Sfumature di periferia
di Maurizio Sciaccaluga

Sebbene quasi tutti i lavori siano dipinti con toni pieni e pastosi, e le ultime serie possano addirittura vantare cromatismi accesi ed esasperati, guardare un'opera di Andrea Di Marco è come andare a vedere un film d'oggi girato in bianco e nero. È come, con tutte le differenze stilistiche e di linguaggio, affrontare un Manhattan di Woody Allen, un L'uomo che non c'era dei fratelli Coen o Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Mentre scorre la pellicola, e sullo schermo s'inseguono lividi monocromi, lo spettatore sa benissimo che le città catturate dalla telecamera sono quelle contemporanee, che le scene e le inquadrature sono piene di particolari del tempo presente, che la trama racconta storie riconducibili soltanto alla stretta attualità. E sa perfettamente che le tecniche di ripresa e di montaggio sono all'avanguardia, legate agli ultimissimi ritrovati della tecnologia.
Eppure, il festival dei grigi, le atmosfere spente, l'assoluta armonia di un mondo tutto dominato dal medesimo registro lo portano altrove, lo riconducono con la mente ai noir americani e francesi a cavallo della seconda guerra mondiale, ai capolavori narrativi di un Orson Welles, al neorealismo della grande stagione italiana. Anche se vede il presente, nelle immagini gli sembra di scorgere il passato, la storia, crede di assistere a un film che parli di un periodo lontano e in quel periodo lontano sia stato anche realizzato. Di fronte ai suoi occhi va in scena, volente o nolente, il fascino del déja-vu. La stessa cosa accade con le tele del giovane autore siciliano: sono dipinte adesso, propongono una realtà attuale, traggono spunto da quanto l'autore nota intorno a sé quotidianamente, ma inevitabilmente danno allo spettatore l'impressione di guardare indietro, di vedere e raccontare il passato.
E, come nelle pellicole di cui sopra, questa qualità - la capacità d'individuare e di suggerire in uno scorcio, in una figura, in una situazione il carico di storia che si portano dentro - è data dall'anomalia dei colori, da tonalità decisamente sopra o sotto le righe. Di Marco getta lo sguardo sui palazzi in costruzione di oggi, su viali e strade percorsi dalle automobili di adesso, ma con un accurato lavoro sull'alterazione delle valenze cromatiche riesce a sconcertare e stupire lo spettatore. Non lo conduce in un viaggio onirico, non lo porta in un altro mondo - anzi, i continui riferimenti a questo servono a tenerlo saldamente ancorato alla realtà - ma punta l'obbiettivo su un tempo diverso, parallelo e precedente. L'artista usa la pittura per chiamare in causa atmosfere e impressioni del passato, per calare un velo di strana e fascinosa incertezza sui panorami usati della quotidianità. Rappresentato in chiarissimi toni pastello, virato da una leggera dominante ocra, uno dei corsi raffigurati dall'autore, forse una via della sua Palermo, diventa un orizzonte già visto, emerso dalla memoria, evocato dai pennelli come in una trance. Ogni cromatismo appare sbiadito come per un ricordo difficile da mettere a fuoco, e nessun personaggio appare all'orizzonte, come se la scena ancora non fosse stata collocata in questa o quell'altra trama. Come se le rimembranze stentassero non poco a tornare tutte a posto. Piccoli dettagli - una monovolume sullo sfondo, i pali, addirittura la pulizia delle strade - collocano vicino nel tempo la situazione, ma i conti non tornano, non è facile né logico notare il presente in questa inquadratura: i toni falsano le percezioni, e davanti agli occhi sembrano tornare fotogrammi di film già visti, resi pallidi dallo scolorire dei ricordi. All'opposto, in un altro quadro recente il pittore siciliano descrive un caseggiato in via d'edificazione, ma già parzialmente abitato, con toni carichi, pesanti, esageratamente pieni: i rossi sono porpora, i gialli diventano ocra, i marroni prendono le sfumature del bruno. Chissà perché, ma qualcosa nella composizione rimanda a qualche decennio fa, quasi che colori e atmosfere degli anni Ottanta potessero essere sopravvissuti in quello scorcio di paesaggio urbano. Quello che più conta in tutta la ricerca di Di Marco è proprio questa sua capacità, non ricercata ma quasi naturale nello stendersi delle pennellate, nel brillare dei cromatismi, di cavalcare il tempo.
Come se fosse possibile descrivere il mondo di oggi con la tecnica di quel neorealismo tanto sentito nella Sicilia del dopoguerra, l'artista - del mondo intorno a lui - descrive e racconta la continuità storica, il suo protrarsi immutato nel tempo, il suo essere sempre uguale e diverso col passare degli anni. In un ambito neofigurativo italiano votato soprattutto alla descrizione della contemporaneità, interessato a cogliere gli influssi dei nuovi media, attento a non perdere gli spunti offerti dal glamour e dalla pubblicità, Di Marco rappresenta un caso quasi isolato, sicuramente originalissimo: è la continuità lineare con la pittura e la ricerca del passato, ma senza mai dichiararlo, senza darlo troppo a vedere. Non si chiama nel Novecento per lo stile, per il soggetto o per le citazioni; semplicemente, affonda denti e radici nel secolo scorso e nella sua straordinaria tradizione per le atmosfere, per la capacità di descrivere il mondo attraverso pochi dettagli. La sua parentela con i maestri che l'hanno preceduto non è formale, ma piuttosto sentimentale: è la passione, che aleggia come nebbia sulle opere, a farlo sembrare l'erede di una scuola, a dare ai lavori un senso di eterno ritorno, una trasparente patina di déja-vu. Anche nel ciclo recentissimo dedicato alla laguna di Venezia, l'autore si scosta completamente da ogni scelta scontata, da ogni facile soluzione descrittiva per optare verso una descrizione più intima e raccolta della realtà. Venezia c'è ma non si vede mai, nemmeno per un secondo: non ci sono gondole, mancano i monumenti, non ci sono i canali. Manca tutto ciò che, ovviamente e senza tema di smentita, avrebbe potuto fornire indicazioni precise allo spettatore. Precise ma superficiali, scontate. La Serenissima di Di Marco non è quella di piazza San Marco, dei Giardini e di Murano; diventa invece quella in bilico tra passato e futuro che gravita intorno a Porto Marghera e all'altra sponda del Lido. È la laguna operosa, non quella pittoresca. L'obbiettivo dell'artista non è puntato dove i canali si stringono per lasciar passare solo le gondole, ma dove la laguna comincia a diventare mare, e le piccole imbarcazioni hanno la stessa forma di quelle che affrontano il mare aperto. Con i suoi tagli strani e sincopati, con le sovrapposizioni contrastate tra primo piano e sfondo, con un curioso contrasto di linee orizzontali e verticali il giovane autore coglie - con la solita umiltà, con il solito spirito apparentemente dimesso ma in realtà attentissimo ai dettagli e alle forme - la vita vissuta e la storia della laguna. La storia recente, quella parallela al turismo, quella che gravita sulle acque basse e a Venezia non entra mai, perché potrebbe rovinarne l'immagine con il suo carico di verità e immediatezza. Potrebbe apparire esagerato e fuorviante ricordare in quest'ambito la città a margine del Canaletto, la sua attenzione per i luoghi meno fastosi e tragicamente veri dove la vita non era rappresentazione di potere ma sfida quotidiana per la sopravvivenza, eppure il senso dell'opera, ciò che la motiva nel profondo, è il medesimo: nei suoi quadri il pittore palermitano vuole raccontare il mondo nascosto dietro le tende, quello mai tirato a lucido, non costruito per lo show. E mostrandolo, anche senza quasi mai rappresentare gli uomini, ne racconta le gesta quotidiane, i costumi, le abitudini. Dipinge, dal Nord-Est al Sud, dalla laguna alla Sicilia, i colori della periferia, quelle sfumature e atmosfere che vede, vive, attraversa e sente sulla propria pelle, ogni giorno, la gente comune.

Inaugurazione: sabato 1 novembre, ore 17:00

Durata: fino al 6 dicembre 2003

Orario di visita: dal martedì al sabato, ore 16:30-19:30

Sede: AndreA Arte ContemporaneA
Indirizzo: corso Palladio 165 - Vicenza
Telefono: 0444 541070

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