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Matteo Cirenei e Paolo Nobile
dal 23/10/2013 al 22/12/2013
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Wannabee Gallery




 
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23/10/2013

Matteo Cirenei e Paolo Nobile

Wannabee Gallery, Milano

Viaggio all'interno. Da Wannabee Gallery si apre una doppia personale di fotografia: riflessioni sulla natura della bellezza e sull'idea universale del tempo.


comunicato stampa

L'arte si interroga da sempre sulla responsabilità dell'ispirazione. Il talento sembra essere la chiave del risultato "artistico", vale a dire quel tool della mente che permette di tradurre un object trouvé, l'ispirazione appunto, in una soluzione poetica. A conti fatti, il talento non è che la capacità di "tòrre" (come si direbbe in volgare antico) cioè di togliere per prendere. Quindi di notare, e di mettere in evidenza, presenze estetiche mimetizzate all'interno di contesti noti. Se questo è vero per la pittura, che ha comunque la possibilità di non partire dal dato reale, e quindi di esplorare un linguaggio direttamente astratto per costruire una semantica archetipa, oppure di stilizzare e mutare il dato reale rispetto all'esperienza visiva, per la fotografia si tratta di un esercizio che richiede uno speciale rigore del pensiero, perché l'occhio del fotografo si limita a scegliere o a provocare una serie di "condizioni al contorno" che sono l'oggetto dello scatto, attraverso uno strumento, la lente, che chiamiamo per l'appunto "obiettivo". Questo vale almeno per quei fotografi, come Paolo Nobile e Matteo Cirenei, che scelgono di limitare l’intervento a posteriori sullo scatto a un intervento filologico, per pulirne le eventuali sbavature, a volerne rispettare la natura di "vero". In quest'ottica il virtuosismo del fotografo sta nella massima previsione del risultato “a priori”.
Esistono in ogni caso due aree che vale la pena di mettere a fuoco: la scelta del soggetto, il modo di "tagliarlo" nelle sue linee dinamiche e tettoniche; l'anatomia della composizione, come direbbe Rudolph Arnheim(1), cioè l'aspetto denotativo che sembra indicare il cosa ma in realtà, trattandosi di foto "astratte", come vedremo, è il come; infine l'aspetto poetico, metaforico, che riguarda le nostre "strutture"(2) interiori, che è proprio il cosa. Non sempre ciò che stiamo guardando descrive ciò di cui si parla, facciamo i conti con i nostri apparati simbolici in continuazione, luce, forma, colore, materia sono gli strumenti di una sinfonia che produce un vento liminare, questo separa il mondo delle percezioni da quello delle esperienze mnemoniche, e produce quella perturbazione emotiva che dà un senso lirico alla nostra esperienza artistica.

Faccio questa precisazione perché sia subito chiaro che un'architettura fotografata da Cirenei non rappresenta, ad esempio, Postdamer Platz, o il monumento all'Olocausto di Berlino, non è cioè una foto di architettura, in senso stretto, ma rappresenta uno stato d'animo, il ritmo del respiro durante una condizione contemplativa, il nitore del pensiero. Allo stesso modo, un frutto avvizzito di Nobile non è una natura morta, ma una riflessione sulla natura della bellezza, sui confini che definiscono il bello, sull'idea universale del tempo e sull'idea stessa di "esperienza" attraverso la nuda contemplazione del divenire. Mi preme dirlo dato che entrambi i fotografi hanno una parallela vita professionale come fotografi "commerciali"; architetto il primo, still lifer il secondo. Applicano nel lavoro commerciale quello stesso talento, quella stessa competenza professionale, ma li sottomettono a una narrazione denotativa - prodotto architettonico o food - strumentale a tutt'altra cosa che "un viaggio all'interno".

Matteo Cirenei, parlando dei rispettivi lavori suoi e di Paolo Nobile, ha fatto riferimento ai padri della fotografia americana, in particolare per dimostrare che i propri lavori e quelli di Nobile aderiscono ad una forma di pittorialismo astrattista, con riferimento a Paul Strand e a Edward Weston; cita Claudio Marra(3) :
“[...] la novità, il diverso possono scaturire proprio dal quell’essere “morto” dell’occhio fotografico […] in grado di far risaltare forme e strutture particolari. Perché alla fine, per Strand[…]: «Le forme degli oggetti, le tonalità di colore relative, le strutture e le linee, questi sono gli strumenti, strettamente fotografici della nostra orchestra »(4)[…] Il pittorialismo non muore […] con l’avvento della straight photography […], ma cambia solo sponsor, dalla tutela impressionista a quella astrattista (ma meglio sarebbe dire, per essere più precisi, neoplastica-costruttivista)[…]. Le possibilità dell’obiettivo fotografico, secondo Weston, devono essere soprattutto indirizzate all’evidenziazione della struttura delle cose, […] le sue astrazioni sul paesaggio, sul corpo umano o sullo still life (i celebri peperoni e conchiglie) tendono sempre al superamento della referenzialità e all’esaltazione delle qualità formali (di linea, di texture, di tono e di struttura) di ogni singolo soggetto.”
In realtà la citazione conferma soltanto, al di là di quanto avevamo già colto, che ogni artista raccoglie, anzi trova, come diceva Pablo Picasso, spunti di riflessione e di partenza dal lavoro degli artisti che lo hanno preceduto o che addirittura, come in questo caso, hanno dato i primi colpi di piccone al sentiero che tutti gli altri avrebbero poi dovuto solcare. Lo stesso Gabriele Basilico, recentissimanente scomparso, imprescindibile per chiunque fotografi architettura, non ha potuto probabilmente ignorare Strand, giungendo però a conclusioni molto differenti da Cirenei: più corale e figurale il primo, più sintetico e concretista il secondo. Ma è interessante come in questo "trovare" spesso intervenga il caso, ed un atteggiamento riflessivo e fatalista - direi zen - che trasforma, come dicevo nell'incipit, un object trouvé in una soluzione poetica.
Dice appunto Paolo Nobile: "Ho scoperto per caso una mela cotogna dimenticata in un angolo del mio studio dopo un servizio fotografico. Dovevano essere passate molte settimane o forse mesi e il processo di decomposizione aveva modificato l'aspetto del frutto a tal punto da non poter immaginare quello originale (io lo sapevo perché non poteva essere che "quel" frutto). La mela cotogna si era trasformata in qualcosa di molto più interessante dell'originale: aveva perso colore ma aveva acquistato texture e profondità grazie anche ad un'inaspettata asimmetria generatasi chissà come. Persa l'edibilità, aveva però guadagnato una sua imprevedibile bellezza agli occhi di chi, come me, è abituato a fotografare prodotti della natura "perfetti", o presunti tali. Scoprendo la bellezza in un frutto che a rigor di logica avrebbe dovuto suscitare fastidio o repulsione a causa del suo aspetto decomposto associato al suo essere "prima" un frutto edibile. Una reazione, anche, a ciò che mi viene abitualmente chiesto: immagini di prodotti freschi, ricchi di colore e appetibili."

C'è, nei modi di scattare e di stampare, di Nobile e di Cirenei, l'assunzione di una disciplina rigorosa e selettiva, un metodo che richiede la pazienza e l'attesa del momento. Si tratta della creazione delle "condizioni al contorno" cui accennavo prima, della maturazione del soggetto, della condizione meteorologica e stagionale, della luce ottimale; c'è nella preparazione, un approccio maniacale e monacale. Si tratta di essere "astrattisti" con un mezzo, la fotografia analogica, che coinvolge non solo il mondo virtuale della pellicola, ma anche quello reale del soggetto, e infine il supporto, per come qualifica la materia e il timbro tonale. Ma come ci appaiono i soggetti di queste foto, quale cifra stilistica mi fa riconoscere i loro autori, oltre alla scelta di una apparente monocromia, alla qualità del dettaglio, al rigore, all'esecuzione? Quello che salta agli occhi è che siamo di fronte a scatti animati da "azioni dinamiche", dalla contemplazione della materia nell'apparente rigore statico, che "si muove" nell'inquadratura non perché sia in movimento, ma perché ha tensione. Quindi queste immagini parlano il linguaggio della dinamica della forma(5), in senso gestaltico, e delle conseguenze che questa tensione dello spazio genera sulle "strutture del pensiero"(6).

  Vi è un approccio analogo all’arte astratta concreta - nel caso di Cirenei, più puro-visibilista - o astratta informale - nel caso di Nobile, più espressionista(7). Per questo ad esempio la luce, usata da Cirenei come mezzo grafico di contrasto, è nelle foto di Nobile, spesso, al limite della percezione: i suoi scuri profondi aumentano la tensione visiva: bisogna abituare la retina all'immagine come ci si abitua al ritmo di un romanzo per potervisi immergere e assorbirne il racconto.

Da questa sintassi affiora la parte connotativa, l'attivazione della reazione emotiva alle opere.
La natura interiore e umana non emerge, come abbiamo visto, attraverso la descrizione figurata dell’uomo ma attraverso un campo emotivo evocato da forme “archetipe” primitive o da metafore subliminali.
Verrebbe da dire, per esempio, che le foto di Cirenei sono degli analoghi delle sculture di Giuseppe Uncini; cioè delle estrapolazioni di elementi semantici e significanti dal linguaggio di un edificio linguistico molto più complesso.

  I due modi di lavorare contengono un’intenzione “primaria” nel modo di scattare, nel senso di un "viaggio alle origini", all’essenza delle cose. Come se volessero disvelarne uno strato interiore che può essere contenuto tanto in uno scorcio geometrico-architettonico quanto nella recessione della materia.
Rispetto alla missione dell'arte, infatti, il fatto che siano fotografie, poesia o scultura non cambia la natura poetica dell'approccio se non per un dato tecnico e strumentale; in realtà sono finestre, tanto aperte sulla parete quanto rivolte verso l'interno di chi le contempla.
Infatti, forse, ci siamo proprio sbagliati e stiamo guardando brani musicali; plasmati con la luce, animati da perturbazioni emotive, composti sulle partiture della materia infine eseguiti magistralmente. Un'esecuzione maniacale che fa di ogni singola stampa un'opera prima.

Claudio Monnini

1. R. Arnheim, La dinamica della forma architettonica, 1994, Feltrinelli
2. mi riferisco al nostro contesto culturale poiché i limiti antropologici dello strutturalismo sono stati evidenziati da Umberto Eco in La struttura assente, 2002, Bompiani
3. Claudio Marra, Fotografia e Pittura nel Novecento (e oltre), 2012, Bruno Mondadori, Milano-Torino
4. P.Strand, Il movente artistico in fotografia, in N. Lyons (a c. di), Fotografi sulla fotografia, 1990, Agorà, Torino
5. R. Arnheim - idem
6. U.Eco -idem ma anche E.Panowsky, la prospettiva come forma simbolica, 1987 , Feltrinelli
7. F.Caroli Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud, 2012, Mondadori Electa

Inaugurazione 24 ottobre ore 18

Wannabee Gallery
via Massimiano, 25 - Milano
Orario: lun-ven 11-19, sabato su app.
Ingresso libero

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