Museo Nazionale dell'Automobile "Carlo Biscaretti di Ruffia"
Torino
c.so Unita' d'Italia, 40
011 677666 FAX 011 6647148
WEB
Gli anni della dolce vita
dal 5/12/2003 al 1/2/2004
011 677666 FAX 011 6647148
WEB
Segnalato da

Paola Masetta




 
calendario eventi  :: 




5/12/2003

Gli anni della dolce vita

Museo Nazionale dell'Automobile "Carlo Biscaretti di Ruffia", Torino

Tendenze della fotografia italiana. Oltre 200 fotografie in bianco e nero scattate da alcuni tra i maggiori fotografi italiani tra la fine degli anni '50 ed il 1968. Le immagini sono organizzate in tre parti: la prima dal titolo La Dolce Vita e' un accenno allo star system dell'epoca, la seconda, L'amara vita, si cala nella realta' di un Italia non ancora toccata dalle novita' e dal benessere economico, l'ultima parte, La nuova vita, presenta i cambiamenti nello stile di vita, l'emigrazione dal sud, il lavoro in fabbrica, le periferie delle grandi citta', il boom dell'automobile, i divertimenti dei giovani. Esposizione ideata e realizzata da FIAF, a cura di Fulvio Merlak, Claudio Pastrone e Giorgio Tani.


comunicato stampa

Il Museo dell'Automobile ''Carlo Biscaretti di Ruffia''
e la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche
sono lieti di comunicare che sabato 6 dicembre 2003, presso la sede del Museo in corso Unità d'Italia 40 a Torino, verrà inaugurata alle ore 17,30 la mostra fotografica

Gli anni della dolce vita : tendenze della fotografia italiana.

L'esposizione, ideata e realizzata dalla FIAF, curata da Fulvio Merlak, Claudio Pastrone e Giorgio Tani, raccoglie oltre 200 fotografie in bianco e nero scattate da alcuni tra i maggiori fotografi italiani tra la fine degli anni '50 ed il 1968.
Le immagini sono state organizzate in tre parti: la prima dal titolo La Dolce Vita è un accenno allo star system dell'epoca con fotografie scattate a Fellini, De Sica e Pasolini, a Mastroianni e Sophia Loren, passando negli atelier di alcuni grandi sarti, da fotografi come Garolla, Giancolombo, Palmas, Pierluigi, Secchiaroli.
La seconda parte (L'amara vita) si cala nella vita reale di un Italia non ancora toccata dalle novità e dal benessere economico.
Ed infine l'ultima parte (La nuova vita) ci presenta i cambiamenti nello stile di vita, l'emigrazione dal sud, il lavoro in fabbrica, le periferie delle grandi città, il boom dell'automobile, i divertimenti dei giovani.

Nel volume-catalogo, che accompagna la mostra, oltre alle immagini, si possono leggere la prefazione di Giorgio Tani, e tre saggi di Cesare Colombo, Antonio Maraldi e Giuseppe Pinna.

Immagine: Piergiorgio Branzi, Roma 1950

L'esposizione rimarrà aperta fino al 1° febbraio 2004, con il seguente orario:
martedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle 10 alle 18,30
giovedì dalle 10 alle 22
domenica dalle 10 alle 20,30
lunedì chiuso

Biglietto d'ingresso unico per Museo e per Mostra. Il Museo dell'Automobile fa parte del circuito ''Abbonamenti Musei Torino Piemonte''. Parcheggio interno gratuito, caffetteria, bookshop. Tariffa d'ingresso ridotta per i soci FIAF (fino al termine della mostra).

INFO: Claudio Pastrone (FIAF) 335 277572
Paola Masetta (Museo dell'Automobile) 011 677666

Dalla Prefazione di Giorgio Tani

Dopo l'esperienza del precedente volume ''Gli anni del Neorealismo - Tendenze della Fotografia Italiana'', si è sentita la necessità di realizzare un altro volume che ne fosse il proseguimento, che raccontasse in modo soddisfacente, se non esauriente, un periodo caratterizzato da tante vicissitudini nella nostra vita nazionale. Tante le novità che, nel decennio successivo all'uscita del film ''La dolce vita'', ovvero dopo il 1960, furono determinanti nello scorrere della nostra vita quotidiana.
Vita e consuetudini che certamente vennero condizionate, indirizzate, o comunque ''toccate'' dalle comunicazioni dei ''media'' di maggiore importanza. Tra questi gli spettacoli cinematografici, capaci di proporre storie tra realtà e fantasia ma anche di influire sulle opinioni e sui comportamenti degli spettatori, non fosse altro per imitazione. L'epoca era quella in cui il cinema ebbe forse il suo maggior sviluppo. E così, quando Federico Fellini fece uscire il film ''La dolce vita'', gli spunti critici, o criticabili, sul suo contenuto furono molti e direttamente collegati con quelli che in quel momento erano gli spunti di cronaca mondana, l'economia in cambiamento e le aspettative di svolta epocale.
Il film fu dirompente in quanto perforò certi concetti fino a quel momento stabili creando, nella pubblica opinione, delle correnti di pensiero opposte e contrastanti l'una con l'altra. Ma il film era anche una conseguenza del ''fenomeno paparazzi'' culminato con lo spogliarello al Rugantino. I bar di Via Veneto erano il ritrovo di attori in cerca di notorietà, di divi affermati e di un certo tipo personaggi dai nomi o dai patrimoni altisonanti. Intorno a loro, consenzienti o reticenti, cercava di sbarcare il lunario una quantità di ''fotografi d'assalto'' capaci di riempire le pagine dei giornali e dei rotocalchi con le loro immagini ''rubate''.
La Dolce Vita segnava, con la sua poetica, l'amaro e il fatuo di una concezione di vita, resa pubblica dall'obiettivo del ''paparazzo'', definizione venuta dal nome proprio del personaggio fotografo nel film.
Questo volume esce con un forte richiamo, dato che di fotografia ci interessiamo, agli anni in cui si sviluppò quel fenomeno così caratteristico nella nostra breve storia fotografica, da significarne il nome, ''paparazzi'', in una forma spregiudicata di produzione foto giornalistica, un modo nuovo di essere cacciatori di immagini e assaltatori.
Spontanea conseguenza di quel periodo che va dagli anni '50 a tutto il '60, nel quale Roma divenne con la sua Cinecittà, un punto di arrivo di tanti divi stranieri, un palcoscenico sul quale mettersi in mostra, spettacolo nello spettacolo. Così personaggi come Tazio Secchiaroli e Pierluigi Praturlon, con tutti gli altri ''paparazzi'' loro colleghi, si trovarono un mestiere remunerativo tra le mani per quel loro modo di cogliere, veri o predisposti, istanti di privacy irripetibili. Ecco l'idea di proporre Anita Ekberg dentro l'acqua della Fontana di Trevi. Il fatto di per se era già accaduto, ma fu ripetuto nella ''Dolce Vita'' come scena che colpiva la fantasia, che dava una sensazione di freschezza e leggerezza non abituale nella mentalità di un'epoca nella quale facevano cassetta i film strappalacrime di Ivonne Sanson e Amedeo Nazzari.
Ma nella Dolce Vita, oltre alla dirompente bellezza della Ekberg, erano trattati anche altri argomenti quali la decadenza di un modo di essere. A questa decadenza, si contrapponevano, forse senza neppure riconoscerla nella realtà piccolo quotidiana, gli spazi e le basi morali di tutto il periodo successivo quando il movimento di emigrazione dal Sud verso il Nord diventò imponente, quando ci si accorse che il Meridione per sopravvivere doveva trovare lavoro al Settentrione, quando Papa Giovanni XXIII aprì il concilio Vaticano secondo, quando il primo astronauta superò i confini del cielo, quando le Case di Tolleranza vennero chiuse e sui muri comparvero simboli e slogan di lotta operaia e sociale.
Questo libro porta lo sguardo su un decennio di cambiamenti, sull'evoluzione o se preferiamo rivoluzione, nelle idee, nelle ambizioni, nello svolgimento quotidiano del vivere. Tutto diventava, lentamente ma inesorabilmente, un po' diverso dal decennio precedente, prima al Nord e poi al Sud.
''Sud'', parola di valenza non solo geografica, dove le tradizioni secolari e religiose, spesso radicate in reminiscenze pagane, erano così stabili da non poter quasi essere toccate, quando la miseria incombeva, quando ''andare via'', andare al Nord, andare in Germania, era diventato un imperativo categorico per poter vivere in modo accettabile.
Questa parte, che nel libro proponiamo attraverso il capitolo centrale, che segue le pagine dedicate alla vita romana dei personaggi dello schermo, e ne è il contrasto, vuole essere anche preludio e apertura alla terza parte del volume, quel terzo capitolo conclusivo che riguarda il cambiamento avvenuto in una popolazione toccata dal ''Boom'' economico, dalle nuove necessità imposte dal consumismo e da tutte quelle novità che venivano importate, cose e idee, da paesi più ricchi, che inducevano le persone a considerare il ''benessere'' come un punto di arrivo. Venne il momento di considerare il consumo come fonte di lavoro. Il boom economico richiamò tante persone a prendere contatto con la fabbrica e con la periferia, che nasceva, per loro, ai limiti della città. Dal campo seminato e arato secondo antica tradizione, dalla precarietà della manovalanza nel latifondo, alla catena di montaggio nella quale entrare per trovare quelle condizioni di vita che avrebbero consentito poi di tornare al proprio paese, magari con l'automobile nuova, appena comprata a rate, a significare un cambiamento di condizione sociale, un modo nuovo e diverso di pensare, di vivere e di progredire.
Quindi, tornando alla ''Dolce Vita'' come metafora di una vita fatua, fatta di stelle e stelline, di commendatori depressi, di decadenze morali ma anche di nuovi orizzonti, le opinioni che ne conseguirono, aspre e intense, a livello personale o politico rientravano in un movimento epocale che portava la gente a inserirsi in quelle condizioni di vita nelle quali ha importanza la televisione, il frigorifero, il mezzo di trasporto, la minigonna.
Rapporti nuovi nella famiglia, tra i giovani, la voglia di divertimento, la voglia di godere la vita in un modo più consono alle loro esigenze. Comparivano sui muri parole difficili ad imporsi quali ''divorzio'' e ''aborto''. Il tempo ha fatto il suo lavoro nel mitigare i contrasti, nei rifiuti e nelle accettazioni.
Quindi nessuna critica e nessuna visione che non sia quella della realtà interpretata dalla fotografia, ovvero del passaggio epocale nel quale un punto di riferimento, una data, può essere un film che ha connotato con il suo successo e con le sue provocazioni il periodo stesso.
Abbiamo intitolato il volume ''Gli anni della Dolce Vita: tendenze della fotografia italiana''. La nostra non vuol essere una dimostrazione, ma solo una rivisitazione della memoria collettiva attraverso le immagini fotografiche. E' questo un libro intenso nel suo contenuto, un racconto visivo: la storia è quella nostra di quegli anni e le immagini non vogliono essere altro di più che appunti ritrovati di ciò che siamo stati e che forse ancora siamo.
Le fotografie danno più informazioni di quanto non riescano a dare le parole.
Così molti di noi troveranno qualcosa del passato ed anche qualcosa del loro presente, pagine e pagine di volti, di situazioni, di momenti felici e di momenti difficili, sia in senso individuale che collettivo. Anni che hanno contribuito a determinare l'Italia di oggi. La fotografia ne dà testimonianza.

Museo dell'Automobile
Carlo Biscaretti di Ruffia
C.so Unità d'Italia, 40 10126 Torino

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