Galleria San Fedele
Milano
piazza San Fedele, 4 (Auditorium via Hoepli, 3a)
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Deposizione
dal 20/1/2004 al 6/3/2004
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20/1/2004

Deposizione

Galleria San Fedele, Milano

Lawrence Carroll: artista americano che s'immerge nella realta' urbana di New York, per coglierla in tutte le sue drammatiche contraddizioni di violenza, miseria e indigenza. All'opera di Lawrence Carroll e' stata accostata la Deposizione di Sant'Andrea Apostolo attribuita recentemente a Luca Giordano. Uno splendido quadro inedito del celebre pittore napoletano del XVII secolo.


comunicato stampa

Lawrence Carroll - Luca Giordano

a cura di
Giuseppe Panza di Biumo e Andrea Dall'Asta S. I.

Lawrence Carroll: artista americano che s'immerge nella realtà urbana di New York, per coglierla in tutte le sue drammatiche contraddizioni di violenza, miseria e indigenza. Condizioni tragicamente consuete in molte città americane ed europee. La riflessione di Carroll assume come punto di partenza la drammaticità dell'esistenza umana colta nei ghetti, nelle periferie popolate di emarginati, di diseredati. L'artista raccoglie materiali abbandonati lungo le strade, per poi assemblarli in modo approssimativo, ricoprendoli in seguito con tele dipinte da colori smunti, pallidi, giallastri.
Poetica del riutilizzo di materiali, dunque. Raccogliere materiali già utilizzati e abbandonati, per poi manipolarli attraverso l'atto poietico della creazione artistica, significa farli rinascere, dar loro nuova vita, sottraendoli all'oblio, alla corruzione della materia. All'inevitabilità della morte. Significa guardare con fiducia le cose che ci circondano, perché si aprano al futuro. È un atto di gratuità.
Ciò che appare inutile, tragicamente votato alla decomposizione, un rifiuto, uno scarto, sembra mostrare Carroll, può essere trasformato, riportato a nuova vita, acquisire nuova dignità. L'oggetto può risorgere, rinascere. Può diventare testimone di un riscatto, di un'inaspettata apertura alla vita. Un oggetto, sottratto al proprio mondo e re-intepretato dall¹artista, si fa simbolo, in qualche modo, dell'attesa di riscatto di tutti coloro che attendono una rinascita concreta, reale, in questo mondo. Un¹attesa di redenzione, di resurrezione.

All'opera di Lawrence Carroll è stata accostata la Deposizione di Sant'Andrea Apostolo attribuita recentemente a Luca Giordano dalla Dott.ssa Valentina Maderna, della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoloantropologico di Milano. Uno splendido quadro inedito del celebre pittore napoletano del XVII secolo, dunque.
Il tema dell'opera s'incentra sulla deposizione dalla Croce di un uomo morto per la testimonianza della propria fede. Andrea segue il Cristo, sin dagli inizi della sua predicazione e, come lui, muore sulla Croce, attraversando la sofferenza, il dolore, l'umiliazione.
I toni del quadro sono terrei, opachi, come se parlassero della disperazione della morte. Tuttavia, dare la vita per il Cristo significa testimoniare che la morte non si dischiude su di un baratro senza uscita, su di un cammino senza ritorno, ma alla resurrezione. La vita del credente si apre su di un orizzonte che non si esaurisce in un semplice "al di qua".
Il corpo di Sant'Andrea è deposto dalla Croce. Sta per essere sepolto, interrato, abbandonato nell'oscurità della notte. Tuttavia, non sarà dimenticato. Certo, è un corpo che dopo avere annunciato la vita dopo la morte si trova ora sul punto di essere gettato nella fossa, ma per rivivere, per rinascere accanto a Dio, nella memoria e nell'affetto dei credenti che ne proseguiranno l'annuncio e la testimonianza. Il martirio. È dunque un corpo inafferrabile, che si sottrae a qualunque conclusione definitiva sul mondo che vediamo e che abitiamo. Il seme non porta frutto se non muore, dice il Vangelo. Il corpo di Andrea è un corpo crocifisso: corpo morto, ma in attesa di risorgere. Corpo senza vita, ma non semplice cadavere. È un corpo deposto dalla Croce, ma che paradossalmente si rivolge al futuro. Un corpo che si apre alla verità di un incontro, alla vita di resurrezione di ogni uomo.
Andrea Dall'Asta S.I. Direttore Galleria San Fedele

Lawrence Carroll
In questi anni si parla continuamente di arte che deve dialogare con il pubblico, avere un rapporto con la gente, rappresentare problemi sociali, questioni di attualità. Con queste premesse, si elabora un'arte descrittiva, che rappresenta episodi ma che non è in condizione di esprimere i moventi o le cause del comportamento umano.
Le cause sono nella coscienza di ognuno. I fatti sono la manifestazione visibile, non le cause. Un'arte che descrive episodi non rappresenta l'origine del nostro comportamento, delle scelte individuali e collettive. Un'arte di questo genere è necessariamente figurativa, ma di scarsa comprensione dei motivi veri e fondamentali. La coscienza è sempre a un bivio, tra la scelta di un bene o di un male. L'arte che fa emergere questo dramma è la vera arte. Quella che descrive i fatti è secondaria e superflua.
L'attività della coscienza non è visibile con la vista oculare. È comprensibile ed esprimibile in un altro modo, attraverso metafore, segni e colori che si elaborano dentro di noi. Ognuno di noi appartiene a una coscienza comune e universale che crea la personalità di ogni essere pensante. Certamente è più difficile rappresentare una realtà invisibile da quella che si realizza con azioni. Nel primo caso si arriva a una realtà, nel secondo, a un surrogato.
Gli artisti che riescono in questo compito sono certamente bravi, gli altri fanno una cosa facile, che rischia di cadere nella banalità e nella superficialità. Ogni linguaggio elaborato dalla nostra mente è sempre metaforico. L'indefinibile non può essere espresso in altro modo. La metafora più semplice è quella più vicina alla realtà invisibile che vuole rappresentare la ricerca della semplicità. È molto difficile. Pochi artisti vi riescono.
Lawrence Carroll affronta con successo questa sfida. La realtà che rappresenta è quella triste e sofferente dei quartieri delle città americane, dove sono presenti i due estremi della società, di chi vince la lotta della sopravvivenza e della corsa al benessere, e quella dei vinti, di coloro che non hanno la forza per inserirsi in una società dove le regole della competizione sono inflessibili.
Quando si visitano gli studi degli artisti che non hanno ancora avuto il successo e i soldi per vivere nella 'città alta', si attraversano i quartieri degli emarginati, di coloro che non hanno nulla, che vivono di espedienti, di qualche assistenza pubblica o di elargizioni di fondazioni di assistenza sociale. È una moltitudine di alcolizzati, di drogati, d'infermi di mente, di salute precaria. Non sono in grado di svolgere un lavoro regolare. Si tratta di uomini e donne che non riescono a uscire dal ghetto in cui sono condannati per tutta la vita. Sono strade dove le case si trovano in pessime condizioni. Alcune sono vuote, altre non più abitabili. Spesso, lungo i marciapiedi sono abbandonati detriti, oggetti inservibili. Non si vedono i colori di una povertà dignitosamente sopportata, ma quelli della miseria, del disfacimento, di un progressivo e lento scendere a un livello più alto di disordine. Si vedono le forme e i colori delle cose vissute e buttate via.
Se le strade fossero vuote e disabitate sarebbe solo un triste spettacolo. Le strade non sono vuote. Vi sono molti uomini e donne nelle stesse condizioni, superstiti di un mondo in disfacimento. Non si tratta di oggetti dimenticati o gettati, ma di esseri umani che soffrono, che vivono nello stento, per i quali arrivare al domani è un'incognita. Anche per un visitatore occasionale, la tristezza si trasforma in dolore. Si sente la necessità di partecipare in qualche modo alla sofferenza degli altri. Stranamente l'istintivo rifiuto del dolore si trasforma in una necessità di pensare a loro. Perché loro sì e io no? Perché noi siamo 'fortunati' e loro no? L'angoscioso interrogativo del male diventa assillante. Un raggio di luce viene prendendo coscienza di questa realtà, condividendo anche solo per poco la loro sofferenza.
Lawrence Carroll usa i colori, i frammenti di questa esistenza di sofferenza per comunicarci la sua pietà verso queste persone. Spesso le sue rappresentazioni tridimensionali sono fatte con materiali trovati in strada. I colori della povertà e della miseria sono smunti, hanno perso il loro splendore aggressivo. Tutto tende a un grigiore uniforme, interrotto da macchie gialle, pallide, come il colore della pelle umana che invecchia, e di tutte le cose che invecchiano o che sono destinate a sparire. In Carroll, la riflessione e la partecipazione a questa realtà non generano disperazione. Crea un'emozione che penetra nelle fibre del cuore. Anche solo il partecipare, sia pure per poco, a questa realtà, provoca una strana pacificazione con la nostra coscienza. Invece di essere depressi, ci si sente, almeno in parte, sollevati da una grande responsabilità.
Il lavoro di Lawrence Carroll è una riflessione su questi temi, non con parole o immagini 'descrittive'. Non fotografa la realtà, la rappresenta in modo ancora più potente, con i suoi colori, con i frammenti di vita vissuta, che in un insieme si fanno linguaggio eloquente ma silenzioso. A prima vista sono opere che sembrano senza vita. Tuttavia, quando si guardano da vicino, si scopre una grande capacità nel comporre il dettaglio in una visione complessiva, dove il tutto acquista una più forte capacità espressiva.
Il suo lavoro può fare pensare a quello di Rauschenberg negli anni '50. Anche in quelle opere il dettaglio, la singola immagine, acquistava il suo pieno significato nell'insieme. Gli obbiettivi sono diversi. Rauschenberg recupera la memoria, i frammenti del passato. Carroll una palpitante esistenza nel presente. Solo una personalità dominata da una determinante presenza di valori che dialogano con la carità poteva creare un'opera così impegnata in una realtà che si vorrebbe evitare e ignorare. È una chiamata che viene dall'alto, alla quale le persone più attente ai valori fondamentali non possono sottrarsi.
I saluti con i quali finiscono le lettere che m'invia sono un'indicazione di com'è la sua vita. Un saluto che sento purtroppo ora sempre più raramente: 'God bless you!'
Giuseppe Panza di Biumo

inaugurazione 21 gennaio, ore 18.00

orario: 16 - 19.00 (mattino su richiesta) chiuso lunedì e festivi

ingresso libero

catalogo: Galleria San Fedele, Milano

testi: Andrea Dall'Asta S.I.
Giuseppe Panza di Biumo
Francesco Tedeschi
Valentina Maderna

Il quadro La Deposizione di Sant'Andrea è stato restaurato grazie al contributo del Lions Club Milano Ambrosiano. Un grazie particolare a Angelo Cavalca.

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