Rina Banerjee
Paul Benney
Adam Fuss
Gonkar Gyatso
Michael Joo
Jason Martin
Chiharu Shiota
Kiki Smith
James Putnam
La mostra accoglie il lavoro di 8 artisti che sono accomunati dalla volonta' di trascendere la materialita' a favore di una dimensione spirituale. Tra gli autori: Gonkar Gyatso, Michael Joo, Jason Martin e Kiki Smith.
a cura di James Putnam
Il sublime e lo spirituale, fondamentali per la nostra sensibilità umana, tendono ad
avere un significato marginale nel mercato dell’arte contemporanea, che sempre più
si preoccupa dei valori materiali. Anche il carattere ironico di molta arte
contemporanea è diametricalmente opposto all’impulso spirituale.
Metaphysical è una mostra di opere di otto differenti artisti contemporanei che mira
a trasmettere un’esperienza che trascenda la materialità con un senso astratto dello
spirituale, senza alludere a nessuna specifica religione.
Metaphysical è un termine intrigante che non è facilmente definibile, ma che
riguarda cose che si pensino esistano, ma che non possono essere viste, un genere di
realtà che sta dietro a quanto è percepibile coi sensi. Il termine è composto da
“meta-” (oltre) e “physical” (natura), suggerendo qualcosa di soprannaturale o al di
fuori dell’esperienza quotidiana o della conoscenza.
Questa mostra in cui espongono artisti internazionali di spicco, comprende lavori
con differenti media mirando ad esprimere questa aura del metafisico.
RINA BANERJEE
Nasce nel 1963 a Calcutta, in India. Si diploma in Fine Arts presso la Yale
University. Ad oggi, vive e lavora a Manhattan. L’esser cresciuta in contesti urbani
e in comunità multiculturali e multiraziali, le ha dato spunto per la creazione di
una sua visione globale, alla base di tutto il suo lavoro artistico. L’artista ama
diversi materiali e oggetti come tessuti pregiati, reperti etnici, architettonici e
coloniali, da lei scelti per la loro capacità di prender vita nelle sue opere. Nelle
sue istallazioni multimediali vengono adoperati altri disparati oggetti e souvenir
come alligatori imbalsamati, brande di legno, ossa di pesci e conchiglie che vengono
incastonati in ombrelli e strutture di metallo. I suoi lavori, così riccamente
elaborati, complicano il ruolo dell’oggetto in se come rappresentazione di culture
diverse, in modo da sorprendere e affascinare. Servendosi di oggetti sia organici
che inorganici, Rina Banerjee inventa mondi fiabeschi, eccitanti e minacciosi.“Il
mio lavoro esplora specifici eventi coloniali ricreando luoghi e identità come
complesse esperienze ingrovigliate e talvolta surreali”. Rina Banerjee.
PAUL BENNEY
Nasce nel 1959 a Londra, dove attualmente vive e lavora dopo un periodo di attività
a New York. Negli ultimi anni, Benney ha prodotto un distinto e singolare gruppo di
opere sia negli USA che in Inghilterra. Le sue opere sono esposte nelle collezioni
pubbliche e private di tutto il mondo come al Metropolitan Museum di New York, alla
National Gallery in Australia e alla National Portrait Gallery di Londra. Benney è
considerato uno dei personaggi chiave del gruppo dei Neo-espressionisti dei primi
anni ’80 dell’East Village di New York ed è noto per le sue macabre rappresentazioni
raffiguranti il lato oscuro dell’anima, tema che da sempre lo ha interessato.
L’artista dipinge figure dal significato estrememente mutevole, che incarnano una
continua ricerca di spirituralità. Paul Benney è inoltre molto noto per la sua serie
di ritratti, aventi come soggetto prominenti figure politiche e culturali.
ADAM FUSS
Nasce nel 1961 a Londra, vive e lavora a New York, città in cui si trasferisce nel
1982. Le opere di Adam Fuss sono esposte nelle collezioni permanenti dei principali
musei americani come il Museum of Modern Art, il Metropolitan Museum of Art, il
Whitney Museum of American Art a New York e al Museum of Modern Art di San
Francisco. Dopo l’iniziale carriera da fotografo pubblicitario, l’artista passa a
prediligere le tecniche più originarie della fotografia, come il fotogramma e l’uso
del dagherrotipo, sulle impronte di Man Ray e Làszlò Moholy-Nagy. I suoi lavori
includono fotogrammi di gocce d’acqua, fumi, fiori, serpenti, vestaglie battesimali
e uccelli catturati mentre volano, per creare immagini evocative ed enigmatiche che
esplorino il mistero, la complessità e la caducità della vita.
GONKAR GYATSO
Nasce nel 1961 a Lhasa, in Tibet. Si trasferisce a Londra negli anni ’90 e studia
alla Chelsea School of Art and Design. Ancora oggi vive e lavora a Londra. Gyatso è
uno dei più importanti artisti contemporanei tibetani. I suoi lavori sono stati
esposti in gallerie e musei di tutto il mondo, tra cui il Boston Museum of Fine
Arts, il Museum of Art di Tel Aviv e la Chinese National Art Gallery di Pechino. Nel
2009, Gonkar Gyatso partecipa alla 53° Edizione della Biennale d'Arte di Venezia.
L’artista è noto soprattutto per l’uso di immagini e icone pop racchiuse all’interno
della forma del Buddha, oppure sculture di Buddha completamente ricoperte da adesivi
che rappresentano personaggi di popolari cartoni animati, pubblicità e riviste. Gli
adesivi che Gyatso colleziona rappresentano per lui una forma culturale, così come
tutti i tipi di media che ispirano il suo lavoro. Le sue opere hanno spesso a che
fare con la satira politica e rappresentano una esplicita presa di posizione nei
confronti della cultura di massa del XXI secolo. “Come l’identità della mia patria
non può separare la religione dalla politica, così la mia sensibilità è stata
modellata dall’innegabile legame tra i due". Gonkar Gyatso
MICHEAL JOO
Nasce nel 1966 ad Ithaca, negli USA. Studia alla Washington University e alla scuola
d’arte di Yale. Vive e lavora a New York. I lavori di Joo sono stati acquisiti da
numerose collezioni pubbliche e private, tra cui quelle del FNAC di Parigi, del
Guggenheim, del Museum of Modern Art e del Whitney Museum of American Art di New
York. L’artista crea narrazioni che esplorano luoghi, persone e oggetti,
reinterpretandone le percezioni: perché percepiamo quello che percepiamo – scienza e
religione, natura e intervento dell’uomo, verità e finzione, cultura popolare e
elitaria. Il suo lavoro investiga i concetti di identità e conoscenza all’interno di
un ibrido mondo contemporaneo, attraverso una varietà di mezzi come video, sculture,
istallazioni di ogni materiale dal bamboo al sudore umano, dai disegni alle stampe.
In tal modo, sembra che l’artista provi a raggiungere permanentemente
l’irraggiungibile: farci vedere un oggetto nella sua vita reale che è a malapena
concepibile nella sua integrità.
JASON MARTIN
Nasce nel 1970 presso le Isole Channel, in Gran Bretagna e studia alla Goldsmith di
Londra. Attualmente vive e lavora tra Londra e Lisbona. La sua partecipazione alla
mostra Sensation: Young British Artistis from the Saatchi Collection, nel 1997,
sancisce il suo ingresso nello scenario artistico internazionale. Da allora
l’artista ha esposto nei più importanti musei, tra cui nel 2009 alla Peggy
Guggenheim Collection di Venezia e ha vinto due premi, quali il Liverpool Biennial
of Contemporary Art (1999) e l’European Biennial of the Visual Arts a La Spezia
(2000). Jason Martin è noto per i suoi quadri monocromi. I lavori di Jason Martin
oscillano tra tensione e quiete. La sua arte racchiude vitalità ed energia che danno
corpo alla simultaneità tra gesto e dinamismo dell’immagine. La sua è una costante
qualità che risiede nel perpetuo movimento e in una continua necessità di
interrogarsi e di interrogare le infinite possibilità del dipingere. Tutto richiama
il dinamismo di un “atto unico” che unisce creazione e sguardo, perfezione e
osservazione.
CHIHARU SHIOTA
Nasce nel 1972 a Osaka, in Giappone. Studia Fine Arts in Giappone e poi in Germania
con Marina Abramovic. Ad oggi vive e lavora a Berlino. La Shiota espone regolarmente
nelle gallerie di diverse città come New York, Berlino, Zurigo, Parigi e Milano, i
cui più prominenti musei ospitano in collezione permanente alcuni dei suoi lavori.
L’artista è stata oggi selezionata per rappresentare il Giappone alla 56° Edizione
della Biennale d'Arte di Venezia (2015), dove presenterà "The Key in the hand" a
cura di Hitoshi Nakano. Chiharu Shiota fa del suo corpo lo spazio del suo intervento
artistico, realizzando performance legate alla terra, al passato e alla memoria. E’
inoltre ben conosciuta per le sue installazioni realizzate principalmente con
finestre rotte, valigie, vecchi vestiti, scarpe o con fili che avvolgono e
intrappolano gli oggetti più disparati. Se questi oggetti da un lato danno vita a
sensazioni inquietanti, dall’altro sprigionano ricordi del passato, accumulati
dall’umanità nel corso dei tempi.
KIKI SMITH
Nasce nel 1954 a Norimberga, in Germania. Dal 1976 vive e lavora a New York.
L’artista ha esposto nei più prestigiosi musei americani come nei newyorkesi Museum
of Modern Art, Whitney Museum of American Art, Solomon R. Guggenheim Museum,
Metropolitan Museum of Art e al Museum of Contemporary Art di Los Angeles.
L’attenzione della Smith è rivolta ad una pluralità di temi, alcuni dei quali
derivano dalla sua biografia. Il tema centrale del suo operato è la corporalità
umana, in particolare quella femminile. Il corpo della donna diventa un campo di
battaglia per ideologie politiche e sociali. Accanto ai motivi della mortalità e
della decadenza si accostano quelli della nascita e della riproduzione. Un altro
soggetto è il regno animale, specialmente la vulnerabilità dei volatili e la ferocia
dei lupi che evoca la condzione umana. Kiki Smith è nota principalmente per le sue
sculture, ma anche per le stampe e le incisioni:“Le stampe imitano ciò che noi siamo
come uomini: siamo tutti uguali ma ognuno di noi è diverso. Io penso che ci sia un
potere spirtiuale nella ripetizione, un senso devozionale, come dire il rosario”.
Kiki Smith, 1998.
Inaugurazione 16 settembre alle 18
Mimmo Scognamiglio Arte Contemporanea
via Giovanni Ventura 6, Milano.
Orario: Martedì - Sabato / 15:00 - 19:00.
Ingresso libero