Vegapunk (studio di Simona da Pozzo)
Milano
Via Lazzaro Palazzi, 9
02 2620722
WEB
At home
dal 24/3/2015 al 24/3/2015
18-21.30

Segnalato da

Elena Bari




 
calendario eventi  :: 




24/3/2015

At home

Vegapunk (studio di Simona da Pozzo), Milano

Roots, borders, memories. Gli artisti raccontano le loro case, le abbandonano, entrano in casa d'altri o cercano di rendere familiare lo spazio pubblico.


comunicato stampa

a cura di Marina Loshchakova

La mostra "AT HOME. Roots, borders, memories", dopo una prima tappa al Metriquadri di Venezia (18 marzo), approda al luogo per cui è stata pensata: Vegapunk. Eccoci dunque arrivati all'ultima mostra dei questa stagione "Artist Hosting Artists", che sarà visibile, come al solito, solo per una serata: il 25 marzo 2015. Affidiamo questo settimo appuntamento alle mani di una giovane curatrice russa: Marina Loshchakova fresca dell'esperienza di CAMPO, il corso per curatori della Sandretto Re Baudengo di Torino.

Che cosa significa “sentirsi a casa”? Il sociologo Paolo Jedlowski, nel testo “Il racconto come dimora. ‘Heimat’ e le memorie d'Europa”, analizza due concetti: quello di Heimweh, ossia la nostalgia di casa e quello di Fernweh, nostalgia dell’Altrove. Parole che, nel loro rapporto dialettico, rappresentano una prima chiave di lettura della mostra At home. Borders, roots memories.

Scrive infatti Jedlowski: “Per arrivare a casa bisogna prima essere altrove”. Anche a noi capita più facilmente di interrogarci sul concetto di casa e di spazio familiare proprio quando ne siamo lontani, nel momento in cui ci sentiamo privi di qualcosa di così rassicurante e conosciuto. La casa è l’immagine di uno spazio privato, caldo e fatto di ricordi, dove esistono percorsi definiti, abitudini e leggi non scritte. Ci si sente a casa quando, nell’aprire la porta dopo un lungo viaggio, ci si riconosce nei profumi e nei suoni percepiti. La casa è il ritratto di ciò che siamo, un microcosmo di cui conosciamo equilibri e coordinate. Il filosofo ed etimologo Gaston Bachelard, nella sua Poetica dello spazio, parla della casa in termini di spazio della felicità, di un luogo protetto, amato e vissuto, di topofilìa (dal greco filìa “amore, affinità” e topos, “luogo”, inteso come spazio caratterizzato da precise proprietà qualitative).

In questa mostra artisti internazionali contemporanei raccontano le loro case, le abbandonano, entrano in casa d’altri o cercano di rendere familiare lo spazio pubblico. L’esposizione non si sviluppa secondo un percorso prestabilito, ma propone dei nuclei tematici sviluppati dagli artisti. La memoria, la famiglia e la dimensione del quotidiano, le radici e i confini che determinano il noto e l’ignoto, nonché il viaggio, sono luoghi della mente fondamentali per comprendere il concetto di casa e la difficoltà nel definirne i limiti. La memoria della casa è quella della famiglia che ci ha vissuto per generazioni. Gli artisti Rostan Tavasiev e Masha Obukhova nelle opere passano la parola alle loro nonne, portatrici di un sapere sedimentato e condiviso nel tempo. Carlo Alberto Treccani comprime e sintetizza la storia fotografica della sua famiglia in un cubo di cinque centimetri, con un tentativo di comprenderla nella sua totalità. Olga Zakharjeva, aprendo dopo tanto tempo la porta della soffitta, attraverso gli oggetti che trova, ricostruisce la propria storia nei ricordi di un’altra epoca, quella della Russia sovietica. Quanto la casa, e il senso di appartenenza, sono legati ad una specifica collocazione geografica? Forse non è che una percezione, un’idea che non ha in realtà pareti e confini da rispettare. Simona da Pozzo e Tima Radya portano con loro la sensazione di trovarsi a casa attraversando i confini dello spazio domestico e aprendosi al mondo. Yasmin Sharabi attraversa le frontiere di Stati diversi per trovare una nuova casa, “occupando” un nuovo territorio e incontrandosi con un Altrove con cui familiarizzare. Le artiste Katya Etush, Frances Staford e Anastasia Kaplina svolgono una ricerca sulla routine, sulle abitudini e gli oggetti che definiscono lo spazio domestico. La quotidianità viene indagata nelle sue sfumature di senso e ogni opera racconta delle personalissime microstorie.

La tematica dell’ospitalità e della tradizione viene affrontata da Alessandro Quaranta, Usama Al Kindi e Hanna Brittney. Il semplice gesto di offrire un caffè o di presentarsi abbigliati in un certo modo diventa lo specchio dell’inclinazione mentale ed affettiva con cui accogliamo nel luogo-casa la persona che ci troviamo di fronte. L’idea della casa si sperimenta coinvolgendo tutti i sensi. Daria Polyakova evidenzia quanto i suoni e rumori influenzano la nostra percezione dello spazio che abitiamo. La casa viene vissuta attraverso il profumo della ricetta della torta preferita, come nel caso dell’opera di Roberta Gorni, o il ricordo del sapore di una pietanza caratteristica del proprio paese (Darya Naretina). Com’è la casa dove viviamo oggi? La sempre più consistente condivisione di spazi ed esperienze ridefinisce costantemente la nostra percezione del familiare. Ai nostri giorni le nuove dinamiche di sharing, come il couchsurfing e airbnb, entrano nell’esperienza quotidiana, e la rapidità con cui le nostre esistenze vengono modificate e si evolvono ci porta altrettanto velocemente a cercare persone, luoghi ed oggetti che ci facciano sentire in famiglia, a casa.
Mercoledì 25 marzo dalle 18 alle 21:30

Vegapunk
Via L. Palazzi 9 - Milano
ingresso libero

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