Centro Culturale Candiani
Mestre (VE)
piazzale Candiani, 7
041 2386111 FAX 041 2386112
WEB
Marcel Breuer
dal 21/10/2004 al 30/1/2005
041 958100 FAX 041 2386112
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Candiani



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Marcel Breuer



 
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21/10/2004

Marcel Breuer

Centro Culturale Candiani, Mestre (VE)

Design and Architecture. La retrospettiva, ideata e prodotta dal Vitra Design Museum, e' la prima mostra che presenta adeguatamente i diversi campi della sua attivita', trattandoli come aspetti di pari importanza all'interno della sua produzione. L'esposizione e' strutturata per temi e propone quasi tutti i mobili piu' importanti progettati da Breuer, mentre la sua vasta e varia opera architettonica e' presentata attraverso dodici modelli di edifici esemplari


comunicato stampa

Design and Architecture
Mestre, Centro Culturale Candiani
23 ottobre 2004 / 9 gennaio 2005

La mostra
La retrospettiva su Marcel Breuer, ideata e prodotta dal Vitra Design Museum, è la prima mostra che presenta adeguatamente i diversi campi della sua attività, trattandoli come aspetti di pari importanza all’interno della sua produzione.
La mostra, strutturata per temi, espone quasi tutti i mobili più importanti progettati da Breuer, mentre la sua vasta e varia opera architettonica è presentata attraverso dodici modelli di edifici esemplari.
Nella sezione intitolata "materiali", la mostra documenta il design di Breuer cronologicamente, prendendo spunto dal fatto che nel design di mobili Breuer usò quattro materiali diversi, uno dopo l'altro: legno e tubo d'acciaio, alluminio e compensato. In particolare, nel campo dei mobili in tubo d'acciaio molti pezzi originali dimostrano con quanta raffinatezza egli fosse in grado di discernere le opportunità strutturali e progettuali offerte dai materiali e di sfruttarle sistematicamente nell'arco di pochi anni.
La caratteristica più notevole delle opere in alluminio, un materiale fino ad allora pressoché inutilizzato nella produzione di mobili, fu il trasferimento del principio a sbalzo dal tubo d'acciaio.
Altra intuizione fondamentale fu la traduzione perfetta della chaise-longue dall’alluminio al compensato: fu quello l'inizio di una nuova e intensa attenzione nei confronti di questo materiale.
Disegni, cataloghi di mobili e moltissime fotografie contemporanee dei design di interni prodotti da Breuer ci danno un'idea della varietà del suo lavoro progettuale, ben oltre i mobili classici da lui creati.

Per quel che riguarda la presentazione dell’opus architettonico di Breuer, la mostra è articolata in forme espositive distinte, che ruotano attorno ai dodici plastici appositamente realizzati per l’esposizione. I plastici, ordinati per tema ("case", "spazi" e "volumi", completati da schizzi, piante e numerose fotografie) compongono nell’insieme un quadro molto vivo dell'architettura di Breuer. Ciascun plastico non serve solo a documentare un'opera importante, ma rappresenta anche una soluzione particolare, esterna o di natura strutturale e formale, utilizzata successivamente dall’architetto ungherese in innumerevoli altri edifici.
Nella sezione intitolata "motivi", la retrospettiva presenta gli elementi chiave del vocabolario progettuale di Breuer, il quale può essere letto come un corpo trasversale di continuità e persistenze formali. Il motivo della “protrusione”, per esempio, si trova già nei primi progetti di mobili, e fu successivamente reinterpretato in modi sempre nuovi in molti edifici dei decenni successivi. Così come alcuni motivi ricorrenti, come le bande orizzontali o i rettangoli reclinati: tutti elementi riconoscibilissimi, che donano a molti dei suoi mobili, interni ed edifici il loro aspetto caratteristico.
Il grande interesse dimostrato dall’architetto nei confronti delle texture può anche essere letto come un ponte tra design e architettura, mentre il senso quasi cubista di un idioma formale cristallino, così caratteristico di tanti suoi edifici in cemento, emerse a partire dagli anni Cinquanta e divenne da allora una sorta di segno distintivo di un approccio personale a questo materiale così importante nella storia dell’architettura del secolo scorso.
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La mostra - sezioni

CASE – SPAZI – VOLUMI
(plastici, schizzi, piante e fotografie)

Volumi
In campo architettonico Breuer ha il merito di aver creato edifici che sfruttano le qualità monumentali della massa per emanare una fortissima fisicità. Questi volumi solitari, nitidi e coesi ci convincono soprattutto per le loro proporzioni e per le caratteristiche scultorie. Le forme sembrano il risultato di un processo di sottrazione, quasi che le forme esterne dell’edificio fossero prodotte togliendo strati e pezzi e intagliando sezioni da volumi più ampi e regolari. Spazi negativi, cavità arrotondate e incisioni infossate, ma anche vistose protrusioni, sono caratteristiche di questi edifici. L’omogeneità dei materiali delle facciate – alcune realizzate in cemento grezzo, altre rivestite in pietra naturale – intensifica la presenza monolitica degli edifici. Le rare aperture sono accuratamente posizionate in modo da dare vita alle facciate e influire sulle qualità monumentali e per certi versi minacciose tipiche dei volumi massicci e continui.
Gli edifici qui presentati testimoniano della straordinaria abilità di Breuer nel trattare grandi volumi strutturali – un’abilità messa molte volte alla prova. Visti con gli occhi di oggi, pochi edifici di quell’epoca rivaleggiano con l’aspetto senza tempo delle creazioni di Breuer.

La Central Public Library di Atlanta, Georgia (1977-80),
una delle ultime opere architettoniche di Breuer, è un capolavoro del tardo Modernismo. I dieci piani della biblioteca (due dei quali interrati) possono ospitare mille visitatori e un milione di libri su una superficie di 45 x 55 metri con un’altezza massima di 36 metri. Il corpo compatto dell’edificio è ricoperto da ampie lastre in cemento prefabbricato, la cui superficie è stata martellata per ottenere un aspetto ruvido e irregolare. Gli angoli acuti e le proporzioni tese delle facciate donano il senso di un severo rilievo geometrico, vivacizzato da incisioni e aperture di varie dimensioni e profondità. La facciata a gradini rientranti che sovrasta l’ingresso principale ha una certa affinità formale con il Whitney Museum.
Il Whitney Museum of American Art di New York (realizzato nel 1964-66),
è uno degli edifici più noti di Breuer e segna l’apice della sua carriera internazionale di architetto. Situato in un’area compatta di 30 x 38 metri ad un angolo di Madison Avenue, il museo si presenta come una struttura chiusa in se stessa, ricoperta di granito grigio e significativamente separata dagli edifici adiacenti per mezzo di muri antifuoco aggettanti. L’edificio ha poche finestre, trapezoidali e di dimensioni diverse, incastonate obliquamente in tronchi di piramide: le aperture risaltano sulla facciata e la forma inusuale impedisce alla luce solare di raggiungere direttamente le gallerie.
La caratteristica più notevole dell’edificio, tuttavia, è la facciata principale costituita da tre piani a gradini, dove i volumi superiori a sbalzo sovrastano un giardino delle sculture situato nel cortile incassato: un ponte coperto da un tetto a sbalzo in cemento conduce dalla strada all’ingresso principale, passando sopra il cortile.
Begrisch Hall (costruita nel 1959-61)
è un edificio adibito a sala conferenze nel campus di University Heights della New York University, nel quartiere del Bronx. La struttura solitaria, unita all’adiacente centro tecnologico per mezzo di un ponte coperto, poggia a terra in soli tre punti: i due sostegni che si protendono dalle pareti laterali e il sostegno dei gradini dell’accesso centrale. La forma particolare, a sbalzo su due lati, è determinata dalla struttura delle due aule poste una di fronte all’altra (con capienza di 190 e 55 studenti rispettivamente) e delle loro file di sedie digradanti. I giunti invisibili e i segni lasciati dalla cassaforma in varie direzioni donano alle facciate in cemento un aspetto graficamente interessante e movimentato.
I grandi magazzini De Bijenkorf a Rotterdam, realizzati tra il 1953 e il 1957,
furono il secondo e prestigioso incarico su vasta scala di Breuer nell’Europa postbellica. L’edificio, che sorge lungo il viale di negozi Cool Single ed è annunciato da una monumentale scultura in metallo di Naum Gabo, è composto di un volume cubico compatto, richiesto dalla committenza. I vistosi solchi orizzontali di diversa profondità e lunghezza, tuttavia, donano a ciascuna facciata una nota distinta, sottolineando allo stesso tempo il fatto che le ampie superfici esterne non sono muri portanti. Il travertino romano utilizzato per il rivestimento del curtain wall mostra interessanti particolari di rifinitura. Gli elementi che contribuiscono a questa modulazione delle facciate sono due: primo, i diversi formati in cui sono state tagliate le lastre di pietra naturale e, secondo, le piccole aperture verticali che animano la facciata anche nelle ore notturne. I critici contemporanei considerano, a ragione, la facciata posteriore vetrata (corrispondente agli uffici) come uno degli esempi migliori nel suo genere.

Case
Secondo i critici contemporanei le case unifamiliari rappresentano il contributo più importante di Breuer all’architettura. Il suo interesse per questo tipo di costruzione fu intenso e costante, superiore a quello di quasi ogni altro importante architetto moderno. I suoi primi lavori architettonici alla Bauhaus erano incentrati sull’edilizia residenziale e il suo primo edificio costruito appartiene alla medesima categoria. Nella messe di case unifamiliari, tanto numerose da precludere una panoramica esaustiva, possiamo identificare quattro tipologie. La maggior parte dell’architettura residenziale di Breuer è classificabile in base a queste categorie generali, ciascuna delle quali è rappresentata in questa mostra con un esempio emblematico.
A parte le soluzioni innovative escogitate per le planimetrie, che influenzarono molti altri architetti, le case di Breuer sono notevoli per la scelta dei materiali e la definizione dello spazio interno ed esterno. In netto contrasto con altri maestri del Modernismo, Breuer volle distinguere marcatamente il mondo costruito da quello naturale e le sue abitazioni hanno qualcosa di informale: la comodità del vivere quotidiano non è mai sacrificata alla chiarezza formale o alla coerenza intransigente. Sono queste, senza dubbio, alcune delle ragioni della loro popolarità e del loro influsso duraturo.
Casa Breuer I, Lincoln, Massachusetts (1938-39),
costruita nel 1938-39, incarna il tipo di abitazione a più livelli che prevede diverse aree soggiorno collegate direttamente l’una all’altra pur essendo ubicate su piani diversi. Al centro della casa a Lincoln – la prima che Breuer progettò per viverci – si trova uno spazio giorno di un’altezza e mezza. A questo si collega, a est, una sezione della casa a due piani. Leggermente incassato, il seminterrato contiene una cucina, una piccola camera di servizio e una sala da pranzo che si apre sul soggiorno. Il piano superiore ospita due camere da letto separate da un bagno. La camera da letto principale, ubicata sopra la sala da pranzo, si apre anch’essa sull’area soggiorno, dalla quale può essere isolata visivamente per mezzo di una tenda. A ovest il soggiorno è delimitato da una veranda, mentre la parete sul giardino è quasi interamente vetrata. Questa ripartizione della pianta produce una struttura pluripartita, alla quale si aggiunge un ulteriore principio compositivo, spesso utilizzato da Breuer e visibile chiaramente dall’esterno.
Molti critici e storici dell’architettura concordano nel vedere nella parete convessa del camino in pietra grezza un riferimento consapevole all’architettura tradizionale del New England, che dona al soggiorno prevalentemente rivestito in legno un’atmosfera innegabilmente rurale.
Casa Breuer II, New Canaan, Connecticut, 1947-48,
è un esempio di long house. Realizzata secondo le regole della struttura balloon frame, l’area abitata è posta sopra uno zoccolo in pietra dal quale sporge vistosamente su tutti i lati. A causa del suo aspetto di scatola allungata, ulteriormente rafforzato dalla scelta dei materiali, questo tipo di abitazione è spesso chiamato the single box house (casa a scatola singola). Qui Breuer sperimentò le tecniche di costruzione usate per le strutture in legno e molto diffuse negli Stati Uniti, sfruttandone appieno le possibilità statiche. Nel caso dell’elemento più notevole di questo progetto, tuttavia, ovvero il balcone a sbalzo sospeso con cavi d’acciaio fuori del soggiorno, forse il progettista si spinse troppo in là: l’audace sistema non era in grado di sostenere i carichi risultanti e dovette essere rinforzata con un muro poco dopo il completamento della casa.
L’interno è definito dall’organizzazione lineare della pianta, con tutte le camere disposte lungo un unico asse. All’area del soggiorno, posta alla stretta estremità nord della casa, seguono la zona pranzo, la cucina e l’ingresso, visivamente separato da un blocco camino in mattoni. Questi ambienti sono collegati tramite uno stretto corridoio alla parte a sud: bagno e due camere da letto.
Casa Robinson, Williamstown, Massachusetts, 1946-48
costruita nel 1946-48, rappresenta il tipo della casa binucleare, caratterizzata dalla divisione bipartita della planimetria in una zona semi-pubblica comprendente soggiorno, sala da pranzo e cucina (comprese le camere laterali) e una zona privata che ospita le camere da letto e i bagni. La divisione spaziale corrisponde a due sezioni ben distinte e diversamente formulate. I tetti inclinati contrapposti aggiungono enfasi visiva alla divisione delle due sezioni della casa, connesse da uno stretto corridoio da cui si apre anche la porta di ingresso.
Dotata di vetrate su tre lati e di un notevole blocco-camino in pietra naturale, la zona del soggiorno si apre sul paesaggio circostante offrendo una splendida vista sulle vicine montagne. Un muro basso che sostiene la terrazza a poca distanza dalla casa, tuttavia, demarca chiaramente il confine tra casa e giardino. Casa Robinson, dunque, illustra bene il punto di vista di Breuer sul rapporto tra paesaggio e architettura: “il paesaggio può attraversare l’edificio, o l’edificio intercettare il paesaggio. [Ma] non credo che le due cose dovrebbero mescolarsi, confondersi, unirsi per imitazione o assimilazione”.
Casa Staehelin, Feldmeilen, vicino a Zurigo, Svizzera,
è una delle ultime ville progettate da Breuer al culmine della sua carriera internazionale e per una clientela facoltosa e cosmopolita. Come Casa Koerfer, progettata qualche anno più tardi, questa lussuosa costruzione fu realizzata come una “casa per un collezionista d’arte”, in cui Breuer articolò la disposizione ampia e diversificata di ambienti che ruotavano attorno ad un atrio e due cortili. A ciascuna delle cinque zone della casa – la zona centrale giorno e pranzo, la sezione per la cucina e i dipendenti, la camera dei bambini, le camere da letto padronali e per gli ospiti, lo studio e il garage – è assegnata un’area esterna separata. Il disegno alterna camere rivolte verso l’esterno, come il soggiorno che si apre sul giardino e il Lago di Zurigo con le pareti vetrate, e camere rivolte verso l’interno, come la stanza dei bambini che si affaccia sulla corte privata. In questo edificio Breuer sfruttò tutte le potenzialità strutturali del cemento armato. Il tetto, notevolmente aggettante, è retto dalle sezioni delle pareti e da sottili montanti di cemento ed è accessibile dal piano superiore nella sezione tetto-giardino. La scelta dei materiali – che unisce il cemento grezzo di soffitti, montanti e del blocco camino al bianco delle pareti intonacate e alla pietra naturale pure delle pareti, Breuer crea un gioco affascinante di piani e superfici.

Spazi
Breuer fu affascinato dall’idea di creare, definire e caratterizzare gli spazi interni per mezzo di elementi costruttivi almeno dai tempi in cui conobbe Pier Luigi Nervi (con il quale collaborò per il progetto UNESCO negli anni Cinquanta). Nervi introdusse Breuer all’utilizzo del cemento armato, un materiale che offriva possibilità progettuali completamente nuove. Tra i progetti di Breuer in cui gli spazi sono definiti strutturalmente le chiese meritano un’attenzione particolare, poiché in nessun altro campo egli poté perseguire i suoi ideali creativi con altrettanta purezza. Il suo interesse in un particolare tipo di costruzione era il fattore determinante fin dall’inizio della progettazione. Breuer si servì di svariate soluzioni strutturali per riuscire a coprire liberamente vaste campate: pareti in cemento piegato (St. John’s), lastre iperboliche-paraboliche (St. Mary, St. Francis), griglie ortogonali di pilastri in ferrocemento (cappella del monastero di Baldegg). Il metodo costruttivo rappresenta un elemento essenziale in questi spazi e dona ad essi – per quanto possa sembrare paradossale – un carattere espressivo e al tempo stesso sereno e contemplativo. Gli interni delle chiese scelti per questa mostra esemplificano molti altri edifici di Breuer, costruttivamente simili.
La cappella del Convento “Mutterhaus Sonnhalde” a Baldegg, nei pressi di Lucerna, in Svizzera (1968-72),
fu il quarto e ultimo edificio ecclesiastico di Breuer ad essere realizzato. Qui, molto più che nelle opere precedenti, la cappella è concepita come parte integrante dell’intero complesso claustrale. Per la copertura, Breuer scelse una costruzione relativamente poco spettacolare, utilizzando una struttura a griglia in acciaio rinforzato (Breuer la definì una griglia a cassettone portante) che sostenesse il tetto per mezzo di un sistema uniforme di travi in cemento intersecate perpendicolarmente. Le travi sottili sono alte quasi tre metri e formano una spessa griglia sospesa che rimanda visivamente ai tradizionali
soffitti a cassettoni. L’effetto è fortemente evocativo e richiama una calma atmosfera sacrale. Sopra l’altare, in uno dei cassettoni è alloggiato un lucernario.
In concomitanza con i banchi e l’altare, la griglia del soffitto è ruotata di quarantacinque gradi rispetto alla pianta quadrata e di conseguenza le estremità delle travi in cemento, che su tre lati sporgono oltre le pareti esterne della cappella appaiono come protuberanze a “V”. Queste ombreggiano le pareti vetrate sottostanti, filtrando e attutendo la luce solare. L’atmosfera dell’interno è in larga misura il frutto di una triade armonica di materiali: cemento grezzo, pietra naturale delle pareti e il legno scuro dei banchi.
La cappella del convento di St. Mary a Bismarck (North Dakota), costruita nel 1961-63,
fu il secondo edificio sacro di Breuer. La copertura fu realizzata utilizzando elementi paraboloidi-iperbolici (HP shells). Il progetto prevedeva una struttura di sostegno bidimensionale avente la forma di una conchiglia a doppia curvatura, in cui è il piano stesso a reggere tutti i carichi e le forze risultanti. Le curvature principali sono orientate l’una verso l’altra, così che una sezione trasversale che tagli il piano produce una parabola oppure una iperbole.
La copertura è composta di quattro scudi affiancati, ciascuno dei quali è formato da due elementi paraboloidi-iperbolici i cui sostegni centrali sono integrati nelle pareti laterali della cappella e sono visibili solo dall’esterno. Questo produce nel tetto una increspatura incrociata, dalla quale le pareti sottili degli involucri di cemento digradano verso i sostegni.
Sovrastata da volte senza sostegni, la cappella occupa una pianta rettangolare con un tetto ondulato che domina lo spazio e indirizza lo sguardo verso l’altare. La superficie delle pareti tra i sostegni è in pietra naturale: solo di fronte all’area dell’altare queste sezioni di parete sono sostituite da mattoni in vetro cemento colorati e smussati, i quali lasciano trapelare all’interno della chiesa bianca una luce soffusa e intensa.
Chiesa parrocchiale di St. Francis de Sales a Muskegon, Michigan (costruita nel 1964-66)
Breuer si servì nuovamente degli elementi paraboloidi-iperbolici (HP shells), questa volta, però, non nella realizzazione della copertura ma per le pareti laterali della chiesa, che in questo caso non svolgono alcuna funzione portante – un’idea fino ad allora mai realizzata nella storia dell’architettura.
Progettato con una capienza di 1.200 persone, l’edificio ha pianta rettangolare. La parete frontale, il tetto e la parete posteriore della chiesa sono composti da enormi lastre trapezoidali in cemento disposte l’una contro l’altra ad angolo e fissate internamente per mezzo di nervature. Disposte in maniera continua lungo la superficie delle pareti e del soffitto, ciascuna di queste nervature è a sua volta costruita come uno stretto segmento di elemento paraboloide-iperbolico. La curvatura diminuisce in prossimità della lastra centrale del soffitto, dove cambia direzione. In particolare lungo la parete dell’altare, l’incrocio delle nervature crea un’impressione di movimento verso l’alto, un effetto reso
familiare dalle cattedrali gotiche. In virtù della geometria complessa dell’edificio, la percezione dello spazio e l’idea delle sue dimensioni variano notevolmente secondo la posizione dell’osservatore. Con la chiesa di St. Francis Breuer ha creato uno spazio drammatico e dinamico, una delle opere memorabili del Novecento.

La chiesa dell’abbazia di St. John a Collegeville, Minnesota,
costruita tra il 1958 e il 61 in seguito a una fase progettuale durata diversi anni, fu il primo e più grande edificio sacro progettato da Breuer. In questa chiesa, appartenente a un monastero benedettino, Breuer si servì dell’effetto rinforzante di una superficie piegata per realizzare la copertura senza sostegni dell’enorme spazio trapezoidale, progettato per ospitare fino a duemila persone. Le pareti laterali, leggermente inclinate verso l’interno, e la copertura della chiesa sono realizzate in una sottile struttura in ferrocemento piegato che distribuisce i carichi lungo una fila di solidi sostegni in cemento posti a tre metri circa da terra. Ampie sezioni vetrate tra i sostegni permettono alla luce di raggiungere l’interno. Sul tetto, in lieve pendenza verso la parte posteriore, la struttura in cemento piegato si interrompe ed è trattenuta da una nervatura orizzontale. Un lucernario sovrastante l’altare, in posizione quasi centrale e schermato da un baldacchino, lascia trapelare un raggio di luce dorata. L’interno della chiesa è definito dalle pieghe del cemento grezzo, le quali donano all’ambiente un’espressività decisa e allo stesso tempo un carattere contemplativo e serenamente introspettivo.
Il campanile è alto quasi trenta metri e consiste in una lastra massiccia, sorretta da sostegni ad arco che riflettono la luce sulla struttura ad alveare della facciata nord.

MOTIVI

Elemento a sbalzo
L’elemento a sbalzo (cantilever) è stato tra i motivi iconici del Modernismo fin dai tempi dell’utopico “Appendinuvole” di El Lissitzky. Questa fantasia architettonica costruttivista incarna la fiducia nel progresso e l’entusiasmo nei confronti della tecnologia che erano in auge all’epoca degli esordi di Breuer. Breuer stesso si servì spessissimo di questo motivo, reinterpretandolo più volte nel corso della propria carriera di designer e architetto. Le sedie a sbalzo in tubo di acciaio sono un ottimo esempio di questa predilezione: non solo sfruttano i vantaggi funzionali e l'elasticità del materiale, ma ne incarnano magnificamente le possibilità costruttive.
Il motivo a sbalzo comparve precocemente anche nell’opera architettonica di Breuer. Nel 1928/29 il progetto per un ospedale (mai realizzato) mostrava già il motivo a gradoni che fu successivamente rielaborato nelle forme a sbalzo delle case a due piani. Persino il Whitney Museum può essere visto come un tardo rimando a quel progetto iniziale. Gli edifici più interessanti che utilizzano il motivo a sbalzo sono Begrisch Hall e il notevolissimo Grand Hotel Le Flaine, a picco su una scogliera nell’omonimo villaggio francese.

Rettangolo disteso
Uno degli elementi di design che più ci colpiscono nella progettazione di interni e negli ultimi edifici di Breuer è il rettangolo disteso, cioè avente il lato lungo sull’asse orizzontale. A volte questa figura geometrica fondamentale è dilatata fino a formare una fascia trasversale allungata. Questo elemento compare per la prima volta nella abitazione dei Piscator, nel 1927: per la sala da pranzo, Breuer progettò un mobile pensile che seguiva quasi tutta la lunghezza della stanza, all’altezza di un metro circa. Da allora in poi quel tipo di pensili – di vari materiali e dimensioni – divenne un elemento standard nel repertorio breueriano di arredi per interni. Il rettangolo disteso si ritrova anche negli interni di alcuni edifici pubblici, per esempio nella lavagna di un’aula o nella nicchia a mensola lungo la parete del coro di una chiesa.
È interessante notare che Breuer utilizzò questo elemento – scoperto durante il lavoro come designer – anche nelle opere architettoniche. Ritroviamo l’immagine grafica del pensile di Casa Piscator riflessa, anche se rovesciata, nella facciata di Casa Tompkins, ventitrè anni più tardi. Sotto forma di finestra a nastro, come spazio negativo in una facciata oppure come forma volumetrica di un edificio, le varie articolazioni del rettangolo disteso sono un elemento di cruciale importanza nel vocabolario progettuale di Breuer e stabiliscono un legame forte tra il suo design e la sua architettura.

Texture
Per rendere più strutturate e interessanti le superfici di ampie dimensioni Breuer lavorò spesso sulla texture, di solito utilizzando semplici schemi geometrici. Le righe semplici sono particolarmente comuni in questo contesto, e appaiono ripetutamente in tutta l’opera di Breuer, suggerendo strati, file, ripetizione o variazione. Breuer utilizzò anche altri motivi, per esempio combinazioni di rettangoli e quadrati, trapezoidi e sezioni esagonali.
Le varie texture sono un segno del grande interesse di Breuer nei confronti dei materiali e delle rispettive qualità visive e tattili, oltre che del loro impatto emotivo. Dimostrano, inoltre, la straordinaria capacità di questo progettista nel combinare i materiali fino a creare un’ampia gamma di contrasti: tra colori puri e tonalità sfumate, luce e oscurità, ruvido e liscio, morbido e duro, naturale e artificiale. Breuer apprezzava la consistenza caratteristica dei vari materiali più di qualunque ornamento artificiale e superfluo, e allo stesso modo sfruttava consapevolmente gli effetti creati dai diversi metodi costruttivi.

Forme cristalline
Le forme cristalline sviluppate da Breuer per i suoi edifici di cemento sono una caratteristica del periodo più tardo di questo progettista. Pur essendo una novità assoluta nel campo del design, queste forme trovarono espressione anche in molti interni (pensiamo per esempio al taglio deciso di certe mensole di camino o agli arredi scultorei dei alcune chiese). Se escludiamo una serie di montanti prismatici di cemento, troviamo gli esempi migliori delle forme cristalline tipiche di Breuer negli elementi per le facciate di cemento prefabbricato. Tali elementi per le facciate – che lo studio di Breuer non smise mai di produrre in complesse variazioni geometriche – svolgono contemporaneamente diverse funzioni. In primo luogo, nascondono al loro interno i condotti per cavi e aria, necessari per l’impianto elettrico e di aerazione dell’edificio. Secondo, servono come brise-soleil – un tema che interessò Breuer durante l’intero arco della carriera. Terzo, donano alla facciata una fisicità e una profondità straordinarie. L’aspetto dell’edificio, di conseguenza, muta continuamente, secondo il variare dell’ora, della stagione, del tempo e del punto di osservazione. Prodotti in serie, gli elementi per le facciate rispettano uno dei principi breueriani più importanti: “L’architettura deve creare forme capaci di sostenere la ripetizione”.

Ufficio stampa: Elisabetta Da Lio, Donatella Boldrin
tel. 0412386111 fax 0412386112
Informazioni: tel.0412386126

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